Poverta’ a Natale: l’Italia spaurisce

Di Rita Lazzaro

Natale un giorno di festa ma non per tutti.

A dirlo è stata la fila lunghissima a Pane Quotidiano per il pranzo di Natale. Le persone sono arrivate di primo mattino nonostante il freddo pungente e aspettano lʼapertura dei cancelli. Tanti gli italiani, non solo pensionati, anche famiglie monoreddito che non arrivano alla fine del mese, stretti nella morsa dei rincari. Il vice presidente Luigi Rossi: “In un giorno sono arrivate 4.500 persone”. Dati agghiaccianti soprattutto in uno stato di diritto dove la tutela del diritto al lavoro ma soprattutto della vita dignitosa del lavoratore, la famiglia e l’infanzia sono Costituzionalmente riconosciuti e quindi garantiti.

Nel 2022 si parla di cinque milioni e 571mila persone senza mezzi sufficienti per condurre una vita dignitosa. È il bilancio del 21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale realizzato da Caritas Italiana, presentato lo scorso 17 ottobre in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà.

Nel 2021 le famiglie in povertà assoluta sono state 1 milione e 960mila. Cinque milioni e 571mila le persone senza mezzi sufficienti per condurre una vita dignitosa. È il bilancio del 21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale realizzato da Caritas Italiana, presentato lo scorso 17 ottobre in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà.

Dati agghiaccianti che certo non fanno onore a uno stato di diritto dove la tutela dei lavoratori ma principalmente del diritto ad avere una vita dignitosa, la famiglia e l’infanzia sono aspetti Costituzionalmente riconosciuti e che quindi dovrebbero essere salvaguardati.

Un condizionale amaramente dovuto non solo sulla base di quest’ ultima vicenda ma altresi su quanto era già stato previsto dall’ultimo allarme dell’Eurostat, che ha fatto seguito a stretto giro quello dell’Istat.

Infatti secondo l’ Eurostat c’era il rischio di povertà in Italia, soprattutto per i bambini e per i lavoratori, una situazione che rischiava di complicarsi nel 2022.

Infatti secondo le tabelle su povertà e disuguaglianza nel 2021 le persone a rischio di povertà, ovvero quelle con un reddito inferiore al 60% di quello medio disponibile, erano 11,84 milioni con una percentuale del 20,1% della popolazione, in crescita dal 20% del 2020. Se si guarda anche all’esclusione sociale, ovvero non solo alle famiglie con un reddito inferiore al 60% di quello medio ma anche a quelle che hanno difficoltà ad avere beni e servizi come ad esempio una casa adeguatamente riscaldata e un pasto proteico ogni due giorni, e all’intensità lavorativa, le persone in difficoltà superano i 14,83 milioni pari al 25,2% della popolazione.

Una situazione che peggiora soprattutto per i bambini: i minori in età prescolare (under 6) a rischio di povertà sono il 26,7% del totale, in aumento dal 23,8% del 2020 con un dato che è il peggiore dal 1995. Si tratta di 667mila bambini, solo in lieve aumento dai 660mila del 2020 ma il dato risente anche del fatto che si è ridotta la popolazione in questa fascia di età. Se si allarga la platea anche alle famiglie a rischio di esclusione sociale, la percentuale per gli under 6 in situazione di difficoltà sale al 31,6% dal 27% del 2020.

Nell’ambito delle statistiche sulla povertà (anno 2021), l’ente statistico ha spiegato che nel 2021, sono in condizione di povertà assoluta poco più di 1,9 milioni di famiglie (7,5% del totale da 7,7% nel 2020) e circa 5,6 milioni di individui (9,4% come l’anno precedente). Pertanto, secondo l’Istat, la povertà assoluta conferma sostanzialmente i massimi storici toccati nel 2020, anno d’inizio della pandemia dovuta al Covid-19. Per la povertà relativa l’incidenza sale all’11,1% (da 10,1% del 2020) e le famiglie sotto la soglia sono circa 2,9 milioni (2,6 milioni nel 2020).

Peggiora la condizione delle famiglie con maggior numero di componenti

Un altro elemento messo in evidenza in quella occasione dell’Istat è il peggioramento della condizione delle famiglie con maggior numero di componenti. Nel 2021, l’incidenza di povertà assoluta è più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: raggiunge il 22,6% tra quelle con cinque e più componenti e l’11,6% tra quelle con quattro; segnali di miglioramento provengono dalle famiglie di tre (da 8,5% a 7,1%) e di due componenti (da 5,7% a 5,0%). Il disagio è più marcato per le famiglie con figli minori, per le quali l’incidenza passa dall’8,1% delle famiglie con un solo figlio minore al 22,8% di quelle che ne hanno da tre in su. Valori elevati si registrano anche per le coppie con tre o più figli (20,0%) e per le famiglie di altra tipologia, dove spesso coabitano più nuclei familiari (16,3%).

Sempre molto difficile la condizione dell’infanzia

Anche l’ente statistico aveva posto l’accento sulla condizione dell’infanzia, sempre più difficile. Nel 2021, la povertà assoluta in Italia colpisce 1 milione 382mila bambini (14,2%, rispetto al 9,4% degli individui a livello nazionale). L’incidenza varia dall’11,4% del Centro al 16,1% del Mezzogiorno. Nel confronto con il 2020 le condizioni dei minori sono stabili a livello nazionale, ad eccezione del peggioramento osservato per i bambini dai 4 ai 6 anni (15,4% dal 12,8%), in particolare nel Centro, dove, nella stessa classe di età, l’incidenza passa al 13,2% dall’8,3% (in generale per i minori del Centro peggiora l’incidenza passando all’11,4% dal 9,5%). Seppur sostanzialmente stabili gli altri valori restano distanti da quelli registrati nel 2019.

A quanto pare qualcosa è andato storto :

A partire da un reddito di cittadinanza non conforme a un articolo 38 cost., diretto infatti a supportare solo chi non si trova nella condizione psicofisica che gli permetta di svolgere un’attività lavorativa. Aspetto che, col reddito a 5stelle, non è stato minimamente applicato.

A partire da una politica che decanta il merito ma che invita, per non dire obbliga, laureati a svolgere il mestiere di cameriere o netturbino, schiaffeggiando così l’art 4 Cost:

“Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” .

“Propria scelta” ben diverso da scelta per necessità o peggio per disperazione.

Stando così le cose, tra una politica improntata sull’assistenzialismo che pregiudica chi ha realmente bisogno e un merito avulso dalla sua ragion d’essere, dati del genere anche se agghiaccianti erano più che prevedibili.




Trapani: agghiacciante femminicidio

Di Rita Lazzaro

12 coltellate all’addome.Così Ernesto Favara, 63 anni, avrebbe ucciso la moglie 29enne Maria Amatuzzo in un’abitazione di Marinella di Selinunte, sabato scorso, in provincia di Trapani.

L’ uomo era stato trovato dai carabinieri sul luogo del delitto in stato confusionale e con un coltello in mano.Resta ancora ignoto il movente del delitto ma i rapporti tra i due coniugi erano tesi.12 coltellate all’addome.

Davanti al pm, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere. Durante l’interrogatorio di sabato sera con il magistrato Stefania Tredici il pescatore in pensione non ha quindi fornito elementi utili al fine di individuare il movente. L’uomo è stato arrestato per omicidio e trasferito presso il carcere di Trapani. La scientifica dei carabinieri ha effettuato i rilievi nella casa dove la donna è stata assassinata. La vittima non era solo una giovane moglie ma era anche madre di quattro bambini.

“La conflittualità tra i due era nota”, riferisce il capitano dei carabinieri di Castelvetrano Pietro Calabrò.Forse l’omicidio è stato il culmine dell’ennesima lite. Una storia d’amore nata poco più di cinque anni fa, quella tra i due. Lui pescatore, lei, invece, di origini palermitane.

