Notizie da sud

CHIUSO NUOVAMENTE IL CANALE YOUTUBE DELL’ATTORE TEATRALE ROBERTO D’ALESSANDO

Sul canale c’erano spezzoni dello spettacolo “TERRONI” che l’artista porta in giro per l’Italia. Per YouTube i contenuti meridionalisti sono prodotti ingannevoli. Ma non si può fermare il vento con le mani, secondo Pino Aprile, giornalista autore del best seller Terroni e presidente del partito meridionalista”24 agosto ET”.

Arrestato Francesco Piro, capogruppo di FORZA ITALIA nella Giunta regionale lucana, mentre il presidente di regione, Vito Bardi di FORZA ITALIA, è indagato nell’inchiesta sulla sanità. Indagati anche gli assessori FANELLI e MERRA della LEGA e Gianni Rosa, neo senatore di FRATELLI D’ITALIA

https://www.basilicata24.it/2022/10/inchiesta-sanita-indagati-anche-il-presidente-bardi-e-gli-assessori-fanelli-e-merra-118161/.

Incontri diretti tra Silvio Berlusconi, Bettino Craxi ed i vertici della ‘Ndrangheta per spingere l’ascesa politica dell’ex Cavaliere. I summit tra Cosa nostra e la criminalità organizzata calabrese per definire la strategia stragista. E poi ancora il ruolo di Giuseppe Graviano; la delusione su Marcello Dell’Utri che non aveva mantenuto i patti; l’appoggio della massoneria occulta per il neonato partito politico Forza Italia. Sono questi alcuni degli argomenti che i collaboratori di giustizia Marcello Fondacaro, Girolamo Bruzzese e Gerardo D’Urzo (deceduto nel 2014 nel carcere di Pavia) hanno raccontato ai magistrati.

Il Procuratore aggiunto, Giuseppe Lombardo, in poco più di un’ora, ha rappresentato i motivi per cui le dichiarazioni dei tre pentiti si incastrano perfettamente con le prove fin qui assunte in primo grado.
Dalle dichiarazioni emerge l’esistenza della componente riservata di ‘Ndrangheta e Cosa nostra, capace di interfacciarsi con una componente deviata, irregolare e occulta del grande sistema massonico nazionale. E pensare che tali personaggi sono stati al Governo per molto tempo (ed in parte ancora lo sono).

Piano Lago in Calabria vede i dipendenti che rilevano azienda e sfidano Cina e Taiwan. La Calabria con Flazio ed altre realta’ industriali informatiche di alto calibro, viene definita la Silycon Valley d’Europa, nell’assordante silenzio mediatica e nello snervante immobilismo della politica in suo favore.

https://www.cosenzachannel.it/2022/06/25/next-elettronica-piano-lago/.

Enrico Mentana commenta con un “.” l’articolo del “suo” giornale relativo al post di Pedicini che sta smuovendo gli animi dei cittadini del Sud!
Cosa significa quel “.”??? Nell’articolo si legge: “Un tweet che non ha lasciato indifferenti i follower del parlamentare che poco hanno gradito l’accostamento tra i referendum nei territori ucraini occupati dai Russi e la storia dell’unità d’Italia”. Cio’ e’ mendace, basta vedere quanti commenti di approvazione ci sono sotto al post in questione. Ancora una volta, si cerca di coprire in malo modo gli orrori della “nostra” storia, replicano dai consessi politici e giornalistici di stampo meridionalista. Tuttavia non si hanno prove inconfutabili di brogli elettorali verso la Russia alla stregua di quanto, in occasione dell’unita’ d’Italia, non si e’ chiesto il parere popolare.

“Non abbiamo potuto scegliere ci siamo trovati candidati paracadutati. E il paradosso è che tutti parlano solo dei soldi in relazione agli esiti politici nazionali avuti luogo al sud quest’anno”.

“Il Sud ha il 50 per cento in meno di reddito e il 50 per cento in meno di infrastrutture (grazie anche alla mancata perequazione dal 2009). Al Sud ci si può curare di meno, si può studiare di meno, si può viaggiare di meno, si può lavorare di meno, si vive di meno. Poi soprattutto al Sud (area piu’ indigente in Europa, peggio della Grecia) va il grosso del reddito di cittadinanza, e si grida allo scandalo. Sud che vorrebbe essere sempre assistito. Dimenticando che mai il Sud è cresciuto (facendo crescere da record anche l’Italia) come quando lo Stato vi ha investito rimediando alla sperequazione”.

Sul reddito di cittadinanza e Sud si impernia la lucida analisi di Lino Patruno su “LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO”.

Il meridione possiede la meta’ del reddito pro capite del centro nord, la meta’ delle infrastrutture e quasi la meta’ della posizione suffragata dal reddito di cittadinanza od in procinto di reclamarlo. Lo scandalo del clientelarismo del sud che ha premiato Conte alle ultime elezioni non va focalizzato in altra maniera se non la situazione disastrata del sud, resa tale e procrastinata tutt’ora da una politica miope, rea di indirizzare verso l’emigrazione, il malaffare o il sostegno pubblico, pletore di giovani e fette crescenti di lavoratori. Il Movimento 5 stelle si contrassegna come l’ultimo partito politico ad aver effettivamente versato denaro tangibile nelle tasche degli italiani, peculiarmente del sud, pertanto il suo successo e’ di elementare ermeneutica e stimola un quesito: lo sviluppo del sud Italia merita attenzione nazionale oppure e’ opportuno glissare come ora e nel recente passato, sul livello dei Lep in previsione dell’Autonomia differenziata? Beninteso che I livelli Minimi di prestazione, investimenti pubblici tesi al ripristino o riconversione di importanti industrie surrettiziamente dismesse come la Italsider di Napoli, la manifattura tabacchi, l’Ilva di Taranto, la filiera chimica Eni di Calabria e Sicilia, sarebbero di gia’ sufficienti ad attivare un mirabile sviluppo del sud. Se a cio’ si aggiunge un piano mastodontico di allargamento portuale per Gioia Tauro, Palermo, Bari, Salerno, una installazione di Tav anche non di ultima generazione tra le principali citta’ meridionali e gruppi di quelle meno popolate, il volano economico si rivelerebbe mirabile. Sulla base del fatto che Alitalia si conferma la principale industria meridionale ed il porto, la maggiore infrastruttura cittadina del capoluogo della Campania.




Infrastrutture, record ed infiltrazioni

“Dal dossier Legambiente – si legge nel report di sostenibilità di AdI – su 102 città campionate Taranto si colloca per il PM10 al 65esimo posto, con una concentrazione media annua rilevata di 21 microgrammi per metro cubo di aria mentre il limite fissato dalla norma è di 40 microgrammi. Un dato che è migliore di Alessandria, Palermo, Roma, Pescara, Rimini e di molte delle città italiane”. (Sole 24 ore)

Alessandro Marescotti dal gruppo digitale presieduto dallo scrittore e giornalista meridionalista Pino Aprile postilla cosi’: “Il dossier di Legambiente è essenzialmente finalizzato a focalizzare l’impatto del traffico. Un’analisi delle ricadute degli inquinanti anomali di un SIN (sito di interesse nazionale) richiede tecniche di analisi molto diverse, che tengano conto delle risultanze epidemiologiche. Taranto non è messa così bene come sembra suggerire il dossier di Legambiente che non si concentra sui quartieri maggiormente espositi alle emissioni degli impianti ILVA e non focalizza le profonde differenze fra quartieri a Taranto, alcuni con una speranza di vita di gran lunga inferiori a quelli più distanti dalle fonti inquinanti”.

Brescia intanto si mostra come un epicentro del fenomeno delle frodi fiscali in forma organizzata, coadiuvato dalle cosche provenienti dal sud. La guardia di finanza bresciana per i primi 10 mesi del 2021 stima fatture per operazioni inesistenti per un miliardo di euro”.

Le masnade malavitose offrono agli imprenditori un sistema “all inclusive”, che “fornisce fatture false, indica i conti correnti su cui bonificare e fa rientrare i capitali. Sono sempre uguali, con tre figure che non mancano mai: l’imprenditore evasore, il consulente e le organizzazioni criminali. Un ciclo ininterrotto”.
In pratica la mafia nel bresciano si è infiltrata nel sistema produttivo e fa affari con imprenditori e professionisti, guadagnando con le frodi fiscali e lo smaltimento illecito di rifiuti più che con lo smercio di droga.
Citando il pm Paolo Savio si tratta di “una mafia che ha sostituito l’F24 al Kalashnikov”. Di tutto questo sistema criminale, ovviamente, non si sente parlare in TV, quindi per il cittadino comune il problema “non esiste”. Nell’immaginario collettivo, la mafia è e deve rimanere una prerogativa del Sud… Il Nord deve sembrare “ligio” e “laborioso”, con le “maniche rimboccate”. Questa visione distorta della realtà non fa altro che coprire le spalle alle associazioni criminali che operano indisturbate al Nord, danneggiando tutti i cittadini (da Nord a Sud)!

Lo scorso 25 settembre complessivamente quasi 17 milioni di italiani NON hanno votato e tra questi, la fetta più consistente è costituita da quasi 10 milioni di meridionali.
Ebbene, in questi giorni analisti, editorialisti, talk politici, hanno celebrato il successo dei 5 stelle imputandolo semplicisticamente alla difesa del reddito di cittadinanza e ad un Sud che solo a questo ambisce, del tutto trascurando il molto più consistente numero di cittadini che hanno disertato le cabine elettorali. Eppure i 5 stelle hanno perso più di 6 milioni di voti, e 1 meridionale su 2 non è andato a votare. D’altra parte, tutti i partiti hanno presentato programmi nei quali non esisteva un progetto, un piano industriale, di lavoro, di sviluppo serio, per un territorio pari quasi alla metà del paese.
Per questa ragione solo nelle ultime settimane precedenti al 25 settembre, i sondaggi hanno registrato la crescita del partito di Conte, che comunque non ha convinto la maggior parte degli elettori a sud del Garigliano.
Anzi, pur nel deserto totale di proposte della destra e della sinistra, a guardare i numeri totali e non solo le percentuali di votanti, solo una parte minoritaria ha votato i 5stelle.
Ad esempio hanno votato Conte in Calabria su 1.496.834 di cittadini aventi diritto al voto solo 211.390, nella circoscrizione 2 Sicilia orientale, su 2.073.862 solo 285.306.

