Alberto Micalizzi: economista assolto in Cassazione

INNOCENTE SENZA RINVIO

Dopo 12 anni di persecuzione giudiziaria orchestrata nei confronti  dell’economista e finanziere Alberto Micalizzi, da ambienti della Procura di Milano per presunti reati finanziari, anche l’ultimo tassello del paradigma accusatorio si è dissolto. Lo scorso 21 Aprile, la Suprema Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna comminatagli in appello per l’ultimo dei (venti!) capi d’accusa che era rimasto in piedi.

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“Devo darvi io questa notizia perché i media del mainstream, dopo aver azionato il tritacarne mediatico per anni, non spenderanno una parola per dirvi che è tutto finito”. Ha commentato il diretto interessato. Gli inquirenti hanno utilizzato qualsiasi mezzo per tentare di piegarlo, secondo la cerchia del personaggio ormai pubblico per mezzo delle sue interviste e dichiarazioni altisonanti: una serie assurda di capi d’accusa, falso ideologico, falso materiale, tritacarne mediatico, sabotaggio professionale…ma alla fine la verità ha vinto.

Ma non e’ opportuno pensare a chissà quale complotto. Serviva un capro espiatorio per tappare qualche buco e far fare un avanzamento di carriera a qualche collaboratore e Micalizzi a tal proposito si e’ definito: “la preda giusta al momento giusto”. Ci tornera’ in altra sede, ha asserito il perito economico, anticipando sin d’ora che questa drammatica esperienza non ha affatto scalfito la stima profonda che nutre per taluni giudici e pubblici ministeri italiani che perseguono effettivamente la giustizia nonostante operino all’interno di un sistema che si sta rivelando marcio sin dalle proprie radici, ha rincarato Micalizzi residente in Svizzera.

“Da oggi inizio una nuova vita. Lo faccio con la maggior consapevolezza del valore della dignità e della coerenza, ma soprattutto della famiglia, sapendo di avere al mio fianco una donna meravigliosa, mia moglie Carlotta, che ha creduto ciecamente in me quando tutto sembrava vacillare”.

Ed ancora: “So bene che con le giuste affiliazioni avrei evitato questo calvario, ma i miei riferimenti ideali me lo hanno impedito, spingendomi ad affrontare la sfida a viso aperto, senza mai tacermi, senza calcoli di opportunità, presentandomi al pubblico con riflessioni “scomode” fino alla sera prima della sentenza, nella profonda convinzione che sia la condotta tenuta nel combattimento a determinare la vera vittoria, non già il risultato dello stesso. Parlo della vittoria su sé stessi, quella che rafforza l’Essere..”.

Tecnicamente, oggi sarebbe, Alberto Micalizzi, una “vittima di giustizia”, anche se questo termine non l’ha mai sentito proprio. Una vittima è provata dall’esperienza, è dolorante, è stata oggetto di qualcosa che in qualche modo non ha potuto dominare. Michalizzi invece, rimane sereno, distaccato, e sente di essere stato il soggetto attivo di una tragedia che non ha cercato ma che lui ha saputo arginare trasformandola nel più grande esercizio di volontà mai praticato nella sua vita. Da qui si evince una sorta di catarsi dell’economista cheinesiano, adesso ispirato a consigli

“Fa che ciò su cui nulla puoi, nulla possa su di te”. Adesso mi riprenderò pezzo dopo pezzo il maltolto. Iniziando dagli accreditamenti professionali, dall’Università, dall’accesso alle platee dove fino a ieri ero desiderato ma “impresentabile”. Conclude agguerrito ma serafico Micalizzi.

“Sono grato alla mia famiglia, soprattutto a mia mamma che mi sorride dall’alto, agli amici stretti e ai miei Avvocati, Lodovico Mangiarotti e Michele Bencini, che hanno saputo coniugare saggiamente competenze tecniche e strategia difensiva completando un lavoro che definire perfetto è dir poco.

Ma sono anche grato ai tantissimi che non hanno mai smesso di credere nella mia onestà e nella mia innocenza, che hanno capito sin dal primo istante che non potevo essere io quello descritto dalla cronaca del mainstream e che per affermare la verità avrei resistito un giorno in più di quanto fosse stato necessario.
Quel giorno è oggi”.




Putin legalizza contrabbando prodotti occidentali

Secondo la agenzia riportata dal Fatto di Travaglio ora il ministero russo ha approvato l’elenco diviso in 50 gruppi di prodotti e circa 200 marchi legalmente importabili che altrimenti non potevano essere venduti sul territorio, anche per scelta volontaria delle singole industrie americane ed europee che si erano impegnate a chiudere stabilimenti e punti vendita. “Questo approccio garantirà la fornitura di beni alla Russia, anche nonostante le azioni ostili dei politici stranieri”, aveva detto Mishustin. Una prima bozza di questo provvedimento ed elenco era stata diramata il 10 marzo scorso. Comprendeva apparecchiature tecnologiche, per telecomunicazioni e mediche, veicoli, macchine agricole, apparecchiature elettriche, oltre a vagoni ferroviari e locomotive, container, turbine, macchine per il taglio di metalli e pietre, display video, proiettori, console e quadri elettrici.

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Per aggirare l’embargo era stata emanata una specifica legge che conferisce al governo il diritto di determinare elenchi di prodotti per i quali il principio internazionale dell’esaurimento dei diritti di marchio è effettivamente stabilito quando viene venduto dal proprietario in qualsiasi parte del mondo. A sostenere la legalizzazione delle importazioni parallele era stato il Servizio federale antimonopoli (FAS): “Nelle condizioni attuali, questa misura aiuterà ad aumentare il numero di entità economiche che importano merci in Russia, che satureranno il mercato interno con merci originali, oltre a ridurre i prezzi dei prodotti venduti”, aveva osservato l’agenzia in un comunicato stampa il giorno prima, citando il vice segretario di Stato capo della FAS Russia Sergey Puzyrevsky. Cosi’ Putin contrattacca ferocemente l’occidente non solo dal punto di vista monetario e finanziario, bensi’ industriale, con la conseguente promozione di matrice prettamente cinese, di produzioni locali per beni voluttari e quelli di necessita’, in un’ottica di totale autonomia russa.

