Il lievito migliore al mondo

IL CREMOR TARTARO O CRISTALLO DI SANT’ANTIMO
Il Cremor Tartaro è un agente lievitante naturale, usato in pasticceria dalle nostre nonne che, molto in voga fino agli anni 50 del ‘900, cadde in disuso a seguito dell’invenzione del lievito chimico creato in laboratorio (tipo PaneAngeli) ma che oggi è stato riscoperto grazie alla diffusione della cucina green e vegana.
L’industria più fiorente per la produzione del Cremore di Tartaro si trovava a Sant’Antimo, un piccolo paesino in provincia di Napoli e la storia di questo derivato dalla fermentazione del vino è strettamente legata a quella della dinastia dei Borbone. Nel 1781, Ferdinando IV concesse una “privativa” per la creazione della prima fabbrica di Cremore di Tartaro nel Regno di Napoli. Nel 1850, l’esportazione di tale prodotto rappresentava una voce importante nell’economia del Regno delle Due Sicilie. Secondo alcune testimonianze storiche, a Sant’Antimo, il commercio del Cremor Tartaro esisteva già nel 1615. Dalla lettura dei documenti contenuti nel Catasto Onciario del Regno che riportava tutte le attività commerciali, apprendiamo che la produzione del Cremor Tartaro rappresentava un’attività moto diffusa fra la popolazione di Sant’Antimo già dalla metà del ‘700 e che era rivolta sia verso il mercato interno che verso quello estero.
Ben presto, Sant’Antimo divenne un polo chimico di prima importanza e non c’era famiglia che non fosse coinvolta nella produzione del lievito, al punto che il Cremor Tartaro, in quegli anni, era anche chiamato “Cristallo di Sant’Antimo”. Dopo l’unità d’Italia che danneggiò tutte le nostre attività imprenditoriali, a seguito della concorrenza della grande industria americana che introdusse nella produzione i metodi industriali a ciclo continuo e infine con la diffusione del lievito chimico da laboratorio, l’industria del Cremor Tartaro entrò in crisi, fino a scomparire quasi del tutto.
Oggi, tuttavia, il lievito è tornato di moda perché è del tutto naturale, non contiene additivi e conservanti e non è un prodotto creato in laboratorio. E’ facile trovarlo anche nei supermercati e viene ancora prodotto a Napoli. Addizionato a un cucchiaino di bicarbonato, reagisce con l’impasto e produce CO2 che, in cottura dona al dolce struttura e sofficità, oltre che grande digeribilità.
Dati storici tratti dal sito della proloco di Sant’Antimo




Ue Sud Pino Aprile e fondi deviati

Milano indicata come sede del Tribunale per i brevetti, Torino per l’Istituto dell’intelligenza articiale. Il Sud ancora ignorato. Per bilanciare, si scelga l’università di Cosenza, in rete con altre del Mezzogiorno, per l’Istituto di Tecnologia Blockchain “Pitagora”. E se il governo italiano non rispetterà i criteri europei di ripartizione del Ricovery Fund (70 per cento al Sud), faremo ricorso all’UE, chiedendo di bloccare i fondi o istituire un Commissario che ne garantisca l’uso corretto e impedisca che siano deviati al Nord, come altri.

Al Mezzogiorno d’Italia non resta che appellarsi all’Europa Unita contro il governo italiano: ignorando, come al solito, il Sud, Milano è stata appena proposta quale sede del Tribunale unico dei brevetti e Torino per l’Istituto italiano per l’intelligenza artificiale; allo stesso tempo, i progetti di spesa del Recovery Fund non tengono conto dei criteri di ripartizione delle risorse dettati dall’Unione Europea (proporzionale alla popolazione, alla disoccupazione media negli ultimi cinque anni, e inversamente proporzionale al reddito pro-capite), mentre una ministra, Paola De Micheli, parla di 40 per cento dei fondi RF al Sud e fa in modo che il Ponte sullo Stretto di Messina sia escluso dal piano e il segretario del Pd, partito di governo, Nicola Zingaretti, abbassa al 34 per cento la quota di investimenti nel Mezzogiorno, riferendola alla sola percentuale della popolazione.

Al contrario, come si evince dallo studio della Commissione Economia e Sviluppo del Movimento per l’Equità Territoriale, tenendo conto dei tre criteri, la quota di RF che spetta al Sud è il 70 per cento, circa 145 miliardi su 209. Per l’interconnessione economica, poi, il 41 per cento degli investimenti nel Mezzogiorno torna al Nord, per l’acquisto di beni e servizi, quindi, di quel 70 per cento nominale, al Sud resterebbe, effettivo, il 43; per la stessa ragione, il 40 per cento nominale proclamato dalla ministra De Micheli si riduce al 27 effettivo, e il 34 di Zingaretti a poco più del 22: in entrambi i casi, molto al disotto persino della percentuale della popolazione.

