Genova: vittoria medici no-vax ma Napoli perde

Personale sanitario no-vax sospeso dal lavoro per sei mesi in Asl2, e mandato a casa senza ricevere alcuna retribuzione. Questi gli effetti del decreto legge Draghi del 31 marzo, ma è arrivata una svolta in queste ore: il ricorso di questi lavoratori è stato vinto a Genova. A rivolgersi all’avvocato Roberto Penello, una decina di lavoratori facente parte del personale sanitario del Santa Corona di Pietra Ligure, tra cui diversi infermieri. “Dopo il primo grado che ha avuto esito negativo a Savona – spiega l’avvocato -, è finalmente arrivata la svolta sulla questione: a Genova, con la sentenza che vede condannare l’Asl2. E’ stata condivisa in toto dal giudice la nostra tesi di pensiero”. Prima di procedere alla sospensione dell’attività lavorativa, l’azienda sanitaria avrebbe dovuto verificare l’inserimento di queste persone in altre mansioni, anche inferiori che non comportassero un contatto con il pubblico – spiega Penello -. Ma in questi casi non è stato fatto, almeno, l’Asl2 non ce lo ha dimostrato. Quello che abbiamo contestato non è stato il decreto in sè, ma il fatto che l’azienda sanitaria non avesse rispettato la procedura prevista. E così la sentenza ci ha dato ragione, condannando l’Asl2 a erogare tutti gli stipendi sospesi dalla data della sospensione a fine dicembre 2021”, conclude.

Nel napoletano non e’ stato possibile ottenere questi risultati mirabili per la stragrande maggioranza del personale sanitario ed extrasanitario reticente al vaccino pandemico, a causa dello zelo del direttore sanitario e dei colleghi vaccinati e favorevoli al siero, che hanno obbligato gli impiegati, anche quelli disabili, ad iniettarsi la sostanza. La spiegazione a cio’, secondo un medico che ha denunciato tale episodio al quotidiano nazionale Adfnews, era correlata alla mancanza di alternative e l’obbligo del servizio, anche con un certo sarcasmo da parte dei dirigenti. Le denunce del caso non sono state concretizzate dal medico disabile per una certa astenia in seguito alla emarginazione ed allo scherno subiti, binariamente al blocco del salario per ben quattro mesi confluito nella minaccia perentoria di licenziamento se non si fosse vaccinato. Ad oggi, nella fattispecie del medico disabile, si apprende anche della sua presentazione al direttore sanitario pilatesco, di un fascicolo che attestava il pericolo duplice della vaccinazione nel suo caso, che avrebbe nel peggiore dei casi procurato la dipartita o l’immobilita’ tetraplegica del professionista.

Fortunosamente al medico succitato oggi obbligato al trittico di dosi vaccinali, non si e’ verificato alcun disagio o malanno fisico; ma all’operatore sanitario che si e’ confidato ai microfoni di Adfnews e che era da poco assunto, non e’ andata altrettanto bene. Infatti, sebbene restio all’iniezione e minacciato immantinente di licenziamento, l’infermiere napoletano attualmente ipervaccinato, padre di due figli e marito di una donna sottouccupata, lamenta stanchezza improvvisa in seguito al vaccino, nonche’ forza e resistenza ridotte, anche se parzialmente.

Vocabolario

*Immantinente: subito.

*Restio: che non non e’ convinto.

*Reticente: che non vuole.




Roma: strane morti tra stregoneria e satanismo

Madre e figlia laziali trovate morte in casa: “Erano in una setta satanica”. Cosi’ e’ stato rintracciato lo “sciamano” che viveva con loro: sarà interrogato, redige il Fatto di Travaglio. Ma ambe due le donne “Erano in una setta satanica”, a detta di intervistati e conoscenti.
A Roma Luana Costantini, infermiera cinquantaquattrenne e sua madre, Elena Bruselles di ottanta e piu’ anni, sono state trovate senza vita nel loro appartamento di Monte Mario. In casa la presenza di molti oggetti riconducibili alla setta Cubytrix, ha dopo due giorni di ricerche, portato gli inquirenti a rintracciare Paolo Rosafio, lo “sciamano Shekhinà”, compagno di Costantini. L’uomo non è indagato. Ma con loro viveva un altro uomo per un periodo, anch’esso legato a tali rituali, mentre Rosafio e’ definito ideatore di tale setta.

Candelotti, tuniche, messaggi satanici e tavole per riti spiritici hanno insospettito e trasecolato le forze dell’Ordine, in questa situazione. Quando il 19 gennaio la polizia è intervenuta nell’appartamento di via Giulio Salvatori, nella zona di Monte Mario a Roma, si è trovata di fronte una grande varietà di oggetti mistici utilizzati per le sedute sataniche ed in avanzato stato di decomposizione, il corpo mummificato di Elena Bruselles, 83 anni ed affetta da Alzheimer. Poi il cadavere più recente di Luana Costantini, sua figlia, di 54 anni. A chiamare la polizia è stato l’altro figlio di Bruselles, allertato dai vicini di casa che da giorni sentivano un odore terribile provenire dalla dimora delle due donne. L’esame autoptico chiarirà le cause della morte: da un’analisi preliminare il decesso della 83enne risale ad almeno un mese fa, mentre quello della figlia è avvenuto circa una settimana fa. Non sono stati riscontrati segni di violenza sui cadaveri e nella magione non ci sono segni di effrazione.

Paolo Rosafio, nome d’arte Shekhinà Shekhinà, santone pugliese e compagno di Luana Costantini che viveva con le due donne, non dava notizie di se’ da prima di Natale. Secondo quanto riportato da Repubblica, gli inquirenti, dopo due giorni di ricerche, lo hanno rintracciato a casa della madre, in provincia di Lecce. Rosafio condivideva con la fidanzata la passione per l’occultismo e l’appartenenza alla setta satanica Cubytrix. Attivo anche su Facebook, questo gruppo sponsorizza online corsi di magia e di tantra nero, e mette in vendita tavole ouija: cioe’ strumenti usati nel corso delle sedute spiritiche per le comunicazioni medianiche. L’altro interrogato-anch’egli del settore e con richiesta preventiva di anonimato-, spiegava che la 54enne aveva iniziato a perdere il senno dopo un rito di evocazione dei morti che avevano fatto insieme la notte di Halloween: “Abbiamo aperto un passaggio col mondo dei defunti”, racconta, ma da quel giorno Luana è cambiata: “Non mangiava, distorceva le ossa, batteva i denti con furia“. Per questo, secondo la sua versione, lui e l’altro uomo che per una fase hanno convissuto con le defunte, se ne sono andati di casa. “Non riusciva più a occuparsi da sola della madre, stava male”, continua Roberto che si dice sicuro di quanto successo dopo: “Ha prelevato la pensione della madre e ha chiamato uno spacciatore, pippando cocaina fino al crollo”. Tragico epilogo che fa da appendice alla scoperta di un sistema globale che utilizza una fitta rete di membri appartenenti all’occultismo, alla necrofilia, al mero satanismo nelle sue diramazioni: cosi’ secondo numerosi ricercatori indipendenti, si palesa il filo conduttore tra scomparse di minori ma anche sacrifici umani e sopratutto, l’infiltrazione sociale di insospettabili figure anticristiche, che operano a tutti i livelli. Infine secondo gli addetti ai lavori, i portali spiritici dovrebbero essere aperti eslusivamente da personale specializzato, ma non sempre viene fatto cio’, pena situazioni di follia, devianza permanente, omicidi e suicidi.