Bimbi in comunità da un anno.

Entrambi avevano storie di matrimoni alle spalle. Ernesto Favara ha due figli da un precedente matrimonio (la moglie era morta per malattia), Maria Amatuzzo, anche lei, aveva due figli nati da storie precedenti che non vivevano più con lei. Quattro anni fa il matrimonio civile tra Favara e Amatuzzo e, lo stesso anno, la nascita di due gemelli. “Da quasi un anno i bambini erano stati affidati a una comunità alloggio”, spiega il capitano Calabrò. La coppia ha continuato a vivere in una casa modesta nel quartiere dei pescatori di Marinella di Selinunte, dove si è consumato il femminicidio.

Il fratello dell’omicida: “Era col coltello insanguinato” “Ero a casa e stavo dormendo, quando ho sentito qualcuno che gridava ‘aiuto, aiuto’, mi sono affacciato dal balcone del primo piano sul cortile e ho visto mio fratello nel cortile ancora col coltello in mano”. Lo dice Antonino Favara, 56 anni, fratello di Ernesto Favara. I due fratelli vivono da 5 anni nello stesso appartamento: “Ma è ampio e, quindi, ognuno ha i propri spazi”, racconta. Antonino Favara a pranzo era rientrato da Marsala, dove si era sottoposto ad alcuni esami medici. “Ho parlato con mio fratello chiedendogli cosa avremmo preparato per la cena di Natale – aggiunge il fratello dell’omicida – poi sono andato a letto. Nel pomeriggio ho sentito le grida, mi sono alzato, mi sono messo i pantaloni, ho preso la stampella e mi sono affacciato e ho visto mio fratello ancora col coltello in mano insanguinato”. Antonino Favara, già ascoltato dai carabinieri, spiega: “Ho chiesto a mio fratello cosa aveva fatto e lui mi ha risposto: mi ha fatto perdere le bambine”. L’uomo spiega che “da lunedì la moglie di mio fratello non era più in casa. Ernesto non aveva mai dato segni di squilibrio”. Le bambine gemelle erano state affidate a una comunità alloggio.

Sgomento nella comunità di Marinella di Selinunte Favara: “è stato uno dei pescatori storici della marineria di Selinunte, ha esercitato l’attività per decenni, ma negli ultimi tempi lo abbiamo visto poche volte, partecipava molto di rado alle nostre attività”, dice Giacomo Russo, presidente del Comitato ‘Sacro Cuore di Maria’ che nella borgata vede riuniti i pescatori devoti alla Madonna. La comunità marinara è rimasta sgomenta per l’omicidio consumato in una casa del villaggio dei pescatori. “Da quando era andato in pensione Ernesto non usciva più in barca – ricorda ancora Russo – aveva comprato un tre ruote e vendeva pesce nella borgata, scegliendo punti strategici dove si fermava per i clienti. La moglie lo aiutava”.

Una famiglia disastrata con storie altrettanto drammatiche alle spalle.

Una giovane donna nonché una giovane madre uccisa dal padre delle sue stesse figlie “perché gli aveva tolto le bambine”.

Una frase su cui riflettere perché sembra essere l’ennesima e amara conferma che, in Italia, il problema non è solo giuridico per le falle presenti nell’ordinamento accompagnate da una pena priva di proporzionalità e certezza, ma è anche culturale.

Una forma mentis dal sapore patriarcale dove l’uomo non accetta di essere rifiutato e che quindi non deve essere rifiutato né tanto meno privato del controllo sulla donna che ha accanto né di quello sui figli.

Purtroppo quanto è successo a Marinella di Selinunte non è un caso isolato anzi… È uno dei tanti, troppi femminicidi avvenuti fino a questo momento.

Dall’inizio del 2022 se ne sono contati 104.

Dati agghiaccianti che certo non fanno onore alla Patria di Beccaria né tanto meno a uno Stato sempre in prima linea per la difesa delle donne.




Burqa aggressioni ed orgoglio: ecco la giurisprudenza

Di Rita Lazzaro

Mentre in Iran le donne scendono in piazza contro il velo, in Italia succede l’esatto opposto. “Il velo è la mia scelta e la mia dignità”: cio’ compariva su uno dei cartelli esibiti da un migliaio di bengalesi che hanno sfilato domenica mattina in centro a Mestre dopo le minacce a una donna della comunità perché indossava il velo islamico. Il corteo è sfilato pacificamente dalla stazione fino a piazza Barche in nome della libertà e dei diritti di una delle più popolose comunità straniere in città finita spesso sotto nel mirino della micro-criminalità. Già in passato si era svolto un corteo della comunità del Bangla Desh per reclamare sicurezza e protezione da parte delle istituzioni. Una manifestazione fatta dopo quanto successo a Sanuara Sarder, mamma di 29 anni di origini bengalesi, che vive in Italia da tredici anni, a Mestre.
La donna quando esce indossa il niqab, il velo che copre completamente il corpo compreso il volto, lasciando scoperti solo gli occhi. Un abbigliamento che le è costato un’aggressione. “Ero andata a trovare mia cognata – racconta – Quando sono uscita, mi sono fermata un momento nel portone con i bambini ad aspettare che mio marito e mio papà ritornassero. E lì mi sono accorta che due donne italiane, sui quarant’anni, mi guardavano, ridevano e dicevano ad alta voce: “Ma dove va quella mascherata come un fantasma? Gente come lei non dovrebbe essere in Italia”. Forse credevano che non capissi la loro lingua».
Una situazione di tensione che passa dalle parole ai fatti con l’ arrivo del padre della donna. «L’uomo si avvicina – si legge nella denuncia – chiede le motivazioni delle offese, ricevendo parole di disprezzo e sentendosi dire che se la figlia voleva andare in giro vestita in quel modo, era meglio che rimanesse a casa». Poi la donna spinge via il padre di Sanuara Sarder e quando lei fa per proteggerlo, le si para davanti al viso. «È venuta dritta contro di me provocandomi, “Toccami”, diceva, “Toccami che ti faccio vedere io”. Io non ho mosso un dito e quella mi ha sferrato un calcio sulla gamba, facendomi cadere a terra». «Non riuscivo neanche a muovermi per la paura – si legge ancora nel verbale – e all’improvviso la signora approfittando della posizione in cui ero mi ha colpita di nuovo in modo violento con un pugno sull’orecchio. Poi mi ha strappato il velo facendolo a pezzi e mettendoselo in tasca».
Una vicenda che ha portato l’indignazione della comunità bengalese, promettendo proteste e manifestazioni, di fatto avvenute.
«Portare il velo non è reato – sostengono i familiari della vittima- Anzi, è un diritto costituzionalmente garantito. È ora di smettere di terrorizzare le donne musulmane che portano il velo».
“Portare il velo non è reato”
Frase su cui riflettere e non poco, partendo proprio dal panorama legislativo italiano.
È vero, nel nostro ordinamento non esiste una norma specifica che vieti l’uso del burqa, esistono solo delle norme di carattere generico. Il loro obiettivo è di assicurare che chiunque partecipi a manifestazioni tenute in luogo pubblico o aperto al pubblico possa essere riconosciuto e non sia di ostacolo alla pubblica sicurezza.

