Napoli reclama Whirpool

Alessio Liberini riporta dalle colonne del celeberrimo “Il Mattino” che Napoli non molla», stesso motto infatti e’ il grido che hanno portato in piazza del Plebiscito gli operai, ormai ex Whirlpool, per “celebrare” il loro millesimo giorno di una vertenza infinita, partita nel lontano maggio del 2019. Con l’attuale ministro degli esteri di Maio ad aver al principio garantito quasi la confisca dell’impianto in caso di esternalizzazione oppure l’obbligo di pagamento sanzionatorio monstre per la multinazionale dai conti in estremo attivo.
Dopo mille giorni di lotta, e tante promesse fin ora rivelatesi vane, i lavoratori e le lavoratrici di via Argine proseguono con mobilitazioni e raggruppamenti costanti, la loro battaglia che reclama “Un Nuovo Sud”. Un nuovo sud” e’ il titolo del brano dell’artista napoletana, Monica Sarnelli, che ha cantato in piazza addirittura con le tute blu per rivendicare quella voglia di speranza, ma soprattutto di riscatto, che da oltre tre anni accompagna la lotta dei lavoratori di Ponticelli senza risultati fattivi.
Le speranze per il futuro restano legate al Consorzio, proposto la scorsa estate dal Governo, che dovrebbe riassorbire i 317 lavoratori – licenziati dalla multinazionale della impiantistica e oggi in Naspi – in un ambizioso piano di reindustrializzazione del sito di Napoli Est, dove si dovrebbe realizzare un Hub della mobilità sostenibile. A tal proposito il primo marzo i sindacati di Fim, Fiom e Uilm sono tornati a Roma per un nuovo tavolo al ministero dello Sviluppo Economico.
Intorno alle 10 della mattina la centralissima piazza del Plebiscito è stata pertanto decorata con un grande numero mille, realizzato tramite un’installazione con dei palloncini colorati e deittico anche di significati storici che progressivamente vengono enfatizzati da fette maggiori di popolazione non solo partenopea, ma anche del resto del meridione. Sullo sfondo dello striscione un gruppo di lavoratrici ha inscenato un flash mob con una coreografia sulle note della canzone di Monica Sarnelli. «Oggi – racconta l’operaia Carmen Nappo – sono mille giorni di lotta per noi. Venendo qui ho sentito che è iniziata anche la guerra (in Ucraina ndr), la situazione è tragica. Si pensa a fare la guerra e non si pensa a far del bene anche dando del lavoro. Sono mille giorni che noi siamo qua, il primo marzo dal tavolo di Roma, noi reclamiamo veramente che ci siano degli avanzamenti rispetto al consorzio: noi non ci fermeremo, siamo determinati».
«Noi dobbiamo lavorare» ha precisato la lavoratrice prima di far partire il sit-in che si è svolto sulle note del brano “Un Nuovo Sud”. Un testo, quello della Sarnelli che oggi ha cantato in piazza con le operaie, che parla proprio della storica e triste tematica che riguarda i tanti meridionali, giovani e non, costretti a dover lasciare il proprio territorio per cercare lavoro in nord Italia o addirittura all’estero.
«Sono mille giorni che ci credono – racconta Monica Sarnelli – portando avanti questa battaglia per una cosa semplicissima: il loro lavoro. Io credo che il lavoro sia quella cosa che rende civile un uomo perché non si può vivere senza il lavoro. Vogliono che la fabbrica riapra. Sono mille giorni che combattono per questo loro diritto».
Per l’artista, che ha dedicato anche un chiaro richiamo alla loro vertenza nel brano, gli operai di Ponticelli rappresentano «la Napoli che non molla, che non vuole emigrare. Perché dobbiamo vedere i nostri figli, come sono quelli di tante mie amiche, che devono andare al Nord per trovare fortuna. Speriamo che anche al Sud ci possano essere imprenditori che vengono finalmente ad investire in questa città e non a chiudere le fabbriche com’è successo agli operai della Whirlpool».
Concetto che è stato ribadito, inoltre, anche dai tanti cittadini che oggi erano in piazza, fisicamente o anche solo da remoto, per sostenere i lavoratori. «Sto seguendo con il Governo e le istituzioni locali il tema perché noi dobbiamo dare un futuro al sito Whirlpool» ha raccontato alla stampa il primo cittadino di Napoli, Gaetano Manfredi, a termine della visita all’istituto “Russo-Solimena” del quartiere Barra, nella periferia orientale della città, la stessa che ospita l’ormai ex stabilimento di lavatrici.