Il Satanismo si avvale di due filoni, numerose volte denunciati da magistrati, conferenzieri, giornalisti, membri di spionaggio, che si basano su individui deboli, ingenui, insicuri e frustrati, nel livello piu’ estetico e folkloristico, mentre l’altro livello che e’ il principale, racchiuderebbe personale di alto profilo culturale, professionale ed economico, assolutamente indistinguibile dalle persone comuni e probe, nonche’ esente da azioni illegali accertate.

Vocabolario

*Probe: buone.

*Folkloristico: tipico di una cultura, di scena.

*Avvale: adopera.




Iran e Russia per una nuova moneta digitale ma garantita

La Russia e l’Iran stanno collaborando per emettere una nuova stablecoin garantita da riserve d’oro. Secondo l’agenzia di stampa russa Vedomosti, l’obiettivo è creare un “token della regione del Golfo Persico” che possa essere utilizzato come metodo di pagamento nel commercio estero. La stablecoin mira a sostituire le valute fiat come il Dollaro statunitense, il Rublo russo o il Rial iraniano nelle transazioni transfrontaliere. Il token dovrebbe essere emesso sotto forma di stablecoin supportata da riserve auree, secondo Alexander Brazhnikov, direttore esecutivo dell’Associazione russa della crypto industria. Lo riporta Wall Street Italia. Il progetto dovrebbe operare in una zona economica speciale ad Astrakhan, dove la Russia ha iniziato ad accettare le spedizioni di merci iraniane. Tuttavia, il legislatore russo Anton Tkachev ha sottolineato che un progetto congiunto di stablecoin sarà possibile solo quando il mercato degli asset digitali sarà pienamente regolamentato in Russia. La Camera bassa del Parlamento russo ha promesso di iniziare a regolamentare le transazioni di criptovalute durante il 2023.

L’Iran e la Russia sono tra i Paesi che hanno vietato ai propri residenti l’utilizzo di criptovalute come Bitcoin e stablecoin come Tether (USDT) per i pagamenti. Tuttavia, entrambi i Paesi stanno collaborando attivamente per adottare tali strumenti per il commercio estero. Ad agosto 2022, il Ministero dell’Industria, delle Miniere e del Commercio iraniano ha approvato l’uso delle criptovalute per le importazioni nel Paese, nonostante le sanzioni commerciali internazionali in corso.

La banca centrale iraniana sta valutando la possibilità di creare, con la partecipazione della Russia, un token digitale per facilitare il commercio nella regione persiana, secondo un rapporto che cita il capo dell’organizzazione dell’industria delle criptovalute nella Federazione Russa.

La moneta potrebbe essere accettata come mezzo di pagamento negli accordi internazionali, ha dichiarato al quotidiano economico Vedomosti il direttore esecutivo dell’Associazione russa di criptoeconomia, intelligenza artificiale e blockchain (Racib), Alexander Brazhnikov, e ha precisato:”Si presume che il token sarà supportato dall’oro, per cui sarebbe uno stablecoin”. Le stablecoin sono criptovalute, il cui valore è solitamente ancorato a valute fiat emesse dallo stato o metalli preziosi. Mentre le autorità russe hanno procrastinato l’adozione di regolamenti completi per Bitcoin e similari, con la Banca di Russia che si è opposta alla loro legalizzazione nel paese, l’anno scorso è stata fatta circolare una  proposta per legittimare l’uso di stablecoin supportate dall’oro.

Lubomir Tassev sulla rivista “Bitcoin” riporta che la banca centrale iraniana sta collaborando, con la Russia, nell’alveo di una nuova moneta che emargini il dittico euro-dollaro ma che aborrisca il Bitcoin, la quale si riconferma unica valuta decentralizzata ed autogestita. Bitcoin cosi’, dall’alto del proprio attualmente elevatissimo valore, funge da volano popolare per transazioni economiche in grado, potenzialmente, di eludere anche le monete digitali della Russia, dell’Iran, dell’Europa, che si appropinquano ad affiancare e sostituire, in prospettiva, le monete cartacee.

Si sta concretizzando un progressivo ma irreversibile, processo di digitalizzazione statale delle monete tradizionali, che attualmente figurano per Europa ed America, per lo piu’ private; mentre in Cina, Russia, Iran, Iraq, Siria, Afghanistan, le valute cartacee e le venture digitali, afferiscono quasi totalmente al governo, dal punto di vista della proprieta’ e del controllo. Il Bitcoin invece si rivela di proprieta’ degli utilizzatori ed effettivamente sganciato dal circuito monetario privato e da quello statale, per cui si evince la cagione di tutta questa avversione generalizzata, da parte dei circuiti pubblici e privati, verso tale moneta digitale e sganciata dai beni materiali.

Le stablecoin sono criptovalute, il cui valore è solitamente ancorato a valute fiat emesse dallo stato o metalli preziosi. La più grande moneta digitale supportata da oro fisico PAX Gold, è attualmente al 74° posto in termini di capitalizzazione, con una capitalizzazione di mercato di oltre $ 511.000.000. È un token ERC20 basato sulla blockchain di Ethereum. Ethereum, secondo ricercatori indipendenti americani attivi su Telegram che lo dimostrano ed a parere dell’imprenditore e perito commercialista italiano Francesco Carrino, risulta gravitare, dal punto di vista della proprieta’, su banche e societa’ del cordone finanziario di Davos.

La notizia dei negoziati tra Mosca e Teheran, è stata confermata da Anton Tkachev, membro della commissione per la politica dell’informazione, l’informatica e le comunicazioni della Duma di Stato, la camera bassa del parlamento russo. Tuttavia, ha osservato che la questione sarà discussa attivamente a livello statale solo dopo che le criptovalute saranno completamente regolamentate.

La Russia e l’Iran, entrambi soggetti alle sanzioni economiche e finanziarie occidentali, hanno cercato di utilizzare la criptovaluta come mezzo per aggirare le restrizioni del caso. Ad agosto, l’Iran ha  effettuato il primo ordine ufficiale di importazione adoperando la criptovaluta mentre la Russia si accinge a legalizzarla come mezzo di scambio con l’estero . Le due nazioni stanno inoltre sviluppando le valute digitali della banca centrale ( CBDC), il  rublo digitale ed il crypto rial .