Ma analizziamo un altro aspetto delle affermazioni dette dalla comunità bengalese.
Portare il velo non è reato anzi è un diritto costituzionalmente riconosciuto.
Ma è davvero così?
Partiamo dall’oggetto della discordia: il niqab.
Si può ben constatare che c’è un errore formale da parte della comunità senegalese, visto che la parola “velo” racchiude diverse tipologie e non solo il niqab.
Infatti comprende anche:
l’ hijab, lo chador, il khimar, la shayla, il burqa.
Ecco, forse sarebbe meglio che la comunità musulmana inizi a usare bene le parole senza far troppa confusione, essendo la loro cultura e quindi col rischio di confondere chi appartiene a ben altra come, ad esempio, quella cristiana.
E a proposito di cristianesimo, è giusto ricordare a chi invoca il Testo in difesa del velo (lato sensu) che la Costituzione della Repubblica italiana è di matrice cristiana e proprio perché cristiana riconosce un principio cardine della nostra cultura umana e giuridica:
il principio di uguaglianza formale secondo cui : “tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e hanno pari dignità sociale senza distinzione di sesso”.
Di conseguenza stona e non poco una Costituzione che riconosce il velo islamico.
Infatti è sì vero che l’art 19 Cost. riconosce a “tutti il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume” .
E a proposito di buon costume.
È buon costume far girare per strada donne coperte dalla testa ai piedi o col viso tutto coperto salvo gli occhi?
È buon costume che la donna debba coprirsi altrimenti è vista dagli altri uomini rischiando così di essere severamente punita dal padre o dal marito?
È buon costume che la donna sia obbligata a indossare il velo?
È buon costume che le donne musulmane paghino con la stessa vita il loro “no” alla cultura d’origine?
Chiediamo, di grazia, alla comunità bengalese cosa pensa delle ultime novità su l’atroce morte di Saman Abbas.
Non per nulla il murales che la ritraeva col velo è stato rimosso, visto che è morta proprio per essersi opposta allo stesso.
Perché le comunità musulmane che minacciano manifestazioni a gogò per difendere il loro velo e la loro cultura, non sono scese in piazza per il barbaro omicidio non solo della 18 enne ma anche di Masha Amini e di tutte le altre donne uccise a colpi di pistola o bastonate al punto di non essere neppure riconosciute, solo perché non hanno indossato il velo?
Perché non dicono niente a riguardo?
A quanto pare qualcosa non torna.
Forse perché quel velo non è un semplice pezzo di stoffa ma è una storia, una cultura, un modus vivendi dove la donna è donna e l’uomo è uomo secondo il principio in cui:
la donna ubbidisce e l’uomo comanda e dove la donna si deve coprire perché è donna; l’uomo decide liberamente il suo anzi il loro abbigliamento.
Stando così le cose, la Costituzione non c’entra nulla col velo, visto che c’è un problema in radice ossia la violazione del principio di uguaglianza formale, uno dei pilastri della nostra cultura e civiltà.
E la politica? Perché tace?
Perché non ha colto l’aggressione della senegalese col velo, atto indubbiamente da condannare tanto quanto il vuoto normativo sull’uso dello stesso?
Perché non partire proprio dall’art 3 Cost?
Aggredire una persona per il suo abbigliamento è violenza, costringere una donna a indossare il velo è violenza, indossare un indumento che palesa una totale mancanza di parità di diritti tra l’uomo e la donna è violenza.
Ennesimo cortocircuito frutto di politiche serve e sottomesse impregnate di una disgustosa ipocrisia, visto che in Iran le donne muoiono per liberarsi dal velo e in Italia si scende in piazza per garantirlo in nome di una Costituzione i cui principi sono ben avulsi dallo stesso.
E chissà magari un domani per amor dell’accoglienza e della pace nel mondo anche le nostre bambine reciteranno le parole della poesia di Patrizia Defranceschi “ Sotto il burqa”.
dove una bambina si chiede come sia il volto della madre visto che lo vede di rado.
Ebbene sì,anche questa è violenza.




Qatar, Marocco e l’obbligo a Messi

Di Rita Lazzaro

La parola ai fatti. Il Qatar è noto per la costante violazione dei diritti confermata dalle innumerevoli morti sul lavoro, la continua discriminazione della comunità lgbtq+ e la sorveglianza di massa. Non per nulla , lo stesso Sepp Blatter, presidente della Fifa al momento della designazione della sede nel 2010, aveva detto che la scelta del Qatar era stata “un errore”. Un errore avente ad oggetti non solo una puntuale violazione dei diritti umani ma anche scandalo corruzione, dal momento che diverse inchieste hanno rivelato un giro di tangenti che avrebbe di fatto spianato la strada all’assegnazione verso il paese mediorientale. Il tutto nel silenzio assenso della FIFA.

Adesso imperversa nei tribunali e nei media il Qatargate. Perché le indagini principali riguardano presunte tangenti arrivate dal piccolo emirato sul Golfo per influenzare e determinare a proprio favore la politica dell’europarlamento e rideterminare in positivo l’immagine dello stesso Paese arabo.

Oltre al Qatar risultano anche altri Paesi coinvolti. A partire dal Marocco, i cui servizi segreti sono sospettati di aver organizzato un giro di mazzette elargite ad alcuni politici europei. Non viene scartata anche una pista che porta all’Iran, visti gli ottimi rapporti tra Doha e Teheran e il coinvolgimento di almeno un analista politico considerato vicino alla Repubblica Islamica.

Uno scandalo di mazzette che ha coinvolto il vice presidente del parlamento europeo, la parlamentare greca Eva Kaili, l’ex eurodeputato italiano Antonio Panzeri (eletto con il Pd e poi passato ad Articolo1, da cui viene sospeso dopo l’arresto), l’assistente Francesco Giorgi, compagno di Kaili. Mazzette che hanno coinvolto anche semplici cittadini, soprattutto i lavoratori migranti. Infatti sembra che gli emiri li abbiano pagati per far finta di essere tifosi sportivi, mandati in giro per le strade della capitale, vestiti con le maglie delle varie nazionali più famose. E non è la prima volta.

A proposito di lavoratori migranti, la testata britannica Guardian ha avuto accesso a documenti governativi qatarioti e ha rivelato che dal 2010 al 2020 sono morti 6.500 lavoratori impiegati nelle costruzioni legate ai mondiali. Un numero che riguarda esclusivamente migranti e che è arrotondato per difetto, dal momento che non prende in considerazione alcuni paesi di arrivo. La gran parte delle morti sarebbe avvenuta per cause naturali che, come hanno però dimostrato diverse inchieste e testimonianze, sarebbero strettamente correlate alle violazioni dei diritti umani in Qatar: persone costrette a lavorare per turni infiniti sotto al sole cocente estivo, assenza dei dispositivi di sicurezza sul luogo di lavoro, condizioni fatiscenti e pericolose negli alloggi dove venivano ospitati gli operai. Una carneficina di lavoratori su cui il governo del Qatar ha continuato a far finta di niente, mentre la Fifa si è limitata a sminuire, affermando che “la frequenza degli incidenti nei cantieri della Fifa è bassa rispetto ad altri grandi progetti edilizi nel resto del mondo”.

Per di più, chi in Qatar ha provato a denunciare lo sfruttamento dei lavoratori e le morti legate all’organizzazione dei mondiali ha fatto una brutta fine. È il caso di Adbullah Ibhais, ex membro del Comitato Supremo di Qatar 2022, che si trova da anni in galera per aver provato ad accendere i riflettori su tutto quello che non funzionava nei cantieri del paese.

Il bavaglio è stato una costante anche nei giorni di avvicinamento al mondiale. Un giornalista danese della televisione TV 2 è stato costretto a interrompere la sua diretta, dopo che membri delle forze dell’ordine locali hanno aggredito la sua troupe, cercando di prendere il possesso della telecamera. Secondo alcune testimonianze il problema nasceva da una domanda dallo studio proprio sulla situazione dei diritti umani; questo mentre la Danimarca già non è ben vista dalle autorità locali.

La Federazione calcistica danese aveva infatti intenzione di indossare maglie di allentamento con la scritta “diritti umani per tutti”. Sempre la Danimarca peraltro aveva magliette da gara con lo sponsor tecnico oscurato, dato che l’azienda Hummel ha detto di voler prendere le distanze dalla sede della competizione. La Fifa, che non sta facendo niente per prendere le distanze da tutti i lati oscuri dei mondiali in Qatar, ha però vietato “per motivi tecnici” ai calciatori danesi di indossare abbigliamento con messaggi umanitari. Ed a proposito di diritti violati da ricordare la regolare discriminazione lgbtq+.