Dal corrispondente del Corriere della sera sito a Berlino– «Non farò alcun mea culpa. Non è roba per me». Scatenano un putiferio in Germania le dichiarazioni al New York Times dell’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, che rivendica e difende tutte le sue scelte controverse, dall’amicizia con Vladimir Putin al mantenimento degli incarichi ben remunerati al servizio dell’industria energetica russa, al rifiuto di criticare direttamente il leader del Cremlino, condannando esplicitamente l’aggressione contro l’Ucraina. È la prima volta che Schröder parla pubblicamente dall’inizio della guerra e la gravità delle sue dichiarazioni spinge perfino la copresidente della Spd, Saskia Esken, a dire che l’ex cancelliere dovrebbe lasciare il partito socialdemocratico: «Lo abbiamo più volte invitato a lasciare i suoi incarichi nelle aziende russe, ma non ha voluto seguire il nostro consiglio. Purtroppo, agisce da molti anni soltanto come un uomo d’affari. Ora dobbiamo smettere di guardare a lui come a uno statista ed ex cancelliere», ha detto Esken, secondo cui «la sua difesa di Putin dall’accusa di crimini di guerra è assurda».

Le sanzioni antirusse hanno comunque poca voce in capitolo sulle scelte del Cremlino. Mordono quelle che hanno l’obiettivo di tagliare la Federazione Russa dal sistema bancario e finanziario internazionale. Morderebbero ancora di più se l’insieme dei Paesi occidentali applicassero con coerenza le medesime misure nei confronti dell’importazione di oli minerali (soprattutto gas) dalla Russia. Le esitazioni di alcuni (soprattutto della Repubblica Federale Tedesca) ne stanno indebolendo l’impatto.

Anche ove venissero applicate sistematicamente da tutte le parti in causa, è difficile, però, pensare che la sanzioni facciano tremare Putin e siano un’alternativa efficace a misure militari, dirette a rafforzare la resistenza Ucraina.

Dopo la Seconda guerra mondiale, sono state applicate sanzioni nei confronti del Sud Africa, Cuba, Venezuela, Corea del Nord, l’Iran, per non citare che i casi più noti. Difficile sostenere che le sanzioni siano state il veicolo che ha portato il cambiamento di sistema politico nella Repubblica del Sud Africa, dove già alla fine degli Anni Settanta l’Apartheid era macera e decotta. Negli altri casi non hanno avuto effetti di rilievo, pubblicano su “Formiche.net”

Prima della Seconda guerra mondiale, di solito si ricordano le sanzioni applicate dalla Società delle Nazioni per l’aggressione all’Abissinia (nome con cui allora veniva chiamato l’Impero d’Etiopia). Più pertinenti sono le sanzioni poste dagli Stati Uniti nel 1941 nei confronti del Giappone (embargo alle esportazioni di oli minerali verso l’Impero Nipponico) e congelamento dei conti correnti e dei fondi di giapponesi investiti negli Usa; vennero concepite come alternativa alla belligeranza. Cinque mesi dopo la decretazione delle misure, alle prime luci dell’alba del 7 dicembre 1941, una flotta di portaerei della Marina imperiale giapponese attaccò la United States Pacific Fleet e le installazioni militari statunitensi di Pearl Harbor, sull’isola di Oahu, nell’arcipelago delle Hawaii. Difficile immaginare una maggiore belligeranza ma oggi con la criptovaluta incipiente ed il sistema Fiat imperniato sulla finanza speculativa e la privatizzazione dei debiti pubblici, i paesi iniziano ad annaspare economicamente, con indici di poverta’, disoccupazione, deidustrializzazione, stallo economico, crescenti ovunque. Ecco la cagione che espone al pericolo l’intero blocco occidentale, dinanzi la fronda e la riorganizzazione della Federazione russa, coadiuvata dall’assenso della Cina e dalla mobilitazione dei Brics, nella ricerca di misure di sviluppo che eludano i nocumenti causati dal dollaro e dal suo armamentario mediatico, politico ed istituzionale.




No Le Pen no Macron: Rizzo riporta il francese medio

Le elezioni in Francia evidenziano un nuovo schema politico di cui tenere davvero conto. Fino a poco fa in Oltralpe si manteneva la classica competizione tra destra e sinistra, o meglio tra gollisti e socialisti (con la scomparsa dei comunisti dopo l’eurocomunismo). Macron nel 2017 ha rotto questo schema, che durava dalla fine della seconda guerra mondiale, azzerando praticamente quel dualismo. Al primo turno la candidata gollista, Pécresse, ha ottenuto un misero 4,8% (Fillon nel 2017 aveva il 20,0%) e quella socialista, Hidalgo, solo l’1,7% (Hamon, sempre nel 2017, aveva il 6,4%). Marine Le Pen si è scostata rispetto all’estrema destra (relegata al 7% di Zamour), ridefinendosi come forza essenzialmente populista ed anti sistema, speculare al forte risultato di Melanchon, rappresentante di una forza anch’essa con valori antisistema, pur percorsa ai vertici dal “politicamente corretto”. Se volessimo dare a una parte dei candidati la definizione di “antisistema”ci sarebbe in Francia una consistente maggioranza, pur variegata. E così probabilmente in Italia ed in altri paesi europei. Come si può costruire la politica attorno a questo rapporto di forza di difficile concretizzazione? Una proposta socialista e di fuoriuscita dalla UE, patriottica e di fuoriuscita dalla NATO, potrebbe “sfondare”, ma servirebbe una massa critica omogenea sufficiente per alzare la testa. A questa potrebbero e dovrebbero dare un contributo determinante i comunisti, accelerando un percorso di unità sul tema fondamentale dei diritti sociali, contrapposto a quello del “politicamente corretto” nella sua totalità. Ma certo anche quel grumo di forze, che potremmo definire sovraniste e popolari di sinistra, che ben hanno compreso l’elemento strategico di unità tra lavoro dipendente e ceto medio impoverito. Queste ultime sono state l’asse portante della disordinata ma generosa mobilitazione delle proteste no green Pass, no guerra e no invio armi, unendo i termini e comprendendo appunto che “guerra e pandemia sono la stessa strategia”. È vero. I temi della gestione della pandemia e della guerra, uniti a quelli di una rinnovata lotta di classe, potrebbero costituire una formidabile contrapposizione al mondo liberistico della globalizzazione capitalistica.
Il no alla guerra e alla conseguente collocazione internazionale, unite all’avversione al mondialismo liberista e ai diritti civili usati come arma di distrazione di massa, con una unità di tipo valoriale ed economico-politico potrebbero far ritrovare una identità di classe e nazionale del nostro Paese basata su di un impianto patriottico di vera sovranità popolare, intrecciato alla centralità del conflitto sociale in netta contrapposizione alle élite cosmopolite di classe della finanza e delle multinazionali.