E’ in atto un processo inesorabile di sottrazione monetaria dalle valute Fiat che gravitano sul Dollaro ergo Euro e figurano di fatto private; e binariamente un ritorno al Gold Standard nonche’ l’adozione di sistemi di scambio monetario statali ed imperniati sulla Blockchain. Cio’ emerge a poco tempo dalla Conferenza stampa del ministro degli esteri di Putin in occasione del 2023 in cui ha preconizzato il cambio di paradigma all’interno del nuovo Ordine Mondiale: ossia l’instaurazione di un mondo multipolare incentrato sulle riserve naturali per avvalorare le proprie valute, e che rispolveri le monete nazionali in antitesi al Dollaro ed all’Euro.

Vocabolario

*Inesorabile: che non puo’ arrestarsi.

*Gravitano: girano attorno.

“Binariamente: in parallelo.




Gevi vince e convince

Di Stefano Apollo

Vittoria importante ma soprattutto convincente degli azzurri di Pancotto contro il Sassari in un Palabarbuto finalmente caloroso che alla fine ha applaudito la buona prestazione fornita.
Napoli che parte un po’ contratta e Sassari che ne approfitta segnando ripetutamente dall’arco dei tre punti; ma i partenopei dopo il 2-8 del 3′ minuto, reagiscono restando in scia fino al primo break con un positivo Dell’Osto e le triple di Davis e Stewart, oltre al solito Williams sotto le plance, 23-25.

Napoli diventa devastante nei primi 5 minuti del secondo quarto con un parziale di 16-2, che ribalta completamente il risultato grazie al grande Stewart, da 11 punti nel quarto, 39-27 .
Massimo vantaggio al 7′ sul 47-32 e tifosi in delirio: la reazione sarda consente di ridurre il distacco all’intervallo sul 52-44.
Nella ripresa si aspetta la reazione degli uomini di Piero Bucchi, ma i partenopei sono in serata di grazia ed allungano al minuto 8′ al massimo vantaggio 74-53 , sempre in controllo di gioco e risultato.
Terzo quarto che si conclude sul 77-58.
Ultimo parziale con gli azzurri che tolgono il piede dall’acceleratore e Sassari ne approfitta nel finale per limare il distacco e soprattutto per difendere lo scarto rispetto alla gara di andata. Partita che termina col punteggio di 93-83.
Ottima prova di squadra della Gevi che ha fatto esordire anche Young, ancora un poco fuori dai giochi in attacco, ma con pochi allenamenti svolti assieme ai compagni. Note super positive da parte di Stewart autore di 22 punti con 4-5 da tre punti, un ottimo Dell’Osto, 7 per lui, ed un concreto Davis 14 punti con tre triple.
La nota stonata è lo 0-5 ai liberi di un generoso e combattivo Jacorey Williams doppia doppia per lui,16 punti e 10 rimbalzi ,ma tirare i liberi in quel modo per un professionista di serie A di basket è quanto meno rivedibile.

Soddisfazione nell’entourage partenopeo che vuole proseguire il suo percorso verso una salvezza tranquilla, cercando di capire se si può arrivare a qualche altro innesto di qualità.




Derby dipinto d’azzurro

Di Stefano Apollo

Prosegue senza altri intoppi la marcia del Napoli in testa alla classifica: gli azzurri finiscono il girone di andata a quota 50 punti.
I ragazzi di Spalletti espugnano l’Arechi nel derby contro la Salernitana con una prova concreta ed attenta ed un dominio pressoché territoriale in tutte le zone del campo, per tutta la gara.
Si parte con i soliti vergognosi e beceri cori di una parte del tifo salernitano ma il Napoli è subito padrone del gioco; il povero Nicola, richiamato con una manovra discutibile dal Presidente Iervolino, si schiera soprattutto per non prenderle, difesa a quattro e centrocampo folto.
Napoli fatica a trovare spazi ma quando ci riesce è molto pericoloso con Lozano ed Osihmen, Salernitana pronta a ripartire in contropiede, si rende pericolosa con un tiro di Piatek.
Quando sta per finire il tempo, il Napoli finalmente passa in vantaggio, splendida combinazione Anguissa – Mario Rui col professore portoghese che serve il gigante di ebano in area, assist al bacio per capitan Di Lorenzo che infila di precisione Ochoa con un destro all’incrocio.
Ripresa ma il canovaccio non cambia…gli azzurri ricominciano a macinare gioco con i granata a difendere nella propria tre-quarti: la sensazione è che il Napoli voglia chiuderla in fretta ed infatti su una splendida conclusione di Elmas respinta dal palo , arriva il tap-in di Viktor Osihmen per il 2-0.

Napoli in totale controllo, a fine gara sarà forte di un 75% di possesso palla a favore degli azzurri, che sfiora il terzo gol con una grande incornata di Viktor che Ochoa sventa da gran portiere.
Salernitana in balia degli azzurri ma pericolosa su palla da fermo con Pirola ed infine su un disimpegno errato partenopeo che regala una grande chance a Piatek, che con il destro chiama Meret ad una splendida parata in cui il pallone colpisce il palo attraversando tutta l’area di porta.
Fischio finale con tre punti importantissimi-si sa che questo tipo di partite nascondono sempre più di una preoccupazione- ma condotta di gara esemplare del Napoli che nonostante l’assenza di Kvaratskheila non ha mai sofferto ed ha mostrato sempre padronanza del palleggio e sicurezza nell’uscita dal pressing avversario.
Comincia il girone di ritorno si vede confermare ciò che di buono, anzi di meraviglioso, si è fatto fino ad ora.
Appuntamento al Maradona domenica sera contro la Roma dello special One per un derby del sud molto sentito e soprattutto molto importante.




