Paura sanita’ meridionale

Il sistema sanitario privato di matrice lombardo-veneta sta esortando il governo ad attuare una destrutturazione del settore pubblico dei nosocomi con un accordo con il gruppo San Donato.

Ivan Cavicchi (da quotidianosanità.it) sfoga con questo editoriale il nuovo nocumento politico alle lande meridionali:
“I lettori di QS forse ricorderanno un articolo di Rosy Bindi, Nerina Dirindin e Marco Geddes (Qs, 14settembre 2021) con il quale sulla base di 4 “indizi” (personale, ripresa lenta, concorrenza sleale, modello lombardo) costoro paventavano, ai danni della sanità pubblica, un rischio di “privatizzazione strisciante”.

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Forse i lettori ricorderanno anche la mia risposta a quell’articolo (QS, 17 settembre 2021) con la quale, sostanzialmente contestavo la disonestà intellettuale delle loro analisi.

In quell’articolo infatti vedevo il tentativo
di manipolare la buona fede delle persone per fuorviarle anche al fine di portare acqua al mulino di Speranza (il loro referente politico), di nascondere l’incredibile paradosso rappresentato dal PNRR che come unica risposta alla pandemia; dopo 150.000 morti, non ha saputo fare altro che riproporre le linee politiche della riforma Bindi del ’99 controriforme incluse, di ritagliare alla associazione della quale la Bindi è presidente onorario (salute diritto fondamentale) un qualche spazio politico anche se essa a mio avviso non è meno paradossale del PNRR perché nata da coloro, sempre Rosy Bindi in testa, che dopo aver tolto all’art. 32 il rango di diritto fondamentale (i diritti fondamentali se sono tali ovviamente sono im-privatizzabili) hanno sentito il bisogno non di fare autocritica ma di fare apologia ma post mortem del diritto fondamentale da loro controriformato.

Ciò che sosteneva l’articolo, di Rosy Bindi e degli altri, e cioè che esisteva una privatizzazione strisciante non era né vero né plausibile perché da quando è stata approvata la riforma ter della Bindi, quindi la controriforma dell’art. 32 e della legge 833, la privatizzazione in tanti modi e tante forme ormai di fatto è un dato strutturale. Mi sembrava alquanto ridicolo in una tempesta lamentarsi di un refolo di vento .

Circa una settimana fa QS ci ha informati che il Ministero dell’Interno ha fatto una convenzione con il Gruppo sanitario San Donato per la cura dei suoi dipendenti (Qs, 28 marzo 2022). La convenzione garantisce il 15% di sconto su tutte le prestazioni ambulatoriali, diagnostiche e di ricovero, quindi praticamente tutto l’arsenale, erogate dai 19 ospedali del Gruppo San Donato, tra cui l’Ospedale San Raffaele, l’Istituto Galeazzi, il Policlinico San Donato e da tutte le strutture ambulatoriali. La convenzione prevede, inoltre, una linea di comunicazione dedicata che garantisce agli assistiti “servizi veloci e personalizzati”. Ad usufruire della convenzione saranno i 17.000 dipendenti che afferiscono alla componente del personale dell’amministrazione civile dell’interno, in servizio presso gli uffici centrali del ministero e le prefetture presenti in tutti i capoluoghi di provincia. Dopo aver letto questa notizia il primo impulso è stato quello di commentarlo ma nello stesso tempo mi è venuta la curiosità di capire le reazioni dei tanti difensori dell’art. 32 e della sanità pubblica che scrivono regolarmente su questo giornale (in larga parte gente di sinistra). Per cui ho deciso di aspettare una settimana.
Come temevo nessuno ha fatto una piega, la notizia è passata sotto silenzio, e gli autori della tesi sulla “privatizzazione strisciante” sono rimasti muti. Ma anche i grandi retori dell’art. 32 di cui aimè non siamo per niente scarsi hanno taciuto.

La convenzione fatta tra il ministro Lamorgese e il gruppo S. Donato, di fatto, per me, è una convenzione fatta contro il ministro Speranza perché ritengo che una convenzione concepita per curare dipendenti pubblici non nel pubblico ma nel privato, non sia a favore del pubblico, ma al contrario sia contro il pubblico .

La convenzione è uno non l’unico prodotto contro-riformatore della legge Bindi. Un altro suo prodotto è l’intra moenia cioè la possibilità di sfruttare i disservizi pubblici per scaricare sul privato una parte della spesa pubblica. Un altro ancora le gestioni promiscue pubblico privato, l’obbligo di appropriatezza da cui è nata la medicina amministrata, ecc.”.




Usa: dimissioni ed ingresso di Elon Musk

La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, come riporta la statunitense “Disclose tv” sarebbe pronta a lasciare il suo attuale incarico per condurre un programma televisivo presso la MSNBC. Questo sembra essere il segnale definitivo di una sorta di rottura politica nel panorama presidenziale. Se anche la Psaki lascia l’amministrazione di Biden, è alquanto probabile che il ritorno ufficiale di Trump sia concretizzabile e spaurisca. Su questa falsa riga i prossimi mesi si preannunciano piuttosto movimentati.

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Elon Musk tra l’altro ha acquistato quasi 73,5 milioni di azioni Twitter, come mostra un documento depositato presso la US Securities and Exchange Commission. Significa che il co-fondatore di Tesla ha più che quadruplicato le azioni del fondatore di Twitter Jack Dorsey , che ne possiede il 2,25%. La sua partecipazione passiva nella società è valutata fino a $ 2,9 miliardi in base alla chiusura del titolo di venerdì e il costo stimato dell’accordo era di $ 2,4 miliardi, in relazione al prezzo delle azioni del 14 marzo, da quando ha le ha inizato ad acquistare Musk.

La notizia ha spinto le azioni di Twitter a salire di oltre il 26% negli scambi pre-mercato prima dell’apertura di Wall Street lunedì . Oggi Musk possiede circa il dieci per cento di azioni di quello che un tempo si consolido’ come il secondo principale social network. Elon Musk domenica ha dichiarato che il produttore di auto elettriche Tesla punta a un margine lordo del 30% o a circa il 10% di redditività, inclusi tutti i costi, per il business della rete Supercharger. Oggi infatti la possibilita’ di caricamento quasi immediato dei prodotti elettrici rappresenta una realta’ da corroborare anche se gia’ presente in dispositivi come i telefoni Oppo. Cosa è successo l’imprenditore miliardario lo ha scritto su Twitter in risposta a un post in cui si chiedevano dettagli sul valore della rete Supercharger di Tesla.

L’impianto Tesla di Shanghai pero’ resterà chiuso anche domani, nonostante l’ipotesi di riapertura a partire da lunedì circolata in questi giorni. Le restrizioni Covid, ha spiegato la casa automobilistica ai propri dipendenti, rendono impossibile riprendere l’attività. Ieri Tesla ha annunciato un aumento del 68% rispetto allo stesso periodo del 2021. Un risultato raggiunto nonostante tre mesi “eccezionalmente difficili”, come li ha definiti il ceo Elon Musk, proprio per le interruzioni delle forniture e per la politica cinese dello zero Covid che ha fatto fermare lo stabilimento di Shanghai. 