L’articolo 296.3 del codice penale qatariota criminalizza infatti vari atti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso e prevede il carcere in caso di violazione.

Come ha sottolineato Amnesty international, negli scorsi mesi diverse persone omosessuali e transessuali sono state arrestate in luogo pubblico, con anche l’obbligo di seguire le terapie di conversione. In un’intervista di inizio novembre all’emittente tedesca Zdf, l’ambasciatore dei mondiali in Qatar, Khalid Salman, ha dichiarato che gli omosessuali in arrivo nel paese per seguire la competizione sportiva “dovranno stare alle nostre regole”, sottolineando poi che “l’omosessualità è un danno psichico”.

Le autorità del Qatar nelle scorse settimane avevano anche vietato l’esposizione di bandiere arcobaleno durante gli eventi sportivi, un ban che alcune aziende hanno deciso di aggirare.

Norme stringenti che il Paese intende far rispettare anche ledendo altri diritti come quello alla privacy, ricorrendo alla sorveglianza biometrica.

Come ha spiegato in un’intervista il capo degli aspetti tecnologici dell’evento, Niyas Abdulrahiman, il paese è stato disseminato di 15mila telecamere a riconoscimento facciale. Decine di tecnici si sono trovati in una grossa sala video a osservare le centinaia di migliaia di persone che arriveranno in Qatar, tenendo sotto controllo gli stadi e le aree limitrofe, le metropolitane, i mezzi di trasporto di superficie, le strade e le vie urbane. “Finché non ci saranno danni alle proprietà o feriti, ci limiteremo solo a osservare”, ha detto Abdulrahiman, disegnando uno scenario da Grande Fratello.

Sempre a proposito di privacy, il media norvegese NRK qualche settimana fa aveva denunciato che a molti turisti in ingresso nel paese per i mondiali di calcio era stato chiesto di installare due app sul telefono cellulare, Ehteraz e Hayyam, che potrebbero consentire l’accesso in modo inappropriato ai dati personali. Naomi Lintvedt, research fellow alla facoltà di legge dell’ Università di Oslo, ha giudicato queste app “molto intrusive”.

Simboli vietati ma altri messi ben in mostra.

Come successo con Leo Messi, Campione del Mondo con l’Argentina, che ha alzato la Coppa con addosso un particolare abito arabo nero. Infatti al momento della consegna ufficiale della Coppa del Mondo, prima di procedere con la premiazione, sul palco al centro del Lusail Stadium di Doha, l’emiro Al Thani e Gianni Infantino hanno vestito Messi con un mantello nero trasparente decorato con ricami d’oro.

Apparso un po’ imbarazzato e impacciato, Messi ha indossato il mantello nero senza fare storie prima di alzare al cielo, col sorriso di chi ce l’ha fatta, il trofeo più ambito insieme a tutta l’Argentina. Bisht è questo il mantello nero, appartenente alla tradizione araba.

Nel Golfo Persico, il Bisht è un capo d’abbigliamento solitamente usato per cerimonie che viene associato a ricchezza e regalità. Generalmente spetta ai sovrani o ai capi tribù e viene utilizzato per testimoniare l’elevato rango sociale di chi lo indossa. Un capo d’abbigliamento appartenente alla tradizione araba ,messo indosso a chi ha vinto la coppa del mondo.

Un gesto apparentemente legato alla tradizione ma che conferma lo stretto legame tra calcio e geopolitica e come un semplice gesto possa rappresentare in che modo sono posizionati gli scacchi.

E a proposito di cultura araba e immagini che hanno lasciato il segno, da ricordare lo scatto che ritrae l’abbraccio tra Hakimi, uno dei grandi protagonisti del Marocco, e sua madre a ogni vittoria del giocatore.

“Mia madre puliva le case e mio padre faceva il venditore ambulante. Veniamo da una famiglia modesta che faticava a guadagnarsi da vivere. Oggi combatto ogni giorno per loro. Si sono sacrificati per me”.

Lo stesso web che fino a qualche giorno fa sosteneva le donne iraniane. Gli stessi social che lottano contro il patriarcato per la difesa dell’universo in rosa. Eppure sembra che sia bastata un’immagine tra madre e figlio per dimenticare che ,ad esempio, in Marocco più di una donna su sue (circa il 54,4%) ha subito violenze secondo un sondaggio pubblicato dal Ministero della Solidarietà, della Famiglia e dello Sviluppo Sociale. La fascia di età più a rischio – riferisce Reuters – è quella tra i 25 e i 29 anni. Solo il 28,2% delle donne vittime di abusi ha parlato con una persona o un’istituzione ed appena il 6,6% ha presentato denuncia, in base ai risultati del sondaggio. Il ministro della Solidarietà, della Famiglia e dello Sviluppo sociale Bassima Hakkaoui ha dichiarato che la legge che criminalizza la violenza contro le donne le ha incoraggiato a denunciare gli aggressori. Ma il tasso di violenza contro le donne è «spaventoso», ha aggiunto. Scatti che scaldano il cuore dimenticando i tanti, troppi che hanno smesso di battere.

Una Fifa che invita a lasciare da parte la politica e a pensare al calcio. Un’ Ue sempre in prima linea per la tutela dei diritti, in primis, quelli Lgbtq+ e che contestualmente si fa comprare da chi calpesta gli stessi.

Ebbene sì sulla base di queste amare e vergognose vicende questi Mondiali resteranno nella storia per i goal segnati dall’ipocrisia umana.




Regista norvegese indagato dopo commento su donne trans: Musk contrattacca

La polizia norvegese sta indagando sui commenti della regista e attrice apertamente lesbica Tonje Gjevjon, dopo aver suggerito in un post su Facebook di ottobre che le donne transgender da maschio a femmina sono ancora uomini. Gjevjon rischia ora fino a tre anni di carcere dopo che il parlamento norvegese ha bandito l’incitamento all’odio contro le persone transgender nel 2020.

L’artista si è espressa contro “gli uomini che affermano costantemente di essere lesbiche e donne”, sostenendo che tali persone sono “feticisti perversi” che discriminano le donne reali. Nello specifico, ha individuato Christine Jentoft, un’importante attivista trans norvegese nata maschio ma che ora si identifica come una “madre lesbica”. Anche in Italia i social media risultano supervisionati da enti polizieschi ed istituzionali, al punto che a causa di un post controverso sui poteri bancari, il vicepresidente emerito della Corte Costituzionale non e’ potuto assurgere alla carica di presidente della Repubblica, nella votazione che ha premiato Sergio Mattarella.

Gjevjon  invece dal nordeuropa ha sottolineato che in base alle nuove leggi norvegesi sull’incitamento all’odio, agli “uomini lesbiche eterosessuali” come Jentoft è stato concesso il potere di denunciare altri uomini e donne che non desiderano accettare le “stronzate dell’identità di genere” e si rifiutano di “conformarsi a questo folle regime religioso”. Questa diatriba irradia la liberta’ di espressione sui social che Elon Musk da Twitter sta destabilizzando con i siddetti Twitter files, i quali attestano verita’ apodittiche ma eclatanti ed antitetiche rispetto alla narrazione dominante; il che’ sta coagulando attorno al social un tempo potente quasi come Facebook, pletore di personaggi dall’indole conservatrice e fregiati dalla stampa come propagatori di idee e scritti relativi Qanon.