Scandalo violenza femminista

Di Rita Lazzaro

Il femminismo è davvero in difesa delle donne e della libertà?
La parola ai fatti
A poche ore dalla manifestazione a Roma contro la violenza sulle donne promossa dal collettivo ultra-femminista “Non Una Di Meno” la sede di Pro Vita & Famiglia è stata vandalizzata e imbrattata con vernice rossa e affissioni inneggianti all’aborto libero.
Non è la prima volta che la Onlus riceve simili attacchi.
Infatti, in occasione, della festa della donna la sede di Pro Vita è stata oggetto di scritte vandaliche dopo le affissioni per l’8 marzo contro l’aborto
Minacce e insulti sulle serrande della sede dell’associazione Pro Vita e Famiglia, a viale Manzoni.
Ciò che ha scatenato l’ira femminista sono stati i manifesti di Pro Vita con su scritto
“Potere alla donne?
Facciamole nascere. #8 marzo”
Manifesti che sono stati immediatamente rimossi dal comune in quanto giudicate lesive delle norme sulle affissioni.
Una decisione cui la formazione anti abortista che «opera in favore dei bambini, delle madri e dei padri, difende il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, promuove la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e sostiene la libertà e priorità educativa dei genitori» (queste le linee del programma sintetizzato sul sito) ha reagito con una denuncia al Comune per «censura politica».
«I nostri manifesti non contenevano il minimo messaggio offensivo o discriminatorio – contesta Antonio Brandi, presidente della formazione – e riteniamo la giunta Gualtieri politicamente responsabile del violento attacco subìto. Etichettando e censurando la nostra innocua campagna come violenta e sessista, ha fomentato un clima di odio politico verso di noi. Chiameremo il Comune, il sindaco e l’assessore a rispondere dei loro abusi in ogni sede giudiziaria, anche quella penale, dove difenderemo il nostro diritto costituzionale alla libertà di opinione ed espressione».
Stessa storia vista a ottobre per i manifesti contro la teoria gender quando il Comune di Bologna ha chiesto un parere legale per poi arrivare alla rimozione dei manifesti Pro Vita perché con stereotipi inaccettabili” e “lesivi della dignità”
I manifesti “Pro Vita” sono da paragonarsi alla stregua di “illeciti amministrativi” e per questo sono stati segnalati al Codice di autodisciplina pubblicitaria. Non solo. È stato chiesto anche un parere legale per poterli rimuovere. Ad avviare la battaglia è stato il Comune di Bologna, che prende le distanze così dai manifesti diffusi sul territorio nazionale dal Movimento Pro Vita.
Sicuramente una vita non facile quella della Onlus che lotta tra censura e continui attacchi.
Attacchi per di più gettati volutamente nel limbo proprio da quella politica sempre in prima linea contro la lotta alle parole d’odio e ogni forma di discriminazione sempre in nome delle libertà Costituzionalmente riconosciute e tra queste dovrebbe essere inclusa anche la libertà di pensiero.
Un silenzio che non dovrebbe sorprendere più di tanto visto che si tratta sempre delle stesse pasionarie che hanno abbracciato  il rigoroso silenzio alla vista del manifesto di Maria Rachele Ruiu, attivista di Pro Vita e Famiglia come successo anche col premier Giorgia Meloni e il ministro per le pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella.
Ma non tutti sono rimasti in silenzio.
Infatti non è mancata la solidarietà della giornalista e scrittrice Enrica Perucchietti che in un’intervista fatta dalla stesse Onlus ha considerato l’atto vandalico come testimonianza del “clima di intolleranza liberticida che viene portato avanti anche da quei gruppi che rivendicano dei diritti ma utilizzano la violenza per chi diverge dal loro pensiero, cercando di eliminare non solo la libertà di pensiero altrui ma anche la possibilità di un dibattito”.
La scrittrice considera infatti questo femminismo “ancora più violento e sadico del patriarcato che dice di combattere”
Ma non si è fatta attendere neppure la voce della giornalista Costanza Miriano:
«Femministe cercano a tutti i costi un nemico, ma non è questo il modo di dialogare»
Anche la giornalista Hoara Borselli ha condannato l’attacco squadrista di stampo femminista
«Femministe vogliono silenziare chi la pensa diversamente»
Secondo la giornalista e opinionista Hoara Borselli, raggiunta telefonicamente da Pro Vita & Famiglia, l’imbrattamento della sede di Pro Vita e Famiglia dimostra il vero punto debole delle nuove femministe: la difficoltà nell’esprimere idee costruttive che non siano “contro” qualcuno.
«La violenza è sempre un segno di debolezza. Quando qualcuno pensa che, in fondo, la propria parola non abbia un peso, allora tira fuori la violenza. Quindi, dimostra il fallimento della propria capacità di esprimere un messaggio. Chi fa così, ha bisogno di mettere in campo la forza – che, in realtà, lo ribadisco, è un segnale di estrema debolezza – pur di farsi sentire. Evidentemente credono che questi gesti siano necessari per poter avere quei riflettori puntati che evidentemente non riuscirebbero ad ottenere, se si esprimessero in maniera civile».
Aggressioni e attacchi solo perché la si pensa diversamente ma l’aspetto tragicomico è che il tutto avviene per mano di chi si reputa antifascista e con la complicità della politica che, quotidianamente, dà la caccia ai nostalgici proprio per evitare il ritorno del regime.
Tipico cortocircuito di chi predica bene ma razzola male.




Assalto con acido: uomo cerca vendetta, risponde il legale

Di Rita Lazzaro

“Presto sarà libera, mi ha giurato vendetta”.
“A me ed ai miei familiari sei lettere di minacce. Risarcimento mai ricevuto”.
“Chi dice che lei non torni a cercarmi per portare a termine il suo piano, quello di vedermi morto o sfregiato a vita, che mi sorprenda ancora con l’acido o mi aggredisca con un coltello?”.
Questo è il duro sfogo di Daniele Polacci, 30 anni, cameriere in un ristorante di piazza Gae Aulenti, “Il Dani” sui social, parla in affanno e intanto il suo pensiero va veloce alla mattina del 3 gennaio del 2020 quando Tamara Masia, la donna di 46 anni che lui aveva conosciuto in chat, dopo un paio di incontri senza sentimenti, decide di punirlo cercando di accoltellarlo e poi di sfregiarlo con l’acido per avere smesso di “corteggiarla“.
Lo spray al peperoncino, lui che si porta le mani al viso per proteggersi e poi una lingua di acido gettato in testa che gli colerà sul viso procurandogli ustioni di secondo a terzo grado sulla guancia e sul collo.
Una storia di persecuzione al punto che la  donna  dal carcere ha continuato a minacciarlo di morte e avrebbe anche tentato di assoldare un sicario, convinta di doversi vendicare del giovane che l’aveva illusa, perché amata e lasciata dopo pochi incontri.