Tra i presenti in piazza del Plebiscito, invece, vi è stata la visita dell’ex sindaco, oggi consigliere tre le file dell’opposizione di Palazzo San Giacomo, Antonio Bassolino. «La politica – ha tuonato Bassolino in un video messaggio pubblicato sui social dalla pagina “Whirlpool Napoli non molla” – non è stata all’altezza del suo compito e della vostra battaglia. Ora bisogna andare avanti e seguire con attenzione le vicende del consorzio e la città e le Istituzioni, tutti hanno e abbiamo il dovere di stare accanto a voi».
Sulla stessa scia dell’ex sindaco e governatore di Regione anche le parti sociali – che lottano da mille giorni insieme agli operai – hanno ribadito la necessità di ricevere aggiornamenti dal piano di reindustrializzazione dello stabile di via Argine. «Sono mille giorni di lotta, aspettiamo ancora risposte – racconta il segretario della Fiom di Napoli, Rosario Rappa – ma la determinazione per far riaprire i cancelli di via Argine non è affatto sopita»
«Adesso però – precisa Rappa – bisogna dare corso all’Hub della mobilità sostenibile a livello nazionale. Solo ieri sono stati stornati 53 miliardi dal Pnrr che verranno distribuiti alle regioni, compresa la Campania, il primo marzo avremo l’incontro al ministero dello Sviluppo Economico. Ci aspettiamo che gli impegni assunti, dai vari dicasteri e dalla Regione (la partenza dei corsi di formazione professionale programmati da Palazzo Santa Lucia, l’accelerazione sul processo di vendita del sito di Napoli e la discussione, con le singole aziende, sui piani industriali che il Mise si era impegnato a fare ndr). Vorremmo che ci sia un avanzamento sostanziale per queste questioni».
«Mille giorni di vertenza, ma anche mille giorni di speranza e di lotta, mille giorni, con tre governi, due sindaci, un governatore con due mandati, per dimostrare la pochezza della politica non solo in questa vertenza, ma in generale. Non si è stati in grado di creare una risposta per 317 famiglie» attacca, invece, il segretario della Fim di Napoli, Biagio Trapani. «Ci aspettiamo – continua Trapani – che finalmente si inizi a mettere corpo a quel percorso di Hub tanto decantato a luglio dello scorso anno ma che ora i ministri stessi sembrano essersi allontanati. Non sono più presenti ai tavoli, che continuano ad essere tecnici, ma senza riposte. Se veramente vogliamo essere da esempio per le generazioni che verranno, iniziamo a creare lavoro qua al Meridione, proprio a Napoli che è una città con tante difficoltà ma anche con tante risorse».
«C’è tanta forza, tanta determinazione, e in tanti sono vicini a questi lavoratori – chiarisce Antonello Accurso, segretario aggiunto della Uilm Campania -. L’attestato di stima e di vicinanza di tante personalità dimostra che i lavoratori della Whirlpool hanno detto una cosa alla politica: “noi ci siamo, non ci arrendiamo, devi battere un colpo”. Non possiamo fermarci ai proclami, ci avevano detto che tutto era pronto quando noi insistevamo per far rimanere Whirlpool, l’azienda è andata via e siamo ancora ad aspettare i progetti. Non possiamo far passare altri mille giorni. Vogliamo che questa ricorrenza sia ricordata come quella data che dà l’inizio al passaggio di questi lavoratori in attività produttive di prospettiva con gruppi seri a via Argine».
Nel mentre, in contemporanea, sui social è stato lanciato – dagli stessi lavoratori- un‘hashtag per l’occasione (#1000giorni). Dove, in tanti, hanno voluto condividere un momento di solidarietà per i lavoratori della Whirlpool. «Quando si lotta per la giustizia e per la dignità delle persone e delle famiglie, della vita, la chiesa non può non schierarsi», ha spiegato nel suo messaggio di vicinanza l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia.
«Anche io sono vicino ai lavoratori della Whirlpool di Napoli – ha detto l’artista Nino D’Angelo – perché il lavoro non è un regalo è un diritto e il diritto viene prima del dovere».«Mai avevo visto una battaglia lunga mille giorni – racconta, invece, Pier Luigi Bersani – credo che dobbiamo ringraziare, davvero, i lavoratori della Whirlpool e le loro famiglie per questo incredibile impegno».
Questi sono solo alcuni dei tantissimi messaggi arrivati nelle scorse ore ai lavoratori. Una vicinanza, quella della società civile, che spazia da Nord a Sud dello stivale che oggi abbraccia, virtualmente, i lavoratori di Napoli.




