Le fake news di Alessandro Barbero finiscono in tribunale

I NEOBORBONICI QUERELANO BARBERO. PREFAZIONI E ARTICOLI IN TRIBUNALE A NAPOLI. Il Movimento Neoborbonico ha querelato Alessandro Barbero dopo alcuni recenti articoli sul Mattino e alcune recenti prefazioni (ultima quella del nuovo libro del giornalista Marco Esposito). Mentre attendiamo l’esito di altre querele (in corso d’opera, come abbiamo accertato di recente), ognuno è libero di portare avanti le sue tesi storiche e di scegliersi gli autori delle sue prefazioni ma non è libero di offendere gli interlocutori e di “ospitare” offese nei suoi libri. Il docente piemontese di storia medioevale da qualche anno è impegnato in ricerche sulla storia risorgimentale e in particolare su Fenestrelle con la finalità di negare o ridimensionare i drammi vissuti da migliaia di soldati delle Due Sicilie nella fortezza-lager sabauda (per gennaio anche una nuova pubblicazione accademica che smantellerà le tesi barberiane). Nei testi in questione Barbero definisce “scellerate fantasie” quelle dei neoborbonici che avrebbero “reinventato, con informazioni false, la
storia del Sud e dell’Italia influenzando la mentalità italiana e accendendo con mezzi immondi passioni violente”. Se un tribunale lo giudicherà opportuno procederà per accertare se sono calunniose queste affermazioni contro le migliaia di iscritti e simpatizzanti neoborbonici (previste borse di studio per i ragazzi delle periferie del Sud in caso di risarcimenti). Barbero dovrà dimostrare la bassezza di “stature umane” e la necessità di scarso rispetto verso i neoborbonici e anche in quale dei 15 libri del sottoscritto o riferibili al movimento neoborbonico (e non nel mare magnum del web o dei social) si riportano “fantasie e falsità”. In particolare dovrà dimostrare in quale passaggio i neoborbonici avrebbero acceso “passioni violente” e per quale motivo i primati delle Due Sicilie sarebbero “tragicomici” e non sarebbero tali le tante leggende della storia risorgimentale (quelle sì “senza mai verificare gli argomenti in senso contrario”). Dovrà anche dimostrare perché mai sarebbero “immondi” i mezzi da noi utilizzati (libri spesso autoprodotti, fotocopie, social, convegni autofinanziati, a differenza di docenti e istituti universitari finanziati con denaro pubblico da oltre in secolo e mezzo). Dovrà, infine, dimostrare perché mai le nostre attività e le nostre ricerche sarebbero una “cattiva azione” quando hanno come unico obiettivo il racconto di tante verità storiche cancellate per oltre 150 anni e, sulla base della storia, portare finalmente alla risoluzione di una questione meridionale sempre più drammatica soprattutto per i nostri giovani. Evidentemenye sono proprio queste tesi, il loro successo crescente e una nuova e diffusa consapevolezza alla base anche di queste reazioni, di questi dibattiti (mai promossi dalle accademie in 150 anni) e di pubblicazioni (anche di Barbero o di Esposito).
PS Premesso tutto questo, qualcuno ancora non ha capito che, nonostante 27 anni di ricerche e di attività continue e tutte frutto di sacrifici personali (senza alcun rapporto partitico e senza alcun finanziamento pubblico), i neoborbonici hanno un unico e disinteressato obiettivo nel segno dell’amore per la nostra storia e per la nostra gente: un Sud finalmente con pari diritti rispetto al resto dell’Italia e dell’Europa. E resta il sospetto che chi continua ad attaccare, a offendere o a cavillare su questa o quella notizia a senso unico (Sud), forse, in sostanza, semplicemente non condivide quest’obiettivo.
Gennaro De Crescenzo
Movimento Neoborbonico
Ufficio legale
Ufficio stampa




Whirpool chiude Napoli e il governo prende atto della sua cialtroneria

LE LAVANDAIE NAPOLETANE LA CAUSA DELLA CHIUSURA DI WHIRLPOOL.