Sei lettere, la prima cinque mesi dopo l’aggressione, proprio mentre lui si stava riprendendo anche con l’aiuto di uno psicologo, e l’ultima un anno fa, in cui la donna in uno sbocco di odio e rancore, annunciava “vendetta eterna”. Erano state anche queste lettere in cui lei esprimeva un “odio feroce e malato” a convincere il gup Manuela Cannavale a condannare Masia a due anni di carcere in abbreviato e due da scontare in una Rems. “Tre lettere erano intestate a me – dice Polacci – e due a mio padre. In tutte mi incolpava di averla fatta finire dietro le sbarre, di avere rovinato la vita a lei, che mi amava. Nelle altre invece mi accusava di averla presa in giro, delirava, minacciava anche i miei genitori. Come faccio a non vivere nel terrore sapendo che lei sta per uscire, questione di mesi: io potrei andare all’estero, ma mio padre? Mia sorella?”.
Una personalità border, così risulta dalle carte del fermo la personalità della donna.
Descritta come molto problematica che già in passato e più in occasioni aveva dato segni di questo tipo senza però  mai arrivare all’estremo di usare l’acido. Risulta, sempre dalle indagini, che la donna cercasse da giorni di mettere in atto il suo piano di vendetta. Era stata notata anche davanti al palazzo dove abitava e abita Polacci alla periferia est della città: i vicini avevano dato l’allarme. All’arrivo delle forze dell’ordine però lei si era già dileguata. Resta in sospeso anche la questione del risarcimento. “La sentenza di condanna – spiega il 30enne – prevedeva una provvisionale di 11mila euro. Io non ho ricevuto nulla, eppure di spese ne ho sostenute parecchie. Il danno e la beffa, anche se il mio tormento oggi è ancora solo lei, che urla, insulta e mi vuole morto”. Una vittima che continua a sentirsi preda del carnefice. Una vittima che vive nel terrore che il predatore, nel caso di specie la predatrice, possa nuovamente attaccare.
Una situazione allucinante ma soprattutto vergognosa per uno stato di diritto.
1)Per questo motivo ci si chiede come sia possibile tutto ciò. Quali sono le falle giuridiche e gli errori che continuano a commettere le istituzioni in difesa della vittime che si sentono sempre più vittime e abbandonate? A questa e alle prossime domande per il quotidiano nazionale Adfnews risponderà l’avvocato Maria Concetta Raponi.
“Le norme ci sono basterebbe applicarle.
 Mi spiego meglio: la lentezza della giustizia e la non certezza della pena determinano di fatto un’ingiustizia. La giustizia per essere giusta deve avere tempi brevi e le pene debbono essere certe” . Un risarcimento danni mai avuto che porta la vittima a essere vittima di un principio che ormai primeggia nella giustizia made in Italy ossia “ oltre il danno la beffa”. Vittime che si trovano a sostenere non solo le spese legali ma anche mediche, tutto di tasca propria.
Un’altra vergogna che, certamente, non fa onore a uno stato che tanto si prodiga affinché nessuno venga lasciato indietro e affinché la legalità non resti solo una valore astratto”.
2)In che modo porre rimedio a una situazione tanto squallida quanto paradossale?
“Prevedere un sostegno economico alle vittime di violenza costituendo ad esempio un fondo regionale ad hoc che, tramite una convenzione con gli ordini forensi, vada a coprire le spese legali. Per quanto riguarda le spese sanitarie prevedere un’esenzione per le prestazioni sanitarie strettamente correlate alla violenza subita”.

Una storia ben lontana dal lieto fine ma c’è anche chi, dopo la tempesta, ha ritrovato la pace. Come successo con Jessica Notaro, classe 1989, un’attivista italiana, divenuta personaggio pubblico in seguito allo sfregio al volto con l’acido compiuto dall’ex fidanzato. Tutto ha inizio il 10 gennaio del 2017 quando la donna è  stata aggredita sotto casa sua a Rimini dall’ex fidanzato Edson Tavares. La coppia si era conosciuta sul luogo di lavoro ma l’uomo presto aveva iniziato a mostrare la sua indole violenta e Jessica lo aveva quindi lasciato e denunciato. L’aggressore è stato condannato in primo grado a 18 anni di reclusione, ridotti a 15 anni in appello.
A causa dell’aggressione, Gessica ha dovuto sostenere diversi interventi chirurgici e ha perso la vista da un occhio.
Ma l’orripilante vicenda non ha tolto a Gessica nè la voglia di vivere nè tanto meno di riscatto. Infatti in seguito all’aggressione, Gessica Notaro è diventata un’attiva testimonial contro ogni violenza di genere, apparendo in programmi televisivi e su testate giornalistiche anche internazionali, come la britannica BBC, per portare avanti una campagna di sensibilizzazione sul problema della violenza alle donne, prendendo come spunto le proprie vicissitudini personali.
Nel 2017 ha pubblicato l’album Gracias a la vida ed è stata nominata Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana “per il coraggio e la determinazione con cui offre la propria testimonianza di vittima e il suo impegno nell’ambito della sensibilizzazione sul tema del contrasto alle violenze di genere”. Nel 2020 approda a Sanremo dove la riminese canta la sua storia. “Un manifesto contro la violenza”.

“Ha una storia drammatica alle spalle”. Amadeus la presentava così, la fulgida riminese. Poi racconta la sua storia: “Subisce l’aggressione del suo ex fidanzato che le getta l’acido in faccia, il gesto più vigliacco”. Tre anni dopo Gessica Notaro sale sul palco del festival di Sanremo 2020. Per cantare. “Ha una grande forza e un grande talento, amava cantare, ha dovuto interrompere questa passione, poi ha deciso di riprendere”, spiega il presentatore, che accoglie Antonio Maggio, “amico fraterno di Gessica”.
“Potevi sciogliermi i dubbi – canta con Maggio -, hai sciolto il sorriso che avevo, ma ho quello di riserva”. E ancora: “Finché c’è fiato per dire basta, c’è ancora un fiore dopo la tempesta”. La canzone si intitola ‘La faccia e il cuore’. Parole che vengono confermate ma soprattutto attuate dalla stessa cantante in risposta a
al rapper Junior Cally “ Io e Junior Cally una cosa in comune l’abbiamo: la maschera. Lui per idolatrare la violenza e fare show, io per difendermi dalla violenza subita”. Questa è la risposta di  Gessica Notaro in conclusione della conferenza stampa all’Ariston, il tutto accompagnato da due foto: la maschera di Cally in scena e la maschera di Gessica per celare le ferite dell’oltraggio con l’acido lanciatole sul viso”.
Arriviamo a quest’anno, quando nella prima settimana di novembre la Notaro riporta su instagram questo messaggio:
“Non ho mai versato una lacrima per quello che mi è successo, stavolta ho smesso di piangere poco fa”. Lacrime di gioia visto che la showgirl riminese aveva appena detto sì alla proposta di matrimonio del campione di equitazione reggiano Filippo Bologni.
Un amore da favola quello che sta vivendo oggi Gessica Notaro, che non fa male, di cui ci si fida: così lo aveva descritto tempo fa in un’intervista a Verissimo. “Non è stato complicato per me fidarmi di lui, perché quello di prima non era amore, questo è amore e l’amore è una cosa bellissima, perché averne paura?”. Fanno eco le parole della giovane imprenditrice e attivista di Rimini, considerando anche il suo passato.
Due storie che confermano quanto la violenza non abbia genere e che non è la quantità a determinare la vittima ma la sua appartenenza al genere umano, eppure ancora oggi ci sono troppi tabù e stereotipi, paradossalmente in una società che è in lotta contro gli stessi. Per questo la domanda che si pone è la seguente: una vittima che diventa simbolo di coraggio e di riscatto.
3)Da donna e da professionista sempre in trincea per la tutela dei diritti come e quanto pensa possa fungere da supporto una donna come la Notaro?
“Ritengo che la testimonianza di Jessica Notaro, così come quelle delle altre vittime di violenza sia sempre di supporto a chi sta vivendo una situazione simile perchè, per quanto si possa fare informazione e formazione, il racconto della vittima, con tutta la sua emotività e tutto il suo dolore, è molto più impattante ed arriva dritto alla pancia delle persone”.
4)Invece come e quanto pensa servirà la sua storia non solo come  riscatto delle vittime ma anche per prevenirne altre?
“Le storie raccontate da chi ha subito violenza  danno molto coraggio a chi le sta vivendo, dalla spirale della violenza si deve e si può uscire.  Spesso la paura, la vergogna, il sentirsi soli impediscono alle vittime di violenza di parlarne, di esporsi, di denunciare.
Dai racconti del vissuto delle vittime di violenza è possibile riconoscere i primi campanelli di allarme che devono mettere in allerta chi sta vivendo situazioni simili, senza magari rendersene conto, e portarli a chiedere immediatamente aiuto, così come chi è a conoscenza di vittime di episodi di violenza deve denunciare; l’indifferenza a volte può uccidere”.  
Gessica Notaro e Daniele Polacci due storie: quella di un uomo e di una donna legati però dallo stesso filo: quello di essere sfregiati da chi diceva di amarli, lasciando loro il segno di un amore malato che, però, non ha scalfito minimamente la loro dignità e voglia di vivere.