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Marco Rizzo dei rinascenti comunisti italiani focalizza in questo editoriale, la palingenesi che avvolge la Francia tesa a destrutturare i classici moti politici popolari che caldeggiano un ripristino delle condizioni salariali, legali e sociali legate il lavoro, tendenti a rintuzzare il carovita, il precariato crescente, il depauperamento della classe media. Insomma uno scenario in edificazione, per la Francia, analogo a quello instaurato per l’Italia dall’alternanza Pd-Scelta civica-Verdi-Socialisti-Margherita-5 stelle confluiti oggi nello schieramento che regge il sistema di Draghi. E cristallizzando il fatto che nella Francia degli ultimi anni e’ stato assai limitato il settore delle piccole-medie imprese oggi trainante per l’Italia, in favore in grandi agglomerati industriali, il livore dell’elettorato e’ stato maggiorato, al punto da premiare tutti gli esponenti politici sedicenti antisistema.

Lo scontro interno risolto tra centro e periferie, tra i pochissimi beneficiati dal sistema ed il 90% della popolazione che vive il disagio e la contraddizione ma che ancora non ha i mezzi, la forza e la coesione per accettare e vincere la sfida. E sul piano geopolitico, al traballante sistema occidentale a trazione atlantica, si sovrapponga il multipolarismo che caratterizzerà sempre di più il pianeta. Servirebbe qui e ora costruire questo vero punto di riferimento (al 2023 manca obiettivamente il tempo, ma non è pensando solo ai momenti elettorali che si costruiscono i risultati – anzi!) prima con una opinione pubblica e poi con un popolo cosciente che si prende carico della questione della democrazia e del potere, in Italia come in Europa ed in Francia. In tal senso il richiamo alla Costituzione Repubblicana come programma minimo condiviso può esser l’inizio di una lunga e vittoriosa marcia. Oggi la Francia e’ capitanata da quel Macron tacciato di appartenenza e provenienza dai medesimi ambienti di Draghi per cui accusato ad attuare un programma congeniale, per la Francia, agli interessi della grande finanza euroamericana, antitetico gli interessi dei popoli, alla stessa stregua di quanto imputato a Draghi. Per contro il malcontento pubblico e piccolo-imprenditoriale, accomuna l’Italia e la Francia apparentemente come mai prima




Paura in Borsa e moneta digitale: analisi del prof Meluzzi

Perché la Federal Reserve ha commesso un errore storico sull’inflazione?
Ciò che verrà dopo aprirà la strada ad una palingenesi dell’economia mondiale.

Le Banche Centrali dovrebbero ispirare fiducia nell’economia mantenendo l’inflazione bassa e stabile. La Federal Reserve americana ha subito una perdita di controllo da far rizzare i capelli. A marzo i prezzi al consumo erano superiori dell’8,5% rispetto all’anno precedente, l’aumento annuale più rapido dal 1981. A Washington il controllo dell’inflazione è di solito appannaggio dei burocrati del tesoro intrecciati con quelli della finanza negli uffici istituzionali e bancari. Ora quasi un quinto degli americani afferma che l’inflazione è il problema più importante del paese; Il presidente Joe Biden ha rilasciato petrolio dalle riserve strategiche per cercare di frenare i prezzi della benzina; e i Democratici stanno cercando i cattivi da incolpare, dai capi avidi a Vladimir Putin. In Italia alcuni periti del settore interpellati da Adfnews.it asseriscono che le riserve di idrocarburi sarebbero di gia’ sufficienti a scongiurare il prolungamento del declino industriale ed economico causato dall’aggravio dei prezzi al consumo e delle gabelle.

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Deutsche Bank dipende fortemente dalla Russia per la sua piattaforma Autobahn.

Nell’attuale situazione geopolitica, però, c’è un problema. – Autobahn è una delle piattaforme della Deutsche Bank fortemente supportata dai tecnologi con sede in Russia-.

Da un articolo del 4 marzo 2022 emerge che, se lavori nel commercio elettronico o nella tecnologia del commercio elettronico, quasi sicuramente avrai sentito parlare di Autobahn. È la piattaforma di trading dei clienti di Deutsche Bank, che consente agli utenti di negoziare di tutto, dai cambi ai tassi ai credit default swap. Lanciata nel 1996 , Autobahn è stata una delle ragioni principali dello storico successo di Deutsche nel mercato FX e ha spinto altre banche a sviluppare propri sistemi analoghi. Come l’evoluzione di SecDB in Marquee presso Goldman Sachs, da allora Autobahn si è evoluta in un “gateway digitale multicanale” più completo per consentire ai clienti di tutto il mondo di accedere a DB e monitorare le proprie posizioni di trading. Occhi sulla Germania nella questione del tentato crivellamento economico e militare della Russia attraverso l’Ucraina. Giacche’ la patria del vetusto nazismo oltre a condividere con la Russia delle radici linguistiche potrebbe indirizzare l’Europa ad un abbandono del conflitto teleologico alla salvaguardia del proprio apparato industriale e commerciale gia’ inficiato dalle operazioni americane in terra europea orientale.

Michelle Bond, CEO della Association for Digital Asset Markets (ADAM), ha annunciato su Twitter di aver inviato una lettera alla SEC.

L’opinione di ADAM è che un quadro normativo misurato aumenterà la sicurezza e la solidità del mercato degli asset digitali, mentre un eccesso di regolamentazione può ostacolare una nuova tecnologia promettente che può avere implicazioni positive di vasta portata.