Giova ricordare agli immemori per professione del governo (e i precedenti non erano diversi), che il vice Commissario europeo Frans Timmermans ha appena detto, riferendosi all’Italia, che “i piani nazionali per il Recovery Fund devono riflettere gli orientamenti europei per i quali sono stati definiti”: ridurre le disuguaglianze, non accrescerle. E i Commissari Elisa Ferreira e Nicolas Schmit hanno sottolineato nella loro lettera al governo italiano l’importanza di spendere i nuovi fondi per la coesione. Il governo, De Micheli, Zingaretti e soci non possono fare come pare a loro.

Contro la mancata applicazione dei criteri europei, i promotori di questo appello ricorreranno preventivamente ai Commissari europei competenti, la portoghese Elisa Ferreira (il cui direttore Marc Lemaître per ben due volte ha rimproverato l’Italia perché non investe a Sud, facendone la più ampia area del continente senza infrastrutture e servizi di livello europeo), il lussemburghese Nicolas Schmit e Paolo Gentiloni; e, ovviamente, alla presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula Von Der Leyen, cui già abbiamo inviato una lettera sulle discriminazioni delle autorità nazionali a danno del Sud, missiva che Von Der Leyen ci ha fatto sapere di aver apprezzato e “girato”, per competenza, alla struttura diretta da Marc Lemaître .

Ci rivolgeremo anche, denunciando il mancato rispetto dei criteri della UE sul RF, al presidente del Consiglio dell’Unione Europea, il belga Charles Michel, che dovrà analizzare, avendo l’ultima parola, i progetti di impiego dei RF proposti dal governo italiano.

Vigileremo che i criteri di valutazione del piano di riforma nazionale, soprattutto quello riguardante la coesione, siano correttamente applicati. Nel caso i progetti e le riforme non fossero equi e aderenti alle indicazioni europee e le risorse del RF deviate in proporzione scorretta al Nord (dove già vengono dirottati oltre 60 miliardi all’anno di fondi pubblici destinati al Sud), faremo ricorso all’Ombusdman, l’Autorità europea guidata dall’irlandese Emily O’ Reilly per i conflitti fra i cittadini e le istituzioni, e al Tribunale europeo per i diritti umani, cui chiederemo se quelli dei cittadini del Sud Italia non siano brutalmente calpestati.

Se questo non fosse sufficiente a ottenere equità e correttezza, chiederemo all’Unione Europea di non approvare il piano di riforma nazionale italiano e di non inviare all’Italia i fondi del RF, perché verrebbero usati per aumentare le disuguaglianze a danno del Mezzogiorno, come da un secolo e mezzo, non per sanarle; in alternativa, chiederemo di istituire una sorta di Commissariato europeo per impedire che il governo tradisca le indicazione della UE.

Che l’orientamento governativo sia unidirezionale verso Nord (gran parte dei ministri e il presidente del Consiglio sono meridionali, ma ciò ha significato poco per il recupero di equità del Mezzogiorno) è confermato da dettagli pesanti e attuali, quali l’esclusione del Sud dall’assegnazione delle sedi per il Tribunale dei brevetti, Tub, e per l’Istituto dell’intelligenza artificiale.

Con i soldi di tutti gli italiani fu donato a Genova l’Istituto Italiano di Tecnologia (la cui qualità e quantità di ricerca, secondo lo studio del Roars, è circa un terzo di quella del Politecnico di Bari, per ogni 100mila euro di spesa) che gode di tali finanziamenti pubblici, da permettersi di accumularli in banca; con i soldi di tutti gli italiani, il Centro ricerche Human Technopole, che da solo riceve più soldi pubblici della ricerca nazionale, è stato donato a Milano pigliatutto (Expo, Olimpiadi invernali fra le innevate valli di piazza San Babila, ora il Tub e domani, magari, la Coppa America fra navigli e Idroscalo).

Il Sud sempre escluso, nonostante Catania, con perno l’università, sia la Silicon Valley italiana; e l’università di Arcavacata, in Calabria, con il Dipartimento di Matematica applicata all’Informatica del professor Gianluigi Greco, vanti le migliori performances d’Europa, tanto da far approdare nel Cosentino le maggiori aziende internazionali del settore, che assumono centinaia di laureati ogni anno. Ad Arcavacata ha voluto trasferirsi l’astrofisica Sandra Savaglio, che negli Stati Uniti finì sulla copertina di Time, come prova della capacità degli Usa di rubare cervelli al resto del mondo.