di Antonio Picariello*
Pare che a Napoli le lavatrici non le compri più nessuno. Il bucato si fa a mano e sembra che molte lavandaie si rechino sul Garigliano e sul Volturno con grossi pezzi di sapone e stendano pantaloni e camicie il loco per poi, una volta asciutti, riportarsele a casa.
Pare anche che il fenomeno si stia diffondendo in tutto il Mezzogiorno. E fonti attendibili sostengono che sia proprio questo ritorno alle origini il vero motivo per il quale il 31 ottobre Whirlpool chiuderà i battenti a Napoli.
Eppure, le stesse fonti, sostengono che in quello stabilimento si producessero le migliori lavatrici top di gamma per il mercato Emea e che in Italia gli altri siti Whirlpool, si badi bene tutti rigorosamente a centro nord, siano poli di ricerca o di diversa produzione.
Già dal 2018 il MISE ha tentato di trattenere gli americani a Napoli e di convincere le lavandaie a fare il bucato a casa con le lavatrici. L’azienda aveva sbandierato ai quattro venti un piano di rilancio da 250 milioni che avrebbe interessato tutti gli stabilimenti italiani: Siena, Varese, Comunanza e, appunto, Napoli. Il governo da parte sua si era impegnato
ad accompagnare fino al 31 dicembre 2020 il nuovo piano industriale, con varie agevolazioni: cassa integrazione, taglio del costo del lavoro, fondo perduto, fondo per le crisi d’impresa, fiscalità di vantaggio e prestiti garantiti. Totale 100 milioni, perchè il massimo che si riesce a fare in questi casi, è “comprare” la volontà delle aziende, non certo studiare nuove alternative quali diversificazione della produzione o, in alternativa, impegnarsi come governo a trovare nuovi investitori. Così, di fronte a tanta “pubblica” benevolenza Whirlpool sembrava proprio aver cambiato idea; ma ecco che a luglio 2019 arrivano, segretamente, voci che le lavandaie polacche da Cracovia a Danzica, passando per Varsavia, fossero stanche di fare il bucato lungo la Vistola e che i loro mariti, per scongiurare il peggio, si fossero offerti in massa come manodopera a basso costo alla Whirpool polacca.
Così l’azienda, incassati i 100 milioni, ritira Napoli dall’accordo sostenendo che il mercato non è cambiato e comunica a Patuanelli, che ne prende semplicemente atto, la sua intenzione di trasferire la produzione in Polonia visto che le lavandaie napoletane, nel frattempo, non si erano del tutto persuase.
Ecco, io me la immagino così la vicenda, senza voler prendere in giro nessuno. Perchè se Patuanelli prende atto, Provenzano elenca i sovvenzionamenti pubblici elargiti, De Magistris blatera retorica di circostanza e infine i sindacati parlano di scontro sociale e si stracciano le vesti, qui gli unici presi in giro siamo noi e soprattutto gli operai napoletani con l’intero indotto. Resta solo un dubbio: se a dover chiudere fosse stata Varese, Patuanelli ne avrebbe preso atto?

*M24A ET – Campania

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/22/whirlpool-napoli-il-31-ottobre-si-chiude-il-ministro-patuanelli-prendiamo-atto-porvenzano-grave-e-inaccettabile/5975523/




Gli illeciti di Benetton, De Micheli e Autostrade oggi

Approfondimenti sulla sezione tabloid o blog di francescopaolotondo.com, anche in multilingua.
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NÉ TRASPARENZA NÈ SENSO DELLO STATO. RIFIUTO DELL’EQUITÀ E DISCRIMINAZIONE TERRITORIALE. PALESE SENSO DI IMMUNITÀ: CHI È DAVVERO LA MINISTRA DE MICHELI?

*Alfredo Falletti
Non c’è più atto di questo Governo in cui, alla presenza della Ministra De Micheli, non si associ il dubbio sulla reale e concreta sua volontà di assolvere al mandato ministeriale che le sarebbe proprio e che dovrebbe essere rivolto alla nazione intera senza eccezione territoriale.
L’attività che svolge in via esclusiva in favore del nord sembrerebbe avere sempre più un indirizzo territoriale specifico dopo l’accordo con il Politecnico di Milano finalizzato a studi, ricerche e conferimento di fondi sempre in materia di infrastrutture al nord ed oggi apparentemente anche verso interessi più specifici dopo questo superficiale atto di disinteresse verso la tutela di chi abbia già subito per troppo tempo la condotta “spregiudicata” di Autostrade che ha gravato sulla collettività in modo indegno, lucrato in modo infame, senza fare le necessarie manutenzioni e questo è criminale.

Che facciano capolino interessi di gruppi italiani sull’affare Atlantia; che lo si stia gestendo come si potrebbe gestire un malato terminale con sciroppi e brodino di pollo lascia aperti troppi interrogativi tra i quali: “ma chi è davvero la Ministra De Micheli?”; “chi tiene le sue fila?”.
Ed ancora: il suo inqualificabile comportamento discriminatorio e antimeridionalista, in realtà, sarà semplice distacco per un territorio verso il quale non vi sia interesse da parte dei suoi “dante causa” interessati esclusivamente a infrastrutturizzare (si perdoni il neologismo) massicciamente il nord (a parte il suo personale interesse a coccolare il suo territorio elettorale)?
Del resto: questo Governo semplicemente se ne frega della questione “conflitto di interessi” e cerca di rottamare il principio costituzionale dell’equità quale valore universale e poi lo Zio Giulio aveva la sua idea in ordine al “pensar male”…

*Movimento M24A Equità Territoriale – SICILIA

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/21/autostrade-m5s-la-de-micheli-chiarisca-in-parlamento-il-via-libera-al-piano-economico-che-da-ulteriori-vantaggi-ai-benetton/5975058/




Lep e federalismo fiscale: legalizzazione della poverta’ al sud

Sai cosa sono i #LEP?
No?
Molto male!

EI LEP sono i Livelli Essenziali delle Prestazioni.
Vuol dire che lo stato dovrebbe destinare la stessa spesa pubblica procapite in tutte le regioni d’Italia.
Per ogni cittadino ci dovrebbe quindi essere una X che viene destinata dalla ripartizione della spesa pubblica (e questa X dovrebbe essere uguale per tutti, in ogni parte d’Italia).
I LEP sono previsti per legge dal 2009, eppure non vengono applicati (tutto ciò a danno del Sud, che a causa di questa situazione perde 61 miliardi di euro ogni anno).
Anche prima al Sud arrivavano questi soldi in meno ogni anno, però avveniva “di nascosto”.