La regolamentazione dei mercati dei beni digitali solleva questioni nuove che richiedono un’attenta riflessione – ADAM rispetta l’autorità della SEC di regolare le sedi di negoziazione mentre si evolvono-, ma ADAM non può sostenere la proposta nella sua forma attuale come si applica ai cosiddetti Communication Protocol Systems. Intanto dalla Russia l’accettazione e regolamentazione della criptovaluta antitetica al petroldollaro appare incipiente o gia’ avvenuta nell’oblivione generale. Ed il nocumento letale per il dittico Europa-America potrebbe a tal proposito derivare dall’accettazione del Bitcoin per ogni acquisto e transazione da parte dei restanti Brics con Cina, India e Brasile in testa. In Italia pare fosse predisposta una fase di razionamento energetico ed alimentare nel futuro prossimo in relazione al conflitto ucraino, e binariamente un blocco zelante di alcuni sportelli bancomat dei piu’ rilevanti istituti di credito, che non sembra fortuito.

Meluzzi dai microfoni della radio di Duranti tuona sull’Agenda Onu 2030 per una lucida ermeneutica di questa fase storica, infatti se il Grande Reset imperniato sul petroldollaro non fosse realizzato per quel periodo, glisserebbe il potere dei banchieri privati di emissione di dollari sganciati dal lavoro e dai beni materiali, nonche’ a debito. Con tale cagione andrebbe tradotta l’azione bellica ucraina e l’assalto all’economia reale causato dal blocco delle esportazioni cinesi con il pretesto del Covid. Da qui la dichiarazione di Meluzzi di una lotta contro il tempo tra il conglomerato putiniano Brics e criptovalute con istituti bancari e finanziari che vivono di interessi speculativi su denaro emesso in guisa di stati a cui tutto e’ subordinato ed oggi sguinzagliato. Se dovesse primeggiare l’apparato commerciale e finanziario capeggiato dai Brics, i petroldollari detenuti da tre secoli dalle oligarchie finanziarie che controllano il papa, i media, gli stati e le multinazionali, diverrebbe carta straccia per cui avanza la lotta politica e giornalistica contro la Russia ed i suoi seguaci, con la conseguente chiusura di aziende oberate di ordini ma impossibilitate ad assemblare i manufatti per i blocchi portuali cinesi dei chip ed altri articoli meno raffinati.

In questa fase e’ stata slatentizzata la disponibilita’ bancaria media degli statunitensi, che non supera i tremila dollari in antitesi a quella italiana seconda solo al Giappone ed assaltata dalle speculazioni finanziarie che per mezzo del commissariamento di Draghi sottoforma della presidenza del Consiglio, vorrebbero inglobare gran parte dei depositi bancari, delle proprieta’ e delle industrie pubbliche e private dell’Italia.




Adf news prepara il mensile cartaceo

Adfnews.it dal suo lancio nazionale di un anno fa, corroborata dai circa centomila lettori mensili, dalla solida linea editoriale incentrata su cronaca, attualita’, politica, economia, calcio, esteri e notizie del territorio, si appresta a lanciare una rivista cartacea mensile: a distribuzione laziale e campana inizialmente, Adfnews.it sotto l’egida del direttore dott. Tondo Francesco Paolo e coniugando tradizione e sfide avveniristiche, mira ad una crescente risposta di pubblico ed investitori. Infatti ci imperneamo sulla qualita’ narrativa che contraddistingue, unici del settore l’utilizzo continuo di vocaboli dotti per implementare la pregevolezza giornalistica ed il livello culturale dei

lettori. Oggi la sfida del cartaceo trova Adfnews pronta ed adusa sia alle produzioni di format tv che alla massimizzazione di una modalita’ di scrittura e racconto verbale di qualita’ inconfutabili e peculiari, con l’analisi profonda e tecnica di avvenimenti ed argomenti reclamata odiernamente dai media cartacei. Interviste e produzioni tv e pubblicitarie all’interno della sezione video del portale giornalistico.




Stato negoziati Russia-Ucraina

Un breve riassunto dei negoziati di oggi tra Russia e Ucraina, secondo l’agenzia Rt, viene quotidianamente confutato dalla narrativa adoperata dai principali media euroamericani che omettono il dato ufficioso secondo cui il presidente ucraino abbia aborrito la pace in seguito la ricezione di quasi mezzo miliardo di nuovi armamenti.
Il principale negoziatore russo Vladimir Medinsky ha rivelato nei giorni scorsi i punti chiave dei negoziati di Istanbul: L’Ucraina è pronta a diventare uno Stato neutrale, incapace di possedere armi nucleari, con indipendenza garantita a livello internazionale. Esiste ad ogni modo un arcano che avvolge gli alti quadri militari russi, con presunta dipartita per infarto del principale generale della Federazione russa, operazione innaturale di attacco denunciata dai commilitoni russi a cui il seguace di Putin sarebbe sfuggito ma,dei video che lo rivedrebbero operativo, si vocifera l’irregolatezza e la conseguente falsità.

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Le garanzie di pace non saranno estese alla regione del Donbass e alla penisola di Crimea di proprietà della Russia, il che farebbe abbandonare formalmente a Kiev l’idea di annetterli militarmente.

Kiev ha proposto di includere nell’accordo che Mosca non sarebbe contraria all’ingresso dell’Ucraina nell’UE.

L’Ucraina non potrebbe avere alcuna presenza militare, comprese le forze NATO e russe.

Kiev chiede che il trattato finale sia formalizzato dai capi di stato russi ed ucraini.

La Guerra Ucraina come ecatombe slatentizza che sarebbero 21.200 i militari morti tra le fila russe dal giorno dell’ attacco della Russia, lo scorso 24 febbraio. Lo rende noto il bollettino quotidiano dello Stato maggiore delle Forze armate ucraine, appena diffuso su Facebook, che riporta cifre che non è possibile verificare in modo indipendente.

Secondo il resoconto dei militari ucraini, a oggi le perdite russe sarebbero di circa 21.200 uomini, 838 carri armati, 2162 mezzi corazzati, 397 sistemi d’artiglieria, 138 lanciarazzi multipli, 69 sistemi di difesa antiaerea. Stando al bollettino, che specifica che i dati sono in aggiornamento a causa degli intensi combattimenti, le forze russe avrebbero perso anche 176 aerei, 153 elicotteri, 1523 autoveicoli, 8 unità navali, 76 cisterne di carburante e 172 droni.