Neanche la mancanza di microchip influisce sul marchio americano di auto elettriche. E neppure le due fermate a cui è stata costretta una fabbrica fondamentale nel sistema Tesla come la mastodontica azienda produttiva in Cina.  Il record precedente era di 308000, raggiunto nell’ultimo “quarto” trimestre del 2021. Per una volta sono state consegnate ai clienti più auto di quante siano state prodotte, dando fondo alle scorte accumulate nell’ultimo periodo dell’anno scorso. Adesso la musica cambia, innestando tutta un’altra marcia, con l’entrata in funzione delle due nuove fabbriche in Europa ed America Di conseguenza con la possibilità di produrre ancora più vicino ai mercati di destinazione e a costi ancora più contenuti, grazie al continuo affinamento dei processi di automazione e produzione.

Tesla va veloce su pista ed in concessionaria, alla luce delle 310000 immatricazioni ottenute nei primi tre mesi del 2022. Neanche la penuria di microchip ferma la rincorsa del marchio del magnate sudafricano naturalizzato americano. E neppure le agguerrite concorrenti che si sono riattrezzate in chiave elettrificata. I risultati del primo trimestre parlano di un nuovo record di consegne. Il tweet con cui il 17 marzo Elon Musk ha annunciato il Master Plan Part 3 fa trapelare anche l’interesse del facoltoso industriale per il social californiato di fatto oggi acquisito.

Le Case tedesche del segmento premium come Audi, Bmw e Mercedes guardano con apprensione a questi risultati. Il mercato dell’auto è fermo, ma non per Tesla che, in controtendenza in ogni parte del mondo, continua rosicchiare quote di mercato. E il suo campionato non è più solo dell’elettrico, ma l’intero settore  dell’automotive in generale. Nella Francia il Model 3 a marzo si e’ collocato al terzo stallo delle auto più vendute in assoluto, benzina e diesel comprese. Spingendo la quota delle EV a un imminente sorpasso su quella delle auto a gasolio. E ora Musk prepara la terza fase della crescita Tesla,  come annunciato sul suo ormai, social network. La prima è iniziata nel 2006, quando ancora l’idea era solo di aprire un nuovo capitolo nell’era automotive, creando una marca elettrica da vendere poi al migliore offerente. La seconda è partita dopo una decade, con l’arrivo del “Model 3” e l’uscita dalla nicchia iniziale. E ora il terzo capitolo,  quello dell’auto di massa: addirittura, si dice, per fare 20 milioni di auto all’anno. Anche se le critiche per il settore auto elettrico non mancano, a causa dei costi elevati di questa tecnologia e del dispendio in termini di risorse energetiche: i detrattori di Tesla caldeggiano per motori termici alimentati ad acqua che pertanto mantengano il classico fragore che li contraddistingue.

Sul versante italiano Fiat assicura l’implementazione del segmento di utilitarie e medie nel prossimo decennio, con l’ingresso di cinque nuovi modelli, il ritorno della Punto con un nome diverso, la permanenza della Panda fino al 2026 e l’ambizione di corroborare il marchio con centomila immatricolazioni di elettriche annuali: in tal guisa Fiat afferma di voler assurgere a capofila del mercato elettrico dal prezzo calmierato.

   




Di Battista alimenta il malcontento

Alessandro di Battista, rimasto l’unico pasionario dai grandi proseliti che afferisce alla prima fase del Movimento 5 stelle, cavalca l’onda del dissenso della fazione grillina antitetica il governo, con un articolo che si contrassegna una miccia alla polvieriera gravitante su di Maio.

C’è chi si oppone all’invio di armi in Ucraina (tra l’altro si tratta della maggioranza degli italiani) anche sostenendo che tale invio violi l’art.11 della Costituzione italiana dove è scritto che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa” ed anche “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Ebbene chi si oppone viene bullizzato a mezzo stampa. Oltretutto i bulli e guerrafondai (con le vittime degli altri) sono quelli che la menavano sulla “Costituzione più bella del mondo”, che “tutto il mondo ci invidia”, scritta “da padri costituenti saggi e lungimiranti”.Mentre la Fife, la Federation Internationale Feline, vieta la partecipazione alle gare ai gatti russi, a Gedda, si è tenuto il Gran Premio d’Arabia Saudita 2022. I Sauditi possono bombardare lo Yemen (10.000 morti civili e oltre 3 milioni di profughi) anche perché lo fanno con armi occidentali. Riad ha comprato 91 F-15 dalla Boeing, svariati Eurofighter oltre che sistemi di difesa missilistica Patriot, prodotti dalla Raytheon Company, la stessa azienda che fabbrica gli Stinger. I bombardamenti sauditi, evidentemente, sono più etici in quanto effettuati con le armi che gli vendiamo noi”, afferma l’ex parlamentare italiano ed oggi firma prestigiosa del Fatto quotidiano. Anche se l’industria bellica italiana a prescindere da ogni iniziativa guerrafondaia, va tutelata. Alla stregua dell’industria italiana nucleare che tuttavia vede l’Italia paese ospitante di scorie radioattive provenienti dalla Francia ed altri paesi oriundi. Tutto cio’ avviene binariamente all’impiego di periti nucleari italiani sopratutto in Francia ed in altri contesti di produzione nucleare con cui vengono recisi i costi energetici nazionali e richiesta competenze sfornate dal Bel Paese.

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Marina Ovsyannikova, la giornalista che mostrò, senz’altro coraggiosamente, un cartello contro la guerra in un tg russo, è diventata un’eroina in occidente (l’ha invitata Fazio a Che Tempo che Fa), Assange marcisce in carcere, non è più un cittadino libero da oltre 10 anni e sua moglie, Stella Moris, non se la fila nessuno. Non sarebbe male ascoltare anche lei da Fazio o magari il babbo di Assange?” Infierisce il reporter ed opinionista Di Battista alla luce di cio’ si erge una sorta di velata ipocrisia occidentale e mediatica che viene progressivamente focalizzata ed esecrata dall’opinione pubblica. Marco Travaglio a proposito esprimeva qualche giorno fa ai microfoni di Lilli Gruber, l’opportunita’ italiana di uscire dalla Nato ed in contemporanea di non sostenere l’operato di Putin in Ucraina. Ma nella TV pubblica libera e democratica pare difficile che ciò possa accadere, cioe’ tornare a garantire quel pluralismo che darebbe diritto di parola ad Assange assieme o poco dopo, la giornalista russa che si e’ opposta alle iniziative riottose del suo presidente.Tutti si indignano (giustamente) per i civili ucraini sotto le bombe. Tutti noi chiediamo corridoi umanitari per permettere la fuga dalle bombe. Non si capisce perché quando i missili cadono su Gaza nessuno osi chiedere la stessa cosa. I palestinesi che vivono in quella prigione a cielo aperto possono morire sotto le bombe senza neppure avere il diritto di fuggire e chi si oppone ad un’occupazione militare giudicata da Amnesty International “apartheid” viene trattato da terrorista. Altre aspre parole come queste, di Alessandro di Battista configurano il suo ripudio verso la politica internazionale che ormai si trova ai gangli di tutto, in occidente. In Italia la stragrande maggioranza dei cittadini è contraria all’aumento della spesa militare ed il governo cosa fa? Tira dritto. Però la nostra è una “Democrazia” compiuta dove la pubblica opinione ha voce in capitolo…Come no…Il Gruppo editoriale Gedi (La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, Il Piccolo, La Gazzetta di Mantova, Il Messaggero Veneto, Il Mattino di Padova, l’Huff Post, La Nuova Venezia, Il Corriere delle Alpi, Radio Deejay, Radio Capital etc, etc.) appartiene ad Exor, holding finanziaria olandese controllata dalla famiglia Agnelli. Exor possiede anche Iveco Defence Vehicles, azienda che produce veicoli militari tra i quali blindati da combattimento, anfibi, mezzi per trasporto truppe, carri armati Ariete II. Nessuno che solleva un problemino di conflitto di interessi? Cosi’ di Battista rispolvera l’antico campionario di temi che caratterizzavano il Movimento 5 stelle degli esordi. E se ci fosse stato Berlusconi al posto degli Elkann? Rincara quello che fu il sodale politico e comunicazionale di di Maio, ma che oggi ne biasima massicciamente l’onta pubblica che ha mandato a Putin associandolo ad un cane.