La legge sulla censura secondo i critici si impernierebbe sulla negazione dei valori e dei diritti in quanto scientificamente coloro che nascono con un determinato sesso, sebbene lo possano cambiare, rimarrebbero sempre contraddistinti dalla sessualita’ natia. Il proprietario di Twitter ha riammesso sulla sua piattaforma, gli innumerevoli utenti obliati per le loro posizioni definite razziste, omofobe od antisioniste, in base al presupposto che, analizzando in filigrana le loro pubblicazioni, non si dedurrebbero peculiarita’ di incitamento all’odio o razzismo o antisionismo. Elon Musk ha contrattaccato i maggiori media americani che esortavano la platea ad emarginare il social del “cinguettio”, affermando che egli garantisce il I emendamento inerente la liberta’ di espressione e che e’ opportuno instaurare una commissione di indagine piu’ ampia all’interno della compagine di tutti i social, che analizzi in maniera piu’ approfondita i testi ed i video che trasgrediscano la legge, in quanto nella stragrande maggioranza di censura social, i colpevoli non sarebbero tali. In questo contesto Twitter ha subito una diaspora di inserzionisti pari a circa la meta’ e Tesla ha visto una cesura del valore finanziario della meta’ in un anno. A Kanye West accusato di molestie verbali agli ebrei e’ stato riabilitato il profilo Twitter e sibe’ recentemento recato in visita da Trump. Tuttavia numerosi addetti ai lavori e seguaci del quarantacinquesimo presidente americano, stanno esecrando West paragonandolo ad un fellone che ha interpretato cinicamente la parte del razzista ed ha consapevolmente visitato Trump nel tentativo di associarne la figura ai razzisti ed agli antisemiti: insomma una sorta di trappola.

Musk ha pero’ ripubblicato il post di Trump antecedente l’assalto del Campidoglio in cui si premurava di non incedere in violenze, scagionando di conseguenza il magnate dalla duplice accusa che lo vedeva fomentatore di disordini materiali ed odio sui social. Elon Musk ha replicato ad attacchi politici che auspicavano il blocco di Twitter dalle piattaforme di scaricamento delle app, cercando di coinvolgere principalmente la Apple in quest’opera: Elon Musk si e’ detto fiducioso che questa iniziativa non si concretizzi ma assolutamente serafico ha aggiunto che, in tal caso, non avrebbe problemi a costruirsi un pionieristico telefono con sistema operativo in grado di eludere lo strapotere di Ios ed Android, e di conseguenza diffondere Twitter ed i suoi contenuti.

Desta scalpore l’esito del sondaggio che il nuovo proprietario di Twitter ha chiesto ai propri iscritti, in merito alla preferenza sulla sua permanenza o sulle dimissioni da amministratore delegato, cui la maggioranza ha risposto di desiderarne le dimissioni. Cio’ si collega alle sospensioni da parte di Musk, dei profili di alcuni giornalisti che in seguito alla diffusione dei Twitter files, hanno cercato di ingolfare il social network con una litania di notizie simili tra esse, e foto private sugli spostamenti recenti di Elon Musk dal suo aereo personale.

Vocabolario

*Litania: lunga lista.

*ingolfare: bloccare, rallentare.

*Pionieristico: primo nel suo genere.




Africa: bruciato palazzo Ue dopo attentato a Russia

La scorsa settimana, il capo di un centro culturale russo che è un funzionario del ministero degli Esteri, Dmitry Sytyy, è stato preso di mira da un attacco terroristico nella Repubblica Centrafricana. Rimane in condizioni critiche dopo che un pacco bomba gli è esploso tra le mani. È stato evacuato lunedì in Russia, per ricevere cure mediche specialistiche.

Rt scrive che il russo ferito in Africa si aspettava un  ‘pacco con la testa del figlio’ – Prigozhin-.
Secondo il notiziario RIA, il pacco carico di esplosivo inviato a Sytyy proveniva dal Togo, un altro paese africano che, come la Repubblica Centrafricana, è un’ex colonia francese.  Il portale Analisidifesa con Maurizio Sparacino approfondisce la questione alludendo allo Stato maggiore togolese che ha preso in consegna lo scorso mese tre elicotteri da combattimento Mi-35M “Hind” per la lotta ai gruppi armati che minacciano il paese africano. Lo ha rivelato l’Intelligence locale sottolineando che questo contratto corrobora il riavvicinamento militare-diplomatico iniziato lo scorso anno tra Mosca e Lomé, quando nel febbraio 2021 l’agenzia TASS riferì le parole del Ministro degli esteri Lavrov secondo cui la Repubblica del Togo aveva contattato ufficialmente la Russia avanzando una richiesta di cooperazione per la spedizione del vaccino Sputnik V.

La visita del ministro togolese Robert Dussey a San Pietroburgo portò successivamente allo sviluppo della cooperazione nella sfera energetica, nel settore delle risorse naturali, dell’energia, delle infrastrutture, dei trasporti e dell’agricoltura. La cooperazione nel settore militare fu invece approfondita nel giugno del 2021 con un programma esteso fino al 2025 teso a rafforzare il potenziale militare del Togo con armi russe.

L’ennesimo segnale dell’espansione russa nel continente “nero” dopo il vertice “Russia – Africa” a Sochi nel 2019, il che inficia gli interessi strategici della Francia che si vede ridimensionata in modo progressivo, dal punto di vista della sfera di influenza presso il continente submediterraneo. Secondo Africa Intelligence inoltre, i tre Mi-35M consegnati ai militari del Togo hanno fatto seguito all’invio di 2 elicotteri multiruolo Mil Mi-17 “Hip” consegnati poche settimane fa.

La Force Aérienne togolaise, secondo i database internazionali, possiede ad oggi una minuscola ed antiquata flotta aerea costituita da 2 elicotteri francesi Gazelle SA 341, 11 aerei d’addestramento molto probabilmente utilizzati in ruoli da combattimento (5 Aermacchi MB-326 e 6 Dassault Dornier Alpha Jet) e un aereo da trasporto leggero Beechcraft Super King Air.

L’ingresso dei Mi-35M e dei Mi-17 consentirà ai militari di Lomè di poter intraprendere più efficacemente le missioni di combattimento antiterrorismo ed anti-insurrezione. Ricordiamo che il  Mi-35 M è una versione export aggiornata e radicalmente modificata del Mi-24VM la cui produzione ha avuto inizio nel 2005. Questa versione dell’Hind (che si distingue dal Mi-24 per un carrello esteso fisso, semiali più corte e un’elica anticoppia a X) può volare in missioni di combattimento giorno e notte e in qualsiasi area geografica con condizioni climatiche critiche “hot and high”. E’ dotato di armi avanzate ad alta precisione e può essere utilizzato per distruggere bersagli corazzati, per fornire supporto aereo alle operazioni di terra, sbarco di truppe o per missioni di attacco al suolo: la sua estrema versatilità lo rende inoltre perfettamente idoneo in missioni MedEvac o come elicottero da trasporto di carichi in cabina o mediante l’uso di un gancio esterno.

Il successo commerciale di questa piattaforma è dimostrato dalla sua presenza nelle Forze Armate di  Russia, Venezuela, Serbia, Nigeria, Pakistan, Mali, Kazakistan, Brasile, Azerbaigian, Uzbekistan, Bielorussia ed Iraq.

Un grave incendio ha colpito un complesso dell’UE a Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana (CAR), lunedì presto, ha detto l’inviato del blocco nel paese. “Gli edifici della delegazione dell’UE a Bangui sono stati devastati da un incendio la scorsa notte”, ha scritto Douglas Darius Carpenter su Twitter. L’incidente non ha provocato morti o feriti, ha aggiunto l’inviato.

La missione dell’UE in Repubblica Centrafricana tenterà ora di riorganizzare le proprie operazioni, operazione che dovrebbe richiedere del tempo, ha affermato Carpenter.

Le immagini sui social media mostrano che il complesso, costituito da diversi edifici a un piano circondati da un alto muro sormontato da filo spinato, è stato gravemente danneggiato dall’incendio. Al momento non si conoscono i motivi del rogo ma si tende ad imputare la responsabilita’ a Mosca, secondo uno schema di rappresaglia per il gesto terroristico quasi letale ai danni di un proprio diplomatico, la cui azione secondo molti sarebbe stata perpetrata dalla Francia.