Patto per Napoli: unanimita’ sulla concorrenza

Il 22 di febbraio il Consiglio Comunale si è nuovamente riunito per ascoltare la relazione dell’amministrazione sul celebre #PattoperNapoli, che verrà firmato a breve dal sindaco Manfredi e dal presidente Draghi.

“Sui dati formali del patto la nostra posizione è nota”, asserisce l’assessore comunale Alessandra Clemente candidata sindaco di de Magistris e riconfermata al ruolo che deteneva con la giunta comunale uscente, anche nella gestione di Manfredi: dopo anni di impoverimento dovuto ai tagli che lo Stato ha perpetrato nei confronti degli comuni, oggi arriva un commissariamento da parte dello Stato stesso in cambio di un minuscolo risarcimento, secondo la figlia di una vittima erronea della camorra, alla luce di ventiquattromila fan della sua pagina Facebook.

Gli 1,2 miliardi di euro che arriveranno in 21 anni sono briciole, 60 milioni all’anno circa, quando solo di interessi paghiamo 230 milioni di euro ogni 12 mesi. Soldi che il Ministero dell’Economia ci concede con una mano per poi riprenderseli con l’altra tramite Cassa depositi e prestiti, un’azienda pubblica che applica tassi di interesse sul debito tra il 4 e il 5%, cifra assolutamente fuori mercato che continuerà a rendere impossibile risollevare il destino della città. E’ questo il processo allarmante e clamoroso estrinsecato da Alessandra Clemente.

Professionista a capo di un’ambiziosa associazione denominata “Fare Napoli”, la Clementev lo ripete in coro con i giovani innesti del suo partito: ovvero i fondi che arriveranno sono insufficienti e inadeguati rispetto ai miliardi tagliati ai comuni negli ultimi anni. Deve essere chiaro per l’assessore molto apprezzata dalla platea di Luigi de Magistris che a Napoli in questi anni è stato tolto ciò che avrebbe dovuto avere in termini di beni e servizi. I fondi, pochi che arriveranno, sono una piccola riparazione e potrebbero avere un costo altissimo qualora non riuscissimo a centrare i gli obiettivi stringenti che ci impone lo Stato. Insomma il capoluogo campano e’ orbata del campionario di assunti ed investimenti deittico del periodo aureo che ha contrassegnato la presidenza del famigerato Bassolino. E l’onta per i disservizi cittadini, i licenziamenti e le cesure verso la spesa urbana sono stati attribuiti ai sindaci che si sono avvicendati in seguito Bassolino.

Infatti, dalla relazione apprendiamo che ci impegneremo nei prossimi anni a garantire due aumenti dell’Irpef – in deroga essendo l’imposta già ai massimi previsti per legge -, una nuova tassa sul trasporto aeroportuale e il possibile aumento dei canoni di concessione e locazione.

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E’ stata inoltre focalizzata una enorme stortura procedurale: l’accordo che verrà firmato tra Sindaco e Governo estromette completamente il Consiglio comunale da ogni forma di decisione in merito a una disposizione che interesserà in maniera molto stringente la città per i prossimi 21 anni.