Nonostante ciò Conte gongola, scoprendo il proprio ego ringalluzzito dopo mesi di precari equilibri e di previsioni peggiori, di un movimento che, così come nel 2018, ripropone la medesima idea, senza aver elaborato in questi anni nulla di nuovo.
E questo è l’aspetto più preoccupante, perché proprio un sud più sviluppato, che non debba più ricorrere al RdC, può far venir meno quello che è il principale bacino elettorale di Conte e dei suoi.

Ancora una volta colpevoli di avere dimenticato 20 milioni di abitanti sono i partiti, ma non meno colpevole è la stampa nazionale che ignora questa parte del paese. Perché secondo il Movimento Equita’ territoriale c’è un interesse preciso da parte di un gruppo di potere che sostiene e alimenta partiti, giornali, media, qualche teorico della Bocconi sempre intervistato, qualche azienda, che ha pianificato in di rappresentare un meridione fannullone e inconcludente, per potere arraffare quanto più possibile di quote di spesa pubblica, di investimenti…
così come fatto negli ultimi 20 anni, come attestato dai dati (conti territoriali, Svimez, Eurispes), come brutalmente mostrato dalla iniqua distribuzione di servizi, sanità, asili, infrastrutture, alta velocità, reddito, occupazione… cio’ e’ rimarcato da Francesca Privitera – Vicepresidente M24a

Pochi anni fa veniva data notizia che il colosso mondiale dell’e-commerce Amazon avrebbe aperto il Polo Logistico per il Sud Italia in Basilicata a Tito scalo o Metapontino. Oggi sono in corso lavori a ridosso dell’area del porto di Gioia Tauro, il più utilizzato dalle navi mercantili. È molto probabile che le grandi aziende si accorgano del valore del Mezzogiorno come luogo centrale nei trasporti marittimi collegati alla terraferma e al resto d’Europa. D’altronde la notizia non ci lascia stupiti dal momento che il Ministro dello Sviluppo Economico (Mi.S.E.) è a fine mandato e non può interferire su tali richieste come è successo per la INTEL che apre in Veneto, e sono 5000 posti di lavoro, con l’aiuto miliardario del Governo Draghi, ma avrebbe voluto investire nella valle informatica di Catania o in Puglia. Se confermato, finalmente AMAZON si rivolge direttamente a un general contractor locale che sta eseguendo lavori nel retroporto di Gioia Tauro in Calabria con aziende calabresi per la realizzazione del centro di distribuzione del Mediterraneo.

Per il sesto anno di fila Milano è prima in classifica per criminalita’. Seguono Rimini, Torino e Bologna…

Attendiamo con trepidazione gli studi ANTROPOLOGICI per analizzare le cause di questo fenomeno dilagante nel nord del Paese, provocano dai gruppi pro Meridione: silenzio omertoso dai media principali e’ inequivocabile, a tal proposito

Tre grafici infine, per descrivere lo stato pietoso delle infrastrutture negate al Sud da 160 anni desta scalpore a Napoli e provincia
Nunzio Mastrorocco elabora i dati contenuti nell’ultimo rapporto “Pendolaria 2022” (dati forniti da Legambiente), analizzando età media del parco treni e numero di corse giornaliere…
Risultato: tutto il sud penalizzato.

Mastrorocco scrive: “Osservando i dati pubblicati da Legambiente nel suo rapporto Pendolaria, si evince che nel 2022 sono 2.666 i treni in circolazione in tutta Italia; di questi il 32,4% transita nel Mezzogiorno del Paese. Disponendo i dati in un grafico si evince chiaramente come tutte le regioni meridionali – fatta eccezione per l’Umbria – abbiano il “primato” di maggiore longevità del parco treni circolante. L’età media dei treni presenti in Molise è di 21,9 anni. Abruzzo e Calabria registrano un’età media dei propri treni superiore ai 21 anni. Il dato campano è lievemente inferiore ma oltre i 20 anni.

Le regioni meridionali che detengono un parco treni circolante più ‘giovane’ sono Basilicata (18,2 anni), Sardegna (18,3 anni) e Puglia (18,5 anni). Tutte le regioni centro-settentrionali – ad eccezione di Lazio e Umbria – registrano un parco treni circolante con età media inferiore al dato medio nazionale pari a 15,6 anni. In particolare i treni dell’Emilia Romagna hanno una età media di 8,6 anni, del Veneto di 13,1 anni, del Piemonte di 14,3 anni, della Lombardia di 14,7 anni.

Analoghe considerazioni si evincono se si osservano le percentuali di treni con oltre 15 anni di vita. In Molise il 95% dei propri treni supera questa soglia di età. In Calabria 8 treni su 10 hanno più di 15 anni. In Abruzzo e Sardegna i ¾ dei propri mezzi oltrepassano questa durata.

Il dato medio nazionale è del 47,1% e solo la Puglia – tra le regioni meridionali – ha una incidenza inferiore a tale quota allorquando il 43,7% dei propri treni supera i 15 anni di età.
La valle d’Aosta non ha treni con una età superiore ai 15 anni; in Friuli Venezia Giulia si osserva il 13,3% dei propri treni con questa caratteristica. In Emilia Romagna un treno su 5 supera questa età. Vicine sono le quote di Veneto e Lombardia, rispettivamente 43,1 e 43,8% […]

Le corse giornaliere in Italia sono 11.604; di queste il 30% avvengono nel Mezzogiorno.

Il primato spetta alla Lombardia con 2.150 corse: ovvero una corsa su 5 si registra in Lombardia.

La Campania fa segnare 1.234 corse, la Puglia 790, la Sicilia 494, la Basilicata 195, il Molise 28.
Per le regioni centro-settentrionale in seconda posizione si registra il Lazio (1.298); seguono Emilia Romagna (882), Toscana (820), Veneto (784), Piemonte (749)”.

Che vergogna questo “Stato” chiamato Italia, diritti negati ad una parte del paese per garantire privilegi all’altra.

Altro che autonomia differenziata, con questa spaccatura c’è bisogno di una rivoluzione, non solo nel settore dei trasporti!il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) fa un passo indietro sulla contestatissima pista da Bob.

A proposto di Olimpiadi il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) fa un passo indietro sulla contestatissima pista da Bob.

A valle dell’allarme giunto dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) sul rischio di INFILTRAZIONI MAFIOSE nelle tante opere legate alle Olimpiadi Milano-Cortina, il CIO prende le distanze da Zaia&Co… Al Comitato Olimpico Internazionale, infatti, NON INTERESSA la pista da Bob, ma verrà comunque utilizzata per le Olimpiadi “a costo ZERO” perché (si scopre solo ora) erano “stati informati dalle autorità locali che questo sarebbe stato un progetto il quale sarebbe comunque andato avanti, anche senza i Giochi olimpici”.

Ed ecco che il Comitato Civico Cortina smaschera Zaia&Co: “Ci siamo sentiti continuamente dire che se oggi abbiamo le Olimpiadi è perché avevamo nel dossier la riqualificazione della pista da bob di Cortina. Invece la pista da bob la vuole il presidente Luca Zaia e al Cio, dell’impianto, non importa niente. La responsabilità presente e futura è tutta italiana, dal presidente del Coni Giovanni Malagò a Zaia, dall’ex sindaco Gianpietro Ghedina all’attuale Gianluca Lorenzi”.

Il problema è che la pista non è ancora stata costruita, anzi i lavori non sono nemmeno iniziati e costerà come minimo 85 milioni di euro, salvo l’aumento in corso d’opera. Prima del rincaro dell’energia era stato previsto un deficit annuale di 400mila euro per il funzionamento, cifra che è sicuramente destinata a crescere.

E a pagare saranno TUTTI gli Italiani, altro che “COSTO ZERO”…

In Veneto ci saranno anche i cantieri dell’Alta Velocità e della Pedemontana Veneta (non ancora conclusa), oltre alla pioggia di centinaia di milioni di euro per infrastrutture olimpiche e strade legate all’evento del 2026 (a cominciare dalle tangenziali di Longarone e di Cortina).

Il Prefetto di Belluno, Mariano Savastano, fa notare come gli appalti per Milano-Cortina in Veneto e in Lombardia sono un esempio di come “un bacino di interessi economici così importante, connotato da una ricchezza territoriale destinataria di ingenti fondi in grado di polarizzare investimenti sia statali, sia esteri, potrebbe rappresentare terreno fertile per la criminalità mafiosa e affaristica”.

Insomma, il rischio di gonfiare le tasche dei soliti noti (comprese le organizzazioni mafiose) a spese di TUTTI i cittadini italiani sembra essere abbastanza concreto.

Il raggiro informativo ha funzionato alla grande: prima hanno dichiarato che non ci sarebbe stato bisogno di investimenti perché loro “hanno già tutte le infrastrutture”… Per poi chiedere (ed ottenere, ovviamente) grandi finanziamenti statali per realizzare le opere…

Ve lo avevamo detto… E continueremo a farlo!

Il rapporto, che conta 69 graduatorie e prende in considerazione 924 variabili, si propone ormai da vent’anni di fornire un’analisi del sistema universitario italiano basato sulla valutazione delle strutture, dei servizi, del livello di internazionalizzazione, della capacità di comunicazione, del tasso di occupabilità post laurea premia nuovamente la Calabria.

L’Unical quest’anno si è piazzata al terzo posto, con un punteggio di 90,3. La classifica nelle posizioni di testa è in realtà molto corta: l’ateneo è a meno di un punto dalla prima, Pavia, che si è attestata su una valutazione complessiva di 91.