Vocabolario

*Antiquato: vecchio.

*Perpetrata: fatta azione o cosa cattiva.

*Submediterraneo: sotto il Mediterraneo.

*Corrobora: rafforza.




Terrorismo informatico: WordPress sotto attacco, falso trading e carte di credito. Fine spid

I ricercatori Fortinet avrebbero scoperto di recente una campagna malevola che tramite un nuovo malware botnet (con funzionalità di scanner e brute forcer per piattaforme CMS) scritto nel linguaggio di programmazione Golang, starebbe prendendo di mira siti Web WordPress self-hosted nel tentativo di forzare password amministrative, per assumere il controllo completo degli obiettivi. Matrice digitale, rivista specializzata in tecnologia, lancia il monito: un’ eventuale compromissione potrebbe comportare diversi scenari di attacco successivi e pesanti ripercussioni in considerazione della popolarità del CMS WordPress e del suo bacino utenze a livello globale.

Salvatore Lombardo dichiara nel giornale di Livio Varriale, che la catena d’attacco si basa su un nuovo malware botnet chiamato GoTrim dai ricercatori (perché verrebbe utilizzata la stringa ” :::trim:::” per dividere i dati comunicati da e verso il server C2); utilizzerebbe una rete di bot per eseguire attacchi brute force in modo distribuito contro il target designato.

Secondo lo schema d’attacco ricostruito l’operatore malevolo fornirebbe un elenco di siti Web bersaglio e una serie di credenziali. Il malware proverebbe quindi a connettersi su ciascuno di questi siti tentando di forzare gli account amministrativi tramite le credenziali ricevute. In caso di successo, GoTrim accederebbe al sito violato per installare un client bot (tramite uno script downloader PHP per recuperare il client bot da un URL hardcoded), segnalando la nuova infezione al server C2 e restando in attesa di ricevere ulteriori comandi dagli attaccanti, espandendo così la botnet. Infine GoTrim per nascondere le proprie tracce non manterrebbe la persistenza nel sistema infetto ma piuttosto eliminerebbe lo script PHP e il componente brute force.

GoTrim comunicherebbe con il suo server di comando e controllo secondo due modalità (e scambiando i dati crittografandoli tramite AES-GCM con una chiave derivata da una passphrase incorporata nel file binario dello stesso malware): una modalità client, in cui si inviano richieste HTTP POST al server C2;
una modalità server (impostazione predefinita solo se l’indirizzo IP della vittima risulta essere pubblico), in cui si avvia un server HTTP per l’ascolto delle richieste POST in arrivo.
I comandi crittografati inviati al bot GoTrim consentirebbero di: rilevare i CMS. GoTrim tenta di identificare se viene utilizzato sul sito Web in esame uno dei quattro CMS tra WordPress, Joomla, OpenCart e DataLife Engine, controllando stringhe specifiche nel contenuto della pagina web; convalidare le credenziali fornite rispetto ai domini WordPress e OpenCart; terminare il malware.
Per quanto riguarda le tecniche di evasione impiegate è interessante notare che GoTrim sarebbe in grado di: prendere di mira solo siti Web WordPress self-hosted, poiché i provider WordPress gestiti solitamente implementano più misure di sicurezza per monitorare, rilevare e bloccare i tentativi di attacchi brute force rispetto a quelli self-hosted;
rilevare le tecniche anti-bot utilizzate dai provider di web hosting e CDN, come Cloudflare e SiteGround; cercare di imitare le richieste legittime di Mozilla Firefox su Windows a 64 bit utilizzando le stesse intestazioni HTTP inviate dal browser e supportando gli stessi algoritmi di codifica dei contenuti: gzip, deflate e Brotli;
rilevare la presenza di plug-in CAPTCHA in siti WordPress, riuscendo a caricare il risolutore per alcuni di questi plugin.
Poiché le campagne di attacchi brute force possono comportare non solo la violazione dei server ma anche la distribuzione di malware.

Per mitigare la minaccia GoTrim, Fortinet consiglia ai proprietari di siti WordPress di: utilizzare password amministrative complesse difficili da forzare;
di aggiornare il software CMS di base e tutti i relativi plug-in presenti sui propri siti all’ultima versione disponibile. Ciò ridurrebbe anche il rischio di infezioni da malware che sfruttano eventuali vulnerabilità non sanate. E ammonisce: “Sebbene questo malware sia ancora un work in progress, il fatto che abbia un brute force WordPress perfettamente funzionante combinato con le sue tecniche di evasione anti-bot, lo rende una minaccia da tenere d’occhio, specialmente con l’immensa popolarità del CMS WordPress, che alimenta milioni di utenti di siti web a livello globale“.

Secondo il rapporto, la campagna malware GoTrim individuata nel settembre 2022 sarebbe purtroppo ancora in corso.

Si apprende inoltre del successo dell’Operazione TradeScam, in quanto e’ stata sgominata la banda del falso trading online. Fornivano reti globali per attacchi DDOS. Europol ha arrestato dunque 7 gestori del servizio. La gang gerarchizzata era dedita alla realizzazione di falsi siti di pubblicità di trading e ad attività di riciclaggio dei profitti illeciti.

Salvatore Lombardo allude cosi’ alle numerosissime denunce raccolte dai Centri Operativi della Polizia Postale distribuiti sul territorio nazionale, che dimostrano come il fenomeno dei falsi investimenti offerti via web sia ormai in grande ascesa e il recente smantellamento da parte della Polizia di Stato di una sofisticata organizzazione criminale che gestiva il riciclaggio internazionale dei profitti illeciti derivanti da frodi via trading online, ne è un ulteriore prova.

“È stato riscontrato un notevole incremento del numero di portali online truffaldini che presentano investimenti redditizi con costi di ingresso in apparenza irrisori e rendimenti enormi riscontrabili anche nel medio e breve termine. Molto frequenti sono le chiamate telefoniche e l’invio di sms di truffatori che, impersonando le vesti di broker d’assalto, riescono a persuadere la vittima prescelta della convenienza dell’affare. In alcuni casi è la stessa vittima a contattare i truffatori, in quanto attratta da banner pubblicitari confezionati con grafiche ed annunci altamente suggestivi“, si legge nel rapporto della Postale.
“Grazie ad abili manipolazioni le vittime si spogliano talvolta di ingenti patrimoni frutto di un’esistenza di lavoro, credendo nella promessa di facili guadagni conseguiti in maniera del tutto lecita ma di fatto inesistenti.“, continua la Polizia Postale. Il cliente viene convinto, telefonicamente o online, da un presunto intermediario finanziario accreditato, ad investire anche una somma iniziale di poche centinaia di euro promettendo grandi guadagni. Dopo aver ricevuto il denaro investito, il falso broker, per convincere la vittima a investire sempre di più, simula operazioni finanziarie che generano piccole rendite, ma nel momento in cui la vittima decide di ricavare gli utili guadagnati, il presunto intermediario fa perdere le proprie tracce impossessandosi, indebitamente, dell’intero capitale investito; i depositi vengono richiesti in criptovalute o con bonifici verso conti offshore allo scopo di rendere difficile la rintracciabilità delle transazioni bancarie.

L’operazione investigativa iniziata nel 2019, nominata TradeScam, avrebbe portato ad individuare un’organizzazione criminale gerarchizzata che agiva con l’intento di riciclare il denaro proveniente dalle truffe dei falsi investimenti online ai danni di ignari utenti. Particolarmente complesso sarebbe stato il lavoro svolto dalla Polizia Postale, nell’ambito di una cooperazione internazionale, finalizzato alla ricostruzione dei vari flussi finanziari.

Sarebbe inoltre emerso che il gruppo criminale aveva una fitta rete di rapporti con società che ospitavano falsi siti di pubblicità di trading (ora oscurati) utilizzati per recuperare illecitamente le generalità lasciate dalle vittime interessate ad investire.