Il Consiglio di fatto è stato soltanto informato di quello che è stato deciso altrove. I politici napoletani vengono cosi’ plasmati sul ruolo di passacarte. Durante le due sedute monotematiche sul Patto per Napoli l’amministrazione si è limitata a informarci circa il destino a cui andrà incontro la città nei prossimi 21 anni.

Tuttavia quella del Consiglio comunale dovrebbe essere l’Aula delle decisioni, non certo l’Aula delle audizioni. In cio’ si deduce un parallelismo con il governo nazionale che vidima decisioni eterodirette, almeno in apparenza.

Abbiamo potuto ascoltare la relazione dell’assessore al Bilancio ma non abbiamo potuto nemmeno visionare il testo dell’accordo che il sindaco firmerà col presidente del Consiglio. Al momento il Patto per Napoli rimane ancora un mistero.

Il Consiglio non ha espresso nemmeno un giudizio formale sul testo che dovrà decretare il destino della città di Napoli per i prossimi anni.

Clemente tuttavia e’ riuscita a far approvare all’unanimita’ un emendamento proveniente dalla propria compagine politica:dopo settimane, grazie a un importante lavoro promosso assieme alle forze di coalizione, sono riusciti a portare e fare approvare dall’Aula del Consiglio comunale l’ordine del giorno che impegna l’amministrazione a richiedere formalmente lo stralcio dell’articolo 6 del Ddl Concorrenza. Un atto importante, un primo passo che va nella direzione di ribadire la volontà della politicaa cittadina di mantenere i servizi pubblici essenziali fuori dalle dinamiche del profitto a tutti i costi.

“Il pubblico deve garantire servizi efficienti, politiche aziendali sostenibili dal punto di vista economico e ambientale: è questa la battaglia che la politica locale deve intestarsi, senza abdicare a un’amministrazione virtuosa dei propri asset”. Intanto gia’ il servizio di multe a Napoli ha visto un subappalto verso un’ente privato esogeno che rende impossibile la contestazione ergo obbligo di pagamento. In una realta’ che vede il pagamento delle contravvenzioni a Napoli e della tassa sui rifiuti solo per il 30% della comunita’ cio’ si traduce in un aggravio di spesa sulla classe media.

Foto Velia Cammarano




Chitarrista milanese offende i napoletani: Pino Aprile gli scrive

RADIUS, CHITARRISTA MILANESE: ”I NAPOLETANI SONO LADRI”. E “I MILANESI RAZZISTI”?

di Pino Aprile
«Mio padre era un truffatore come me…Ci sappiamo arrangiare. Non alla napoletana, alla milanese. Quelli rubano, noi abbiamo soltanto voglia di fare. Io ce l’ho ancora».

Parole (a coda di gatto: se non è chiaro, basta cambiare animale e organo) di un tale, Alberto Radius chitarrista sconosciuto ai più, che per strappare un pizzico di luce (livida), ricorre al trucchetto da avvinazzati del bar Sport di Ponte di Legno (esiste?) o del circolo delle boccette della Lega: schizzi razzisti sui napoletani. Per capirci: se “i napoletani sono ladri”, “i milanesi sono razzisti”? Anche il papà di Radius lo era, vista la presentazione del figlio, che si vanta della (dis)educazione ricevuta? Quindi, secondo il Radius-pensiero (si fa per dire…):

Pino Daniele era (è) napoletano: un ladro?

Eduardo e tutti i De Filippo erano (sono) napoletani: ladri?

Il principe de Curtis, in arte Totò, era (è) napoletano: ladro?

I fratelli Bennato sono napoletani: ladri?

Devo continuare un elenco che sarebbe inutilmente lungo e che, se Radius non ha capito finora, non servirebbe a niente, mancandogli l’essenziale per una tale impresa?

Radius vanta di aver prodotto 350 dischi e di aver suonato con i più grandi del rock italiano. Un musicista che parla così dei napoletani non è un musicista, ma un juke-box, suona senza connettere anima e cervello: la musica è napoletana, non basta essere tecnicamente capaci di suonarla. «Se ci fosse una siringa intramuscolo con tutto il napoletano e costasse 200mila euro, me la farei per pensare e parlare come i napoletani», diceva Lucio Dalla (autore di “Caruso”, altro napoletano, radiusamente ladro?).