In Ucraina si indaga su oltre 7.500 crimini di guerra commessi dai russi. Lo riporta il Kyiv Independent citando l’ufficio del Procuratore generale.

Inoltre ci sono indagini anche su 3.652 crimini russi contro la sicurezza nazionale dell’Ucraina. Permangono tuttavia pareri ed iniziative contrastanti che vedono Mariupol saldamente in mani russe da oltre un mese, con gli anatemi ai giornalisti italiani da parte di un conduttore televisivo russo in passato attivo nel settore economico: quest’ultimo polemizza sull’insabbiamento della verita’ da parte italiana ed europea, eludendo le prove di reiterati attentati terroristici ed omicidi da parte degli ucraini. Altra polemica si e’ inscenata nei giorni passati dalle iniziative incrociate di due primi ministri donna dei paesi baltici, di subentrare nella Nato in spregio ai patti firmati qualche decennio fa di non penetrazione Nato in quegli stati.

Si riporta anche di ordini russi intercettati da Kiev che esortavano l’uccisione dei prigionieri europei nelle basi sotteranee. Inoltre viene esplicitato dalla stampa italiana il comando di Putin di uccidere Zelensky, cui si crede attualmente non risiedere in Ucraina bansi’ dalle parti di Whashington. A combattere in Ucraina, secondo il giornalista canadese Fulford, con eco da parte del duo Travaglio-di Battista-, sarebbero militari pensionati e mercenari statunitensi ed europei dalle cui foto si riscontrano simboli satanici sulle uniformi. Viceversa la popolazione ucraina verrebbe adoperata in guisa di scudi umani e spinta ad attaccare i russi, dal battaglione nazista Azov ad oggi ufficiosamente internalizzato nel plotone ucraino. La Germania ad ora si sarebbe rifiutata di perpetuare l’invio di armi al confine ucraino, con l’auspicio di Rizzo e Paragone ad omologare l’Italia su questa linea, che si rivela conforme alla Costituzione. Putin sarebbe in pericolo per tradimenti endogeni per cui avrebbe rimosso e fatto arrestare quattro suoi fedelissimi




Vigano’ dagli Usa celebra Putin

Apparterrebbero al 13 APRILE quelli definiti da “Gayburg” i nuovi deliri di monsignor Viganò: «Putin lotta per noi. Ha vinto Trump. Gli ucraini sono nazisti. L’ideologia lgbt è satanica»

Monsignor Carlo Maria Viganò continua a fomentare i complottisti e i no-vax i estrema destra secondo i molteplici detrattori assiepati per lo piu’ in Italia. In un discorso pronunciato all’America Rally di Salem, nell’Oregon, l’arcivescovo ha invitato i negazionismi a costituire una formazione di estrema destra fondata sull’omofobia che sia ispirata alle politiche di Trump e di Putin anche se non viene mai citata la parola omofobia ne’ esecrati gli omosessuali in quanto tali.

Citando quella definita da Vespa e seguaci la peggior propaganda neofascista,Vigano’ ha dichiarato:

“Se vi risvegliate, è perché finora qualcuno vi ha costretti a dormire, vi ha narcotizzato, vi ha distratto da quello che stava tramando, per poter continuare indisturbato nella sua azione criminale. Ma il sonno degli americani e di tutti i popoli è durato fin troppo: è il momento di aprire gli occhi, di alzarci, di capire cosa è successo e cosa sta succedendo. È il momento di agire”.

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E se a questa gente piace un sacco raccontarsi che sarebbero tutti idioti e che loro sarebbero molto furbi a inventarsi teorie strampalate, immancabile è stato l’ s elogio dell’ex nunzio apostolico per gli Usa all’invasione armata dell’Ucraina da parte di Putin:”Pesa su tutti noi la minaccia di una terza guerra mondiale. Ci hanno raccontato che Putin ha invaso l’Ucraina per assecondare le sue ambizioni espansionistiche, ma in realtà lo scopo principale dell’operazione militare della Russia è impedire l’aggressione del deep state e della Nato; Putin sta lottando contro quella stessa élite globalista che ci tiene tutti in ostaggio. Lo scorso 6 marzo, l’ambasciatore russo all’Onu ha denunciato ciò che voi sostenete da due anni: ha dichiarato che Donald Trump è il legittimo presidente degli Stati Uniti, e che il voto è stato falsato, con la complicità di Stati europei, usando gli apparati Dominion. E sappiamo bene che, per portare avanti l’agenda del Great Reset, era necessario sbarazzarsi di Trump, il quale mai avrebbe permesso né la farsa pandemica né l’escalation della crisi russo-ucraina”.

Va infatti ricordato che monsignor Viganò sostiene che non sia mai esistita alcuna pandemia, che il Covid-19 sia un’invenzione e che i morti non siano mai esistiti. Sostiene ovviamente che Trump e Putin sarebbero il volere di Dio e non una sciagura umana, giurando che lui crederebbe ciecamente a tutto ciò che dichiara la propaganda russa nonostante ogni evidenza:”Questa non è una guerra degli ucraini, non sono gli ucraini a perseguitare i loro fratelli russi, ma un governo fantoccio, sostenuto da milizie militari neonaziste. Un governo corrotto, voluto dalla cabala globalista, che oggi si trova un presidente cocainomane, ex attore e ballerino, che nasconde miliardi nei paradisi fiscali mentre la popolazione è tra le più povere in Europa”.

Una volta giurato che Putin ad onta di chi asserisce che starebbe facendo stuprare bambine minorenni dai suoi soldati sarebbe un eroe patriottico, è citando istericamente le peggiori teorie complottistiche che Vigano’ prosegue:
“Non è una guerra degli Stati europei: sono i capi dell’Unione europea che vogliono un conflitto per giustificare l’imposizione del Great Reset e imporre un regime dittatoriale fatto di limitazioni della libertà, di un impoverimento della popolazione, dell’eliminazione delle piccole imprese, dell’imposizione di un modello di vita disumano e tecnocratico, della cancellazione dell’identità delle Nazioni, della loro storia, della loro religione.
Non è una guerra degli Stati Uniti: gli americani hanno combattuto contro il nazismo, ed è scandaloso che oggi Biden aiuti un governo che appoggia e collabora con gruppi estremisti che inalberano la svastica e propagandano idee naziste”.