(SÌ LO SAPPIAMO, È UN PIPPOTTO TROPPO LUNGO… MA FIDATI, QUESTA VOLTA NE VALE LA PENA)

Vi starete chiedendo come sia possibile, vero?
Molto semplice.
Adesso vi spieghiamo la storia.
Nel 2009, quando i leghisti andarono al governo con Berlusconi, fecero passare questa legge (nota come legge Calderoli) sul federalismo fiscale.
I leghisti probabilmente erano convinti delle scemenze che dicevano, ovvero che il “Sud fannullone” derubasse il Nord, “Roma ladrona”, etc…
Scoprirono invece che non era così, anzi le regioni del Nord, nella redistribuzione, ricevevano molti più soldi procapite.
Nello specifico fu Giorgetti a scoprirlo, che dal 2013 al 2018 fu presidente della commissione per il Federalismo Fiscale.
Su sua richiesta, ricevette i dati sulla redistribuzione dei fondi dal ministero dell’Economia e alla fine insabbiò tutto (i dati fornitigli ufficialmente non risultano infatti agli atti).
Chiese anche di fare una seduta segreta come in antimafia, la cosa risulta dagli atti, dando come motivazione che “i dati sarebbero potuti essere scioccanti”.
E in effetti i dati erano scioccanti, aveva scoperto i meccanismi della spesa storica (cioè che ogni anno al Sud arrivano miliardi in meno per la spesa pubblica; la spesa storica praticamente prevede che siccome in passato si era speso arbitrariamente di più per alcune regioni e di meno per altre, si continua di anno in anno a fare così).
Grazie a questa spesa storica succede che comuni che hanno la stessa popolazione, ricevono fondi così tanto diversi per la spesa pubblica che d’acchito verrebbe da chiedersi se siano due comuni dello stesso Stato (magari si chiamano ambedue Reggio… soltanto che uno sta in Emilia-Romagna, una delle regioni che riceve in assoluto di più, e l’altro sta in Calabria, una delle regioni che riceve in assoluto di meno).
Ricordiamo poi che anche il PD ha fatto la sua parte. Nel governo Renzi non solo non hanno applicato i LEP, ma con Marattin hanno applicato le variabili Dummy (il famoso sistema degli zeri) che penalizzano ancora di più il Sud (che per la spesa sociale, in zone come la Calabria e la Campania, arriva a ricevere la metà rispetto al Nord).

(SÌ HAI RAGIONE… È LUNGO, MA ORA PARTONO GLI ESEMPI PRATICI PER CAPIRE GLI EFFETTI REALI DELLA TRUFFA)

PS per quelli che erroneamente pensano che i PIL regionali giustifichino tutto ciò, rispondiamo che il PIL regionale è una cosa che esiste come esiste la linea dell’Equatore (cioè vogliamo dire che è un indicatore astratto).
I cittadini pagano le tasse allo Stato e non alle regioni o ai comuni (se non per una parte effimera)… e lo Stato, per legge, dovrebbe ridistribuire i fondi in modo equo procapite.
Per fare un esempio, Berlusconi risiede ad Arcore. È il più grande contribuente italiano, ha versato diversi miliardi in tasse negli anni.
Questo vuol dire che Arcore ha un PIL più alto degli altri comuni limitrofi di Monza Brianza e che quindi i cittadini di Arcore producono più degli altri?
I cittadini di Arcore sarebbero più virtuosi?
No, semplicemente Berlusconi risiede lì e incrementa in modo determinante questo “insieme immaginario” del PIL di Arcore.
Il fatto che in una regione ci siano cittadini più facoltosi non può in nessun modo giustificare che si abbia una spesa pubblica più alta in quella regione. Sarebbe come dire che lo Stato dovrebbe spendere di più per i più ricchi e di meno per i più poveri (semmai dovrebbe essere il contrario), cioè sarebbe come dire che i cittadini non sarebbero tutti uguali di fronte alla Legge (e di fatto ad oggi è così purtroppo).
Bisogna poi considerare come e perché alcune regioni negli anni siano diventate così tanto più ricche.
Per decenni con i soldi di tutta Italia sono state costruite infrastrutture unicamente al Nord; cosa che ha ovviamente consentito un grande sviluppo e un notevole indotto economico in quelle regioni.
Per fare un esempio molto semplice, basti pensare che in Lombardia ci sono più linee ferroviarie e treni che in otto regioni, che sommate fanno il 41% del territorio; parliamo di: Calabria, Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Molise e Sardegna tutte insieme.
Insomma questo ha comportato la logica conseguenza che per fare impresa bisognasse essere residenti al Nord (spesso grossi imprenditori sono anche meridionali che per avere successo sono costretti a spostarsi al Nord, dove ci sono le infrastrutture necessarie allo sviluppo della propria azienda).
In tutto questo però non c’entrano le amministrazioni locali (poiché questo genere di infrastrutture che abbondano al Nord sono state costruite dallo Stato; quello stesso Stato che non le ha costruite al Sud).
Gli amministratori delle regioni del Nord, con grande faccia di bronzo, sostengono di essere più bravi e che nelle altre regioni non si raggiungano gli stessi risultati perché sarebbero meno bravi o virtuosi.
In realtà nel 2019 ad esempio la Puglia è stata la regione più virtuosa d’Italia per la gestione della spesa pubblica (la Campania si è piazzata al quinto posto). Praticamente, in proporzione ai propri fondi, la Puglia ha speso meglio, con buona pace di Zaia.