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Basterebbe questo per comprendere perché un Radius non potrà mai essere un angolo dell’ombra di una scarpa di un Dalla. In “Elogio dell’imbecille”, spiego perché tutti noi abbiamo un lato stupido e perché ognuno è un po’ coglione a modo suo. Ma qualcuno esagera!

Però, detto questo, mentre stai per affondare la lama, ti dici: a che serve farlo nel nulla? Tutto sommato, Radius ha avuto un battesimo ottuso che gli ha impedito di aprire la mente per dare spessore alle idee (è un modo di dire, non va preso alla lettera) e respiro all’anima. Questo gli avrebbe aperto gli occhi, per esempio sul fatto che, nonostante lui e purtroppo parecchi altri, i lombardi non sono razzisti e nemmeno ladri, pur se la Lombardia è la regione più corrotta del Paese occidentale più corrotto, il nostro, nelle classifiche di Transparency international (gli basterebbe contare quanti presidenti di Regione, assessori, sindaci, manager lombardi e campani sono finiti in galera; gli basterebbe andare su internet a vedere che gli scandali della Sanità della Lombardia sono i più numerosi e peggiori e di sempre, eccetera).

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Milano: chiude ospedale Fiera

Milano Fiera assiste ad una prima sconfitta economica e funzionale, con lo spreco di quella che si credeva fosse un’infrastruttura emblematica di prestigio, solerzia e servizi maggiori: Milano Fiera infatti ufficializza il fallimento dell’ospedale anti-Covid.

L’ospedale della Fiera in Milano presenta un costo calcolato per difetto, visto che ai 20,95 milioni spesi per le strutture (cifra ancora non definitiva), vanno sommati gli stipendi pagati a medici e infermieri (più alti del normale, considerati gli incentivi concessi per convincerli a lavorare lì) e i costi di farmaci e forniture. Calcoli che il presidente Attilio Fontana ha enfatizzato anche ieri – giorno di definitiva chiusura della struttura – dichiarando: “Realizzare questo ospedale è stata una scelta giusta, presa in un momento di grande difficoltà”. Questo in questione e’ di fatto un (non) ospedale, dalla funzione promozionale dal punto di vista politico e pubblicitaria sul piano internazionale. Infatti il presidente della regione Lombardia lo annunciò come la “risposta italiana a Wuhan”, la dimostrazione dell’efficienza lombarda ai cinesi che ci avevano portato il virus (quelli ai quali il Pirellone voleva fare causa).

I 650 letti erano infatti diventati 221, ma mai nelle varie ondate sono stati attivati tutti. La propaganda tuttaviq non si fermò: si lanciò la raccolta fondi che arrivò a oltre 40 milioni. Soldi in parte usati, in parte restituiti, in parte tutt’ora fermi sul conto del Pirellone. Più di un donatore si lamentò e chiese lumi sul loro utilizzo, a partire dall’avvocato Giuseppe la Scala. Furono accontentati solo in parte. Tutto ciò accadeva nonostante i medici e le associazioni di medicina di rianimazione dicessero che costruire una struttura di terapia intensiva senza un ospedale alle spalle, fosse una follia, sfidando il divieto di parlare imposto dall’allora assessore Gallera. Milano andò avanti comunque, prima invitando, poi precettando, infine blandendo con lauti guadagni i sanitari che avrebbero dovuto lavorare lì. Perché non ci voleva andare nessuno. I sanitari sapevano che sarebbe stato meglio rimanere nei loro ospedali per ammortizzare il gigantesco carico di lavoro dovuto al Covid, piuttosto che sguarnirli per andare in Fiera. Alla fine furono costretti a cedere. Anche quelli della sanità privata, “invitata” a partecipare all’operazione. Nella prima ondata l’astronave non servì, perché arrivò tardi. Nella seconda e terza aprì e succhiò personale da 17 strutture ospedaliere diverse. Pur di farla aprire, si chiusero gli ospedali piccoli, i medici furono mandati negli ospedali più grandi, che, a loro volta, dovettero dare personale alla Fiera: migliaia di persone si riversarono negli ospedali più grandi (lontani da casa, perché i loro ospedali erano stati chiusi), che collassarono. Molti pazienti vennero ricoverati a centinaia di chilometri di distanza e morirono da soli.