Ovviamente Vigano’ non allude minimamente alle milizie neonaziste di Putin, infiltrate anche nell’esercito russo secondo giornalisti ucraini, o del fatto che non esista apparentemente nazista che non tifi per il dittatore russo. Arrivando a dire che l’Ucraina avrebbe inscenato l’assalto al Campidoglio quasi lui non si fosse reso conto che Trump l’ha incoraggiata pubblicamente secondo i principali media dell’occidente:
“Non stupiamoci se il 6 gennaio 2021 al Campidoglio c’erano anche membri del battaglione Azov: i nemici dello Stato non si fanno scrupoli ad allearsi con criminali di guerra per incolpare l’avversario politico, per accusare il presidente Trump di insurrezione. Basterebbe questo per comprendere il loro progetto eversivo e la loro intenzione di non fermarsi dinanzi a nulla pur di realizzarlo”. Rincara il cardinale considerato da pletore di credenti il vero papa occulto per mezzo del suo dardeggiare contro il sistema.

Inizia poi, quel Vigano’ eletto pontefice nel 2019 dalla chiesa cattolica bizantina, a parlare di Putin come di una sorta nuovo messia venuto a portare la luce nel mondo:”Una guerra delle tenebre contro la luce. Lux in tenebris lucet, et tenebræ eam non comprehenderunt, dice san Giovanni”. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Perché le tenebre odiano la luce. La luce è verità, è chiarezza, è onestà. La luce è Cristo. Le tenebre sono menzogna, sono inganno, sono complotto. Le tenebre sono il regno di Satana. Sbotta l’alto prelato pesantemente associato alle notizie false ed agli anatemi antipapali che oggi vive in un luogo occulto.

Per giustificare la sua propaganda politica incentrata sulla promozione dell’ultra-destra, inizia a dire che sarebbero tutti corrotti ad eccezione di chi aderisce ciecamente alla propaganda neonazista secondo i media mainstream siccome afferente Putin.
“Vi chiederete perché un vescovo parli con le parole che ci si aspetta di sentire da un politico. Forse perché i politici sono quasi tutti servi del sistema, venduti alla cabala globalista, pagati da BigPharma, da Soros o dal deep state”. Annuncia l’italiano Carlo Maria Vigano’.

Da copione, inizia a fare leva sull’omofobia mentre cavalca la polemica dei ciellini sulla Pachamama, ovviamente spacciandola per un idolo come definisce la Bibbia ogni icona religiosa che esula dal cristianesimo:”Abbiamo tollerato la distruzione della famiglia, abbiamo sopportato che si mettesse il vero Dio sullo stesso piano degli idoli, abbiamo lasciato uccidere miliardi di innocenti con l’aborto, corrompere i nostri figli con l’immoralità, la pornografia, la corruzione della teoria gender e dell’ideologia Lgbt. Abbiamo permesso che i nostri governanti usassero la libertà non per servire Dio e fare il bene comune, ma per rendere culto a Satana e diffondere il peccato e il vizio. Abbiamo creduto che, lasciando liberi gli altri di agire contro la Legge naturale e divina, ci avrebbero lasciato a nostra volta liberi di essere onesti e buoni cittadini. Siamo caduti in un enorme inganno, perché la tolleranza verso il male oggi doveva necessariamente diventare intolleranza per il bene”. Affonda il monsignore piu’ seguito dai dissidenti.

E dopo il sermone, arriva l’invito a fondare un’élite integralista che possa imporre le sue politiche antitetiche le solite lobby:
“È giunto il momento di costituire un’Alleanza antiglobalista, un movimento civile mondiale che dia voce alla maggioranza dei cittadini, denunciando il colpo di stato in atto, svelando le connivenze dei potenti, i conflitti di interessi delle lobby, le menzogne del mainstream. Questa Alleanza deve avere un proprio programma chiaro e condiviso, che confuti i temi del globalismo e vi opponga una proposta concreta, conforme alla Legge naturale, al bene comune, al buon governo”.

Monsignor Carlo Maria Viganò secondo Gayburg benedice le bombe sull’Ucraina: «Putin ha ragione»

Monsignor Viganò difende le bombe di Putin per i suoi nemici.

I seguaci di Tuiach ssi dicono pronti ad uccidere sotto il comando dell’arcivescovo Viganò.

Forza Nuova fa la si schermisce: «Noi in piazza nel nome di monsignor Viganò. Hanno tentato di ucciderci»

Tuiach dichiara di sentirsi legittimato allo squadrismo fascista da monsignor Viganò.

Monsignor Viganò eccitato i fascisti: «La pandemia è inventata, i medici sono assassini», accusa il redattore di Gayburg e la stampa compiacente la linea diametralmente opposta quella di Vigano’.




Fiat rilancia Topolino ed avvalora pubblicita’

Fiat potrebbe lanciare nel 2023 la sua versione del quadriciclo elettrico a due posti Citroen Ami. Secondo i concessionari del marchio, la versione Fiat farebbe rivivere il nome Topolino. Potrebbe anche essere venduta con una variante decappottabile con coperta in tela, cosa attualmente non disponibile sull’Ami e sul suo modello gemello, l’Opel Rocks-e.

Una versione Fiat dell’Ami è stata mostrata a selezionati concessionari italiani. Un concessionario che ha visto il veicolo ha detto che era più raffinata dell’Ami. Da mentovare il progetto Fca allora antecedente Smart che si riprometteva di edificare una sorta di 500 ancora piu’ piccola di quella attuale, vera nemesi della Smart un un’epoca in cui il mercato delle vetture da citta’ era intonso-la Iq non esisteva. Il modello vociferato da quella che si contrassegnava solo Fiat e non Fca o Stellantis non ebbe concretezza ma si rifaceva, dal punto di vista delle dimensioni, alla originaria 500. Dai quadri dirigenziali Fca si sta lavorando alla diffusione di un ibrido tra coupe’ e suc dal lancio imminente.

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Diretto dal regista Jovan Todorovic per la casa di produzione MovieMagic, l’emozionante spot TV rappresenta il manifesto della Tribe Alfa Romeo, una comunità di appassionati attenti all’estetica e alla distintività, sempre alla ricerca di soluzioni tecniche che valorizzano una dinamica di guida d’eccellenza.