L’ateneo conferma il primato assoluto – considerando tutti gli atenei, al di là delle dimensioni – per i servizi (residenze e mense) e migliora il proprio punteggio per le borse di studio. Un dato rilevante quest’ultimo, tanto più perché l’ateneo si mostra in controtendenza rispetto a quanto il Censis ha rilevato nel resto del Paese: l’Unical non solo non arretra rispetto alle voci servizi e borse, ma migliora grazie a un deciso investimento sul diritto allo studio.

https://www.calabriadirettanews.com/2022/10/03/lunical-e-sul-podio-tra-i-grandi-atenei-e-la-prima-ditalia-per-i-servizi-agli-studenti/




Meloni: La nuova Prima Repubblica sulle sconfitte elettorali di tutti

L’acredine per lo stallo inveterato dell’economia italiana si e’ trasformato in un plebiscito di voti a favore del centro destra di Meloni ed in un’onda immane e travolgente di astensionismo che si quota quasi al 40%. Il che si materializza come processo annoso che coinvolge i paesi anglosassoni il cui nocciolo di dissenso rassegnato, si esime dal votare a causa della convinzione, enfatizzata in Italia di recente, che se votare servisse a qualcosa non lo consentirebbero. Ma una sconfitta di questo calibro per la sinistra italiana ed in generale di fette crescenti d’Europa, non si ravvedeva da tempo. Cosi’ dai piani alti di Bruxelles e New York e’ stato inizialmente unanime, il grido di riprovazione per Fratelli d’Italia e lo spauracchio fascista che essa ad ogni modo non rappresenta. Solo che la Meloni sta procrastinando in modo davvero inusitato, la presentazione del proprio governo, al punto da vedersi esecrata da una dovizia di elettori e simpatizzanti che continuano ad annaspare rispetto al carovita, la penuria di lavoro, la contrazione dei prestiti bancari, l’inflazione, la crescente pressione fiscale. Insomma da coloro che postulano un governo di matrice politica anziche’ una replica dell’esecutivo di Draghi o l’innesto di un nuovo campionario di tecnici.

Da parte della sinistra e’ facile dedurre uno scenario permanente da nuova Prima Repubblica che la coinvolge assieme ai moderati, per cui Letta medesimo ha recentemente esortato il Primo Ministro ad esporre la verita’, ossia il prosieguo della campagna vaccinale, del tracciamento tramite Green Pass e quello che concerne l’Agenda Onu 2030.

Mentre Meloni deve rintuzzare la retrosia del redivivo partito di Berlusconi a proseguire sul solco dell’auterita’ economico-finanziaria, si vede Salvini scalpitare per il posto di ministro degli Interni biasimato dall’Europa ma estremamente apprezzato dal proprio bacino elettorale. Dunque regna sovrana l’entropia a Roma, in questa fase, con la Lega amareggiata dal suo segretario a causa dello sconfortante risultato elettorale, al punto da caldeggiare per le sue dimissioni, a parere di alcuni gruppi interni. Ma su Salvini ed il suo ruolo di ministro agli Interni il redattore Sacchetti si ostina a rimarcare quanto il leghista non abbia assolutamente scalfito od iniziato ad attaccare, la mafie internazionali, quelle assiepate al Viminale e quelle nei paesi indigenti, che sono veramente ai gangli del l’immigrazione selvaggia che invade l’Italia aprioristicamente, da anni ed in guisa continuativa. Si addensa cosi’ una sconfitta politica di tutte le compagini finora al potere, con una conseguente gravosa responsabilita’ su Giorgia Meloni: quella di disobbedire o meno alle prescrizioni euroatlantiche che con il Pnnr appaiono in procinto di acquistare la parte restante di multinazionali di stato e non, oltre ad importanti infrastrutture pubbliche, come contropartita a tali esigui prestiti. Il prossimo presidente del Consiglio sembra zelante nell’esortare Panetta ad accettare il posto di ministro dell’economia: alla luce delle sue precedenti mansioni in Bce ed analoghe in qualita’ di tecnico, ben gradito ai mercati. Ma l’intento di Meloni si conforma sempre piu’ a quello di Draghi e predecessori, estremamente sgradito alla maggioranza degli italiani ed europei. Cio’ sfocia nelle offerte ministeriali reiterate verso i tecnici da usare come parafulmine contro gli attacchi e le recriminazioni del popolo oberato gia’ ora da sacrifici, allorche’ si concretizzaranno ulteriori ed esiziali riforme. Tuttavia sembra che i tecnici non fossero disposti a subire attacchi ed addossarsi responsabilita’ politiche non proprie, per cui si continua a temporeggiare in modo pernicioso e precario.

Meloni viene accostata continuamente all’Aspen Istitute di cui fa parte, attualmente presieduto da Tremonti e patrocinato dalla Fondazione Rockfeller, e questo alimenta nuovo livore tra coloro tra imprenditori, salariati, pensionati e liberi professionisti, che postulano un ritorno alla politica fattiva dal punto di vista economico in antitesi all’inflazione, alla imperante pressione fiscale ed allo stallo economico che vede gli italiani progressivamente deprivati del contante necessario ad alimentare il circuito commerciale endogeno. Ne’ viene vista di buon occhio verso Meloni, la propria costante ricerca di Draghi, l’appoggio incondizionato a Biden, la chiamata a Zelensky ed Israele appena insediata.

Con tali condizioni sono numerose le voci di discredito verso Meloni, accusata di essere da Diego Fusaro ed epigoni, l’ennesima figura marginale italiana subordinata agli interessi americani ed europei, sotto una patina di finto sovranismo. Senza alludere il tema monetario ne’ schierarsi apertamente a favore della pace con la Russia, Giorgia Meloni fa trapelare l’ipotesi di un governo diafano e di breve durata, che probabilmente travolgera’ l’intera classe politica attuale in Italia, denominata Seconda Repubblica. Il voto italiano si contrassegna come la bocciatura del neoliberismo ed i trattati europei, definiti come effettivo neofascismo ed alla base delle decisioni di Meloni, in quest’ultima fase politica che vede operativo in Italia, un governo discretamente neoliberista ed antisovrano: governo definito come ultimo della storia per l’Italia, dai detrattori e da falangi complottiste.




Dubbi dietro Twitter: il gioco di Elon Musk

L’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk potrebbe essere presto completata
(Riassunto di quanto accaduto ieri su Twitter-Musk da parte della redazione di Database Italia:Musk ha rilanciato la sua offerta di acquisto di Twitter Inc. al prezzo originale di 54,20 dollari per azione. Musk ha avanzato la proposta in una lettera a Twitter lunedì scorso, secondo quanto riportato in un documento depositato presso la Securities and Exchange Commission. Le azioni di Twitter sono salite del 22% a 52 dollari alla chiusura di New York. Twitter ha dichiarato che intende concludere l’accordo al prezzo concordato, ma non ha fatto commenti specifici.

La CNBC ha riferito che Elon Musk potrebbe diventare proprietario della società già venerdì, dopo aver dichiarato di voler acquistare Twitter a 54,20 dollari per azione. Ciò significa che le sue affermazioni contestate – ad esempio che Twitter mente sulla percentuale di utenti che sono bot – difficilmente potranno essere verificate in tribunale.

Musk ha cercato per mesi di porre fine al suo accordo per l’acquisizione di Twitter, firmato in aprile. Il miliardario ha mostrato segni di dubbio poco dopo l’annuncio dell’accordo, sostenendo che Twitter lo aveva ingannato sulle dimensioni della sua base di utenti e sulla prevalenza di account automatizzati, noti come bot.

A sorpresa, Insider Paper ha successivamente riportato che diversi utenti di Twitter hanno segnalato un inaspettato e improvviso calo di follower in seguito alla notizia dell’acquisizione di Musk.

Elon Musk ha appena scritto su Twitter:
“L’acquisto di Twitter è un acceleratore per la creazione di X, l’app per tutto”.

Clandestine, utente Telegram dal folto seguito, si esprime cosi’ su questo: “Quando si analizza la situazione tra Twitter ed Elon, non bisogna guardarla da una prospettiva puramente commerciale/monetaria. Nulla avrà senso. Non si tratta di un miliardario a caso che acquista un’altra azienda per divertimento. Si tratta dell’appaltatore più pagato dell’esercito statunitense che priva il Deep State di una delle sue più potenti armi di lavaggio del cervello nella guerra dell’informazione. Non si è mai trattato di soldi. È un’operazione per smascherare e neutralizzare un’arma psicologica”.

“Per coloro che non hanno ancora compreso appieno il valore e il momento di questo evento: con la miriade di sorprese di ottobre ora all’orizzonte, Twitter non potrà più coprire la sinistra liquidando i fatti come ‘disinformazione russa'”.

La censura di massa da parte di Twitter della storia del laptop di Hunter Biden ha influenzato milioni di voti a livello nazionale nel 2020. La sinistra non ha più quel muro protettivo. La principale camera d’eco della sinistra è ora estremamente sguarnita di verità pre-elettorali”.

Su questa falsa riga sempre piu’ persone preconizzano il ridimensionamento, fino al passaggio di proprieta’ di Facebook, strumento oramai di profilazione, censura ed indirizzamento politico, nelle mani addirittura dell’esercito. Cosi’ si associa il programma denigrato e dileggiato del fantomatico “Q”, che appare realistico e rispolverato in base agli scenari contemporanei. Se infatti Tik Tok appare la nuova piattaforma di approdo per pletore di giovani e giovanissimi, Facebook si e’ vieto piu’ che dimezzare il proprio valore azionario nell’arco di un anno, con un’indefessa trasmigrazione di utenti su social neonati e variegati. Tra questi ultimi si innesta anche l’italiano Sfero, con un pieno repentinamente raggiunto, di trentamila iscritti.