Femminicidio: progetto legge nazionale vittima di tagli

Di Rita Lazzaro

Nel fine settimana ad Appio-Latino, vicino alla stazione Tuscolana, intorno alle 23.15 un uomo di 60 anni ha sparato all’ex compagna, Martina Scialdone, avvocato di 34 anni, uccidendola.
Il femminicidio è avvenuto dopo una lite al ristorante «Brado». Costantino Bonaiuti – ingegnere di origine etiope, sindacalista di Assivolo, sindacato dei quadri Enav, ma anche responsabile di International Strategies per lo stesso ente, dove ha ricoperto il ruolo di consigliere nazionale – era a cena con la donna, pare, per l’ultimo tentativo di riconciliazione dopo la rottura del rapporto. E però, invece di arrivare ad un chiarimento civile, il colloquio è degenerato in uno scontro dai toni sempre più accesi al punto che il proprietario del locale ha chiesto alla coppia di allontanarsi per non disturbare gli altri ospiti.
Dai primi accertamenti è anche emerso che la 34enne prima di essere uccisa avrebbe chiesto aiuto ad alcune persone che si trovavano al ristorante cercando di prendere tempo per poter tornare a casa ed evitare nuovi contatti con l’ingegnere che, evidentemente, ai suoi occhi si era già palesato come un personaggio pericoloso. Ma attorno a lei nessuno l’ha capito e comunque nessuno le avrebbe dato appoggio. Addirittura stando alle prime informazioni raccolte dagli inquirenti la giovane avrebbe tentato di nascondersi nel bagno ma i responsabili del locale l’avrebbero fatta uscire. Un’ uscita che le sarà fatale. Infatti fuori c’era l’uomo ad aspettarla, che invece di placarsi ha impugnato l’arma e l’ha rivolta contro l’ex compagna esplodendo un colpo. Subito dopo, è fuggito a bordo della propria auto in direzione di via Tuscolana. La donna è deceduta a causa della ferita letale provocata dal proiettile che l’ha raggiunta da una distanza molto ravvicinata: a nulla è valso l’intervento degli addetti del 118 che hanno provato a rianimarla.
Il carnefice è stato intercettato in zona Colle Salario, all’interno della sua abitazione, e sottoposto a stato di fermo.
La pistola dell’omicidio è stata ritrovata a casa del killer che nella notte è stata anche perquisita.
Questo è il secondo femminicidio di una giovane donna avvenuto nel 2023.
Infatti, mercoledì 4 gennaio, Giulia Donato, 23enne di Genova è stata assassinata dal suo fidanzato. Si tratta di un omicidio-suicidio, scoperto in un appartamento nel quartiere genovese di Pontedecimo: una guardia giurata di 32 anni, Andrea Incorvaia, ha sparato con la pistola di ordinanza alla fidanzata, e poi si è tolto la vita. La giovane frequentava l’uomo da circa un anno: un rapporto contraddistinto però dalla forte gelosia di lui, che, secondo quanto riferito dalle amiche, la ragazza probabilmente aveva deciso di troncare.
Purtroppo, sempre a gennaio, la violenza sulle donne si è manifestata in un’altra sua forma aberrante come la violenza sessuale.

La settimana scorsa una 20enne e’ arrivata in ospedale sotto shock, raccontando ai medici di essere stata violentata all’interno di una discoteca da alcuni ragazzi che l’avevano fatta bere. «Forse hanno usato la droga dello stupro perché non riuscivo a reagire né a chiedere aiuto», queste le parole della ragazza. Si tratta del secondo caso di stupro ai danni di una giovanissima, se i fatti saranno accertati, avvenuto a Genova in meno di una settimana.
Prima di questa terribile vicenda, sempre a Genova, si è verificata un’altra presunta violenza sessuale sempre su una 20enne. L’episodio si era verificato in piena notte in centro città, i cosiddetti «Giardini di plastica», un parco poco frequentato alla sera. La giovane, che si era persa dopo aver trascorso la serata in un’altra discoteca, aveva raccontato alla polizia di essere stata stuprata e rapinata da alcuni ragazzi a cui aveva chiesto informazioni. Le indagini su quell’episodio non hanno ancora portato a identificare gli autori della violenza.

La violenza carnale attualmente pare che non risparmi neppure le giovanissime, come successo a Siena a una ragazzina di soli 12 anni. La presunta violenza sessuale si è consumata durante la festa studentesca nella notte fra il 5 e il 6 gennaio in un locale molto in voga fra i giovanissimi alle porte di Siena.
Femminicidi e stupri sono orrori che continuano a non arrestarsi e che, di conseguenza, portano a porsi una serie di domande alle quali risponderà Angelo Bertoglio, Presidente Associazione Vittime Riunite d’Italia e promotore del Disegno di Legge per l’istituzione del “garante nazionale per la tutela delle Vittime.
1)Perché nonostante il codice rosso continuano a verificarsi simili orrori?
“Molto semplicemente perché il codice rosso sarebbe anche una buona legge, ma avevo detto fin da subito che andava messa anche una cospicua copertura economica per garantire le dovute assunzioni nei tribunali, nelle caserme e nelle questure per poterla attuare seriamente. Mancano le risorse umane per poterla rendere veramente efficiente e al vero servizio delle Vittime”.
Ex fidanzati che non accettano la fine di un rapporto. 2)In che modo evitare che la situazione degeneri?
“Ad oggi si respira ancora troppa aria di impunità in Italia, purtroppo la storia di questi ultimi 10/20 anni è scritta li, sotto gli occhi di tutti, soprattutto delle Vittime e delle loro famiglie. Leggi e tutele per Abele, parole parole parole per Abele, questa la triste realtà. Serve una seria e profonda riforma della giustizia e con essa, un altrettanto seria riforma del sistema carcerario per garantire una giusta pena per Caino, ma anche sicurezza agli agenti dei penitenziari, pure loro troppo spesso dimenticati dallo stato. Dobbiamo iniziare a garantire la certezza della pena per Caino e la certezza al diritto della giustizia e della dignità per le Vittime e le loro famiglie”.
3)Come e quanto la pena può rieducare chi si macchia di simili crimini?