Accompagna le immagini una nuova versione della famosa canzone “Nessuno mi può giudicare” di Caterina Caselli e realizzata ad hoc da Flavio Ibba e Daniele Sartori per la Red Rose Productions. Insieme allo spot e alla campagna stampa, sono previste anche le declinazioni digitale e social a cura di Publicis Sapient mentre la pianificazione media è di Starcom. Cosi’ si evince il massiccio impegno della multinazionale diretta dal connubio Elkann-Agnelli di promuoversi a livello social con avveniristiche pubblicita’ che coinvolgono il cinema, la tv, Hollywood medesima e sopratutto l’universo social media; senza eludere i giornali tradizionali.

Ulisse e’ una vecchia conoscenza del pubblico italiano: è stata prodotta in due generazioni nello stabilimento Sevel Nord in Francia dal 1994 al 2010 quando le monovolume rappresentavano un segmento di mercato vivace anche nella fascia superiore, prima di essere soppiantate dalle più sfiziose ma non sempre più versatili suv e crossover. Complice la ripresa della partnership tecnica e di prodotto con PSA nel quadro delle sinergie di Stellantis, nella gamma Fiat torna una maxi-monovolume, stavolta a trazione 100% elettrica: è la Fiat E-Ulysse e si affianca alla Nuova 500 nell’offerta di autovetture elettriche della Casa torinese con l’obiettivo di fornire un mezzo di lavoro ecologico per centri congressi, hotel di prestigio e strutture di noleggio con conducente, per le quali l’autonomia di circa 330 km è quasi sempre sufficiente nell’ambito di una giornata di lavoro ed in relazione a cui il fermo notturno del mezzo consente la ricarica alle condizioni tecniche ed economiche più favorevoli.

Ex tecnici ed ingegneri Fca interpellati dal quotidiano nazionale Adfnews.it ribadiscono la presenza e scoperta in Fiat, di tecnologie di combustione scevre da minacce ambientali e fabbisogno petrolifero, gia’ dalla fine degli anni ’70.




Russia: bomba sul Bitcoin

E’ una bomba quella della Russia sui Bitcoin?
Dalla Russia arriva l’offerta ai “paesi amici” di pagare il petrolio con i Bitcoin. La proposta non è ufficiale, ma svela le tensioni a Mosca. Bitcoin per pagare il petrolio?
Giuseppe Timpone 3 settimane fa annunciava che il presidente della commissione sull’energia della Duma, Pavel Zavalny, si è detto favorevole al fatto che i “paesi amici” della Russia possano pagare le importazioni di gas e petrolio dalla Russia in Bitcoin. Un paio di giorni prima, il presidente Vladimir Putin aveva annunciato che le vendite di gas dovranno essere saldate in rubli o “in valuta forte”, vale a dire l’oro. E ha dato istruzioni in tal senso alla banca centrale e a Gazprom.

La proposta di Zavalny, che ha parlato a titolo personale e non ha alcun sigillo di ufficialità, ha smosso poco il mercato delle “criptovalute”. Il prezzo dei Bitcoin nelle ore successive è arrivato a salire massimo del 4%. In effetti, ci sono molti dubbi sulla sua effettiva messa in pratica. Putin aveva accarezzato l’idea nel dicembre scorso, quando sostenne che un giorno le crypto potrebbe essere utilizzate per le relazioni commerciali, pur ammettendo che fosse ancora presto per ipotizzare uno scenario simile sul petrolio.

La Russia è sotto embargo da parte dell’Occidente. Grossa parte delle sue riserve valutarie si trova “congelata” in Europa, per cui asset per circa 300 miliardi di dollari risultano indisponibili alla Banca di Russia. Il che e’ illegittimo e pone rischi potenziali all’Italia che dispone della terza riserva mondiale in oro nei cassieri inglesi ed americani. Eppure gli acquisti e la produzione di materie prime da Putin viene definito inalterato per cui l’aggravio dei prezzi deriva dalla borsa di Rotterdam in cui si specula su petrolio e metano in guisa dello stato italiano che ne ha affidato la discrezionalita’.

A Mosca serve un modo per sganciarsi da dollaro ed euro senza compromettere la sua stabilità finanziaria. Una missione all’apparenza impossibile. Il dollaro è valuta di riserva mondiale, utilizzato per commerciare moltissime materie prime e denominare gran parte delle riserve in valuta e rappresenta il fulcro dell’operato e delle prospettive di Draghi, che ha asserito un neo “what ever it takes” per tutelare il dollaro come valuta globale.

I russi stanno convertendo parte dei loro risparmi in crypto, in molti casi esportandoli a Dubai, una sorta di Svizzera del Medio Oriente ancora più sicura sul fronte del segreto bancario. Infatti oggi la Svizzera e’ sempre piu’ lasca sul piano del segreto bancario e disposta perfino a pianificare un ingresso nella Nato a detrimento della propria storica neutralita’.
Ricorrere ai Bitcoin per vendere petrolio, però, non sembra al momento una buona idea. Il suo mercato capitalizza tra 750 e 800 miliardi di dollari, ma è poco liquido. Gli scambi sono relativamente scarsi, mentre il cambio euro-dollaro quotidianamente vede transazioni per quasi 5.000 miliardi di dollari. Sarebbe difficile per un cliente reperire sufficienti Bitcoin per acquistare petrolio. La Cina, poi, ha messo al bando le crypto e la Turchia ci è andata vicina. La stessa Banca di Russia a gennaio ne aveva chiesto il divieto, scontrandosi con il governo.
Le sole esportazioni di greggio russo prima dell’invasione dell’Ucraina ammontavano a 5 milioni di barili al giorno, pari a un controvalore di quasi 600 milioni di dollari ai prezzi attuali. Se tutti i barili fossero saldati in Bitcoin, ne servirebbero almeno 15.000 al giorno, cioè quasi 5,5 milioni all’anno, a fronte di un’offerta totale di 19 milioni, di cui solamente una parte negoziata sulle piattaforme exchange. E, superato questo step, cosa se ne farebbe la Russia dei Bitcoin? Dovrebbe monetizzarli o diffonderne l’uso tra i russi come fosse una valuta a tutti gli effetti. Ciò presupporrebbe sia un riconoscimento legale, sia una fiducia consolidata tra i cittadini russi. Il che potrebbe preconizzare la possibilita’ di arricchimento sesquipedale della popolazione russa nei prossimi anni. E la partita globale, eccettuata la guerra, si sta giocando sull’affiancamento e progressiva sostituzione del dollaro, dal bitcoin, come strumento adottato dai Brics per le compravendite, su cui le trattative permangono in fase avanzata ma non terminata.