Facebook ha prestato il fianco eccessivamente alle prescrizioni dei propri investitori di Wall Street, secondo gli analisti, in un processo di progressiva politicizzazione della principale infrastruttura di social network al mondo; cio’ lo ha fatto percepire inaffidabile a causa della propria subordinazione al controllo economico e statale per cui le persone hanno preferito nuovi prodotti. Zuckerberg sta invano valutando uno sblocco della pagina di Trump per recuperare proseliti ma quest’ultimo si e’ detto contrario a riutilizzare Facebook, anche a causa della presenza di Truth, il proprio social quotato a Wall Street.

Il ruolo di Musk nella vicenda Twitter e’ stato affibbiato anche ai militari che stazionerebbero dietro il progetto Q e che sarebbero in procinto di penetrare le principali societa’ informatiche dell’America, nell’ottica della loro liberazione dal controllo di potentati finanziari economicamente insuperabili.




Russia contromosse in Bitcoin

WASHINGTON (Reuters) – La cooperazione della Cina con Mosca dopo l’invasione russa dell’Ucraina ed i commenti cinesi contro l’allargamento della NATO mostrano perché l’alleanza di difesa occidentale dovrebbe considerare Pechino come una sfida alla sicurezza, ha affermato mercoledì il segretario generale Jens Stoltenberg.

“La somma di tutto questo aumenta l’importanza che gli alleati della NATO stiano uniti e si rendano conto che la Cina fa parte delle sfide alla sicurezza che dobbiamo affrontare oggi e in futuro”, ha affermato Stoltenberg in un’intervista a Reuters. https://www.usnews.com/news/world/articles/2022-09-21/exclusive-nato-chief-stoltenberg-calls-china-a-security-challenge. Secondo Bloomberg , “I dati indicano che la domanda cinese di oro è in ripresa, dopo essere stata danneggiata dai blocchi per controllare i focolai di Covid in diverse grandi città. Sebbene gli acquisti del Paese raramente hanno il potere di far salire i prezzi, possono fornire un limite alla discesa del prezzo quando gli investitori occidentali vendono”. PS: l’oro per quest’anno resta ribassista.

a proposito della Cina circola un giallo: sui social voci di colpo di stato e Xi Jinping agli arresti – Il Sole 24 ORE
https://www.ilsole24ore.com/art/giallo-cina-social-voci-colpo-stato-e-xi-jinping-arresti-domiciliari-AES8VD3B?utm_term=Autofeed&utm_medium=FBSole24Ore&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR236q8HIBFC32NKV-4NRnGMnDq8w9oaINlmxjoSrbOU52K8CHPrcc3BYxk#Echobox=1664100112&refresh_ce=1. Recentemente l’EURO ha toccato un livello mai raggiunto-0,95- rispetto al dollaro. Ora è in ripresa. Lo spread italiano ha fatto uno scatto in avanti toccando i 240, con i massimi dell’ultimo anno molto vicini. La sterlina è a terra rispetto al dollaro. Crollo sterlina, moneta mai così in basso dal 1985. Bond UK in volata https://it.investing.com/news/forex-news/crollo-sterlina-moneta-mai-cosi-in-basso-dal-1985-2085926.

Dal sole 24 ore emerge che la Russia intende usare il “rublo digitale” per molte transazioni con la Cina. Dopo aver espresso l’intenzione di lanciare un “rublo digitale” all’inizio del prossimo anno, la Russia prevede di utilizzare la valuta in accordi reciproci con la Cina allo scopo di ridurre l’egemonia finanziaria globale di Washington. Lo ha affermato Anatoly Aksakov, capo della commissione finanziaria nella camera bassa del parlamento russo.

La Russia, come molti paesi, ha iniziato a realizzare denaro digitale negli ultimi due anni per modernizzare il suo sistema finanziario, accelerare i pagamenti e scongiurare la minaccia delle criptovalute “private” come il Bitcoin.
La banca centrale russa sta già conducendo test sul rublo digitale con le banche in un momento in cui le sanzioni contro Mosca hanno di molto ridotto l’accesso della Russia a vaste aree dell’infrastruttura del mercato finanziario globale. Con questo in mente, la Russia è alla ricerca di mezzi alternativi per effettuare transazioni, ha affermato Aksakov. Russia ha stravinto i referendum relativi i territori annessi, stocasticamente piu’ ricchi dell’Ucraina sul piano delle materie prime. La Commissione elettorale centrale della LPR ha riscontrato che l’affluenza alle urne al referendum della quarta giornata è stata superiore all’83,61. %https://iz.ru/1401492/2022-09-26/iavka-izbiratelei-na-referendume-v-lnr-prevysila-83. Il Dipartimento di Stato ha esortato Snowden a tornare negli Stati Uniti e ad essere processato https://www.vedomosti.ru/politics/news/2022/09/26/942620-gosdep-prizval-snoudena-vernutsya. Putin ha dato la cittadinanza russa a Edward Snowden. https://iz.ru/1401448/2022-09-26/putin-dal-rossiiskoe-grazhdanstvo-edvardu-snoudenu.

La Russia prevede di utilizzare il rublo digitale negli accordi con la Cina mentre in Ucraina e’ emerso l’acquisto da parte di Bill Gates e fondi finanziari annessi, di una porzione di terra coltivabile estesa quanto tutta la percentuale italica di terra attualmente coltivata.

Il tema delle risorse finanziarie digitali, del rublo digitale e delle criptovalute si sta attualmente intensificando nella società, poiché i paesi occidentali stanno imponendo sanzioni e creando problemi per i bonifici bancari, anche negli accordi internazionali.

Da Mosca aggiungono che il prossimo passo per il rublo digitale sarebbe quello di lanciarlo per accordi reciproci con la Cina, che ha già testato il suo yuan digitale. Se lo lanciamo, gli altri paesi inizieranno a usarlo attivamente in futuro e il controllo dell’America sul sistema finanziario globale finirà effettivamente”.

I progetti CBDC della Banca centrale francese mirano a gestire la liquidità della DeFi e a regolare gli asset tokenizzati. “Una CBDC wholesale potrebbe contribuire in modo significativo a migliorare i pagamenti transfrontalieri e cross-valutari”, ha affermato il governatore Villeroy de Galhau. Un progetto cercherà di migliorare la gestione della liquidità delle CBDC nella finanza decentralizzata (DeFi), ad esempio tramite market maker automatizzati, che svolgerebbero un ruolo equivalente a quello delle banche di investimento che cercano di sostenere il trading di un particolare titolo.

Un altro progetto si concentrerà sull’emissione e la distribuzione di obbligazioni tokenizzate su una blockchain, ha affermato il banchiere francese, basandosi su precedenti scoperte sui CBDC utilizzati per regolare i titoli Web3, come il Project Jura della banca centrale francese.

L’Ambasciata Usa a Mosca: “Americani lasciate la Russia immediatamente”. E scenario analogo si sta manifestando verso i residenti israeliani nella nazione governata da Putin.




Marco Rizzo su gli Usa grida Alto Tradimento

Marco Rizzo, segretario di Italia Sovrana e Popolare dardeggia in modo oramai continuativo, contro la linea della politica estera americana ed europea, binariamente a quella italiana in relazione al conflitto ucraino. “Di misterioso nella vicenda “Nord Stream” non c’è proprio nulla. E gli Stati Uniti prendono sempre più il controllo dell’economia europea. (Un articolo di MAURO BOTTARELLI per Il Sussidiario Net svela camarille assurde). ” Misteriosa nella vicenda di Nord Stream l’inspiegabile volontà di continuare a perseguire una suicida agenda di vassallaggio della politica statunitense. Era il 7 febbraio scorso, a Washington faceva freddo. Dopo settimane di trattative post-elettorali, Olaf Scholz era divenuto cancelliere tedesco e, come da prassi, il primo viaggio diplomatico era l’accreditamento ufficiale alla Casa Bianca. Dopo l’incontro bilaterale con Joe Biden, i due scesero in sala stampa per l’incontro congiunto con i giornalisti. I venti di guerra in Ucraina già spiravano, debitamente alimentati proprio da Oltreoceano. E alla domanda sulle conseguenze di un eventuale attacco russo, Joe Biden rispose – per una volta – senza esitazione o balbettii: Se la Russia invaderà l’Ucraina, abbatteremo Nord Stream e faremo in modo che non esista più. Il volto di Olaf Scholz divenne di pietra. E infatti, il medesimo giornalista fece notare al presidente Usa come la giurisdizione di quella infrastruttura fosse tedesca. Joe Biden non ebbe esitazioni: “Glielo prometto. Saremo in grado di farlo.” Non ci credete? Non credete che sia andata così? Bene, magari il video dell’intero scambio di battute rilanciato dal sito di ABC News può aiutarvi ad aprire finalmente gli occhi. E per completezza di informazione, il link all’articolo preparato e postato sempre dalla redazione di ABC News e’ presente sulla pagina Facebook dell’esponente politico comunista italiano. “Come mai la stampa italiana non ha sentito il bisogno di ricordare anche questo piccolissimo, insignificante particolare? Perché il Corriere della Sera e Repubblica sparavano in prima pagina una diretta accusa di sabotaggio verso la Russia? Forse la logica elementare e cristallina del rasoio di Occam vale solo quando c’è da confutare qualche realtà scomoda per il padrone del vapore? A parti invertite, quindi con Vladimir Putin che avesse avanzato una minaccia diretta e in contesto ufficiale di questo tipo verso un’infrastruttura europea di interesse strategico per gli Usa, a che punto saremmo oggi? Non avremmo già le truppe NATO per le vie di Kaliningrad? E se questo ancora non vi basta, ecco un altro straordinario esempio di onestà figlia della prepotenza e dell’intoccabilità. Il tweet è stato pubblicato martedì pomeriggio da un europarlamentare polacco. Il quale non solo nel suo account sfoggia con orgoglio una foto insieme a Joe Biden, ma nel suo curriculum può vantare un’esperienza come ministro della Difesa e vice-ministro degli Esteri polacco. Come potete notare, ringrazia gli Usa per aver fatto saltare Nord Stream. E l’imbarazzo a Varsavia è stato parecchio, poiché il segretario di Stato, Stanisław Żaryn, si è sentito in dovere di degradare al minimo storico la propria dignità istituzionale, dissimulando un’accusa di propaganda filo-russa verso il connazionale pur di tamponare il danno! Ora, al netto di tutto, sapete cosa significa quanto è accaduto?” Incalza Rizzo.