Quale segnale di resipiscenza e volontà di riequilibrio, il Governo si impegni a deliberare nel primo Consiglio dei ministri un progetto-quadro per ristabilire l’equità tra i giovani dei diversi territori, con la costituzione dell’Istituto Italiano per le Tecnologie Blockchain “Pitagora”, con sede in Calabria (dove operò il grande matematico, come sa ogni bambino di ogni era e continente), in vista dell’omologa Agenzia che potrà essere varata in virtù della consultazione del Ministero dell’economia su “Proposte per la Strategia italiana in materia di tecnologie basate su registri condivisi e Blockchain”.

Un Istituto che metta in rete le eccellenze delle regioni meridionali, con un finanziamento statale annuale da storicizzare e quantificabile in almeno 500 milioni annuali, e coinvolga laboratori, centri di ricerca e aziende gravitanti intorno a Università meridionali che si sono già contraddistinte in tutto il mondo per qualità della ricerca e del trasferimento tecnologico su Blockchain, IA, IOT, Big Data, DeFi e CS e tecnologie correlate emergenti.

Ci si riferisce in particolare alle università della Calabria, di Salerno, di Catania, al Politecnico di Bari e altre, pur tra le piccole, del Mezzogiorno (alcune delle quali hanno compiuto notevoli scalate nelle classifiche mondiali di eccellenza).

Nelle aree di pertinenza di questi atenei si sono già concentrati insediamenti produttivi e aziende di livello internazionale specializzate nelle nuove frontiere tecnologiche (come il primo centro di sviluppo per app in Europa aperto dalla Apple, a Napoli o la NTT Data, a Cosenza), per l’alta qualità delle strutture accademiche, in particolare nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematic), che non solo offrono lavoro a tanti giovani meridionali, ma riescono ad attrarre eccellenze provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo.

Si riuscirebbero, così, a trattenere al Sud almeno i primi 5.000 laureati che, in caso contrario, sarebbero costretti a emigrare al Nord o in altri paesi.

L’Italia non finisce in Val Padana.

Pino Aprile, presidente del Movimento 24 agosto per l’Equità Territoriale




I terroni e i Daverio

L’ANTIMERIDIONALISMO, TRA CULTURA E RAZZISMO

di Ludovico Ragno
Ho sempre pensato che l’antimeridionalismo si potesse battere con la cultura, ritenendo che l’ignoranza sia la causa esclusiva che lo alimenta. Forse sbaglio, forse non è proprio così. O almeno non basta, c’è qualcosa di più profondo che esiste, resiste e si muove carsicamente nella psiche. Qualcosa che neanche la cultura ce la fa a grattare e a ripulire. Prendiamo, ad esempio, un intellettuale come Philippe Daverio, scomparso da poco e definito così:
“Intellettuale di straordinaria umanità, un capace divulgatore della cultura, uno storico dell’arte sensibile e raffinato. Con sagacia e passione, ha accompagnato le italiane e gli italiani nell’affascinante scoperta delle architetture, dei paesaggi, dell’espressione creativa, degli artisti, delle fonti del nostro patrimonio culturale. Tutto questo era Philippe Daverio, un uomo di cui ho sempre apprezzato la grande intelligenza e lo spirito critico e che già manca a tutti noi”. Così il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, nell’apprendere della scomparsa di Philippe Daverio.”
(Huffington Post)

Chi si aspetterebbe mai che dalla bocca di un uomo così colto e sensibile possa uscire una frase del genere: “A me la Sicilia non piace, lo posso dire? È abitata da terroni che rosicano.”?
Eppure lo ha detto. Ecco perché poi mi cadono alcune certezze e finisco per credere che neanche la cultura sia capace da sola di vincere la battaglia. Una battaglia che in ultima analisi è quella contro il razzismo. Anche il ricordo su Facebook di Daverio, nei termini usati dal Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, segna e rimarca un’appartenenza territoriale (alla Lombardia e ai lombardi) che forse non riesce a nascondere un sotterraneo e malcelato senso di appartenenza, non solo territoriale ma anche ‘etnica’:
“Geniale, per certi aspetti unico. Passione e competenza hanno caratterizzato la sua esistenza, sempre segnata da un’energia e una voglia di fare dirompenti. Aveva la Lombardia nel cuore e lo ha dimostrato in mille occasioni con saggi, romanzi, video e i tante altre espressioni. La Regione e i lombardi lo ricorderanno sempre con affetto e con quella familiarità che sapeva trasmettere in maniera ineguagliabile”. “Grazie di tutto Professore, riposa in pace”, ha concluso il governatore.”
(Huffington Post)