L’inflazione in Italia è al 6,7%. Mai così alta dal 1991. Per il Codacons le famiglie italiane spenderanno una media di 2.674 euro all’anno. Ma noi ci pieghiamo alle richieste di Washington sulle sanzioni alla Russia (dopo aver accettato quelle al Venezuela, all’Iran, a Cuba, etc). Poi se Putin chiede il pagamento del gas in rubli Draghi protesta parlando di “violazione contrattuale”. Cosi’ conclude questo editoriale al fulmicotone il di Battista, che medita un ritorno in parlamento ed auspica un’indipendenza dell’Italia dalle decisioni commerciali atlantiche che ad oggi stanno inficiando famiglie e piccole attivita’, con pero’ aziende francesi come Auchan che hanno rettificato le decisioni sulla Russia, decidendo di rimanervi.




Petrolio: mosse e contromosse con Italia/Asia/America

Le quotazioni del petrolio restano in netto calo in avvio di giornata sulla scia della possibilità di un rilascio delle riserve Usa: il greggio Wti passa di mano a 102,5 dollari al barile, con un calo del 5,37% rispetto alle quotazioni di ieri sera a New York.

Cede nettamente anche il Brent a 108,2 dollari con un calo del 4,58%.

Il petrolio è in brusca correzione dopo le indiscrezioni sul rilascio delle riserve strategiche su base quotidiana da parte degli Usa per compensare i problemi di fornitura sui mercati causati dalla Russia con la guerra contro l’Ucraina: il West Texas Intermediate (Wti) cede nelle contrattazioni asiatiche il 5,21%, a 102,20 dollari al barile, mentre il Brent cede il 4,23%, a 108,65 dollari.

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L’amministrazione Biden starebbe valutando la possibilità di sbloccare circa un milione di barili di petrolio al giorno dalle riserve strategiche Usa.

  Lo riferisce Bloomberg citando fonti informate.

La Borsa di Tokyo apre la seduta col segno meno, seguendo la contrazione delle piazze azionarie Usa, mentre prevale lo scetticismo sui negoziati per il cessate il fuoco nel conflitto tra Russia ed Ucraina.

Il listino di riferimento Nikkei cede lo 0,74% a quota 27.818,58 con una perdita di 208 punti.

Il rublo recupera sul dollaro e torna di slancio ai valori pre-aggressione russa contro l’Ucraina, attestandosi a quota 76 (-5,263%): per l’acquisto di un dollaro, in altri termini, servono adesso 76 rubli, contro gli 84,95 del 24 febbraio e i 139,7 registrati il 7 marzo nel momento di massima debolezza.

Il trend rialzista ha beneficiato dell’ipotesi non esclusa dalla Cina di usare rubli o yuan nel commercio di fonti energetiche, in base a quanto riportato dalla Tass, citando il ministero degli Esteri di Pechino, secondo cui “gli operatori del mercato sono liberi di scegliere la valuta negli accordi bilaterali”.

Vladimir Potanin, presidente del colosso dei metalli Norilsk Nickel e considerato l’uomo d’affari più ricco della Russia, ha messo in guardia il Cremlino contro la confisca dei beni delle società fuggite dopo l’invasione dell’Ucraina, sottolineando che una simile mossa riporterebbe il Paese ai tempi della Rivoluzione d’ottobre del 1917.

Lo riporta la Cnn citando un post del magnate sull’account Telegram del gruppo Norilsk Nickel: “In primo luogo, ci porterebbe indietro di cento anni, al 1917, e le conseguenze di un tale passo – la sfiducia globale nei confronti della Russia da parte degli investitori – si farebbe sentire per molti decenni”. In secondo luogo – aggiunge Potanin – la decisione di molte aziende di sospendere le attività in Russia è, direi, di natura alquanto emotiva e potrebbe essere stata presa a causa di pressioni senza precedenti su di loro da parte dell’opinione pubblica all’estero. Quindi molto probabilmente torneranno. E personalmente, manterrei una tale opportunità per loro”.
    Potanin è il miliardario più ricco della Russia con oltre 22,5 miliardi di dollari, secondo Bloomberg, nonostante abbia perso circa un quarto della sua fortuna quest’anno a causa del crollo delle azioni di Norilsk Nickel: i titoli della società hanno perso oltre il 90% negli scambi londinesi prima di essere sospese, nonostante l’impennata dei prezzi delle sue materie prime.

La Russia ha affermato di considerare inaccettabile la presenza di qualsiasi infrastruttura militare statunitense o Nato nei paesi dell’Asia centrale al confine con l’Afghanistan: lo ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, secondo quanto riportato dalla Tass. Lo ha detto alla terza conferenza ministeriale dei Paesi vicini all’Afghanistan (Russia, Cina, Iran, Pakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) in corso in Cina. – Se gli Usa dovessero dispiegare i missili di medio raggio in Europa, la Russia sarebbe costretta a prendere di mira i paesi che li ospitano-. Questo l’ avvertimento lanciato dal leader russo Vladimir Putin in conferenza stampa con il premier Giuseppe Conte a Mosca, dopo che Donald Trump ha annunciato il ritiro dal trattato Inf., opzioni mai piu’ rinnegate.

La Russia è pronta a dichiarare un cessate il fuoco temporaneo a Mariupol e ad aprire un corridoio umanitario verso Zaporizhzhya a condizione che Kiev soddisfi determinate condizioni.

Lo rendono noto fonti militari russe, riporta Interfax.

“Chiunque abbia la licenza di portare un’arma, questo è il momento di avere l’arma con sé”. Lo ha detto il premier Naftali Bennett rivolgendosi ai cittadini israeliani all’inizio della riunione di governo sugli attacchi terroristici subiti dal Paese in questa settimana. Il premier ha anche annunciato la creazione di una nuova unità denominata ‘Brigata della Guardia di Frontiera’ a cui, ha affermato, saranno assegnati incarichi “strategici”.

La Banca d’Italia chiude il 2021 con un utile lordo, prima delle imposte e dell’accantonamento a fondo rischi, di 9,2 miliardi di euro, 1 miliardo in meno del 2020. E’ quanto ha annunciato il governatore Ignazio Visco all’assemblea dei partecipanti al capitale sottolineando come “la riduzione è imputabile per 0,8 miliardi ai risultati da negoziazione (nel 2020 si erano registrate plusvalenze da cessioni azioni e quote fondi) e per 0,5 miliardi al margine di interesse”.