” Tre cose. Primo, gli Usa – alleato Nato – quasi certamente in nome della dottrina Roosevelt (per referenze chiedere ai colombiani quale prezzo fu loro imposto per la costruzione del canale di Panama) hanno compiuto un atto di sabotaggio militare verso nazioni loro partner. Certo, qualche genio uscito dalla fucina neocon e capitato per sbaglio in una redazione sul lungotevere romano vi dirà che è stata un’operazione a fin di bene, una false flag (termine sdoganato anche dal Corriere, quindi non più complottista) per mettere il regime di Vladimir Putin all’angolo. Non a caso, a Bruxelles si parla già di nuove sanzioni come risposta al sabotaggio. Se l’Ue tentenna, ci pensa il pragmatismo di Washington a smuovere le acque. Prima del mid-term. Insomma, libertà e democrazia sono machiavelliche per antonomasia: tutto giustificato, il fine necessita spesso mezzi sporchi per essere raggiunto, quando si ha a che fare con i dittatori. Secondo, se anche un domani Europa e Russia avessero ritrovato la via del dialogo e della normalizzazione dei rapporti – storicamente solidissimi e culturalmente molto più profondi di quelli che abbiamo con i cowboys e i loro discendenti -, la dipendenza europea da Gazprom è stroncata. O comunque danneggiata in maniera irreparabile. Di fatto, ora sarà Washington a venderci il proprio costosissimo LNG, il quale arriva con lunghi tragitti via mare e va rigassificato. Un business colossale. E una miniera d’oro per chi, grazie al conflitto in Ucraina, già oggi vanta un prezzo del gas che è 9 volte inferiore a quello europeo. Dumping industriale all’ennesima potenza. E ora anche controllo della produttività e dell’indipendenza energetica europea, quindi – se per caso incidenti come quello all’hub della Freeport in Texas diventassero ciclici – il potere di bloccare il secondo sistema economico globale quasi a proprio piacimento e comodo”. Infierisce l’ex deputato “rosso”.

“Terzo, pensate che la Russia starà ferma ancora per molto a osservare e subire? Già circola voce di un taglio a zero dei flussi di Gazprom all’Ucraina. Quindi, gelo, black-out e fine delle commissioni di transito, le quali non hanno mai fatto schifo a Zelensky e ai suoi partigiani, nonostante provenissero dall’invasore. E chi rischia, stante la scelta coraggiosa dell’America di mettere un oceano fra sé e la sua ennesima destabilizzazione? Qui però non si parla più di primavere arabe, paradossalmente nemmeno dei tagliagole prezzolati dell’Isis. Qui si gioca con il nucleare e le armi atomiche. Alle porte d’Europa. Anzi, già oggi nel mare d’Europa.
Mosca tace perché attendeva i risultati del referendum. Ora li ha ottenuti e presentati al mondo: le quattro regioni russofone hanno scelto il ritorno alla madrepatria. L’Onu ovviamente ha già definito non valido l’intero processo di voto, ma il Palazzo di Vetro conta zero. Se non arrivasse la condanna e il non riconoscimento ufficiale della Cina, Mosca avrà mano libera. E al primo missile o bomba o anche solo proiettile su quei territori potrebbe reagire in base alla dottrina di tutela della sicurezza nazionale. La quale comprende l’opzione nucleare.
Insomma, non so se vi è chiaro ma dall’altro giorno gli Stati Uniti ci hanno spinto notevolmente più vicino all’ipotesi di guerra con la Russia. Davvero potete pensare che Vladimir Putin sia così idiota da sabotare un’infrastruttura fondamentale e costosa per la sua gallina dalle uova d’oro energetica come Nord Stream? E per cosa? Forse in nome della paradossale logica del marito che si taglia gli attribuiti, pur di fare un dispetto alla moglie? Certe idiozie autolesioniste sono appannaggio europeo, suvvia.
Insomma, mettiamola giù piatta, visto che ormai il piano inclinato verso il punto di non ritorno è stato attivato: dopo quanto accaduto, qualunque politico sia ancora favorevole all’invio di un solo centesimo o un solo proiettile all’Ucraina e all’imposizione di nuove sanzioni contro la Russia è, di fatto, colpevole di alto tradimento. Verso l’Europa, la stessa con cui si riempie la bocca. La stessa strapiena di quinte colonne degli interessi statunitensi a cui, prima o poi, occorrerà chiedere conto. Speriamo non con il profilo di un fungo di fumo sullo sfondo. Signori, in quanto accaduto di misterioso non c’è proprio nulla”.




Pino Aprile: metafora delle sorti rovesciate per il Sud

Nel gioco della palla, il Paesedisottosopra era a chiacchiere uno, di fatto, due: il Paesedisopra e il Paesedisotto. Accadde che un allenatore disotto trovò in un libro una vecchia carta, sulla quale era scritto (con autorevole conferma di disegni colorati, pur sbiaditi dagli anni) che ci fu un tempo in cui anche il Paesedisotto aveva squadre di undici elementi, e pure ben piazzate nei campionati. Quindi non era vero che il gioco e la palla erano invenzioni di quelli del Paesedisopra; ed era falso quanto si leggeva nei libri di storia e nel regolamento della federazione sportiva, secondo cui il numero dei giocatori doveva essere minimo di cinque e via via altri in aggiunta, sino a undici, in proporzione al numero dei gol cumulati nel tempo.
Siccome quelli del Paesedisotto erano stati depredati di tutto e non avevano soldi per assumere fuoriclasse (spesso, non avevano nemmeno un vero campo in cui allenarsi: l’unico loro campione era stato un centometrista costretto ad allenarsi sui marciapiedi e nei campi), di gol non ne avevano mai fatti, ma li avevano sempre presi, così, le loro squadre dovevano scendere in campo in cinque. Con un doppio risultato negativo: fra loro, nel campionato, di fatto minore, il tifo scavava fossati profondi, alzava muri, seminava astio, dividendo ancora di più; e nessuna delle loro squadre aveva possibilità di successo contro quelle del Paesedisopra, nel campionato col trucco, talché tutte perdevano sempre e si abituavano e si educavano a perdere. Non solo: se nelle squadrette sottane emergeva qualche talento, gli squadroni soprani lo portavano via a suon di monete; così, il meglio migrava sempre disopra, il peggio restava sempre disotto. Però, tacendo e ignorando il come e il perché, la cosa veniva raccontata così: i sottani valgono meno dei soprani. Per questo, perdono sempre. E dinanzi agli effetti, quelli disotto “se ne facevano persuasi” loro stessi, dimenticando le cause.
La scoperta della carta storica cambiò il mondo disotto: l’allenatore chiamò tifosi e giocatori a raccolta, fu una giornata epica, decisero di mettere insieme le forze, per ribaltare sia l’andazzo, sia la menzognera versione dei fatti che li condannava alla sconfitta perenne. La federazione, alla luce dei documenti rinvenuti, dopo aver tentato di negare, dovette infine accettare il ricorso delle squadre disotto, con mille farfugliamenti di autoassoluzione per il pregresso. Fra l’entusiasmo delle tifoserie, su proposta dell’allenatore che trovò la carta, si decise di formare una squadra, finalmente da undici, con i migliori giocatori di tutte quelle disotto. Un vento caldo di euforia scaldò i cuori della gente disotto; e, purtroppo, pure le menti: ma questo si vide dopo. L’allenatore non era preparatissimo lui stesso, avendo sempre guidato solo ridotte squadre disotto e mai una di undici elementi. Ma anche questo si vide dopo, nonostante lui per primo avesse messo gli altri sull’avviso. La scoperta di avere avuto un dignitoso passato e persino dei primati (si cominciò a recuperarli e a ricordarli, gonfiando il petto e alzando la voce: «Noi fummo da undici, prima che ci riduceste a cinque, con l’inganno, la forza e la menzogna!») indusse tale sensazione di forza e sicurezza, che molti pretendevano di scendere in campo già alla prima partita in undici, non importa come messi insieme.