(FORZA DAI, SEI QUASI ALLA FINE… UN ULTIMO SFORZO E SAPRAI TUTTA LA VERITÀ DA I LEP Zeppelin)

La domanda da porsi una volta ottenute queste informazioni è: cosa avverrebbe con le autonomie differenziate senza prima aver stabilito i LEP?
Si legalizzerebbe definitivamente questo furto ai danni del Sud.
Prendere atto che alcune regioni ricevono di più e “quindi” stabilire per legge che debbano ricevere quei fondi, è un po’ come dire che poiché statisticamente ad oggi gli uomini guadagnano di più delle donne, allora dovrebbero guadagnare di più per legge.
Sappiamo che, nel settore privato, a parità di mansione le donne guadagnano meno degli uomini.
Ciò avviene perché le donne sono meno brave?
Ovviamente no.
Ciò avviene perché viviamo in una società con un forte retaggio maschilista, che ha delineato questo sistema.
È chiaro che, in un sistema del genere, tendenzialmente saranno gli uomini ad avere posizioni di rilievo e questo li porterà a fatturare di più.
Sarebbe giusto dire che visto che fino ad oggi le donne hanno guadagnato di meno, allora debbano guadagnare di meno per legge?
Fondamentalmente con la spesa storica avviene questo. Si stabilisce che il Sud debba ricevere di meno perché è sempre stato così.
Questo comporta che ogni anno il gap aumenti.
È ora di cambiare le cose.
Voi che dite?
“Follia è fare sempre le stesse cose e sperare che la situazione cambi” (Albert Einstein)!
Se fino ad ora avete votato centrodestra e centrosinistra con lo stesso risultato per il Sud, forse è ora di cambiare.
Vota un partito del Sud e per il Sud.

Segue un video che spiega la realtà con dei disegnini per bambini:

Segue una bellissima inchiesta di Report a riguardo, con le interviste ai protagonisti di questa vicenda (incluso Giorgetti che scappa via quando provano a intervistarlo):

Il federalismo fiscale e il sistema di distribuzione delle risorse ai comuni

(DI’ LA VERITÀ, ORA CHE SAI TUTTO NON SEI FELICE DI AVER LETTO FINO ALLA FINE?)




Terzo valico e disastro al sud

MILIARDI AL NORD PER INFRASTRUTTURE INUTILI ANCORA IN COSTRUZIONE DOPO OLTRE UN SECOLO. AL SUD NIENTE PER INFRASTRUTTURE INDISPENSABILI.

*Alfredo Falletti
Riepilogare i dati di questa infrastruttura dice tutto sulla pervicacia di certa politica nord centrica nel realizzare tutto il possibile anche se di risibile rilevanza a discapito di strutture vitali al Sud: 54 km di percorso di cui ben 37 in galleria per un’opera dal costo di quasi 7miliardi (sempreché varianti e modifiche non ne facciano levitare la spesa) che nei programmi dovrebbe essere terminata tra quattro anni, ma sarà già un buon risultato se lo sarà tra otto o dieci, ed omettendo di dire che il primo progetto risale ad oltre un secolo addietro e già era denominato “Terzo” perché già nel 1903, anno della sua presentazione doveva essere la terza ferrovia che bucava il Passo dei Giovi, una linea “direttissima” per Genova.

Insomma dal 2024 (ma molto più probabile almeno dal 2030) col Terzo valico, che la Ministra Contro il Sud e per le Infrastrutture Solo al Nord (MiCoSud) Paola De Micheli ha chiamato “metropolitana del nordovest”, Genova si collegherà con Milano in un’ora: 120 km in un’ora mentre oggi il tragitto si compie in un’ora e mezza…
Recuperare trenta minuti al costo di sette miliardi e decenni su decenni di lavori sarà forse un eccellenza perseguita senza tregua, ma sarebbe corretto considerare a mo’ di esempio, che Palermo dista da Trapani per ferrovia meno di 80 km e per arrivarci sono necessarie da quattro ore e mezza a quasi cinque, se non ci sono ritardi ed intoppi, facendo almeno un cambio (Fonte Trenitalia; vedere foto comparative).
La suddetta Ministra ha ricevuto da tutto il Sud centinaia di proteste e oltre un migliaio di messaggi di fuoco (che ha fatto prontamente censurare, ma in tanti hanno fatto lo screenshot di tutti quei messaggi che prima o poi verranno di nuovo fuori…).

Negare la vocazione razzista, discriminatoria, iniqua della Ministra e del suo partito “Piddilega” significa negare il sole a mezzogiorno, ma quello, almeno quello, al mezzogiorno non potranno rapinarlo.