Quel sentirsi ‘lombardo’, nel modo descritto da Fontana, e detestare la Sicilia con i suoi abitanti definiti ‘terroni’, stride tanto, stride troppo sulla bocca di un uomo che grazie all’immensa cultura posseduta e dimostrata, avrebbe invece dovuto superare da tempo le colonne d’Ercole del becero antimeridionalismo da cartello affisso sulle case della Torino che delle braccia dei terroni aveva un disperato bisogno per le catene di montaggio della FIAT. Parlo di quel “non si affitta ai meridionali” che sta ancora aspettando da oltre 60 anni la parola ”Scusateci” e che invece trova ancora sulla sua strada tanti come Philippe Daverio, uomini certamente colti ma incapaci di introdursi nella propria coscienza (e in quella dei loro ammiratori) per aprirla ai rimorsi che le tante commesse ingiustizie ancora reclamano. E che la Storia pretende.




La palla al piede del Sud

BASTA COL NORD ASSISTITO CON I SOLDI TOLTI AL SUD

di Lino Patruno* (oggi su La Gazzetta del Mezzogiorno)
Incredibile. La crisi dopo virus sarà più grave al Sud, ma a lagnarsi è il Nord. Il Sud perderà il doppio dei posti di lavoro rispetto al Nord, ma il Nord lo accusa di sentimenti anti-settentrionali. L’Europa rimprovera l’Italia per la Questione meridionale irrisolta in 160 anni, ma appena mette soldi per intervenire il Nord rilancia una Questione settentrionale per scipparseli. I poveri rischiano di essere sempre più poveri, ma a mugugnare sono i ricchi. Il Sud continua ad assistere il Nord da almeno vent’anni, ma il Nord continua a volere sempre di più pur avendo ridotto l’Italia a Paese di serie B. E quando Draghi dice che , tutti plaudono dimenticando che i primi giovani senza futuro sono quelli del Sud. Il Sud deve dire basta.

Che sia il Sud ad assistere il Nord e non il contrario, ormai è più noto delle figuracce di Briatore. Ogni anno vanno al Nord 61 miliardi di spesa pubblica che spettano al Sud. In diciassette anni i soldi per il Sud passati al Nord sono stati 840 miliardi. Per ogni cittadino del Centro Nord lo Stato spende ogni anno 4 mila euro in più che per ogni cittadino del Sud. Chi nasce al Sud sa già che sarà trattato peggio pur affermando la Costituzione che non devono esserci differenze, meno che mai geografiche. La somma di tutto questo significa condanna a una vita peggiore per il solo fatto di vivere nella parte sbagliata. Meno asili nido, meno scuole, meno bus, meno strade, meno assistenza sanitaria, meno treni. Non solo un Paese unificato ma mai unito. Ma un Paese in cui chi beneficia di tutto questo, ha anche il coraggio di dire di essere ignorato pretendendo sempre più.

A questa parte del Paese sono attribuiti meriti tali da definirla produttiva. Innegabile ma non come se gli altri fossero solo dipendenti pubblici e pensionati. Una produttività drogata dai soldi sottratti appunto a chi spettavano. Ma parte produttiva e assistita che nonostante tutto ha ridotto l’Italia a Paese che meno cresce in Europa. L’ultimo fra ristagno e recessioni. E Paese in cui anche dalle regioni più beneficiate dall’ingiustizia dei governi tutti vogliono andarsene. Nel 2018 sono stati 128 mila a volare all’estero. Anzitutto dalla Lombardia, poi dal Veneto e da quell’Emilia spacciata per paradiso. E come, nonostante tutta l’assistenza del Sud? E si può continuare a rubare ma senza benefici per nessuno? Questo il modello?

Che per salvare il Paese occorra attivare il motore tenuto spento per egoismo, che occorra dare al Sud ciò che è del Sud, lo ha ripetuto proprio in questi giorni la Banca d’Italia. Così come è la condizione dell’Europa per mollare anche un singolo euro. Dice Bankitalia che se l’occupazione al Sud arrivasse ai livelli del Centro Nord, l’Italia si allineerebbe ai valori europei. Cioè farebbe bene anche al Centro Nord che vuole tenere tutto per sé. Ma per arrivarci serve che quei 61 miliardi all’anno siano investiti al Sud invece che assistere il Centro Nord. Anzi vogliono ancòra di più col regionalismo differenziato, infischiandosene di precipitare tutti. Ogni euro in più a loro, Italia un passo in più verso il sottosviluppo. Con l’Ocse che conferma: le diseguaglianze fermano la crescita.