L’allenatore tentò di far capire che ci vuole un po’ di tempo perché uno, più uno, più uno, sino a undici, diventino una squadra e non soltanto una somma.
Ma chi non voleva sentire ragioni, cominciò a porre in dubbio la reale volontà e lealtà di combattere dell’allenatore che scoprì la carta. E questo si vide da subito (la ferocia e la volgarità delle accuse contro di lui non era mai stata usata contro i truffatori delle squadre disopra). Fu il primo segnale. Sottovalutato. Ma l’allenatore tenne duro: scenderemo in campo in undici, quando saremo pronti a farlo bene. La prima partita venne saltata. E qualcuno cavalcò i malumori: il massaggiatore pretese di divenire vice dell’allenatore. Che gli fece notare: «C’è già il vice». «Ma non sono io», replicò l’altro. «Se è così, c’è una ragione», provò a obiettare il mister. Ma senza risultato: forte del rapporto continuo con i giocatori, il massaggiatore montò lo spogliatoio contro il vice, che alla fine si dimise. Il massaggiatore, però, non fu promosso e pure le conseguenze del suo risentimento vennero sottovalutate (si aveva una fiducia eccessiva, si vide poi, nell’entusiasmo suscitato dalla scoperta della carta, e nella sincerità di tanti che proclamavano di sostenere compatti la squadra così fortunosamente messa insieme). Poco dopo, inattesa (per un imprevisto, si dovette anticipare un recupero), si presentò un’altra occasione di partita importante. La squadra di sotto non era ancora pronta, si stava strutturando, ma non c’era l’animo per un ulteriore rinvio alle date regolari del calendario: l’allenatore dovette assecondare il sentire comune e travolgente (spinto lui stesso dalla speranza, non proprio razionale, che un moto di popolo e di spirito così forte doveva produrre esiti all’altezza, nonostante la scarsità di tempo, mezzi, preparazione e pure di competenza, nel girone da undici).
Ma la realtà è spietata, non ha sentimenti e chiamò subito a prendere atto delle circostanze: la data della partita incombeva e mancava il capitano e goleador; né l’allenatore era disponibile svolgere pure quel ruolo. Si dovette ricorrere a quello che ci si poteva permettere: un giocatore esterno che aveva militato in squadre di primo piano, ma ormai sfiatato, in cerca di sistemazione, fidando solo nel nome che aveva ancora buona eco in periferia. Il nuovo venuto, però, non rispettò mai il contratto, si mise a trescare con i giocatori, per divenirne allenatore, seminò tale zizzania che, a mano a mano, le squadre disotto che avevano aderito al patto ritirarono i propri calciatori e infine, alla vigilia della partita, l’allenatore stesso dovette accettare la scelta dei suoi collaboratori di non scendere più in campo con l’inaffidabile e prepotente nuovo venuto. Si scoprì, allora, che parte della squadra aveva segretamente concordato il passaggio nelle fila dello sleale sopraggiunto; il vice del massaggiatore, dopo aver detto a tutti che il mister era un delinquente, gli ordinò: «Tu fai il padre nobile che trovò la carta, il motivatore, è quello che sai fare. Ma lascia a noi la squadra. O di te non resteranno nemmeno i cocci»; il massaggiatore (ma anche altri, ognuno con una strategia vincente da imporre) aveva clandestinamente organizzato parte dei tifosi contro l’allenatore e l’associazione delle squadre disotto, orientatoli verso l’ambizioso e sfiatato sopraggiunto, che ormai usava (pure a sproposito) un linguaggio sottano che non era mai stato il suo. E alla fine, giocò lui la partita, con gli scampoli sottratti alla squadra (nemmeno questa volta in undici). Perse e accusò quelli che aveva indotto ad andarsene di averlo fatto perdere e come premio di consolazione pretese che i raccattapalle (contro cui aveva avuto parole di fuoco, prima della partita) li scegliesse lui.
La disunione delle squadre disotto per la grande rimonta nel campionato, a quel punto, produsse non più una forte sfida, ma una meno forte e una debole, al servizio del sopraggiunto sleale. Il tifo divise le due squadre sottane “del futuro”, come era prima dell’unione della carta. Poi, alcuni che non avevano visto coronate le proprie ambizioni in seguito alla diaspora, né con i fuoriusciti, né con i rimasti, raccolti intorno a chi aveva tentato di aggredire l’allenatore negli spogliatoi (ci vollero quattro calciatori, per fermarne la furia), decisero di fare una terza squadra da undici per la rimonta sottana nel campionato; e le sfide divennero tre, una meno forte, una debole, una debolissima. Nessuna da undici. E più si faceva aleatoria la possibilità di porre in campo una compagine davvero da undici e forte contro le squadre soprane, più era virulenta la campagna di fango tifoso contro la formazione sottana più consistente (pur se smagrita).

Tante persone perbene che avrebbero voluto sostenere la squadra “nazionale“ disotto, per timore di essere coinvolti in quelle volgarità, evitavano di andare allo stadio e molti di quelli che lo frequentavano, smisero di farlo.
Ma l’allenatore e i giocatori rimasti continuarono a credere nella possibilità di riuscire a mettere insieme la squadra da undici per la partita ora imminente contro le formazioni soprane; si preparavano all’appuntamento, come da calendario della federazione. Ma, ancora una volta, ci fu un imprevisto e la gara venne anticipata. Un vero disastro, perché la cosa coglieva la compagine a metà del guado, quando i campi del Paesedisotto erano allagati dalle piogge monsoniche e lontana gran parte della squadra, tornata nei paesi d’origine per la transumanza. L’allenatore e il vice tentarono di fare accordi con potenti club forestieri, per avere campi per allenarsi e giocatori in prestito; il vice e il suo miglior collaboratore scrissero, per questi patti, le condizioni da cui non si doveva recedere, poi le modificarono al ribasso, pretendendo (giustamente) che ci fosse un documento firmato e reso pubblico. Ma venne loro chiesto un prezzo troppo alto, in cambio di troppo poco. Lo staff fu riunito: che facciamo? La risposta fu: è chiaro, non ci vogliono alleati. Il giorno della partita era vicino, però. L’allenatore ideò una strategia per scendere in campo con chi c’era, ma giocando in modo che fosse palese la scorrettezza di un campionato con il trucco: «Perderemo, ma sarà a tutti evidente il perché». Ne parlò al suo vice, che parve entusiasta e dette buoni suggerimenti, poi al suo staff. Un paio avevano dei dubbi, ma la cosa passò. Quel modello di gioco, annunciato alla stampa, interessò, a sorpresa, altri club, sottani e no, che decisero di farlo proprio (in fondo, era una novità). A creare ostacoli furono alcuni calciatori, invece: in particolare uno, appena rientrato da un lungo viaggio di piacere che non aveva voluto interrompere per gli allenamenti: «Decido io cosa fare in campo, non l’allenatore». E arringò gli altri: «Non siate pecore. Facciamo la riunione del centrocampo, per stabilire, democraticamente, fra noi». E mentre loro discutevano, in campo, il resto della squadra faticava il doppio, massacrata dagli avversari. Si cominciò a litigare: «Perché non giocate e dopo discutete?», gridavano gli uni; «Perché non discutete con noi, prima?», opponevano gli altri: «Ma ne abbiamo già discusso». «Noi non c’eravamo». «Perché avete preferito rimanere al mare». «Ma ora siamo tornati». «Ma ora stiamo giocando». Insomma, uno spettacolo mai visto. Il giocatore che aveva acceso la miccia riconobbe nella squadra avversaria un compagno di scuola. E chiese agli altri di giocare in modo da favorirlo.
«Ma sei matto?», gli urlò l’allenatore. «Io sono libero!», replicò l’altro. «Libero è un ruolo, nella strategia e organizzazione della squadra; non vuol dire far ognuno quel che gli pare. Il libero gioca con i suoi colleghi e contro la stessa squadra avversaria! Ci sono maglie di colore diverso, per questo. Non si può avere la maglia blu e fare gol per quelli con la maglia rossa».
E questo l’allenatore avrebbe dovuto risparmiarselo: il libero colse l’involontario suggerimento al volo e, palla al piede, corse verso la propria porta, sorprese il portiere che non pensava di doversi difendersi da un compagno di squadra e calciò a rete. Goool!!! Gooool!!! Con un colpo solo, aveva dimostrato di essere libero, aveva fatto un favore al suo compagno e aveva realizzato la prima rete nella storia delle squadre del Paesedisotto; e confermato che le squadre sottane potevano e dovevano solo perdere. Il che legittimò il suo progetto di creare una quarta sfida disotto allo strapotere delle squadre disopra…
Anni dopo, un sottano che era stato a lungo all’estero, per lavoro, tornò nel Paesedisottosopra: le squadre erano nuovamente tante, divise, reciprocamente ostili, tutte da cinque, tutte perdenti.
«Ma la rivoluzione della vecchia carta?», chiese, ricordando la vicenda che l’aveva entusiasmato, prima di andare via.
«Quale carta?», risposero.
Allora decise di fare una squadra sottana da undici, per giocare con le squadre soprane alla pari e mostrare che potevano essere battute. «Perché lo fai?», cercò di distoglierlo un vecchio che ricordava l’esperienza dell’allenatore. «Perché l’unica cosa sicura è che, prima o poi, qualcuno ci riuscirà».

Pino Aprile Presidente del Movimento 24 Agosto per l’Equità territoriale.




Meloni boom: Claudio Martelli incalza la politica

𝘥𝘪 𝘊𝘭𝘢𝘶𝘥𝘪𝘰 𝘔𝘢𝘳𝘵𝘦𝘭𝘭𝘪

Tutto come previsto: il centro destra ha vinto, Giorgia Meloni ha trionfato. Sebbene il risultato fosse quello annunciato da settimane anzi da mesi, faceva impressione vedere in televisione il manto azzurro del centro destra distendersi su tutta Italia con l’eccezione di poche, sparute isolette di diverso colore. Era la rappresentazione cromatica dei collegi uninominali, quelli in cui i seggi vengono assegnati col sistema maggioritario. In questi duecentotredici collegi di Camera e Senato, esattamente come previsto da quasi tutti i sondaggi (e ripetutamente anche da chi scrive), il centro destra ha fatto man bassa. Salvo variazioni dell’ultimo minuto la destra ne ha conquistati 170/180. Tutti gli altri sommati insieme appena trentacinque. Per la precisione sedici il PD e quindici i 5 Stelle. A parte stanno i due parlamentari della Sud Tiroler e i due conquistati dall’exploit del solitario candidato siciliano Cateno De Luca.

Ora, come spesso accade, appena proclamata la sconfitta, gli sconfitti si accusano reciprocamente di colpe e responsabilità: sono andati divisi al voto e divisi rimangono anche dopo. Sembrano non capire o fingono di non capire che il disastro è stato consumato molto prima, per tutto il tempo in cui pur avendone la possibilità non hanno riformato una legge elettorale da tutti giudicata la peggiore possibile. Una legge elettorale che premia le coalizioni e penalizza i partiti che si presentano con la loro identità. Letta e Conte, Calenda e Renzi sapevano benissimo a cosa andavano incontro perciò, almeno su questo, avrebbero potuto concordare e agire insieme varando una nuova legge elettorale proporzionale. Era giusto, era opportuno, era loro interesse farlo ma non l’hanno fatto.