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Uno scandalo imputabile a quella sedicente laboriosita’ ed efficienza settentrionale che si inserisce nello scenario di chiusura di ultimi importanti ospedali al sud. E senza contare il fatto che su Napoli, sede del sontuoso Ospedale del Mare, il lavoro di sgravamento del famigerato Cardarelli principale nosocomio meridionale, non e’ in dirittura di arrivo. Perche’ personale e struttura della mastodontica nuova sede sanitaria in uno dei tratti piu’ popolosi d’Europa non sono ancora andate a regime; per cui liste di attesa e rallentamenti con corsie intasate in certe fasi, impazzano nel sud Italia.

L’operazione di Fontana per l’ospedale in fiera tuttavia, potrebbe annoverarsi in un ritorno in Italia della politica fattiva, se non fosse stata la chiusura preventiva di altri ospedali e quella ultima dello stesso stabile in Fiera ad aver concretizzato un’opera monca da una parte, ed un ospedale in meno dall’altra.




Ucraina: Renzi sbotta in Parlamento ed Usa temporeggiano

Per Gianmarco Landi del giornale:”Database Italia” E’ l’attacco al Deep State, non del Deep State. Gli Usa stanno rimanendo fermi perché come sappiamo Biden non conta nulla,  e mentre Putin ricorre alla forza gli uomini della UE sono nel panico.  L’Ucraina sarà bonificata con la forza e purtroppo sarà versato sangue. Ho video di macchine e vagoni treno pieni di soldati ucraini che si sono sacrificati per nulla.  Se avete amici ucraini dite loro di non istigare a combattere i connazionali e non farsi utilizzare e massacrare dai Satanisti Europei. Putin ha già vinto. Usa e Cina hanno dato l’ok al repulisti.

Putin ha affermato che non consentira’ una penetrazione dell’Ucraina nella Nato a causa del possibile inizio della Terza Guerra Mondiale; il che nell’ermeneutica del capo russo vuol dire che una volta consentito l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e smantellato un attacco ucraino ad una provincia ad esempio del Dumbass russo, la Nato ergo il duo Europa-America, sarebbero autorizzati a principiare un conflitto con Mosca, che nella filigrana si paleserebbe come una guerra nucleare letale per tutti. L’America e la Cina si stanno mantenendo neutrali rispetto all’agone in atto, il che incuriosisce in merito all’effettivo comando dell’America con Biden teso a fomentare guerra alla Russia da mesi. A tal proposito sono sempre piu’ numerose le persone, all’interno di variegati gruppi Telegram, ad attribuire l’effettiva direzione americana ad organi militari, giacche’ l’esercito si esime dal seguire le impostazioni dell’attuale presidente dem.

L’invasione dell’Ucraina ad ogni modo, secondo molteplici periti in questione, mietera’ vittime civili a iosa a causa dell’opera ucraina di diffusione di fucili da guerra verso i cittadini. Oltre a cio’ viene focalizzato il fatto che i soldati professionisti dinanzi a civili armati non si esimeranno dal fare fuoco. Si parla inoltre di corsi accelerati, da parte di soggetti europei ed americani infiltrati in Ucraina, per la costruzione di bombe molotov repentina teleologiche alla controffensiva verso Putin. Fonti locali ufficiose alludono a fughe massicce da Kiev per famiglie i cui uomini sono obbligati all’arruolamento, dai diciotto ai sessanta anni.

Putin sta accerchiando l’Ucraina senza distruggerne militari, civili ed infrastrutture ed arretrando allorche’ incontri strenua resistenza. In questa maniera, secondo strateghi bellici interpellati, la citta’ ed il paese sono destinati a cedere senza nocumenti in termini di vite e sistemi di funzionamento nazionale. Infine impazza una certa stampa minoritaria che spiega esplosioni urbane da parte russa con le conseguenti dipartite in termini di vite, alla luce dello smantellamento di siti in cui sono nascoste armi di ogni sorta, anche biologiche. Sempre cronisti indipendenti locali affibbiano a mercenari ucraini la colpa di gambizzazioni di civili e distruzione di auto la cui responsabilita’ viene addossata ai russi.