Ma attenzione perché il Sud sta recuperando la sua memoria; si sta riappropriando della sua dignità e si ricorderà di chi poteva fare e non ha fatto quando verrà a blaterare false promesse, biascicare infami menzogne e questuare voti. Il Sud se ne ricorderà; si ricorderà di ciascuno, uno per uno.

*Movimento M24A Equità Territoriale – SICILIA

https://nuovavenezia.gelocal.it/green-and-blue/2020/10/19/news/terzo_valico_storia_della_ferrovia_nata_interrotta-270808672/




Poverta’ covid e dignita’ a Napoli

Da Ilenia Incoglia

Ai dottori, sempre meno, che restano eroi, che non si vendono, che non si spaventano , che hanno nel cuore solo la vita dei malati. Che emozione ❤️. Vorrei leggeste tutti questo stupendo messaggio del dottor Eduardo Ponticiello, del Santobono, riportato dalla pagina Nessuno Tocchi Ippocrate. Parole di amore che fanno capire il valore umano di certe persone.

“Napoli 16 ottobre 2020,
squilla il mio cellulare e rispondo….”Dottò so Anna, non so se vi ricordate di me….voi avete visitato tanto tempo fa mio figlio in ospedale, un bambino che teneva la meningite….v’arricurdat ?? vi devo chiedere una grazia….per favore venite a casa mia, che ho l’ultima mia figlia che non sta bene, vi mando l’indirizzo con un messaggio”. Annoto l’indirizzo, salgo in sella alla mia moto e mi reco in Vico Ferze al Lavinaio, nel ventre della città…piove oggi……il palazzo è un palazzo fatiscente, ed al terzo piano si trova la casa di Anna, salgo le scale perché è un edificio senza ascensore ed arrivo a casa sua….una dimora molto umile, ma pulita e profuma di dignità, Anna è madre di 4 figli, il marito non c’è più da un anno, “caduto da un impalcatura mentre faticava” mi racconta con le lacrime agli occhi, l’ultima figlia ha la febbre…”dottò nessuno ci viene a casa mia, con questo problema del covid…e io lo capisco; non ho la macchina per portarla in ospedale e vi chiedo aiuto…io facevo le pulizie, ma ora cu tutt sta situazione nun sto faticann…”. Vedo la bimba per fortuna niente di grave, una faringo-tonsillite…passerà in pochi giorni!! Nel frattempo mi prepara un caffè bello caldo, fuori continua a piovere….”Dotto’ io nun ve pozz pavà per il disturbo che vi ho arrecato, e voi lo so non mi avete chiesto niente…ma dovete farmi un altro piacere, sennò mi mortificate, ed io di mortificazioni ormai ci campo tutti i giorni…dovete accettare questo, perché è cu tutt o’ core che lo faccio….”. Anna si sgancia la catenina che porta al collo e la mette nella mia mano….”ve pozz regalà sul chest e na tazz e cafè….grazie duttò e che a maronn v’accumpagn”. Non riesco a proferire più altre parole, scendo le scale e mi reco a prendere la moto……delle gocce rigano il mio viso e non è la pioggia….”




Poverta’ covid e dignita’ a Napoli

Da Ilenia Incoglia

Ai dottori, sempre meno, che restano eroi, che non si vendono, che non si spaventano , che hanno nel cuore solo la vita dei malati. Che emozione ❤️. Vorrei leggeste tutti questo stupendo messaggio del dottor Eduardo Ponticiello, del Santobono, riportato dalla pagina Nessuno Tocchi Ippocrate. Parole di amore che fanno capire il valore umano di certe persone.

“Napoli 16 ottobre 2020,
squilla il mio cellulare e rispondo….”Dottò so Anna, non so se vi ricordate di me….voi avete visitato tanto tempo fa mio figlio in ospedale, un bambino che teneva la meningite….v’arricurdat ?? vi devo chiedere una grazia….per favore venite a casa mia, che ho l’ultima mia figlia che non sta bene, vi mando l’indirizzo con un messaggio”. Annoto l’indirizzo, salgo in sella alla mia moto e mi reco in Vico Ferze al Lavinaio, nel ventre della città…piove oggi……il palazzo è un palazzo fatiscente, ed al terzo piano si trova la casa di Anna, salgo le scale perché è un edificio senza ascensore ed arrivo a casa sua….una dimora molto umile, ma pulita e profuma di dignità, Anna è madre di 4 figli, il marito non c’è più da un anno, “caduto da un impalcatura mentre faticava” mi racconta con le lacrime agli occhi, l’ultima figlia ha la febbre…”dottò nessuno ci viene a casa mia, con questo problema del covid…e io lo capisco; non ho la macchina per portarla in ospedale e vi chiedo aiuto…io facevo le pulizie, ma ora cu tutt sta situazione nun sto faticann…”. Vedo la bimba per fortuna niente di grave, una faringo-tonsillite…passerà in pochi giorni!! Nel frattempo mi prepara un caffè bello caldo, fuori continua a piovere….”Dotto’ io nun ve pozz pavà per il disturbo che vi ho arrecato, e voi lo so non mi avete chiesto niente…ma dovete farmi un altro piacere, sennò mi mortificate, ed io di mortificazioni ormai ci campo tutti i giorni…dovete accettare questo, perché è cu tutt o’ core che lo faccio….”. Anna si sgancia la catenina che porta al collo e la mette nella mia mano….”ve pozz regalà sul chest e na tazz e cafè….grazie duttò e che a maronn v’accumpagn”. Non riesco a proferire più altre parole, scendo le scale e mi reco a prendere la moto……delle gocce rigano il mio viso e non è la pioggia….”