Peggio, mentre, il centro destra sopiva i suoi contrasti interni e varava un programma comune dosando e distribuendo le candidature tra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega gli altri, cioè i 5 Stelle, il PD e l’illusorio Terzo Polo, hanno acuito le differenze ed esasperato le divisioni combattendosi tra di loro assai più di quanto abbiano contrastato la coalizione di centro destra. Persino dopo la comune disfatta nei loro commenti non si sono risparmiati accuse veementi e velenose né hanno mostrato segni di resipiscenza per i loro errori.

Analizzando i riflessi di ciascuna forza politica dell’immaginario “campo largo” di fronte al risultato ci si accorge che tutte continuano a ragionare come se si fosse trattato di un’elezione col sistema proporzionale mentre non lo era. Così Giuseppe Conte celebra il suo quindici per cento come una grande rimonta, un sorprendente successo. Ma se tutti i sondaggi da tempo lo davano al 13 davvero due punti in più giustificano l’esaltante impresa? Incurante di aver peggio che dimezzato il 32 per cento delle precedenti elezioni – quelle stravinte da Luigi Di Maio nel 2018 – Conte ha solennizzato la rottura col Partito Democratico, o meglio, con il suo attuale gruppo dirigente cui rimprovera di aver sostenuto Draghi e la sua agenda mentre lui rivendica il merito di averlo fatto cadere.
A sua volta, a specchio, Letta rovescia in colpe imperdonabili i titoli vantati da Conte. Ma Letta è il bersaglio preferito anche nel dopo elezioni di Calenda e di Renzi che già profetizzano che dopo il voto il PD tornerà a cuccia da Conte.

Allo stato non si direbbe proprio come non si direbbe che l’essere tutti diventati partiti di opposizione costituisca il miglior viatico per andare d’accordo. Per capire l’abisso di buon senso che continua a distinguere partiti e uomini del centro destra da quelli dell’altra parte politica basti riflettere sulla circostanza che Giorgia Meloni, che è stata coerentemente all’opposizione nelle due precedenti legislature, si è ben guardata dal contestare a Berlusconi e a Salvini le loro giravolte e cioè di essere stati al governo il primo con il PD di Letta e poi con Draghi e al secondo di aver governato con Conte e poi con lo stesso Draghi.

Quanto a Letta l’aver riportato il PD al livello del 2018, cioè della bruciante sconfitta di Renzi, lo ha subito convinto ad annunciare la convocazione di un congresso in cui non si candiderà segretario.
E’ una decisione seria e onesta come è nella sua natura. Di certo però non cancella i suoi errori a cominciare dalla predilezione per il sistema maggioritario sino ai toni estremi e bellicosi con cui, cercando lo scontro con Giorgia Meloni, ha finito col soccombere nell’indifferenza dell’inamovibile nomenklatura targata PD.




Parlamento senza opposizione: Paragone bacchettato da tutti

Il verdetto elettorale delle elezioni italiane per il 2022 ha scagliato fuori da ogni ambizione parlamentare il trittico delle principali forze antisistema: Italexit, Italia Sovrana e popolare, Vita. Hanno ottenuto poco piu’ di trecentomila voti le ultime due; con Paragone, Mori ed Amodeo ad aver trainato Italexit poco sopra soglia mezzo milione. Cosi’ fermi all’1,6% delle preferenze la mancata coalizione elettorale totalmente disallineata, fallisce nel tentativo di sforare il tetto del 3% dei proseliti per approdare a palazzo Chigi: ci si deve accontentare di un mediocre 1,6% causato anche dallo smodato astensionismo che invece ha salvato Calenda e Renzi premiati con poco piu’ del 6%. Astensionismo che ha inficiato di Maio non riconfermato al parlamento ed una dovizia di piccole sigle politiche poco conosciute. Conte invece, con il redivivo Movimento 5 stelle, e’ risalito nelle votazioni in modo assurdo, al punto da superare da Lega e Forza Italia, in forte decrescita Salvini, configurandosi come Terzo Polo effettivo. Il vincitore della marcia politica forzata al 25 settembre per l’unica volta nella storia, celebra una palese vittoria per Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, seguita dal  grande distacco afferente il Pd.

Gianluigi Paragone si trova attualmente sotto una gragnuola di critiche oggi che, per la prima volta dal dopoguerra, vedono l’Italia senza una mera, corroborata e fiera opposizione di palazzo; oltre alla presenza di una legge elettorale che sbarra l’accesso alle camere per compagini politiche inferiori al 3%. Il che e’ definito aspramente incostituzionale dall’avvocato genovese Marco Mori, autore della denuncia sottoforma di Class Action contro l’Unione europea e Mario Draghi medesimo, in seguito. Ma Puzzer, Paragone, Amodeo, hanno visto essere inficiati da una situazione mediatica in cui variegati autorevoli personaggi, hanno sommessamente invitato alla diserzione delle urne, con una parcellizzazione degli spazi mediatici totalmente sbilanciata verso i partiti tradizionali, grillini compresi. Conte infatti , con una modalita’ di rinnegazione subliminale del proprio recente operato, e’ riuscito ad annettersi la sua antica platea con un mirabile esito politico, trainato tuttavia anche dalla propria presenza ubiquitaria nell’ultimo mese e mezzo. Al mattatore giornalistico della Gabbia va attribuita la responsabilita’, da parte di una ricostituita orda di intellettuali ed operatori del settore, di non aver abdicato al proprio protagonismo in favore di una comune alleanza col fronte del dissenso: quest’ultimo in Italia si aggira sul milione e mezzo certificato. Cosi’ in una “guerra tra poveri”, titolo altisonante affibbiato da Massimo Mazzucco proprietario di Luogocomune net ai protagonisti di Vita, Italexit, Italia Sovrana e popolare, ha vinto l’alta finanza transnazionale in procinto di destabilizzare e depauperare l’Italia come mai prima. In questa fase temporale che vede per la seconda volta nella storia, un presidente della Repubblica in modo illegittimo al terzo mandato, pesa la ritrosia della pasionaria Cunial con Vita, ad aggregarsi con Toscano calabrese editore di Visione tv, accostato pubblicamente a Massoneria, mafia e sfere di potere russo; il tutto senza prove ma con una sorta di paradossale razzismo territoriale. Francesco Toscano ha di recente, promanato un pubblico annuncio sulla propria seguitissima emittente tv informatica, in cui si diceva disponibile a confluire in un unico agglomerato politico, con Vita ed Italexit. Altri stanno biasimando la strategia comunicativa surrettizia di Italexit ed Italia Sovrana e popolare, accusate di voler parlare solo alla propria platea che risulta averli votati, eludendo il gruppo mastodontico di elettori di fatto spauriti dalle loro proposte ed affermazioni dette con passione ed una sorta di livore. Altri dicono che dinanzi ad un pericolo comune le forze antisistemiche avrebbero dovuto in maniera subitanea, apparire e presentarsi assieme, anche a patto di duellare nel parlamento, ma solo in seguito ad un proprio ingresso. Oggi sarebbe bastato raggranellare settecentomila voti, in un panorama da oltre otto milioni di astenuti, per forare il parlamento. Diego Fusaro afferma che ora inizia la disfatta definitiva del tessuto produttivo e sociale italiano, mentre le formazioni al governo vedono la destra grosso modo unita, ma senza una palingenesi politica caldeggiata da una pletora di persone, che aborrisca lo strapotere dei fondi di investimento e le banche commerciali. In tal guisa Meloni sara’ una replica del conglomerato “sinistro ad governo di fatto in modo ininterrotto”, a parere del filosofo italiano piu’ seguito del web. Conte viene visto con grande entusiasmo dai propri elettori ma definito come coagulature di voti contro gli antisistema da parte degli sconfitti, a causa della propria subordinazione all’Europa ed i principali attori finanziari del mondo. Meloni invece e’ associata dalla dottoressa de Mari come unica plausibile alternativa salvifica per l’Italia, glissando sul proprio ingresso nel celeberrimo Aspen Insitute: infatti oggi senza un approdo in tali organismi finanziari diventa impossibile vincere gli agoni politici nazionali, per la scrittrice e chirurgo radiato; ed il sistema si scardina da coloro che ne fanno parte, aggiunge, in completa assonanza con una asserzione datata di Giuseppe Conte. Ecco la cagione che vede in Meloni un valore aggiunto benefico per l’Italia, per mezzo della sua appartenenza al sistema ma anche al plebiscito popolare che la sostiene.

Critiche invece per de Magistris pedina di un movimento sedicente di vera sinistra non premiato in questa tornata elettorale: all’ex sindaco di Napoli viene imputata l’impersrutabilita’ di visione su Green Pass e politiche sanitarie ed una sorta di una perniciosa ambiguita’.

Per Italexit inizia un periodo in cui e’ stata reclamata dai simpatizzanti, un’unione definitiva con Rizzo, Messora di Byoblu e riferimento di Italia Sovrana e Popolare, Cunial e Toscano. Rizzo dei comunisti oggi segretario di Isp ha dal principio affermato che la sua forza politica continuera’ la propria battaglia, con ascesa compresa, tra le piazze, gli afflitti ed attorno le sedi delle camarille. In un progetto politico e sociale a lungo termine, che promette finira’ per plasmare l’Italia e donarle nuovamente opulenza ed autonomia. In questa cornice emerge il quadro propalato dai suoi accoliti, che l’Italia risulta scevra di democrazia da oltre un lustro; ed oggi questa contingenza si presenta come lapalissiana.




Powell e dati non detti dalla Fed

Orafinanza ad opera di Marco Battaglia propone il discorso completo del capo della Fed: “Buon pomeriggio. Io ed i miei colleghi ci siamo fortemente impegnati a riportare l’inflazione al nostro obiettivo del 2%. Abbiamo sia gli strumenti che la determinazione necessaria per ripristinare la stabilità dei prezzi per conto delle famiglie e delle imprese americane. La stabilità dei prezzi è responsabilità della Federal Reserve e funge da fondamento della nostra economia.