In terreno positivo ma appena sopra la parità, così apre le contrattazioni la Borsa di Milano. Le cesure al prezzo degli idrocarburi in Italia hanno omologato i gestori per soli cinquanta centesimi, pur in presenza di alcuni di essi che espongono prezzi di 1,70€ al litro e che accalcano clienti in modo sesquipedale.

Il primo indice Ftse Mib ha segno positivo (+0,06% a 25.313 punti) e conta sul rialzo di Saipem (+2,6%), Pirelli (+0,8%), Unicredit (+0,8%) e Tim (+0,75%).




Maserati si allontana e Ferrari si rimpicciolisce(Grecale e 296gtb)

Le immagini ed i primi video della nuova Maserati Grecale entusiasmano gli appassionati ed edulcorano l’immagine della Fiat che si sta ampliando sul mercato mondiale con l’operazione Alfa-Romeo sbarcata persistentemente in Formula 1 ed il continuo miglioramento del conglomerato Jeep e Dodge. Ma a prescindere dai risultati ancora altalenanti della Ferrari che tuttavia ha dimostrato tratti di superiorita’ nelle prestazioni con le rivali e la doppietta centrata nella prima gara stagionale, Fca risulta in piena padronanza nel processo di differenziazione dei marchi: la Grecale infatti e’ una Maserati dai marcati elementi di artigianalita’ alla stregua della piu’ affermata Ferrari, ma con le forme nuove estremamente diverse-cio’ per la prima volta-dalla cugina Alfa Stelvio. E velocita’ nonche’ accelerazione, ripresa e tenuta di strada, davvero poderose. Maserati costituisce la nemesi italiana all’oligopolio tedesco del settore automobilistico del lusso capeggiato dal trittico Mercedes-Audi-Bmw, con una crescita costante negli ultimi anni, ma che non le consente ancora di superare le diecimila immatricolazioni annue.

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Se il conglomerato aziendale di marchi tedeschi sotto l’insegna Volkswagen esprime un calo di diversita’ nei modelli suv, station-wagon e berlina afferenti Porsche, Lamborghini, Audi, Skoda, Seat, stavolta Fca si caratterizza con divergenze del suv compatto Tonale rispetto alle cugine prodotte da Citroen-Pegeout e dalla mera Chrysler sulla cui base si compone la nuova Alfa che ne ha introiettato i mirabili cambi automatici. I detrattori Fiat alludono alle similitudini parossistiche dei modelli antiquati ormai, di Fiat con Jeep in relazione al primo grande suv targato Fiat e alimentano polemiche ed anatemi relativi la nuova Tonale e successivi sull’ipotesi di plasmarsi sui modelli Opel ed analoghi francesi: stavolta la caratterizzazione della casa di Torino tra Fiat medesima con 500, Panda, Tipo, Alfa Romeo, Maserati, sembra aver reciso la visione precedente che oggi sembra deittica solo del gruppo Mercedes-Bmw che nel segmento c sembrano troppo simili , e Volkswagen che si conferma egemonica nel mercato europeo. Fca sta rilanciando Dodge con un nuovo modello diverso dalla leggendaria Viper ed analogo la famigerata Ford Camaro, che sta ricevendo un numero crescente di ordini anche in Italia. La Maserati Grecale invece, nel nuovo modello e’ stata ridimensionata e dotata anche di una versione elettrica che non ne comprime la velocita’ ma lo fa sui consumi. Ferrari per contro ha lanciato un nuovo modello davvero piu’ concentrato nel motore, nel dispendio di carburante ma non nel prezzo e nella velocita’, rispettivamente di 275000 € e 330 km orari: per la poderosa Ferrari 296 gtb si monta un motore di sei cilindri apparentemente piccolo per la tradizione di Maranello, con una cilindrata di poco inferiore a tremila ed una soluzione motoristica ibrida, il cui motore elettrico recide notevolmente i consumi senza intaccarne le prestazioni; infatti la suddetta Ferrari raggiunge i 100 all’ora partendo la zero, in meno di tre secondi, battendo in tal guisa la concorrenza. Quella concorrenza che ingloba la Mc Laren inglese e produce video su Top Gear in cui si combattono in una gara, i principali blasoni automobilistici nel settore stradale: ebbene in queste gare atipiche continua il primato Ferrari dal punto di vista dell’accelerazione, della ripresa, della velocita’ nei percorsi medi, ad onta della velocita’ di punta finale superiore da parte di Mc Laren e certi prototipi sportivi di Mercedes che risultano estremamente inferiori alla Ferrari sul piano delle vendite.

E’ in fase di lavorazione, nell’emisfero emiliano della Ferrari, la siddetta “Purosangue”, ossia la versione ispirata ad un suv dell’azienda mitologica del gruppo Fiat, che pugnera’ con Porsche Cayenne, Lamborghini, Tuareg, Bmw serie 5, Mercedes classe M, Jaguar, Bentley, richieste peculiarmente nel mercato asiatico, mediorientale, americano ed anglosassone in cui la Ferrari e’ sempre stata assente.

Infine nel gruppo Fiat si respira area di vittoria ed innovazione con l’ampliamento della gamma Panda e 500 per il futuro prossimo, il probabile rilancio della 127 sorella cadetta della 500, e sopratutto il distacco estetico ottenuto da Alfa Tonale, dalle cugine del marchio come Opel alla luce di un piccolo suv, che dispone di un’anteriore non troppo diverso dal Tonale originario ed ha avuto la precedenza su quest’ultimo, nella commercializzazione. Nel panorama attuale in Italia, a proposito delle icone Fiat e probabilmente complice lo stallo economico, si riscontra un ristorno dei modelli Alfa, Fiat, Maserati e perfino Lancia, che vengono rivenduti, riutilizzati in seguito a processi di ricondizionamento e personalizzazione rutilanti: cosi’ per strada e tra i giovani, e’ sempre meno sporadico imbattersi in Alfa Romeo di tutti i tipi e tutte le epoche rinnovati e dal prezzo dell’usato in ascesa, binariamente a Fiat Panda vetuste e di quelle meno vecchie integrali, perfino Lancia Lybra, Thesis che non hanno privilegiato di una sufficiente risposta commerciale, oltre a Lancia Thema, vecchia Tipo, Autobianchi Y, Fiat Chroma, Alfa Duetto, Mito, 159, 33, Brera, ed infine, sporadica, l’antica Lancia Delta Evoluzione valutata 124000 € e fuori listino dalla fine del ’92.




Ucraina: Zelensky chiude tv e opposizione; Draghi affronta Putin e Sgarbi

Filtrano dall’Ucraina delle notizie in merito a provvedimenti legislativi dittatoriali del presidente ed ex comico produttore ed imprenditore Zelensky: le televisioni pubbliche infatti stazionerebbero sotto l’egida governativa del capo del governo, tutte conformi alla medesima narrativa politica, alla stessa stregua di quanto avviene nella limitrofa Mosca impermeabile ai principali organi di informazione internazionale: con cio’ non vuol dire che in Russia non vi siano Bbc ed omologhi euroamericani che tra l’altro sono ritornati sugli scenari della guerra ucraina e sul territorio russo da alcuni giorni, bensi’ che le voci politiche ed economiche discordanti con gli intenti di Putin e seguaci non fruiscono di buona visibilita’. Questo clima di censura oggi avvolge, ufficiosamente, anche l’Ucraina con il suo presidente accusati l’una, di maltrattamenti nei confronti di civili e soldati che non aderiscono gli all’intento di cessare i rapporti con la Russia, gli altri di non pugnare contro Putin e soldati attigui . Zelensky sta andando incontro a critiche ed invettive deputate a classificarlo come folle nel reclamare continuamente una guerra mondiale contro la Russia, ma anche corrotto per mezzo di proprieta’ multimilionarie in America ed Europa, le sue quote societarie in facoltose societa’ localizzate in paradisi fiscali nonche’ la sua repentina ascesa sulla vetta mediatica, dapprima, e politica in seguito; infatti il personaggio ucraino su cui si vocifera l’origine e la religione ebraiche, avrebbe fruito di finanziamenti esteri monstre nella societa’ di produzione cinematografica che ne ha realizzato la serie televisiva breve in cui Zelesky interpretava quello che corrisponde a se stesso oggi.