Eppure c’è l’esempio della Germania. Da quando la Germania è diventata la Germania, cioè il Paese più ricco d’Europa? Da quando l’Ovest si è unificato con l’Est. Spendendo cinque volte più della Cassa per il Mezzogiorno, altro che spreco di denaro. Ma recuperando la parte più arretrata, in soli trent’anni la ricchezza investita nelle regioni ex comuniste si è trasformata in ricchezza generale. Dimostrando che non è vero ciò che si dice per il Sud: non vale la pena spendere per chi è indietro, meglio puntare sempre su chi è avanti. Se spendesse per il suo Sud, l’Italia competerebbe con la Germania. Continuando a non farlo, competerà con la Romania.

Sono molti i segnali che non lo si voglia capire, e che lo farà capire solo l’Europa con le sue condizioni (almeno si spera). Danno soldi per i centri storici danneggiati dalla paralisi del Covid, e a chi li danno? A venti città su 29 centrosettentrionali. Con criteri in base ai quali Verbania (e dov’è?) vale più di Lecce. Danno soldi per i Comuni in dissesto di bilancio, e la girano in modo tale che vadano solo a Campione d’Italia. Danno i soldi contro l’inquinamento dell’aria, e vanno quasi tutti alla Val Padana come se non esistesse Taranto. Altra assistenza al Nord togliendo al Sud. E però continuano a scrivere sui loro giornali di essere maltrattati. E che bisogna tener conto di una Questione settentrionale. Vedi che pudore.
*direttivo nazionale M24A-ET




I terroni che non si aspettano

UNIVERSITÀ E UNIVERSITARI FUORI SEDE: UN BUSINESS DA OLTRE SEI MILIARDI DI EURO ALL’ANNO PER IL NORD ARROGANTE CHE ACCUSA UN CROLLO VERTICALE DEL 20% DI STUDENTI MERIDIONALI RISPETTO AL 2019

*Alfredo Falletti
Non tutti i mali vengono per nuocere ed una tragedia epocale come il Covid ha scoperchiato un vaso di Pandora che, però, non contiene soltanto i mali del mondo, ma anche delle novità e delle opportunità strepitose: si è accesa la consapevolezza che andare al nord per studiare non è cosa così assoluta e di inconfutabile necessità.

Si sono rivelate le occasioni per verificare che la qualità degli Atenei del Sud non abbiano nulla da invidiare a quelli del nord, una verità tenuta volutamente all’oscuro per far sì che il patrimonio umano degli studenti “fuori sede” potesse essere sempre pronto da vampirizzare tra mille difficoltà ed angosce delle famiglie che devono far fronte a costi enormi per mantenere i figli fuori casa.

Ma quanto vale, allora, questo business? È davvero così importante?

VALORE STUDENTI FUORI SEDE
Premesso che circa il 20% degli studenti fuori sede abbandonerà la città che l’ha ospitato e sfruttato, si calcola che nel 2019 erano in totale 340.000 e che quindi quel 20% ammonta a circa 70.000 studenti.
COSTO MEDIO PRO CAPITE ANNUO A CARICO DELLA FAMIGLIA……€ 16.000,00;
VALORE ECONOMICO ANNUO GLOBALE DI N. 70.000 STUDENTI “RIENTRATI” IN SEDE € 1.120.000.000,00 (si, unomiliardocentoventimilioni!)

Se poi si considerassero le spese “in nero”, verosimilmente, il costo pro capite reale a carico delle famiglie potrebbe anche attestarsi in € 20.000,00 annui facendo levitare il “valore economico” annuo globale ad € 1.400.000.000,00 (unomiliardoquattrocentomilioni!) e sono solo i “rientrati a casa” perché il valore complessivo degli studenti fuori sede nel 2019 era cinque volte superiore e quindi di € 7.000.000.000,00 (settemiliardi!!!)

Niente male come business! I terroni sporchi&cattivi hanno reso ben bene ai buoni samaritani del nord che sono riusciti egregiamente a sopportarne il puzzo di cani notoriamente poco gradito a Salvini ed ai suoi scagnozzi.
Pur andando via quei 70.000 terroni e dovendo rinunciare a ben 1,4miliardi si possono consolare con i restanti 270.000 terroncelli che rendono circa 5,4 miliardi l’anno.

E che dire dell’ultimo report sulla disponibilità di alloggi nella sola Milano?
Rispetto al 2019 c’è una disponibilità aumentata del 140% e sembra che anche le ultime resistenze stiano ammorbidendosi dinanzi all’atroce realtà che gli affitti dovrebbero ridimensionarsi ed i proprietari dovranno rassegnarsi a guadagnare meno per colpa di questi dannati terroni che non intendono farsi trattare da bancomat. Che vergogna!
Non ci sono più quei vecchi bravi terroni sottomessi e pronti a farsi sbattere in una soffitta o in una cantina e ringraziare pure.