Il nostro obiettivo principale è utilizzare i nostri strumenti per riportare l’inflazione al nostro obiettivo del 2% e per mantenere ben ancorate le aspettative di inflazione a lungo termine. È probabile che la riduzione dell’inflazione richieda un periodo prolungato di crescita al di sotto del trend e molto probabilmente ci sarà un ammorbidimento delle condizioni del mercato del lavoro. Il ripristino della stabilità dei prezzi è essenziale per preparare le basi per il raggiungimento della massima occupazione e prezzi stabili nel lungo periodo. Continueremo fino a quando non saremo sicuri che il lavoro è fatto.

Senza stabilità dei prezzi, l’economia non funziona per nessuno. In particolare, senza la stabilità dei prezzi non raggiungeremo un periodo prolungato di solide condizioni del mercato del lavoro a vantaggio di tutti.

Il FOMC ha alzato il tasso di interesse di riferimento di 3/4 di punto percentuale e prevediamo che gli aumenti continui saranno appropriati. Stiamo volutamente spostando la nostra posizione politica a un livello sufficientemente restrittivo da riportare l’inflazione al 2%. Inoltre, stiamo proseguendo il processo di significativa riduzione delle dimensioni del nostro bilancio. Avrò altro da dire sulle odierne azioni di politica monetaria dopo una breve rassegna degli sviluppi economici.

L’economia statunitense ha rallentato rispetto ai tassi di crescita storicamente elevati del 2021, che riflettevano la riapertura dell’economia a seguito della recessione pandemica. Indicatori recenti indicano una crescita modesta della spesa e della produzione. La crescita della spesa per consumi è rallentata rispetto al ritmo sostenuto dello scorso anno, in parte riflettendo il calo del reddito disponibile reale e le condizioni finanziarie più restrittive.

L’attività nel settore immobiliare si è notevolmente indebolita, in gran parte a causa dell’aumento dei tassi ipotecari. Anche i tassi di interesse più elevati e la crescita più lenta della produzione sembrano pesare sugli investimenti fissi delle imprese, mentre la più debole crescita economica all’estero sta frenando le esportazioni.

Come mostrato nel nostro Riassunto delle proiezioni economiche, da giugno i partecipanti al FOMC hanno segnato le loro proiezioni per l’attività economica, con la proiezione mediana della crescita del PIL reale che si attesta solo allo 0,2% quest’anno e all’1,2% l’anno prossimo, ben al di sotto della stima mediana del tasso di crescita normale a lungo termine.

La crescita del PIL è di appena lo 0,2% quest’anno e l’1,2% l’anno prossimo, ben al di sotto della stima mediana del tasso di crescita normale di lungo periodo.

Nonostante il rallentamento della crescita, il mercato del lavoro è rimasto estremamente teso, con il tasso di disoccupazione vicino al minimo da 50 anni, le offerte di lavoro vicine ai massimi storici e la crescita salariale elevata. I guadagni di posti di lavoro sono stati robusti, con l’occupazione in aumento di una media di 378.000 posti di lavoro al mese negli ultimi tre mesi. Il mercato del lavoro continua ad essere sbilanciato, con la domanda di lavoratori che supera sostanzialmente l’offerta di lavoratori disponibili. Il tasso di partecipazione alla forza lavoro ha mostrato un gradito aumento ad agosto, ma è leggermente cambiato dall’inizio dell’anno. I partecipanti al FOMC si aspettano che le condizioni della domanda e dell’offerta nel mercato del lavoro tornino a un migliore equilibrio nel tempo, allentando la pressione al rialzo su salari e prezzi. La proiezione mediana del SEP per il tasso di disoccupazione sale al 4,4 per cento alla fine del prossimo anno, mezzo punto percentuale in più rispetto alle proiezioni di giugno. Nei prossimi tre anni, il tasso di disoccupazione mediano supera la stima mediana del suo livello normale di lungo periodo.

L’inflazione rimane ben al di sopra del nostro obiettivo di lungo periodo del 2%. Nei 12 mesi terminati a luglio, i prezzi totali del PCE sono aumentati del 6,3%; escludendo le categorie volatili di cibo ed energia, i prezzi core PCE sono aumentati del 4,6%. Ad agosto, la variazione su 12 mesi dell’indice dei prezzi al consumo è stata dell’8,3% e la variazione dell’IPC core è stata del 6,3%. Le pressioni sui prezzi restano evidenti in un’ampia gamma di beni e servizi. Sebbene i prezzi della benzina siano diminuiti negli ultimi mesi, rimangono ben al di sopra dei livelli dell’anno precedente, in parte riflettendo la guerra della Russia contro l’Ucraina, che ha aumentato i prezzi di energia e cibo e ha creato ulteriori pressioni al rialzo sull’inflazione. La proiezione mediana nel SEP per l’inflazione PCE totale è del 5,4% quest’anno e scende al 2,8% l’anno prossimo, al 2,3% nel 2024 e al 2% nel 2025; i partecipanti continuano a vedere i rischi per l’inflazione ponderati al rialzo.

Nonostante l’inflazione elevata, le aspettative di inflazione a più lungo termine sembrano rimanere ben ancorate, come si evince da un’ampia gamma di indagini presso famiglie, imprese e previsori, nonché dalle misure dei mercati finanziari. Ma questo non è motivo di compiacimento; più a lungo continua l’attuale ondata di alta inflazione, maggiore è la possibilità che le aspettative di una maggiore inflazione si rafforzino.

Le azioni di politica monetaria della Fed sono guidate dal nostro mandato di promuovere la massima occupazione e prezzi stabili per il popolo americano. I miei colleghi ed io siamo profondamente consapevoli che l’inflazione elevata impone notevoli difficoltà poiché erode il potere d’acquisto, soprattutto per coloro che sono meno in grado di far fronte ai costi più elevati di beni essenziali come cibo, alloggio e trasporti. Siamo molto attenti ai rischi che l’inflazione elevata comporta per entrambi i lati del nostro mandato e siamo fortemente impegnati a riportare l’inflazione al nostro obiettivo del 2%.

Nella riunione odierna il Comitato ha alzato di 75 punti base l’intervallo obiettivo per il tasso sui fondi federali, portando l’intervallo obiettivo dal 3 al 3,25%. E stiamo proseguendo il processo di riduzione significativa delle dimensioni del nostro bilancio, che svolge un ruolo importante nel consolidare l’orientamento della politica monetaria.

Nei prossimi mesi, cercheremo prove convincenti che l’inflazione stia scendendo, coerentemente con il ritorno dell’inflazione al 2%. Prevediamo che i continui aumenti nell’intervallo obiettivo per il tasso sui fondi federali saranno appropriati; il ritmo di tali aumenti continuerà a dipendere dai dati in arrivo e dall’evoluzione delle prospettive per l’economia. Con l’azione di oggi, quest’anno abbiamo aumentato i tassi di interesse di 3 punti percentuali. Ad un certo punto, con l’ulteriore inasprimento della politica monetaria, diverrà opportuno rallentare il ritmo degli aumenti, mentre valutiamo in che modo i nostri aggiustamenti cumulativi di politica influiscono sull’economia e sull’inflazione. Continueremo a prendere le nostre decisioni incontrandoci e comunicando il nostro pensiero il più chiaramente possibile.

Il ripristino della stabilità dei prezzi richiederà probabilmente il mantenimento di una politica restrittiva per qualche tempo. Il record storico mette fortemente in guardia contro un allentamento prematuro della politica. Come mostrato nel SEP, la proiezione mediana per il livello appropriato del tasso sui fondi federali è del 4,4% alla fine di quest’anno, 1 punto percentuale in più rispetto alle proiezioni di giugno. La proiezione mediana sale al 4,6% alla fine del prossimo anno e scende al 2,9% entro la fine del 2025, ancora al di sopra della stima mediana del suo valore di lungo periodo. Naturalmente, queste proiezioni non rappresentano una decisione o un piano del Comitato e nessuno sa con certezza dove sarà l’economia tra un anno o più.

Stiamo adottando misure energiche e rapide per moderare la domanda in modo che si allinei meglio con l’offerta. Il nostro obiettivo principale è utilizzare i nostri strumenti per riportare l’inflazione al nostro obiettivo del 2% e per mantenere ben ancorate le aspettative di inflazione a lungo termine. È probabile che la riduzione dell’inflazione richieda un periodo prolungato di crescita al di sotto del trend e molto probabilmente ci sarà un ammorbidimento delle condizioni del mercato del lavoro. Il ripristino della stabilità dei prezzi è essenziale per preparare le basi per il raggiungimento della massima occupazione e prezzi stabili nel lungo periodo. Continueremo fino a quando non saremo sicuri che il lavoro è fatto.

Per concludere, comprendiamo che le nostre azioni riguardano comunità, famiglie e imprese in tutto il Paese. Tutto ciò che facciamo è al servizio della nostra missione pubblica. Noi della Fed faremo tutto il possibile per raggiungere i nostri obiettivi di massima occupazione e stabilità dei prezzi. Grazie e attendo le vostre domande.

L’America sta dunque precipitando in recessione alla stregua di quanto accorso in Italia da oltre una decade, con i medesimi infimi tassi di crescita. Sono tuttavia sempre piu’ numerosi gli economisti che aborriscono l’impostazione della dicotomia Fed/Bce di mantenere il deficit/pil al 2%. Con l’auspicio di tornare a programmi di spesa pubblica in deficit che al principio aumenterebbero l’inflazione ma binariamente il reddito privato e gli incassi aziendali, per in seguito recidere l’inflazione in eccesso per mezzo di tassazione maggiore e prezzi aumentati. Insomma attuando in futuro cio’ che, in modo subliminare, si sta concretizzando odiernamente.