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Sul fronte delle televisioni e giornali, secondo il consigliere indipendente della Russia italiano  e fautore di Pandora tv Giulietto Chiesa, spirato un paio d’anni fa, Putin deterrebbe il controllo per scongiurare l’infiltrazione in Russia di enti finanziari che plasmerebbero subliminalmente l’opinione pubblica su intenti politici di rovesciamento del sistema economico e di potere: atti che per Putin sono attuati con l’ausilio dei media dal punto di vista della pubblicita’, dell’informazione, delle produzioni filmiche televisive e cinematografiche. Intanto Biden ha sfoderato l’ipotesi di utilizzo di armi nucleari qualora la Russia continuasse la contrapposizione con l’Ucraina ma a distanza di poco tempo ha anche raccomandato Zelensky di non continuare questo massacro di civili e militari. Alla luce di sondaggi inesorabilmente in discesa per tutto il campionario americano dei democratici, incluso l’attuale presidente Biden. Dall’Ucraina inoltre sono condivisi video la cui data non e’ facilmente intuibile ma si aggira tra il 2014 ed il 2022 in cui la popolazione rurale ucraina lamenta un progressivo aumento di gabelle e caldeggia il suo diritto a rimanere in buoni rapporti con la Russia giacche’ vi commercia grano e prodotti da allevamento; in queste riprese emerge l’ostilita’ della popolazione ad un impiego bellico da parte dell’Ucraina, dei propri figli e mariti ed il biasimo nel non essere stati aiutati dal governo negli ultimi anni del conflitto in Dumbass. Per gli abitanti della provincia ucraina coinvolti in tale video invece, la Russia li ha sempre sostentati ed avrebbe perfino consentito corridoi umanitari ai profughi che tutt’ora si accingono ad emigrare verso la Polonia, la Romania e la mera Italia. In Italia sede di un dibattito parlamentare postcedente il discorso di Zelesky al governo Draghi destinatario di un’ovazione, tra il critico d’arte ed opinionista Vittorio Sgarbi, ed il presidente del Consiglio italiano. Alla luce della trascrizione del Bel Paese sulla lista delle potenze ampiamente ostili a Putin e passibili di sanzioni da parte della Federazione russa.

Sgarbi si e’ focalizzato, contro Draghi, sulla necessita’ di assoluta neutralita’ in questo agone finanziario e politico che imperversa in Ucraina, ed al sermone dell’ex vicepresidente di Goldman Sachs innestato sulla tirannide di Putin da abbattere, il diritto dell’Ucraina di decidere a quale zona di influenza appartenere, il seguitissimo sui social Sgarbi ha replicato alludendo le guerre Nato su paesi come la Serbia che hanno causato innumerevoli dipartite tra civili e bambini; ma in seguito uno sfacelo tutt’ora persistente su quei territori dal punto di vista industriale, abitativo, sociale, dei servizi.  Tuttavia alla questione ucraina si sono aggiunti commenti da parte di giornalisti e politici del calibro di Marco Rizzo nel partito dei comunisti italiani, che hanno rimarcato ed i loro video vengono estremamente ricondivisi sui social, che tale guerra appare gia’ vinta dalla Russia, alla stessa stregua di quelle precedenti in Siria e Venezuela. Dunque il prosieguo nell’invio di armi all’Ucraina non fara’ che procrastinare l’agonia del paese, i decessi tra soldati e civili nonche’ la crisi in Europa.  A proposito della Siria e del Venezuela di cui non si parla piu’ da tempo, Rizzo enfatizza il carattere politico delle operazioni Nato tese a ribaltarne i presidenti non allineati con l’occidente per tutelare ed ampliare gli interessi economici ed energetici del connubio Europa-America; ambe due alla ricerca di presidenti compiacenti alla stessa stregua di Zelensky. Mentre, secondo il presidente della fronda comunista italiana, con l’intervento di Putin sugli scenari del Venezuela, della Siria, si e’ preservato l’equilibrio geopolitico ed economico mondiale, a differenza di cio’ che si e’ concretizzato in Iran, Iraq, Afghanistan, Libia, negli ultimi anni.




Risveglio giornalistico al sud

Con il gas ed i cereali subordinati alle decisioni politiche di Putin, Onofrio Introna dalle colonne della Gazzetta del Mezzogiorno richiama il governo a tutelare l’Italia, invocando un accelerazione di consapevolezza da parte del meridione italiano. Quello che secondo Alessandro Meluzzi e’ stato sventrato con l’esercito dei mille afferente da Garibaldi e finanziato dai medesimi poteri che odiernamente suffragato l’Ucraina; e la spedizione dei mille teleologica all’unita’ d’Italia avrebbe, secondo il criminologo di fama nazionale emarginato dalle televisioni nazionali, ebbene la introiezione del Regno delle 2 Sicilie nell’alveo dei territori italiani per Meluzzi sarebbe correlata anche con la volonta’ del la monarchia spagnola insita a Napoli, di aprire porti, rotte e centri commerciali, alla Russia zarista.
Sul fronte dei fondi per gli asili nido, emerge nuovamente che: invece di correggere una gap storico del Mezzogiorno, il Governo Draghi prende tempo fino al 2035. Vuole verificare l’andamento demografico nei prossimi anni, forse sperando che lo spopolamento del Sud risolva il problema da solo. Ma rinviare investimenti per gli asili nido nel Meridione, dimostra che chi ci governa non crede nella possibilità di frenare l’esodo verso il Nord e l’Europa, soprattutto dei giovani. E questo è un dato sconfortante, sul quale il Paese intero dovrebbe riflettere. «Perchè spendere, visto che ve ne andate?». Invece il concetto dovrebbe essere altro: il Sud va sostenuto per frenare l’emigrazione dei cervelli e per farlo vanno lanciate e vinte alcune sfide, tese a creare «semplicemente» nuova e duratura occupazione. Per questo sono una priorità forti investimenti e politiche innovative, per sviluppare le energie rinnovabili nel Mezzogiorno e per valorizzare la sua vocazione agricola. Non solo, a Napoli citta’ figura ancora il porto il principale aggregatore di professionalita’, binariamente ad agricoltura, allevamenti e centri commerciali che caretterizzano la provincia ed hanno implementato il reddito superando quello del capoluogo campano. Sebbene gli uffici della Leonardo limitrofi Caserta attraggano ingegneri dall’America, il sud poggia ancora su minuti negozi e strutture per l’accoglienza, e sporadici insediamenti industriali costellati da centri commerciali che inficiano quei medesimi piccoli commercianti e si rimodulano in luoghi ormai di incontro.