Questa situazione riporta a bomba su un quesito apparso negli ultimi tempi: “E se il Sud smettesse di comprare i prodotti del nord, anche solo un 10/15% in meno…”quel bel fatturato del 70% derivante dagli acquisti di prodotti del nord, dove lo si va a recuperare? In Uzbekisthan o in Kazakisthan?

*Movimento M24A Equità Territoriale – SICILIA

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/08/26/universita-il-controesodo-dei-fuorisede-per-colpa-del-covid_2560de0f-9131-4f23-8abf-de2961b6e15c.html




Trobatura Alla Sicilia

AFFARISTI DEL NORD SEMPRE IN AZIONE. LE OLIMPIADI INVERNALI 2026 MILANO – CORTINA CON I SOLDI DEL RECOVERY FUND DELL’UE. IL SUD? PUO’ ATTENDERE

di Enzo Lionetti*
All’indomani dell’assegnazione delle Olimpiadi invernali 2026 di Milano-Cortina, il Sindaco Sala (PD), i Presidenti Fontana (Lega Nord) e Zaia (Lega Nord) hanno esultato a più non posso per la grande abbuffata di lavori, opere e infrastrutture catapultate sull’asse lombardo-veneto.
Trampolino di lancio per la rielezione di Sala e Zaia, anche a livello nazionale.
Con i soldi del bilancio pubblico dello Stato italiano, con i soldi di tutti gli Italiani.
La legge finanziaria 2020 ha stanziato 1 MILIARDO di euro tondo tondo per le Olimpiadi Invernali 2026 di Milano- Cortina.

Alla faccia delle dichiarazioni iniziali che le Olimpiadi dovevano essere finanziati da investitori privati e dal Comitato Olimpico internazionale, soldi da sponsorizzazioni e interventi privati.

Ma ora il Ministro De Micheli annuncia tra le righe delle sue ultime dichiarazioni date alla stampa, che tra le priorità per la ripartenza dell’Italia (DELL’ITALIA!!!!!) ci sono le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina, pensando subito a far inserire ulteriori e sostanziosi interventi di infrastrutturazione del territorio nel Piano del Recovery Fund dell’Unione Europea!!!

Occasione ghiotta ed unica, quasi irripetibile!!!

Ricordiamo le Olimpiadi Invernali di Torino del 2006?
Intervento dello Stato Italiano per quasi 5 MILIARDI di euro!!!
Pagati dal bilancio pubblico nazionale e da debiti del Comune di Torino, in minima parte.

Sono già partite le progettazioni sull’asse lombardo-veneto in modo tale da presentarle ad ottobre nel Piano per la Ripresa del Recovery Fund!!!!

Mentre i soldi per le Olimpiadi invernali 2026 si trovano immediatamente, nella legge finanziaria 2020 per 1 miliardo di euro ed in più ora per almeno 2-3 MILIARDI nel Recovery Fund, per il Ponte sullo Stretto di Messina stiamo ancora a pensare se fare il Ponte o fare il Tunnel.
Valutiamo, analizziamo, riflettiamo e… poi si pensa…

Il Sud condannato all’immobilismo, la Sicilia condannata all’isolamento, mentre l’asse lombardo-veneto per le Olimpiadi Invernali 2026 di Milano-Cortina mette in cantiere 5-6 miliardi di euro.

Se per Bocconi e Ca’ Foscari il moltiplicatore degli investimenti delle Olimpiadi Milano Cortina è elevato, per il Ponte sullo Stretto di Messina il moltiplicatore degli investimenti è enorme, come risulta dagli studi già approvati dal competente Ministero dei Lavori Pubblici con progettazione già eseguita e contratti siglati.

Ma per il Ministro De Micheli la priorità NON È IL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA, MA SONO LE OLIMPIADI INVERNALI DI MILANO-CORTINA.

Tutto, pur di condannare il SUD all’immobilismo ed all’isolamento.

E chi se ne frega se i soldi del Recovery Fund devono essere assegnati in base al divario del PIL tra Nord e Sud e in base alla disoccupazione elevatissima al Sud!!
E chi se ne frega se gli investimenti del bilancio pubblico italiano devono essere assegnati con il criterio dell’Equità Territoriale sancito in Costituzione.