“Con una riforma seria e profonda, proprio come detto poco fa, in modo di costruire un sistema che sia di giusta reclusione, ma che sia anche rieducativo per chi delinque e non solo una branda in attesa di uscire il prima possibile con sconti, indulti e svuota carceri vari”.
I femminicidi, purtroppo, danno luogo ai cosiddetti “orfani speciali”.
4)A suo avviso, l’Italia supporta i figli vittime non solo di femminicidio ma anche di costanti sevizie domestiche?
“C’è molto lavoro anche su questo, c’è bisogno di una rivoluzione culturale e sociale, si deve avere forza, coraggio e decisione per riscrivere il futuro delle Vittime, anche e soprattutto sui bambini figli di Vittime e Vittime loro stessi” .
5)In cosa dobbiamo migliorare per far sì che le piccole vittime non lo diventino doppiamente?
“Si deve partire dalle famiglie e dalle scuole, introducendo “la cultura del rispetto” parlando e confrontandosi fin dalle giovani età, dialogando in modo chiaro e diretto, senza alcuna paura. Se pensiamo che qualcuno vuole parlare di gender già alla scuola dell’infanzia con libri, testi e disegni, non ci vedo nulla di male nel parlare della cultura del rispetto, della persona, del prossimo e della vita”.
“Cultura al rispetto” un obiettivo da conseguire anziché una regola che ormai e’ opportuno diventi prassi.
Aspetto questo su cui riflettere e non poco, non solo dal punto di vista politico e giuridico, ma anche culturale.




Voce dei disabili con satira web: Roma vergogna, intervista e leggi

Di Rita Lazzaro

“Mi sono sposato per amore nel 1985, a 33 anni, messo in croce come un illustre precedente (!) con Laura, conosciuta perchè lei faceva la segretaria nello studio legale dove io facevo pratica. Al nostro matrimonio, celebrato in una chiesetta sul Tevere in un paesino vicino Roma (Nazzano) non c’era neppure un invitato nè un familiare, ma eravamo solo mia moglie, io e quattro testimoni scelti, pochi giorni prima, tra gli amici più cari. Ciò soprattutto per mia scelta, ma Laura ha dovuto poi ammettere che proprio per la sua intimità è stata una cerimonia particolarmente bella e toccante. Dopo 3 anni è nato Claudio, e con in mezzo purtroppo un’interruzione spontanea della gravidanza; Fabrizio dopo due anni e mezzo.
Laura che fino ad allora aveva sempre lavorato, ha poi smesso per dedicarsi completamente ai figli ed io dopo un po’ di anni avendo comprato un appartamento grande, ho messo lo studio in casa proprio per stare vicino a lei e per vedere crescere i miei figli. Nel 2006 Laura ha cominciato ad avere i primi sintomi della malattia (SLA) che l’ha poi costretta a vivere in tetraplegia attaccata ad un respiratore. Ciò malgrado, continua ad avere un bellissimo carattere perpetuando ad essere una bravissima padrona di casa”. Sono queste le parole dell’avvocato Roberto Colica sposato con Laura da ben 37 anni e padre del famoso duo satirico “ Le Coliche” dove Claudio e Fabrizio con intelligente e costruttiva ironia hanno cercato di sensibilizzare anche su temi delicati come la SLA.

“Vivere in quel contesto familiare, per noi, è stato fondamentale. Vedere come nostra madre ha affrontato, col sorriso, una malattia autoimmune di quel tipo che gli ha colpito prima le gambe, poi le braccia ed ora, invece completamente tetraplegica, è il bagaglio più importante che teniamo sulle spalle per fare il nostro lavoro. Spesso parliamo di disgrazie su una città, una pandemia o una situazione politica e lo facciamo sempre col sorriso. Abbiamo partecipato spesso a numerose campagne per la ricerca e la donazione del midollo, per lo screening neonatale da famiglie Sma e lo facciamo sempre con la libertà di parlarne in modo leggero e di colpire”. Queste sono le parole di Fabrizio seguito dal fratello che, aggiunge, anche la partecipazione della stessa madre nei loro video “e lei è la prima a ridere della sua condizione”.
Malattie che cambiano radicalmente la vita di chi le vive ma anche dei loro cari quelle qui riportate . Mali che, nonostante impediscano il diritto di vivere la quotidianità della vita , non tolgono la dignità nè a chi li vive nè a chi la affronta .

Ed è proprio per questo appena riportato, il motivo che chi versa in tali condizioni oltre al supporto medico necessita di quello umano, partendo proprio dal rispetto nei loro confronti.
1) A proposito di rispetto, è forse rispettosa la condotta tenuta da Jorund Jorund Viktoria Alme, un uomo normodotato, senior banker a Oslo, in Norvegia, che però si sente donna e disabile e che per questo, preferisce girare su una sedia a rotelle?
A questa e alle prossime domande risponderà il padre di Claudio e Fabrizio, l’avvocato Roberto Colica.
“Certamente può dare fastidio a chi di una disabilità soffra davvero, e pertanto da questo punto di vista può essere irrispettoso. Ma resto convinto che ognuno possa fare le proprie scelte purché siano sempre in buona fede e non per mania di esibizione, anche se in questo caso il sospetto che “l’esibizionista” soffra davvero di una disabilità psichica, viene. Se proprio devo dirla tutta trovo molto più irrispettoso, anzi vergognoso, il questionario fatto distribuire la scorsa estate dal Sindaco di Roma ai parenti di una persona disabile dove esplicitamente si chiedeva “quanto ti vergogni della disabilità del tuo familiare?”. Un vero schifo”.
2) A proposito di supporto medico e istituzionale quali sono le falle che rendono più difficile il percorso di chi è affetto da SLA o versa in condizioni che impediscono di vivere in piena autonomia? Di conseguenza quali sono i provvedimenti da adottare per risolvere tali problematiche?
“La prima cosa che mi viene in mente è l’abbattimento delle barriere architettoniche. Sembra incredibile ma in una città come Roma è quasi impossibile circolare in una carrozzina, sia per le buche nelle strade (e sono davvero tante), sia per l’inciviltà delle persone che parcheggiano davanti agli scivoli per disabili fregandosene completamente di chi sia costretto a passare di là, sia per il mancato adeguamento di case e mezzi di trasporto alle esigenze dei portatori di disabilità. Ricordo che alcun anni fa mia moglie voleva prendere un autobus per uscire con uno dei miei figli, ma dopo aver aspettato per più di un’ora ha dovuto rinunciare perché nessun autobus era dotato della pedana per far salire una carrozzella. E parliamo della capitale di uno degli stati più industrializzati al mondo. Detto questo però è anche giusto ricordare che mia moglie fruisce di un’ottima assistenza infermieristica e sanitaria da parte di ASL e Comune. “
3) Per quanto concerne i provvedimenti per rendere più dignitosa la vita dei più fragili e dei loro cari, cosa si aspetta dal nuovo governo a riguardo?
” Che cerchi di continuare nella campagna già intrapresa dal precedente governo (ma con scarsi risultati) di fornire più risorse e più mezzi per aiutare veramente chi ne ha bisogno. Non voglio buttare benzina sul fuoco ma forse destinare parte delle risorse prendendoli da chi fruisce del reddito di cittadinanza pur potendo essere in grado di lavorare sia per età che per condizioni fisiche, sarebbe un’ottima idea!”.