Milano capitale immorale ma forse stavolta volano di rinascita

FOLLIA A MILANO: RESSA ULTRÀ AL DERBY NEL GIORNO PEGGIORE DEI CONTAGI
Ma quale civismo. Ma quale Milano virtuosa e, addirittura, illuministica. Quando da quelle parti si parla di eccellenza (presunta) o di virtuosità (indimostrata) della città «locomotiva d’Italia», si sta mettendo in pratica un’impostura. “Capitale morale”? Mai etichetta è stata tanto mal riposta.
—°—
(di Mario Ajello – il Mattino)
Che cattivo esempio. Ma quale civismo. Ma quale Milano virtuosa e, addirittura, illuministica. Le luci a San Siro, come da titolo della celebre canzone (…) (…) di Roberto Vecchioni, hanno emanato ieri primitivismo. Quello dello spettacolo di migliaia di tifosi del Milan e dell’Inter, fuori dallo stadio del derby, assembrati, accalcati, irresponsabilmente radunati a migliaia, e chi saltellante sul posto, chi in corteo con moto e motorette, per salutare le due squadre rivali che s’avviano al campo. Un’inguardabile esibizione di strafottenza, un cluster potenziale, un possibile focolaio in disprezzo del buon senso e del rispetto per se stessi e per gli altri. Quanti di quegli ultrà rossoneri e nerazzurri, ammassati ieri pomeriggio, ora andranno nelle scuole o nei posti di lavoro portando con sé la carica virale che può essere stata sprigionata da quei contatti? Ed è mai possibile che si ricreino le curve fuori dallo stadio, senza che la polizia intervenga subito e con rigore perché il diritto al tifo calcistico non può travalicare il rispetto della legge e della salute generale? E nella civilissima Milano s’è assistito a questa forma di anti-patriottismo civico e nazionale. Una follia. Paragonabile forse a quella scena in cui, per i pasticci e per gli errori delle autorità lombarde, a marzo mentre stava per scattare il lockdown moltissime persone scapparono dalla città andando a infestare, o almeno facendo correre agli altri questo rischio, il resto d’Italia.

La cosiddetta «capitale morale», mai etichetta è stata tanto mal riposta, si distingue di nuovo insomma per assoluta incapacità di essere all’altezza dell’emergenza che stiamo vivendo. E pensare che ieri pomeriggio anche a Napoli s’è giocato un super-match – gli azzurri contro l’ottima Atalanta ridimensionata con un imprevisto 4 a 1 – ma non si sono viste nella capitale meridionale scene di sbracatezza e di strafottenza come quelle all’esterno del Meazza. Le luci di San Siro hanno emanato oscurantismo. L’assembramento da derby nella città (e provincia) che mentre i tifosi mescolavano fiati e umori toccava quota 1388 nuovi contagi (e 2664 in tutta la Lombardia) vale come uno schiaffo all’Italia intera. E’ un meneghino faccio come mi pare che non tiene conto delle sofferenze che a ogni latitudine il nostro Paese sta patendo. In questo messaggio devastante sembra annidarsi quel senso di superiorità e di separatezza, egoistica, che Milano non ha mancato di praticare e di esibire in tanti modi e in tanti settori negli ultimi anni e anche nei penultimi. Philippe Daverio, un grande milanese appena scomparso, sosteneva che «Milano è una terra di scorrerie per gli avidi che, messi insieme, non producono niente di buono». Scomodare Daverio per qualche migliaio di scalmanati potrebbe apparire esorbitante, eppure guardata con un po’ d’attenzione la gazzarra filo-Covid delle tifoserie riunite intorno a San Siro racconta di un disinteresse per il bene comune, inteso in senso largamente italiano, che non alberga solo nel sottobosco del tifo calcistico ma sale anche più su.

E comunque è anche da questi comportamenti, da queste intollerabili azioni, che deriva la possibilità – ma speriamo fortemente di no – che un nuovo lockdown possa calare sulla Penisola o su alcune delle sue parti. Con tutte le conseguenze, economiche e sociali, che sappiamo. E proprio per questo, ciò che è accaduto a Milano è gravissimo. Anche volendo restare nel campo strettamente calcistico, quello che s’è verificato per il derby Inter-Milan rischia di far precipitare il campionato di calcio verso la serrata. Producendo un danno ai tifosi di tutta l’Italia. Ma ciò che questa storiaccia di un sabato meneghino insegna è che, quando da quelle parti si parla di eccellenza (presunta) o di virtuosità (indimostrata) della città «locomotiva d’Italia», si sta mettendo in pratica un’impostura. Forse è questo il famoso pragmatismo milanese.