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In tema di energia, il Paese deve raccontarsi una volta per tutte la verità. Sappiamo di dipendere quasi totalmente dall’estero per l’approvvigionamento. Non dimentichiamo che gli italiani hanno bocciato in due referendum. nel 1987 e nel 2011, il ricorso al nucleare di qualsiasi generazione. Perché si è perso tempo, perchè non si è puntato sulla ricerca di tecniche di produzione energetica alternative al carbone e agli idrocarburi? Anche il gas ci vede deboli, tanto da restare esposti a qualsiasi scossa nei Paesi fornitori. Oggi è la Russia a poter chiudere i rubinetti. Domani potrà verificarsi qualche incognita in Algeria, nel Golfo Persico o nel territorio azero. Pare tuttavia, secondo Benjamin Fulford, che Brics e paesi africani aborriscano la vendita di energia ed idrocarburi alla lista nera di paesi stilata da Mosca tra cui spicca anche l’Italia: da qui il fallimento delle missioni internazionali recenti di di Maio tese a postulare energia ed idrocarburi. A parere di Rizzo, segretario del Partito dei comunisti italiani in forte ascesa, l’Italia giace costretta all’acquisto di gas e petrolio dagli Usa ed alleati che lo producono al costo di smisurato danni ambientali e con un conseguente prezzo maggiorato del 30%%.

Quale migliore occasione per sfruttare le potenzialità ambientali e climatiche del Mezzogiorno e avvicinare l’Italia all’autosufficienza energetica? Il Sud è territorio d’elezione per produrre elettricità pulita a costo zero, ricavandola dal sole, dal vento, dalle biomasse, dall’idrogeno, dal moto ondoso e dalle maree (nel Centro Nord contiamo su risorse idroelettriche e sulla geotermia in Toscana e Sardegna). In Puglia anche la bioenergia è già una realta, al servizio delle aziende agricole: oltre 70 impianti di biogas generano più di 100 gigawatt/anno, in aggiunta al previsto decreto per le fonti energetiche rinnovabili (FER), ci aspettiamo una programmazione che con i giusti incentivi riesca ad avviare in parallelo alla produzione energelica anche la fabbricazione dei pannelli solari, preoccupandosi peraltro dello smaltimento di quelli esausti.

Certo, qualche sacrificio va fatto, bisogna rivedere veti ambientali e snellire le procedure. Sono scelte delicate, occorre coniugare la tutela ecologica con la sostenibilità energetica, se si vuole rimediare alla dipendenza, che fa spendere di più, condiziona le filiere produttive e i trasporti, rischia di costringerci a razionare energia elettrica, gas e metano domestico.

Se l’energia soffre, l’agricoltura piange. La guerra in Ucraina ha rarefatto l’approvvigionamento di materie prime agricole. In Puglia, sigle professionali e agricoltori sollecitano l’innovazione, specie per i cereali e i mangimi: ricerca genetica e agricoltura di precisione possono incrementare del 20-25% l’attuale resa di circa 28/30 q/ha. Il conflitto ha fatto anche schizzare i costi: 500 dollari per una tonnellata di grano. Aumenti e bollette «sanguinose» per l’energia espongono aziende agricole e allevamenti ad un «buco da seicento milioni».

L’agricoltura, tanto più meridionale, va messa in condizione di tornare a coltivare cereali, indispensabili per la panificazione, i pastifici e gli allevamenti. Politiche di ampia visione, con qualche opportuno incentivo devono favorire l’imprenditorialità giovanile e rilanciare la produzione agroalimentare nel Sud, fattori che si traducono in crescita, autosufficienza e posti di lavoro.

La Puglia, con il suo «Tavoliere», torni ad essere il Granaio d’Italia.

Non dormiamo, evitiamo che l’immediato e auspicato «cessate il fuoco» in Ucraina ci faccia dimenticare ancora una volta quanto siamo soggetti allo stormire di fronde all’estero: chiediamo con forza a Bruxelles un PNRR energetico e/o di guerra, per sostenere la nostra agricoltura e renderci meno dipendenti in campo energetico. Avremo ricadute positive per l’Italia e l’Europa e «ritorni a casa» dei nostri giovani, daremo un futuro a tutti i meridionali, altrimenti costretti ad una nuova emigrazione, moderna ma non meno dolorosa. E cio’ nel quadro generale assume piu’ valore se si pensa che il primato per la produzione di pannelli fotovoltaici e strumenti teleologici alla produzione elettrica, sia glissato in Europa dall’Italia alla Germania; con le cessione, a livello continentale, dell’egemonia produttiva di tale genere di impianti, dalla Germania alla Cina. Ad ogni modo desta sconforto la permanenza della Francia con la Germania, sul suolo russo ai fini commerciali, il che’ inficia maggiormente l’Italia in qualita’ di paese quasi totalmente trasformatore ergo piu’ fragile.




Italia: inflazione killer e default possibile

In Italia tra lo sgomento ed il clamore della popolazione, l’inflazione ha sfiorato il 6%, con un identico paradigma in Europa. A cio’ la Bce per mano della sua presidente francese sembra non sapere cosa rispondere, in contemporanea con il fisco italiano che bussa alle porte di imprenditori e professionisti ai quali si postula un restituzione dei prestiti ricevuti nel periodo pandemico. Il governo Draghi ha svenduto per poco meno di mezzo miliardo, una societa’ satellite del gruppo Leonardo che opera in America, tra il clamore degli economisti disallineati che paventano una liquidazione italiana in presenza di quella che appare una bancarotta apodittica. A proposito di bancarotta e’ opportuno rimarcare quanto la maggioranza delle imprese floride italiane quest’anno termineranno la stagione con un flebile attivo di bilancio che non giovera’ le assunzioni, gli apprendistati remunerati, gli investimenti in programmi informatici, rinnovazioni, espansioni industriali, il settore pubblicitario ergo quello mediatico, le collaborazioni con professionisti valorosi per cui esosi, ed infine il flusso di cassa erariale. Queste medesime aziende italiane piccole e medie ma coriacee fuoriescono da un biennio di passivita’ di bilancio cui lo stato ha abrogato la norma caldeggiata dalla Lega nello scambiarsi i crediti pubblici in guisa di moneta. Alla luce di assunzioni bloccate, minore pagamento di imposte, la stagnazione economica italiana persiste, ad onta dei proclami di Brunetta e Draghi che definivano l’Italia locomotiva d’Europa con il Pnnr.

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Alla luce dei grafici sciorinati dal centro studi “Win the bank” si vede l’Italia che nel 2021 ospitera’ una decrescita del 3,6%, rispetto alla crescita prevista: cio’ esprime un dato esiziale, che pone il Bel Paese ancora gravato, dal punto di vista del pil, dalla pandemia-a differenza dei principali antagonisti europei-. Ma lo sgomento maggiore lo si prova, relativamente i grafici Win the bank”, nel constatare l’Italia affiancata dai soliti Grecia, Spagna e Portogallo in fondo alla compagine delle nazioni piu’ in crescita con il Pnnr. Vertice di questa bislacca classifica e’ ricoperto dall’Irlanda che qualche anno fa ha subito un default e ora si avvantaggia di uno status che l’accomuna ad una sorta di paradiso fiscale.