C’è chi, affetto da SLA, ha deciso di ricorrere all’eutanasia.
Come successo a Rimini dove un trentenne ha deciso di ricorrere alla dolce morte andando in Svizzera.
«Nel 2015 quattro riminesi hanno scelto l’eutanasia. Altri due hanno ottenuto le autorizzazioni e presto andranno in Svizzera per compiere il loro ultimo viaggio. Tra questi c’è anche un trentenne affetto da sclerosi laterale amiotrofica».
Queste le parole di Emilio Coveri, presidente di ‘Exit Italia’, l’onlus che ha come scopo la promozione del diritto alla ‘dolce morte’ nel nostro paese.
4) Roberto, da marito di chi versa in quella condizione ma anche da avvocato, cosa ne pensa a riguardo?
“Con me sfonda una porta aperta perché ho scritto la mia tesi di Laurea (in diritto penale) proprio sull’art. 579 cp (L’omicidio del consenziente) ovvero la disposizione di legge per cui sono state raccolte firme per un referendum abrogativo che però la Consulta poi non ha ammesso. Ovviamente io penso che, ricorrendone tutti i presupposti di legge (in primis una reale volontà della persona) debba essere rilasciata la assoluta libertà di scelta a chi voglia porre fine alle sue sofferenze.

Tra l’altro non capisco perché una madre possa liberamente abortire, e cioè liberamente uccidere il proprio figlio che certo non ha potuto scegliere lui di morire, ma sia invece vietato che una decisione del genere possa essere fatta nei confronti di una persona che ti chieda di farlo e per motivi molto importanti ed evidenti”.
4) Cosa sente di dire alle persone e alle famiglie che affrontano la vita con questo male o con altre malattie che privano la persona di una semplice quotidianità?
“Di stare vicino e di amare queste persone: pur non essendo un cattolico molto fervente, mi piace ricordare le parole di Papa Francesco: “La mancanza di salute e la disabilità non sono mai una buona ragione per escludere o, peggio, per eliminare una persona; e la più grave privazione che le persone anziane subiscono non è l’indebolimento dell’organismo e la disabilità che ne può conseguire, ma l’abbandono, l’esclusione, la privazione di amore.”
“Abbandono, esclusione, privazione di amore” aspetti questi che rappresentano la disabilità che uccide l’anima e quindi il senso di civiltà: la disumanità del genere umano.
Mali che Roberto e la sua famiglia hanno sempre tenuti ben distanti e contro i quali lottano con armi elegantemente micidiali: amore e satira.




Tonfo azzurro ma euforia collettiva

Di Stefano Apollo

Doveva arrivare anche con una piccola il passo falso, ed è arrivato puntuale in Coppa Italia ma oserei dire “meno male”. Se proprio doveva capitare almeno non ha fatto malissimo, anche se a mio parere la Coppa era uno dei principali obbiettivi degli azzurri. Non posso pensare che la Champions all’inizio dell’anno, ma anche a questo punto della stagione, doveva essere un traguardo perseguibile ma comunque abbiamo la possibilità di andare avanti nella competizione più blasonata anche se resta il rammarico per un tabellone che ci avrebbe spalancato le porte della finale.
Riguardo alla gara ,è stata una partita molto piacevole con tanti ribaltamenti di gioco nel primo tempo, visto una Cremonese che ha giocato a viso aperto ed il Napoli che, con una squadra totalmente rivoluzionata, ci ha messo più tempo ad esprimere il suo consueto gioco.

Grigiorossi in vantaggio con Pickel abile a raccogliere un assist al bacio di Dessers, reazione degli azzurri che nel giro di tre minuti ribaltavano il risultato con Juan Jesus in mischia e con uno stacco imperioso del Cholito Simeone su preciso assist di un positivo Zerbin.
Nella ripresa il Napoli controllava agevolmente la gara ed aveva il demerito di non chiudere il discorso qualificazione, cosi’ puntuale arrivava il pari nel finale con Afena-Gyan.

Supplementari poi a senso unico che riflettevano gli azzurri in vantaggio di un uomo per l’espulsione tardiva di Sernicola; infine un assalto inutile con tante occasioni sprecate.
Alla lotteria dei rigori gli azzurri sono stati condannati da un errore di Lobotka. Grigiorossi perfetti senza errori… La Cremonese cosi’ approda ai quarti contro la Roma ed Il Napoli si ritrova a rimuginare sugli errori fatti.
A mio parere e’ opportuno mostrare un grande rispetto per il lavoro di Luciano Spalletti ma l’ eccessivo il turnover fatto dal tecnico toscano che ha letteralmente stravolto la squadra per cui la vittoria e’ apparsa desiderata con meno zelo del solito: poteva secondo me fare meno cambiamenti.
Adesso bisogna dimenticare in fretta questa parentesi negativa e concentrarsi sulla gara di sabato a Salerno dove troveremo i granata con un nuovo allenatore e soprattutto arrabbiati e delusi dopo il tondo di Bergamo. La tifoseria partenopea sembra aver subito glissato sul passo falso della loro squadra, senza esimersi dall’edulcorare il regista autore dello svarione in area piccola, come grande calciatore cui puo’ succedere un passo falso del genere. All’interno dei social, dei gruppi d’opinione, delle pagine social dei principali giornali, si riscontra una reazione collettiva estremamente comprensiva e pacifica verso il gruppo ed i singoli, per mezzo della posizione egemenica che vede il Napoli entusiasticamente staccato dalle principali squadre milanesi.