Il declino del Veneto

FINE MIRACOLO A NORD-EST: IL MODELLO VENETO NON C’È PIÙ
C’era una volta il “modello Veneto”. Tanti tamponi, laboratori all’avanguardia, reagenti fatti in casa, caccia agli asintomatici. Quello che ha permesso al Nord-est di cavalcare la prima ondata, e ha fatto assurgere il leghista Luca Zaia al ruolo di governatore illuminato che ascolta gli scienziati. Ieri il Veneto ha registrato 774 nuovi casi, e nei giorni scorsi tra i 600 e i 700, su una popolazione che è meno della metà di quella lombarda. Come in altre regioni italiane, gli isolamenti dei contatti dei nuovi positivi sono crollati: per ogni infetto si riesce a rintracciare un solo contatto, ma per circoscrivere l’epidemia ne occorrerebbero almeno 1015. Persino il numero di tamponi è cresciuto di poco rispetto alla prima fase della pandemia, sfiorando solo a volte quota 20 mila, ben lontana dai 50 mila tamponi al giorno promessi da Zaia nel maggio scorso.
Cos’è successo a Nord-est? Il declino della regione modello in realtà inizia mesi fa, ancora nel pieno della prima ondata, quando lo staff di Zaia comincia ad attaccare il professor Andrea Crisanti, direttore della microbiologia dell’università di Padova e padre del “modello Vò”: ci sono le elezioni in vista e occorre che la Regione, messa in ombra dal professore venuto dall’imperial College, si attribuisca la paternità della lotta al Covid19 e della strategia vincente.
Nelle conferenze stampa quotidiane di Zaia vengono proposti altri esperti che si attribuiscono i meriti o propongono nuove ricette: funzionari regionali come Francesca Russo (dirigente capo della prevenzione sanitaria del Veneto, che per Zaia avrebbe redatto in tempi non sospetti un fondamentale “piano di sanità pubblica”), ma soprattutto il microbiologo Roberto Rigoli, primario dell’ospedale di Treviso, che a maggio inizia a sostenere che il Sars-cov-2 si è “spento”. Per trovare il virus nei tamponi sottolinea Rigoli, che è anche vicepresidente dell’associazione dei microbiologi clinici italiani occorre “ampl ific are molto” il segnale, e spesso ci si trova di fronte a “pezzi di virus” e non a un Rna completo. Una narrazione che in quel momento piace molto alla politica regionale, e non solo.
IL DOTTORRIGOLI
diventa il nuovo riferimento della Regione, che gli affida l’incarico di coordinare le 14. microbiologie del Veneto, storicamente attribuito all’università di Padova. Spodestando di fatto Crisanti, per tutti simbolo del successo epidemiologico del Veneto, che oggi ammette: “Ormai qui non conto più nulla, mi limito a gestire il laboratorio di Padova in cui assicuriamo l’analisi dei tamponi che ci inviano”. Allontanandosi da Crisanti però Zaia ha abbandonato anche una trincea fondamentale nella lotta al virus, quella dei tamponi e della sorveglianza attiva, che in primavera aveva retto efficacemente integrandosi con una sanità territoriale più presente e guarnita. Ormai la strada intrapresa dalla giunta veneta porta altrove: test rapidi e persino test “fai da te”, in via di sperimentazione, sempre nel laboratorio di Treviso.
A fine giugno il dottor Rigoli firma un documento in cui si introduce il concetto di “debolmente positivo” e si chiede di riconsiderare la “reale capacità di trasmettere l’infezione” dei positivi asintomatici o con pochi sintomi. Tra i firmatari figurano il professor Alberto Zangrillo del San Raffaele dimilano e il professor Matteo Bassetti di Genova.
Peccato che il metodo usato a Treviso sia tutto il contrario del modello Veneto: incentrato su macchine a “sistema chiuso”, in grado di processare pochi tamponi e dipendenti dai reagenti delle case produttrici (come accade in Lombardia), presenta non poche criticità. In agosto nel Trevigiano scoppiano focolai nei centri d’accoglienza, in grandi aziende, nelle Rsa, e in alcuni casi non si riesce a fronteggiare l’elevata richiesta di test, mandando i lavoratori in fabbrica anche in attesa dell’esito del tampone.
Tutto perdonato, Zaia vince le elezioni e sull’onda dell’entusiasmo sfida anche il Covid: “Il Coronavirus in Veneto non è più un’emergenza”. Mai contagi impennano. Scoppia il caso Immuni, mai aggiornata con i dati dei positivi dalle Ulss venete. Il Veneto sembra tornato a febbraio, quando il direttore generale della Sanità regionale riteneva che la ricerca degli asintomatici, diventata poi la frontiera globale della lotta al virus, fosse una pratica suscettibile di “danno erariale”.