Si raccomanda sempre di diffidare da chi propone facili guadagni e investimenti di ulteriore denaro per sbloccare somme già versate. Qualora si volesse seriamente operare tramite piattaforme di trading online, occorre preventivamente assicurarsi che siano certificate dalla CONSOB e dalla Banca d’Italia, ricercare le recensioni riferite alle società di trading d’interesse e consultare la sezione “Warning and publications for investors” dell’ESMA (European Securities and Markets Authority).

Si consiglia altresì di: non condividere mai informazioni personali via telefono né consegnare password e dati di accesso a terzi; non prendere mai in considerazione o accettare passivamente l’installazione di software che consentano di controllare da remoto i propri dispositivi.

Albert Gonzalez risulta il più prolifico scammer con 170 milioni di carte di credito. E’ stato arrestato, ma ha evitato una condanna al carcere dopo aver accettato di consegnare 19 membri della ShadowCrew.

Livio Varriale scrive che tra il 2005 edil 2007 ha rubato e venduto oltre 170 milioni di numeri di carte e bancomat, anche se il suo percorso è iniziato molto prima. All’età di 14 anni, Gonzalez ha hackerato la NASA, suscitando l’interesse del Federal Bureau of Investigation (FBI). In seguito, il suo interesse per l’hacking ha continuato a crescere. All’inizio degli anni 2000, è stato accusato di essere dietro al gruppo ShadowCrew, che ha portato avanti uno schema simile di frode e hacking con milioni di carte di credito online. Migliaia di persone erano registrate sul sito web del gruppo, che metteva all’asta numeri di carte, account e-mail e documenti contraffatti (come passaporti e patenti di guida).

“Dopo un lungo lavoro, le forze dell’ordine sono riuscite a identificare e catturare Albert per molteplici capi d’accusa di frode con carte di credito e, durante questo periodo, sono riuscite a trasformarlo in un informatore. Alla fine ha portato all’arresto e allo smantellamento del gruppo di frodi ShadowCrew”, ha dichiarato Josh Bartolomie, vicepresidente dei Global Threat Services di Cofense. Per Gonzalez, tuttavia, la vita da criminale informatico non era affatto finita. “C’è una lezione da imparare”, ha aggiunto Bartolomie. “Mentre era in custodia [come] informatore, Albert è stato responsabile di una delle più grandi frodi di carte di credito identificate fino a quel momento”. In questo modo, Gonzalez ha svolto il ruolo di informatore pagato dalle autorità statunitensi, continuando a ottenere e vendere illegalmente i dati delle carte di credito online. Durante questo periodo, lui e i suoi complici hanno avuto accesso a oltre 170 milioni di numeri di carte di credito e bancomat di organizzazioni, tra cui 45,6 milioni di numeri di carte di credito e di debito di TJX Companies.

Si preconizza, da alcune dichiarazioni politiche non vetuste, la dismissione dello Spid con la carta d’identita’ digitale che coadiuvera’ ogni tipo di dati personali, economici e sanitari, il che’ rende auspicabile, sull’abbrivio delle ultime uscite di Musk, un’autorita’ di garanzia realmente apolitica ed imperniata sulla Costituzione, relativa la gestione della dovizia di dati ivi contenuti.

Vocabolario

*Preconizza: prevede, predefinire.

*Dovizia: grande numero.

*Vetuste: antiche.




Vivere con 500€ mensili: nuove mete dopo il crollo dei residenti in Italia

Al crollo degli abitanti del Bel Paese, che si attestano oggi ancora a 59 milioni e dispari, l’emigrazione di italiani verso nord, binariamente a quella di meridionali verso l’Italia settentrionale, non si placa. Dalla spasmodica ricerca di nazioni a basso impatto fiscale come il Portogallo che tassa al 10% i pensionati, gli italiani giovani sono focalizzati sulla gestione del costo della vita, che dovrebbe aggirarsi a cinquecento euro mensili; cio’ per rendere l’Italia economicamente sostenibile.

Effettivamente in Italia, se si vive in provincia e si prende in affitto una casa non troppo grande, con 500 euro si pagano anche bollette e consumi abituali. Ma rimarrebbe comunque escluso lo svago. Nei 500 euro di spesa mensile, cioè, non potrebbe rientrare il cinema, le uscite al bar, i concerti e le vacanze.

Ci sono alcuni paesi, come Romania e Bulgaria, dove effettivamente volendo con 500 euro si riuscirebbe a pagare più o meno tutto. Uscite serali comprese. Di fatto si potrebbe farcela anche in alcune città particolarmente economiche di altre zone, come alcuni centri urbani in Grecia, in Turchia ed in Albania. Insomma, effettivamente vivere con 500 euro mensili, in Italia, è impossibile. Non lo è però in altri paesi vicini al nostro, compresi quelli europei in cui piuttosto spesso andiamo in vacanza.

Vivere in questi paesi conviene, soprattutto se si ha un introito dall’Italia, come una pensione o uno stipendio guadagnato lavorando a distanza. Ma conviene anche se si è scrittori, artisti e musicisti, mestieri cioè che portano a entrate variabili e poco sicure.

Per fruire di una pensione tassata al 10%, come propone il Portogallo, e’ necessario recarsi nel paese e registrare la propria residenza presso l’apposito ufficio, aprire un conto alla banca pubblica locale e movimentarlo anche in modo saltuario, fittare un’immobile che altri nuovi residenti locano alla pletora di turisti che assaltano il Portogallo ogni giorno dell’anno. Inoltre e’ opportuno fare la richiesta all’Inps, tramite l’ufficio omologo portoghese, di accreditare la pensione secondo le regole portoghesi, il che generalmente si compie il mese successivo. E’ necessario trascorrere in Portogallo sei mesi l’anno per assicurarsi tali benefici fiscali, sebbene i controlli siano estremamente scarsi; inoltre e’ possibile mantenere le proprie precedenti residenze e vedersi gli accrediti salariali, sul proprio conto esogeno a quello del Portogallo. Secondo le persone interrogate, tutta questa procedura risulta molto celere e non orbata da bucrocrazia eccessiva o ritrosia, cosicche’ la pensione italiana diviene maggiorata del 40%. Bisogna tuttavia aggiungere che dopo una decade di residenza, la tassazione pensionistica del Portogallo subisce una ascesa leggera dai due ai tre punti percentuali.

In questo frangente i prezzi del Portogallo figurano schizzati alle stelle rispetto al recente passato, per cui persone del posto ed immigrati brasiliani a bassa specializzazione, lamentano e riscontrano i medesimi problemi degli italiani, al punto da essere costretti alla indigenza ed alla massiccia emigrazione verso il Brasile ed altre nazioni europee che pagano meglio e fanno lavorare di piu’. Cio’ alla luce di uno stipendio medio in Portogallo che si aggira sui 750€.

Vocabolario

*Indigenza: poverta’.

*Binariamente: insieme.

*Fruire: prendere, usufruire.

*Figurano: risultano.




Iran avvicina Arabia Saudita: arresti e polemiche

TEHERAN – Il quotidiano online libanese El-Nashra ha affermato che un significativo incontro avrà luogo tra funzionari iraniani e sauditi a margine della conferenza sull’Iraq che sarà ospitata dalla Giordania.

La seconda iterazione della Conferenza di Baghdad per la cooperazione e il partenariato si svolgerà il 20 dicembre ad Amman, in Giordania, secondo un rapporto di El-Nashra. Al vertice è prevista la partecipazione di Arabia Saudita, Turchia, Iran e molte altre nazioni arabe.

Alcune fonti libanesi hanno ipotizzato che il presidente iraniano Ebrahim Raisi e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman si incontreranno a margine della conferenza. L’annuncio arriva mentre i funzionari iraniani devono ancora confermare tale incontro. Inoltre, secondo le fonti, poiché non ci sono stati risultati tangibili dagli incontri Iran-Arabia Saudita a Baghdad, non ci si aspetta alcuna svolta nei colloqui.