Renzi nell’ultimo concione al senato rimarca il ruolo della Russia nel minacciare e voler elidere l’intero nuovo ordine mondiale con l’agguato in Ucraina mentre Rizzo dei comunisti cristallizza le responsabilita’ di tutto alla disattesa ONU e Nato dei patti di Minsk in cui assicuravano di non espandersi piu’ oltre la Romania.

Sono in atto contro Putin azioni di guerriglia informatica che inibiscono il funzionamento di siti e piattaforme, come anche pare un panfilo di Putin e di un altro oligarca, da parte del gruppo Anonymous. Questa cricca di pirati informatici pare sia finanziata da istituzioni transnazionali come Onu, Nato, Ue e fondazioni allegate, alla stessa stregua dei fact-cecker e gruppi definiti da Trump terroristici come Antifa e Black lives matter.

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Dal X22 Report di ieri:

Patel Patriot ci dà un paragrafo dell’ordine esecutivo 13818 emesso dal presidente Trump il 20 dicembre 2017.

“Questa terza sezione si applica sia a persone straniere che nazionali e prevede che chiunque in qualsiasi modo partecipi o si impegni nella corruzione, o anche solo tenti di farlo, può avere i suoi beni congelati e potenzialmente sequestrati.”

L’ordine esecutivo copre anche l’establishment politico corrotto e il suo finanziamento delle ONG:

“Parag. 3. Con la presente dichiaro che le donazioni di qualsiasi cosa elencata nella sezione 203(b)(2) dell’IEEPA (50 U.S.C. 1702(b)(2)) da, a, o a beneficio di persone i cui beni e interessi in beni sono bloccati in base a questa ordinanza, comprometterebbero seriamente la mia capacità di affrontare l’emergenza nazionale dichiarata in questa ordinanza, e con la presente proibisco tali donazioni in base alla sezione 1 di questa ordinanza”.

Patel Patriot scrive in risposta:

“L’ultima colonna di Patel Patriot (parte 17 For the Love of Ukraine) ha menzionato un ordine esecutivo emesso da Trump che permette il sequestro dei beni personali di individui (stranieri o nazionali) coinvolti in corruzione o abusi dei diritti umani….”

Ancora più interessante è che l’amministrazione Biden ha rinnovato questo ordine esecutivo (13818) anche se Joe e Hunter ne sarebbero direttamente interessati secondo gli autori di questa pubblicazione.

Disclose tv invece rincara: “Gli Stati Uniti e i loro alleati “lanceranno una task force multilaterale transatlantica per identificare, rintracciare e congelare i beni delle società e degli oligarchi russi sanzionati – i loro yacht, le loro ville e qualsiasi altro guadagno illecito”, riferisce la Casa Bianca.

Al momento sembra non ci sia un presidente americano. E non credo che i militari permetteranno allo stato profondo di iniziare la terza guerra mondiale. Ecco perché Putin ha lanciato questa operazione strategica in Ucraina. I media ne stanno facendo una guerra che minaccia di aggravarsi. Tutto questo è tacciato come causa di un processo di risveglio in modo che la gente veda chi vuole davvero una terza guerra mondiale.




Lancia Delta Hf integrale ed Alfa in utile dal 2021: svelato piano industriale

La Fca confluita nel gruppo Stellantis con l’armamentario americano guidato da Chrysler e Dodge, ha svelato un intrigante piano industriale che vede il ritorno definitivo della mitica Lancia Delta hf integrale che rispetti peculiarita’ ed aspetto dell’icona dei rally uscita di produzione nel 1993. Macchina che pero’ sara’ totalmente elettrica ed il cui lancio e’ slittato al 2028. Entro un paio d’anni inoltre sara’ sfornata l’erede della Lancia Ypsilon, unico modello tutt’ora presente nella gamma Lancia ma ritirato dall’Europa e originato dalla famigerata Autobianchi a suo tempo inglobata in Fiat.