Lo scandalo ferroviario Nord-Sud

PERCHÈ LE OPERE PUBBLICHE AL SUD FANNO RUMORE? LA TRAGICOMMEDIA DELLA FERROVIA ADRIATICA E ALTRE STORIE

di Raffaele Vescera*
“Fa più rumore una scorreggia fatta a Napoli che una bomba esplosa a Milano”. E’ un detto ormai proverbiale per denunciare la scarsa attenzione dei media italiani verso quanto di clamoroso accade al Nord nel campo del malaffare, al contrario del rilievo sovrabbondante che viene dato a quello del Sud, bollato come Gomorra. Eppure i numeri diffusi dal ministero degli interni parlano chiaro: le città con il tasso di criminalità più alto sono tutte al Nord, a partire da Milano, seguita da Rimini, Bologna, Venezia, Firenze, Genova, etc. Per trovare la prima città meridionale bisogna scendere a metà classifica, Napoli dopo il 30° posto. Ma queste sono altre storie.

Quanto invece oggi ci sta a cuore, è l’ennesima decisione di impedire la costruzione del raddoppio di binario ferroviario sulla linea adriatica al Sud, tra Foggia e Pescara, dove un tratto di 27 km tra Lesina e Termoli è ancora fermo al binario unico inaugurato 157 anni fa. Un binario unico che obbliga i treni a fermarsi alla stazione precedente per permettere il passaggio del convoglio proveniente in senso inverso, con attese che possono a volte superare il quarto d’ora, laddove oggi, da Bologna in su, in 15 minuti i Tav a 300 km l’ora fanno 75 km di strada. Senza dire che nel caso di lavori urgenti da farsi su quel vecchio binario meridionale, triste e solitario, la circolazione si può bloccare per giorni interi.

Quale sarebbe la causa del nuovo impedimento alla costruzione del secondo binario e perché la realizzazione, pur finanziata dal 2001 è ferma da vent’anni? Farebbe troppo rumore. Sic! “La sottocommissione Via-Vas del ministero dell’Ambiente ha chiesto a Rfi alternative progettuali in termini di tracciato meno impattanti sul territorio e verso la popolazione: nella relazione è evidenziata «l’inopportunità di risolvere il problema esclusivamente attraverso il sistema delle barriere, unanimemente ritenuto inadeguato. È opportuno che Rfi ponga in essere ulteriori opzioni risolutive innovative».” Insomma, il nuovo tracciato risulterebbe insopportabilmente rumoroso per gli abitanti.

Eppure chi conosce quella zona sa che tra la cittadina di Lesina, dove peraltro il binario passa ad alcuni km di distanza, e Termoli, non vi sono centri abitati. Il vecchio binario, sempre triste e solitario, corre tra piatti campi di grano con rare masserie e disabitate pinete marine. Allora chi disturberebbe il rumore del ciuf ciuf elettrico in quelle desolate campagne? Ah, sì, altro pretesto tirato fuori lo scorso anno, il rumore arrecherebbe fastidio all’uccello fratino, tipico di quelle zone. Tanto sostiene il ministero dell’ambiente e cotanto parere deve osservare Ferrovie dello Stato.

Confesso la mia tarda età. Quaranta anni fa, fermo a Termoli per una precedenza da dare a un treno proveniente da Foggia, giovane insofferente, domandai a un anziano capostazione il perché di tanta attesa. “Se ne parla dagli anni ’20, ma io credo che noi il doppio binario, non lo vedremo mai.” Mi rispose quell’uomo profetico.
Dunque, pur di non disturbare l’uccello fratino, anziché affiancare il secondo binario a quello esistente, si è progettato una deviazione del percorso, dal costo aggiuntivo di 170 milioni di Euro, per portare il binario nella valle del Biferno, che a detta del ministero a causa del rumore diventerebbe una valle dell’inferno, pur per gli scarsi abitanti del luogo, stante che l’intero Molise conta meno abitanti della sola città di Bari.

Il commissariamento dell’opera per valenza strategica nazionale ed europea, no? Eppure, si è fatto in Val di Susa, dove i binari attivi sono quattro e sottoutilizzati, e la devastazione ambientale con la costruzione dell’inutile e dannoso tunnel, dal costo astronomico di 12 miliardi di euro, va avanti, fregandosene delle proteste degli abitanti, represse con manganelli e galera. Eppure anche il terzo valico ligure (ne esistono già due) tra Milano e Genova, dall’altrettanto inutile, dannoso e dall’astronomico costo di alcuni miliardi di Euro per risparmiare pochi minuti di viaggio, va avanti indefesso. (Qui mi risparmio una battuta volgare.)

In conclusione, al Nord si deve investire purchessia, per volare sui binari in concorrenza agli aerei, al Sud invece ogni pretesto è buono per non spendere un centesimo e bisogna continuare a viaggiare a mezza velocità, in concorrenza alle diligenze del tempo andato. Bari-Reggio Calabria in treno? Dalle 8 alle 14 ore, fino a 4 cambi, sulla linea ionica per 450 km. Trapani Siracusa in treno? 11 ore con tre cambi per 360 km. I conti della velocità fateli voi. In mezzo c’è lo Stretto di Messina, con un ponte fantasma progettato da decenni. Ma questa è un’altra storia.
*direttivo nazionale M24A-ET

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https://movimento24agosto.it/perche-le-opere-pubbliche-al-sud-fanno-rumore-la-tragicommedia-della-ferrovia-adriatica-e-altre-storie/