Per loro vale solo il criterio “Dummy” in italiano Pagliaccio, ovvero con le risate e con la gioia vi fottiamo i soldi senza che ve ne accorgete, stupidi meridionali.
*direttivo nazionale M24A-ET




Annunci ridicoli

SENZA PUDORE

di RaffaeleVescera*
La ministra Pd alle infrastrutture de Micheli dà l’annuncio trionfale che, terminati i lavori, il tratto ferroviario Ravenna-Rimini sarà percorribile in appena 30 minuti, invece che negli attuali 58. Auguri e congratulazioni alla ministra e al Partito Unico del Nord che rappresenta degnamente. Vogliamo solo ricordare che in Sicilia per andare in treno da Siracusa a Trapani occorrono ancora 14 ore, stesso tempo occorre per fare Bari-Reggio Calabria, mentre al treno per Matera non bastano 160 anni di percorrenza.
Altra soddisfazione esprimiamo per il ponte Morandi di Genova, ricostruito in tempo record con i soldi di tutti i cittadini italiani, anche di quelli meridionali che attendono da 20 anni la ricostruzione dei ponti crollati al Sud.
*direttivo nazionale M24A-ET




Il Gattuso nostro

SE TUTTI TIRASSIMO FUORI IL GENNARO GATTUSO CHE ESISTE IN NOI.

Essere Gattuso oggi non significa solo chiamarsi Gennaro, essere un campione pluripremiato o un allenatore vincente.
Essere Gattuso oggi significa ORGOGLIO CALABRO, significa lotta, sacrificio, forza, temperamento, realizzazione, fierezza identitaria.
Ieri sera, il solito becero, ignorante, piccolo uomo del nord, collaboratore di Inzaghi, insulta gratuitamente il nostro Gennaro, allenatore del Napoli, “terrone di merda” dice l’ignorante, “vieni a dirmelo in faccia” risponde il mastino di Corigliano Calabro e qui scatta il finimondo, Gattuso VS l’intera panchina della Lazio, una furia contro 20 “ominicchji impauriti” che si nascondono uno dietro l’altro da buoni codardi, soprattutto dietro una infima ideologia razzista.
A mente lucida, dopo la lezione di calcio impartita (NAPOLI 3-1 LAZIO, unico gol laziale di Ciro Immobile, napoletano doc, insignito della scarpa d’oro, come miglior realizzatore d’Europa) nell’intervista post-match, Gennaro da vero uomo si assume le responsabilità del caos scoppiato in campo, sostiene che l’arbitro avrebbe dovuto buttarlo fuori (espulso) e non cita minimamente persone e insulti ricevuti, da gran signore, tuttavia nemmeno si scusa o si pente, perché lo rifarebbe altre 1000 volte, perché essere meridionale non è mai una colpa, perché essere chiamato terrone è un orgoglio se detto per indicarti come “uomo legato alla propria terra”, ma se lo usi per insultarmi, denigrarmi e farmi sentire inferiore, ti asfalto! Ti dimostro quanto nel tempo siamo stati e saremo superiori a te, del nord, che campi a pane e insulti, ti ricordo che quando noi eravamo già culla di civiltà, tu vivevi una palude territoriale e culturale, che quando in Calabria Pitagora illuminava il mondo matematicamente, tu non sapevi nemmeno contare, ed oggi grazie ai nostri studi puoi contabilizzare la sperequazione, gli scippi, i furti e gli introiti che ogni anno da un secolo e mezzo compi ai danni di quel sud che ti ha fornito le basi culturali, quelle che evidentemente non hai acquisito a pieno, se non riesci a razionalizzare un pensiero e ti nascondi dietro il solito termine, terrone. L’immagine sotto, rappresenta perfettamente, la situazione psicologica, culturale e mentale “dell’Italietta” di oggi. Taci ed abbi paura, trema, perché io sono Meridionale, Napolitano, Meridionalista, Duosiculo, Brigante, Calabrese!
SIAMO TUTTI GATTUSO, SIAMO TUTTI TERRONI.