Secondo quanto riferito, il conflitto nello Yemen e la riapertura delle ambasciate sono i temi principali del dibattito durante l’incontro tra funzionari iraniani e sauditi.

Le fonti affermano che non si parlerà del Libano durante i colloqui tra Iran e Arabia Saudita. Il 20 dicembre la Giordania si appresta cosi’ ad ospiterare la seconda sessione della Conferenza di Baghdad per la cooperazione e il partenariato, alla quale Iraq, Egitto e Francia hanno già annunciato pubblicamente la loro partecipazione.

Fuad Hussein, ministro degli Esteri iracheno, ha lanciato un invito sia alla Turchia che all’Iran quando ha annunciato la data della conferenza la scorsa settimana. Insieme al presidente francese Emmanuel Macron, i leader di Iran, Arabia Saudita, Turchia, Kuwait, Giordania, Qatar, Egitto ed Emirati Arabi Uniti sono stati invitati alla conferenza inaugurale di Baghdad, che si è tenuta nell’agosto dello scorso anno in collaborazione con Parigi. Desta sconcerto l’assenza dell’Italia, orbata ormai da oltre un ventennio del ruolo di stabilizzatore tra la compagine mediorientale e quella euroatlantica, con inoltre la recente dipartita sul fronte energetico del Nordafrica, che vede l’Italia scalzata da Francia e Turchia in seguito alla detronizzazione di Gheddafi operata unilateralmente da Parigi.

Attivisti del gruppo punk russo Pussy Riot sono stati intanto fermati dalla polizia in Qatar, che gli ha impedito di fare irruzione sul campo di gioco della finale dei mondiali Argentina- Francia per protestare contro la guerra in Ucraina, la detenzione del dissidente russo Alexei Navalny e per la libertà delle donne in Iran. Lo riferisce il quotidiano Die Welt.

Secondo l’Ong Cinema for Peace, con sede a Berlino, gli attivisti fermati sono due, fra cui Pyotr Verzilov. Ex marito di Nadezhda Tolokonnikova, una delle fondatrici della band:Verzilov è uno dei più noti attivisti del gruppo. Nel 2018 subì un misterioso avvelenamento in Russia e fu poi curato a Berlino. A maggio ha accompagnato in Italia due mogli di combattenti del battaglione di Azov, che allora erano ancora sotto assedio a Mariupol.

Nella tarda serata di sabato, gli attivisti sono stati rilasciati, ha detto Verzilov al sito indipendente russo Mediazone, con il quale collabora.Già durante la finale dei Mondiali 2018 a Mosca, attivisti del gruppo Pussy Riot, fra cui Verzilov, avevano fatto irruzione sul campo per protestare contro le violazioni dei diritti umani in Russia.

Il Qatar verte sempre piu’ nell’emisfero dominato da Russia e Cina, a maggior ragione dopo gli accordi di fornitura ingente di gas scontato alla Cina ed alla minaccia di sospendere i flussi di materie prime destinate all’Europa, nel caso la diatriba sulla corruzione euroqatariana prosegua.

Fonte Therantimes.com; rai

Vocabolario

*Verte: poggia.

*Ingente: grande.

*Compagine: struttura.




Scandalo Juve ma Alfa Romeo in auge: Exor vince anche quando perde

Dallo scandalo del falso in bilancio che ha vanificato gli investimenti recenti di Exor per la Juventus di settecento milioni, si deduce un fatto inconfutabile che non inerisce solo “la signora” bensi’ l’intero macrosistema del calcio mondiale: ossia la sua posizione sulla china di una bolla speculativa di matrice finanziaria troppo onerosa per risultare sostenibile. Cosi’ si evince la creazione di una pleonastica Super Lega europea che raggruppa le squadre piu’ prestigiose, esose e stocasticamente piu’ indebitate. Il calcio occidentale si presenta cosi’ un connubio di operazioni bancarie, finanziarie, speculative, mediatiche, pubblicitarie, sovente ai limiti della legalita’ e dai molteplici fini. Ma il panorama calcistico piu’ pretigioso del mondo ha suscitato l’interesse di importanti gruppi di affari americani, ed oggi risulta consapevole che per salvarsi e scagionarsi deve affidarsi quasi totalmente ai fondi d’investimento e banche commerciali piu’ influenti a livello planetario, che risultano all’interno di questa fantomatica Super Lega europea. Da qui e’ opportuno analizzare con somma obiettivita’ la questione della Juventus che, va riconosciuto, dai tempi di Calciopoli e pure nella fase recente dei falsi in bilancio sotto indagine, palesava una superiorita’ calcistica effettiva, anche se non eclatante, rispetto alle concorrenti nazionali. Eppure sul piano continentale la Vecchia Signora scevra di vittorie in Champion’s League afferenti il secondo millennio, si configurava all’altezza delle squadre europee piu’ blasonate.

Tutto il livore verso Exor degli Agnelli si riscontra ad ogni modo parossistico se si focalizza l’andatura assicurata finalmente all’Alfa Romeo, che ha vissuto un 2022 molto positivo. La casa automobilistica del Biscione dopo essere tornata alla redditività nel 2021 ha migliorato ulteriormente i suoi conti. Inoltre nel 2022 vi è stato il lancio del SUV Tonale che ha rappresentato un momento molto importante per lo storico marchio milanese; che non svelava una nuova auto da molto tempo. Sempre ad inizio 2023 ci saranno le prime consegne di Tonale PHEV, la versione top di gamma del recente SUV del Biscione che promette di diventare una delle più popolari del veicolo a livello globale. Negli Stati Uniti ad esempio sarà l’unica versione di Tonale ad essere venduta.

Una delle novità più interessanti che riguarderanno Alfa Romeo nel 2023 sarà sicuramente la concept car di una vettura sportiva, forse un omaggio alla 33 Stradale che dovrebbe essere svelata entro la fine del primo trimestre del 2023. Questa auto dovrebbe poi dare origine ad una vettura di produzione in edizione estremamente limitata- si parla di meno di 100 unità- che forse arriverà nel corso del 2025. Questa sarà la novità più interessante per quanto riguarda lo storico marchio milanese nel 2023. Poi verso fine anno non possiamo escludere possa arrivare qualche notizia importante per quanto riguarda il futuro B-SUV che sarà svelato agli inizi del 2024. Probabile qualche immagine in anteprima o qualche altra novità succulenta. Per quanto riguarda invece Lancia, il gruppo Exor sta pianificando da tempo e si presuppone concretizzera’, un futuro fulgido con il rilancio della Delta secondo le proprie peculiarita’ originali, la Ypsilon in una nuova veste nel mercato europeo, in seguito al traino annoso che svolge in Italia per l’intero glorioso ecosistema Lancia. Fino a sfociare nel ripristino dell’ammiraglia Thema sotto il 2030, che sara’ anticipata da modelli in guisa di Suv e anche Suv compatto. La Exor di Agnelli ha spinto Fca con Fiat nell’alvo dei principali costruttori al mondo, scalzando Volkswagen sul primo stallo fra i produttori automobilistici europei. Per mezzo cio’, della fusione con Citroen-Pegeout confluita in Stellantis, che premia Exor in quanto maggiore azionista privato, in una composizione azionaria in cui lo Stato francese e Citroen detengono assieme l’altra meta’ delle azioni.

L’italiana Dr che risulta fiorente dal punto commerciale, ha stretto una collaborazione con Stellantis ed aprioristicamente Fiat, teleologica di economia di scala ed accesso alla super piattaforme distributive di cui dispone la multinazionale automobilistica italo-franco-americana.

Vocabolario

*Aprioristicamente: prima di.

* Stallo: posto, poltrona.

*Teleologica: propedeutica.

*Sovente: spesso.