Secondo l’amministratore delegato di Lancia le vetture imminenti di piccola stazza dell’azienda madre di Stratos e Thema, potranno imperniarsi su una politica dei prezzi piu’ bassi della concorrenza addirittura del 20%. Anche se la dirigenza intende ripristinare il marchio italiano sull’idea originaria del lusso che esprimeva, per cui si vedranno i natali di un’ammiraglia Lancia che ne possegga le caratteristiche in questione. Riguardo Fiat si preconizza la nuova serie del monovolume familiare “Ulisse” e della iconica Multipla tuttora in mostra in un museo londinese per la propria identita’ che mescola originalita’, ergonomia, comodita’ ed aspetto. Alfa Romeo invece dal secondo anno di seguito registra un utile di alcune centinaia di milioni e si prospetta il marchio forse piu’ prestigioso e promettente dell’intera scuderia Stellantis, quarto costruttore mondiale.

Risultato tanto mirabile, quello del ritorno alla redditivita’ di Alfa Romeo, sopratutto se confrontato con il calo delle vendite mondiali di auto, ed il mancato ritorno in produzione di Mito e Giulietta, per cui Alfa con soli due modelli come Stelvio e Giulia, si corrobora nelle vendite ed ora si avvale del suv compatto Tonale che si presuppone ultimo e definitivo volano di crescita del Biscione. Pertanto nella fabbrica di Pomigliano d’Arco in cui verra’ prodotta Tonale c’e’ fermento ed entusiasmo in vista di un ampliamento delle assunzioni e la continuita’ del lavoro. Tonale accorda tutti per mezzo dell’estetica e delle qualita’, senza eludere il prezzo inferiore alla concorrenza delle tedesche antagoniste.

Cio’ che di Alfa Tonale incoraggia maggiormente, per ora che non si conosce tutto di essa, inerisce la piattaforma di costruzione Jeep anziche’ quella di Citroen, Opel o Peugeot anch’esse nel medesimo gruppo di Alfa e Jeep nonche’ con piattaforme di costruzione gia’ pronte e sperimentate. Alla luce di tutto cio’ pare che l’unica auto Fiat che usufruira’ delle piattaforme francesi nella componentistica e costruzione, sara’ proprio la mera Ypsilon di Lancia, mentre le altre auto Lancia progressivamente ritorneranno nell’alveo del super lusso italiano che ha contraddistinto il marchio; per cui la sportivita’ abbandonera’, a detta dei sommi capi Lancia, questo marchio, bensi’ sara’ prerogativa esclusiva di Alfa Romeo e Maserati: quest’ultima dispone di un successo crescente da oltre una decade e si fondera’ sempre sull’artigianalita’ italiana e le prestazioni elevatissime per rintuzzare i modelli Rs di Audi, Amg Mercedes ed M Bmw; Alfa Romeo per contro disporra’ sempre di un bagaglio sportivo ma non estremamente lussuoso o veloce, bensi’ altamente identitario e plasmato sulle caratteristiche di fragorosita’ e divertimento, rispettivamente del motore e delle accelerazioni.

https://www.adfnews.it/tecnologie-italiane-superano-tesla-e-tim/

Riscontra cali nel gradimento Porsche, in seguito all’innesto di motori diesel che ne snaturano il rombo tipico, ed anche per il susseguirsi di Suv e berline che ne hanno ridimensionato la percezione collettiva, per cui risultano in forte rivalutazione gli usati del marchio, antecedenti il 2012. Mercedes anche affronta cali leggeri nelle immatricolazioni, ed anche Volkswagen staziona in una decrescita foriera della mancata distribuzione in Italia, della nuova versione dell’ammiraglia Passat. Viceversa la super ammiraglia Passat Phaeton e’ stata bocciata dal mercato euroamericano vincendo pero’ la scommessa in Cina, in cui si producono ancora degli esemplari.

La vendita di auto usate economiche ma prestigiose e’ minacciosamente incrementata dunque i relativi prezzi figurano in ascesa permanente, anche a causa della riduzione dell’offerta; in quanto oggi gli usati delle auto, prettamente quelli garantiti, presentano prezzi gia’ di per se’ mediamente alti.