Gli introiti delle multe invece, per l’Italia si e’ scoperto aggirarsi a tre miliardi l’anno ma che non vengono sempre rendicontati all’autorita’ centrale da parte delle amministrazioni locali sempre piu’ inflessibili ed all’assalto di ogni minimale sgarro degli automobilisti. Trasecola tuttavia il fatto che la maggioranza dell’importo delle sanzioni statali non rimane nelle casse cittadine, provinciali o regionali bensi’ nei forzieri di Roma che anche con essi versa interessi sul debito a banche commerciali e fondi di investimento forestieri che ne detengono un diritto di prelazione. Anche la questione degli autovelox, analizzandola, ha sfociato nella consapevolezza che in Italia ne stazionino ottomila, con tanto di primato europeo, ed alla luce di multe eseguite, eliderle diventa professionalmente controproducente per il corpo di polizia, quello degli ausiliari ed i quadri amministrativi ad essi superiori. Stesso discorso vale per i semafori, che a Napoli anni fa fu acclarato il loro numero monstre rispetto all’effettiva utilita’, in quanto forieri di contratti di installazione ed affitto pingui per societa’ legate a figure politiche locali. Sempre nel capoluogo campano un disabile sabato scorso e’ stato protagonista di un tenzone con un vigile che lo aveva multato omettendo di vedere o fingendo di non averlo visto, il suo contrassegno di invalidita’ esposto.

I semafori in numero sesquipedale su Napoli si sono rivelati strumenti per ingolfare maggiormente la circolazione, giacche’ nelle aree del centro rutilante sono posizionati a breve distanza gli uni dagli altri. Riguardo la questione dei titolari di handicap risulta non abrogata la norma che ne fa pagare la sosta in alcune aree, con il corpo di polizia che non si esime dal verbalizzarli. Si e’ inoltre notata l’abitudine sempre piu’ diffusa, da parte di vigili e poliziotti, di non verificare la presenza del contrassegno disabili in fase di controllo, con di conseguenza una pletora di multe eseguite ai numerosi cittadini falsamente disabili ma che alcune volte ledono anche i veri disabili.

Nelle arterie stradali esogene l’autostrada del Sole, e specialmente all’interno dei paesi come quelli limitrofi Benevento, Avellino, Cassino o Roccaraso, figurano telecamere occultate che causano multe esose per aver superato, di pochi chilometri, limiti di velocita’ di per se’ bassi. Nel processo di crisi apparentemente irreversibile dell’Italia si impone l’insufficiente calmieramento dei prezzi dei carburanti e dell’energia, mai piu’ tornati ai livelli antecedenti l’euro, seppur in presenza di salari e pensioni rimasti alla lira, e nuovi emolumenti inadeguati ad ogni modo a rintuzzare il carovita incipiente. Con cio’ assume importanza l’iniziativa di alcuni ristoratori del Frosinate, che hanno optato di aprire solo un paio di volte la settimana al fine di recidere il costo delle bollette, con il corollario di cassa integrazione e disoccupazione che lede il mercato cittadino e la costituzione di nuove imprese di stampo totalmente italiano dentro e fuori zona.




Trump fa causa ad Hillary Clinton e Russia denuncia Stampa italiana

Il presidente Trump fa causa a Hillary Clinton e una serie di altri in una causa Rico sulla truffa della collusione con la Russia. Il presidente Trump ha presentato una causa federale “RICO” a Miami, Florida, giovedì contro Hillary Clinton e altri per la bufala della collusione con la Russia orchestrata dalla campagna della Clinton nel 2016 per minare la candidatura di Trump e impedire la sua presidenza. Trump chiede il triplo dei danni per le spese e le perdite equivalenti a 24 milioni di dollari.

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Il querelante, Donald J. Trump, attraverso il suo avvocato, con la presente imbastisce una causa contro gli imputati Hillary R. Clinton, HFACC, Inc, il Comitato Nazionale Democratico, DNC Services Corporation, Perkins Coie, LLC, Michael Sussmann, Marc Elias, Debbie Wasserman Schultz, Charles Halliday Dolan, Jr, Jake Sullivan, John Podesta, Robert E. Mook, Phillipe Reines, Fusion GPS, Glenn Simpson, Peter Fritsch, Nellie Ohr, Bruce Ohr, Orbis Business Intelligence, Ltd, Christopher Steele, Igor Danchenko, Neustar, Inc, Rodney Joffe, James Comey, Peter Strzok, Lisa Page, Kevin Clinesmith, Andrew McCabe, John Does da 1 a 10 (questi nomi sono persone fittizie e sconosciute), e ABC Corporations da 1 a 10 (questi nomi sono società fittizie e sconosciute) e fa le seguenti accuse:

Introduzione 1. Nel periodo precedente le elezioni presidenziali del 2016, Hillary Clinton e le sue coorti hanno orchestrato una cospirazione inimmaginabile - che scuote la coscienza ed è un affronto alla democrazia di questa nazione. Gli imputati hanno agito di concerto e hanno cospirato maliziosamente per affermare che il loro avversario repubblicano, Donald J. Trump, era colluso con una sovranità straniera ostile. Le azioni intraprese a sostegno del loro piano - falsificare le prove, ingannare le forze dell'ordine e sfruttare l'accesso a fonti di dati altamente sensibili - sono così oltraggiose, sovversive e incendiarie che persino gli eventi del Watergate impallidiscono al confronto. 2. Sotto il pretesto di "ricerca sull'opposizione", "analisi dei dati" e altre strategie politiche, gli imputati hanno cercato in modo nefasto di influenzare la fiducia del pubblico. Hanno collaborato con un unico obiettivo: Per diffamare Donald J. Trump. La loro cospirazione di vasta portata aveva lo scopo di ostacolare la candidatura di Trump alla presidenza inscenando uno scandalo che sarebbe servito da innesco per un'indagine federale infondata e avrebbe acceso una frenesia mediatica. 3. Il piano è stato concepito, coordinato ed eseguito da alti funzionari della campagna della Clinton e del DNC - compresa la stessa "candidata" - che hanno cercato di nascondere il loro coinvolgimento dietro un muro protettivo di terzi. All'inizio, la campagna della Clinton e il DNC hanno arruolato l'assistenza del loro consulente comune, Perkins Coie, uno studio legale con stretti legami con i democratici, sperando di nascondere le loro azioni sotto il velo del privilegio avvocato-cliente. Perkins Coie è stata incaricata di trovare - o falsificare - le prove di una torbida connessione tra Donald J. Trump e la Russia. A tal fine, Perkins Coie ha lanciato operazioni parallele: Da un lato, Marc Elias, un partner di Perkins Coie, ha condotto una campagna per produrre falsi "studi di opposizione" che pretendono di rivelare legami illeciti tra la campagna di Trump e gli operatori russi; dall'altro, Michael Sussmann, un partner di Perkins Coie, ha condotto una campagna per sviluppare prove fuorvianti di un falso collegamento tra i server di posta elettronica della Trump Tower e una banca di proprietà russa. Cio’ avviene con il disconoscimento della vittoria in una competizione nazionale di nuoto femminile, di un’atleta transgender, da parte del governatore della Florida, attribuendo la vittoria alla seconda classificata con la motivazione che consentire ad uomini di competere con le donne, a prescindere da operazioni genitali effettuate, costituisce una frode, ed inoltre lede le pari opportunita’, inficiando il lavoro delle donne.