Accumulare Bitcoin tra le riserve sarebbe molto rischioso, dato che si tratta di un asset molto volatile. Oltretutto, i paesi stranieri potrebbero non assegnarli alcun valore e, di conseguenza, la Russia sarebbe trattata come se non disponesse di riserve valutarie, alla stregua di un’economia fallita e inaffidabile. Oggi la Russia e’ una nazione indigente ma non indebitata con enti forestieri legati al dollaro, e Putin gioca una guerra finanziaria per eludere venturi debiti con i paladini di Davos che nel Bieldeberg 2020 cristallizzavano l’Ucraina deittica della Russia, come ultimo stadio monetario-finanziario bastevole per il completo dominio mondiale da sfociare nel Grande Reset.

Se, invece, Gazprom rivendesse i Bitcoin dopo averli incassati per tramutare i ricavi in rubli (o valute straniere, almeno in parte), di fatto si tratterebbe di un’operazione poco sensata, che finirebbe solamente per rendere più macchinosa e lenta la macchina dell’export.
I governi europei e gli USA vedono come fumo negli occhi le crypto, temendo che dietro ad esse si celino movimenti dei capitali sfuggenti ai loro controlli e che esse possano minacciare la stabilità finanziaria globale e il ruolo di valute come il dollaro sui mercati. La verità è che manca ad oggi un’alternativa credibile e concreta al biglietto verde. La Cina ci sta lavorando, ma non è cosa dell’oggi e nemmeno di domani. Anche se la legalizzazione della criptovaluta attuerebbe un maxintroito fiscale mondiale teleologico, con accordi legali e fiscali, all’ammortamento del debito mondiale.




Stipendio in bitcoin: replica ai bancomat bloccati in Italia

Bitcoin è una moneta digitale, cioè non esiste fisicamente e non è emessa da alcuna banca centrale. Essa risulta “estratta” da utenti in rete che cooperano tra di loro per risolvere complessi calcoli matematici. Qualche giorno fa, la quotazione mentre scrivevamo era di 37.115 euro, in calo dell’11,6% quest’anno. Si tratta di un asset volatile, molto rischioso per il piccolo investitore e con tanti problemi ancora irrisolti di natura normativa e fiscale. Il discorso è analogo per tutte le altre migliaia di criptovalute esistenti.

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Quali e quanti tasse sullo stipendio in Bitcoin se si volesse ricevere lo stipendio in Bitcoin, a quali rischi andrei incontro e quali opportunità mi ritroverei a cogliere e’ edotto da Giuseppe Timpone di Investire Oggi. Sul piano fiscale, che forse interessa tanti lavoratori, non esiste in Italia alcuna disciplina sul tema, bensì una serie di opinioni pubblicate dall’Agenzia delle Entrate. Il Fisco tratta le criptovalute alla stregua di valute straniere. Ne deriva che:

le imprese che acquistano Bitcoin devono pagare l’imposta del 26% sull’eventuale plusvalenza realizzata all’atto della rivendita; le persone fisiche che acquistano Bitcoin devono pagare l’imposta del 26% sull’eventuale plusvalenza realizzata, a patto che li detengano per almeno 7 giorni lavorativi consecutivi nell’anno solare per un controvalore non inferiore a 51.645,69 euro.
A tale fine, si precisa che il valore di acquisto dell’asset è considerato quello vigente l’1 gennaio dell’anno in cui avviene l’investimento.
Praticamente, i piccoli investitori raramente si troveranno a dover pagare tasse sulle criptovalute acquistate. Ciononostante, tutti sono tenuti a denunciarne gli importi acquistati sulle piattaforme exchange con sede all’estero, riportandoli nel Quadro RW della dichiarazione dei redditi. Dunque, ricevere lo stipendio in Bitcoin può sembrare una mossa vincente per cercare di guadagnare ed evitare il pagamento delle imposte, in assenza di una normativa esplicita in materia.

In effetti, il lavoratore sembrerebbe non dover versare nulla al Fisco, a meno di superare gli importi sopra indicati. Nel caso in cui accadesse, il valore di “acquisto” sarebbe quello vigente l’1 gennaio dell’anno solare o la data in cui l’impresa ha versato lo stipendio in Bitcoin? E l’impresa potrebbe detrarre il valore d’acquisto dal suo reddito imponibile? Ricordiamo, però, che la disciplina generale prevede l’assoggettamento alle imposte sui redditi e ai contributi previdenziali di qualsiasi corresponsione avvenuta in conseguenza di un rapporto di lavoro. Il legislatore dovrà prima o poi intervenire sul punto.

Volatilità e sicurezza informatica sono un nodo da dipanare nel macrocosmo imminente del Bitcoin.
In primis, le criptovalute sono volatili e il lavoratore rischia di ricevere un accredito dal valore molto più basso dopo qualche ora, giorno o poco più. Viceversa, può accadere che il suo valore s’impenni. Questa seconda ipotesi è certamente in questa contingenza la regola, tuttavia non e’ fissa.

In assenza di certezze rischiamo di restare paralizzati dall’indecisione se mantenere in portafoglio l’asset o usarlo per effettuare pagamenti o ancora convertirlo in moneta fiat. Impossibile così poter ricevere l’intero stipendio in Bitcoin.
E ci sono i rischi informatici. Ad oggi, il mondo delle criptovalute si mostra vulnerabile agli attacchi cibernetici con furti finanche miliardari sulle varie piattaforme. Per contro, godremmo dell’assoluto anonimato in fase di utilizzo per l’acquisto di beni e servizi su internet e dell’estrema velocità nei pagamenti. Se il vostro capo vi corrispondesse parte dello stipendio in Bitcoin, un attimo dopo lo visualizzereste nel vostro wallet. Un bonifico bancario generalmente risulta accreditato sul conto dopo un giorno.