” Quotidiano La Stampa citato dalla diplomazia russa come colpevole di diffondere odio e fomentare omicidi.
Marcello Pamio il 25 marzo ha alluso
l’istigazione a delinquere e apologia di reato per alcuni articoli a dir poco scandalosi pubblicati dalla stampa italiana. Ecco il motivo per cui l’ambasciatore russo a Roma Sergey Razov ha presentato un esposto alla magistratura proprio ieri. Ricorda infatti come sul giornale “La Stampa” il 22 marzo scorso sia stato “pubblicato un articolo in cui si considerava la possibilità dell’uccisione del presidente della Russia. Non c’è bisogno di dire che questo è fuori dall’etica e dalla morale e dalle regole del giornalismo. Ecco perché ho presentato l’esposto”. Lasciando perdere etica e moralità, valori apparentemente inesistenti nel giornalismo mainstream, per Razov ha ricordato che “nel codice penale della Repubblica italiana si prevede la responsabilità per l’istigazione a delinquere e l’apologia di reato”.
Atto dovuto questo dell’ambasciatore, ora l’auspicio di molti e’ che ci sia in Italia ancora un giudice onesto e che imponga sanzioni ai giornalisti colpevoli di tale reato.
Purtroppo in Italia vengono indagati liberi cittadini solo per aver consigliato la disobbedienza civile, mentre una dovizia di veri criminali continuano a rimanere a piede libero, ed e’ stato abrogato il contratto Rai del professor Orsini, a causa delle sue idee antitetiche quelle della Nato in merito all’Ucraino. A tal proposito e’ stato rimarcato, destando scalpore, il giubilo di David Parienzo in diretta su “La sette” per la desisione censorea dei vertici della tv di stato italiana egemone in Europa circa venticinque anni fa. Il copresentatore della Zanzara di origini ebraiche aveva avuto recentemente un tenzone con il giovane intellettuale che insegna alla Luiss, in cui era risultato palesemente ed amaramente perdente. L’indignazione per questo dileggio pubblico ad Orsini che coinvolge fette crescenti di opinione pubblica riflette un irreversivile processo di abbandono delle principali trasmissioni giornalistiche italiane, definite troppo faziose ed allineate al sistema di potere finanziario globale.
https://www.romatoday.it/attualita/ambasciatore-russo-a-roma-denuncia-stampa.html.




Biden padre e figlio accusati; Arabia Saudita destabilizza petroldollaro

Il figlio di Biden e’ accusato presso la Russia, di coinvolgimento in attivita’ militari-biologiche in Ucraina, a cui si associano indagini ufficiose che dimostrerebbero la permanenza di bambini esteuropei ed asiatici dentro laboratori sotterranei nei paragi di Kiev. Strutture vicine all’attuale leadership statunitense, in particolare il fondo di investimento Rosemont Seneca di Hunter Biden, sono coinvolte nel finanziamento di queste attività. L’azienda Metabiota insieme a Black e Veach, sono i principali fornitori di apparecchiature per i biolaboratori del Pentagono nel mondo.https://www.francescopaolotondo.com/prodotto/cravatta-blue/

Sono direttamente coinvolti l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, la Fondazione George Soros, il Center for Disease Control and Prevention diretto da Fauci. Viene effettuata la supervisione scientifica incl. Il Los Alamos National Laboratory, che ha sviluppato armi nucleari nell’ambito del Progetto Manhattan.

Negli Stati Uniti è vietato testare farmaci sul personale militare, quindi sono effettuati dal Pentagono all’estero, in particolare, in Ucraina. Almeno 16.000 test biologici sarebbero stati prelevati dall’Ucraina.

Nell’ambito del progetto UP-8 a Leopoli, Kharkiv, Odessa e Kiev, sono stati prelevati campioni di sangue a 4.000 militari per gli anticorpi contro gli hantavirus, 400 – per la presenza di anticorpi contro il virus della febbre Crimea-Congo.

Non sarebbero stati esportati solo campioni di tessuto e siero di sangue umano, ma anche pericolosi agenti patogeni, nonché i loro vettori. Il progetto UP-2 era impegnato nel campionamento del suolo da cimiteri di bovini di antrace. Sono stati  scoperti 30 laboratori ucraini in 14 insediamenti coinvolti in attività biologiche militari su vasta scala in Ucraina.

Il documento è stato firmato dal Vice Segretario di Stato del Gabinetto dei Ministri dell’Ucraina Viktor Polishchuk.

L’importo del finanziamento per il solo periodo dal 2018 al 2020 è stato di circa 32 milioni di dollari. Il numero di laboratori biologici negli Stati Uniti è incomparabile con quello di altri Paesi: secondo il ministero degli Esteri cinese controllano 336 laboratori in 30 stati.

Nel corso degli esperimenti statunitensi nei laboratori biologici ucraini, ci satebbero stati morti. Nell’ambito della ricerca sul progetto UP-8, circa 20 soldati ucraini sono morti nel solo laboratorio di Kharkov e altri 200 sono stati ricoverati in ospedale.
Il Ministero della Difesa della Federazione Russa ha riferito di tentativi di testare medicinali precedentemente non testati su personale militare ucraino. Si tratta del sistema di screening per i prodotti farmaceutici “Deep Drug”, che non hanno superato la procedura di autorizzazione negli Stati Uniti e in Canada.

“La Borsa di Mosca è chiusa per un semplice motivo. Mi chiedono perché è stata chiusa nelle ultime due settimane? Perché nel momento in cui aprirà, cadrà a pezzi. Mi senti? Sarai fatto a pezzi”. Ha espresso Biden in merito alle sanzioni verso Mosca e la adozione del rublo da parte di Putin, per i pagamenti delle materie prime ad ogni modo eluse dall’embargo. Sono trascorse quasi due settimane da quando Biden ha fatto questa famosa previsione l’11 marzo. Secondo i risultati della prima giornata di lavoro, la borsa russa ha chiuso con un aumento del 4,37%. E l’Arabia Saudita con la Cina, aprono ad uno scenario di scambi commerciali in valuta cinese e russa, che consegue anche la decisione geopolitica di massimizzare l’energia elettrica nel sistema della circolazione automobilistica. In tal guisa l’Arabia Saudita si vedrebbe conmercialmente minacciata dall’emisfero occidentale oggi vittima di uno stallo del sistema capitalistico che influisce negativamente sulle immatricolazioni di autovetture e recide binariamente ed antecedentemente la domanda di idrocarburi. I paesi arabi che stanno concretizzando tali mosse destano scalpore sui mercati finanziari d’occidente, che paventano crolli repentini in un futuro breve, ed esecrano questa strategia di pagamenti che hanno caratterizzato per un periodo l’Iraq di Saddam Hussein e la programmazione della Libia di Gheddafi.

Il binomio Usa-Europa fronteggia in questa fase, l’ansia di ridimensionamento commerciale del proprio bacino di utenti, dal punto di vista economico e finanziario, che poggiano su uno stallo dei consumi rispetto i paesi Brics che invece postulano materie prime ed acquistano prodotti industriali e tutti i manufatti che caratterizzano il capitalismo classico dell’occidente. Tuttavia l’opzione di digitalizzazione della moneta, alla stessa stregua della rimodulazione ecologica, spaurisce il mercato che preconizza blocchi informatici imperniati su comportamenti disallineati alle prescrizioni governative e aggravi di spesa per ristrutturazioni ed acquisti energetici in presenza di alternative molto piu’ economiche ed efficienti.