SISONOFINALMENTEROTTIGLIINIQUIEQUIBRI

Pierfrancesco Scar
Referente Provinciale
M24A-Equità Territoriale
Vibo Valentia




Sud sott’attacco

IL SUD, CON QUESTI DUE, È FOTTUTO.
di Paolo Mandoliti*
Se qualcuno aveva ancora dubbi sull’ineffabile politica nord centrica anche del PD, e di Italia Viva, ora può definitivamente mettersi l’anima in pace.
Partiamo dal responsabile dem per l’economia, professore di Storia Economica (guarda un po’, come il Ministro Gualtieri – e ricordiamolo che storia economica è, appunto, storia, e non necessariamente chi la insegna capisce di micro o macro economia) che definisce “il sud come beneficiario netto”, dimenticando di dimostrare in base a quali dati dia questa definizione. Definire il sud come beneficiario netto significa scomporre i dati nazionali (quanto l’Italia contribuisce al bilancio europeo) in regionali (quanto ogni regione contribuisce al bilancio europeo) in base all’art. 311 TFUE. Poi è necessario calcolare quanto l’Europa dà all’Italia con i diversi programmi europei (FSE, FC, FESR, ecc.) e scomporre questi dati in regionali. Tenendo conto di un fattore: se l’Italia prende 100 li prende perché all’interno di un “sistema Paese” (a cui fa riferimento, a convenienza il professor Felice) come l’Italia, abbiamo diverse situazioni di iniquità: regioni “ex obiettivo 1, oggi definite” regioni meno sviluppate”, ovvero quelle regioni con un PIL procapite inferiore del 75% della media europea, poi c’erano le “regioni obiettivo 2” oggi definite “in transizione”, con un PIL procapite uguale o superiore al 75% ed inferiore al 90% della media UE, ed infine le più sviluppate (PIL pro capite >=90% della media UE). Un “sistema paese” in cui più di un terzo della popolazione è economicamente più debole della restante parte del Paese (tralasciando il fatto che nelle regioni cosiddette più sviluppate, la media del PIL procapite è data dalla enorme concentrazione della ricchezza sproporzionata in poche persone, prova ne è la recente stima che oltre il 15% delle famiglie al Nord, la locomotiva, è a rischio povertà, rispetto al sud dove il dato, maggiore, è più omogeneo). Di chi la colpa di questa disomogeneità?
Poniamoci questa domanda, prima di invocare “il sistema Paese”. Ed un professore di storia economica, al di là se conosca o meno i fondamentali della micro e macro economia, dovrebbe ben sapere che la disomogeneità di cui è vittima una parte consistente del Paese, è colpa delle politiche economiche SBAGLIATE, da oggi e fino dal 1861, a cui il Mezzogiorno è stato deprivato e depauperato (rubato) di risorse che gli spettavano (e spettano). Per cui, Emanuele Felice, prima di sparare cretinate (c’è la mia firma, aspetto denuncia) dovrebbe porsi questa domanda: non sarebbe forse il caso di non tirare troppo la corda, lui e tutto il PD, prima che la stessa corda si spezzi?
E veniamo a Mr. DUMMY, al secolo Luigi Marattin, neo presidente della commissione finanze della Camera. Come possiamo sperare, noi terroni, se a guidare una delle due commissioni che deciderà il futuro della ripartizione tra le regioni del Recovery Fund (quella del Senato sembra destinata a Renato Brunetta, Veneto e razzista – anche qui aspetto denuncia, ricordandogli le dolci parole che dedicò alla Calabria e a Napoli) è affidata all’inventore delle variabili cosiddette DUMMY che deprivano il Mezzogiorno di 61 miliardi all’anno (lo dice perfino Boccia!!!) dal 2001, anno della riforma del titolo V della costituzione (compreso) ad oggi?
Purtroppo, se queste sono le premesse, in cui gli altri protagonisti sono Giorgetti, colui che secretó i verbali della commissione finanze della Camera perché si diceva “cosi fottiamo il Sud” , e compari del partito unico del nord (partito unico del fotterci), stavolta il Sud è definitivamente FOTTUTO.
(Ma mettetevi l’animo in pace, stavolta non ve la renderemo facile, tipo la “secessione dei ricchi”, che anche STAVOLTA LA FARETE LA PROSSIMA VOLTA)!!! 😉
*Direttivo Nazionale M24A-ET




Recovery fund e Meridione

IL MOVIMENTO PER L’EQUITÀ TERRITORIALE. DEL RECOVERY FUND, CON I CRITERI EUROPEI E L’INTERDIPENDENZA ECONOMICA, 145,2 MILIARDI A SUD, 67,3 A NORD

Al Mezzogiorno 147,2 dei 209 miliardi del Recovery Fund, considerando i criteri per la distribuzione delle risorse dettati dall’UE e quelli della interdipendenza economica Nord-Sud. Sono i conteggi fatti dalla Commissione economica del Movimento per l’Equità territoriale. In caso contrario, a Sud e Isole, di fatto, non solo non andrebbe il 40 per cento dei fondi annunciato dalla ministra ai Trasporti De Micheli, ma nemmeno il 34 minimo che spetta per legge, in proporzione alla popolazione.
La Comunità europea ha messo a disposizione quasi 809 miliardi di Euro per fronteggiare la grave crisi economica indotta dall’epidemia covid, assegnando all’Italia la fetta più consistente, 209 miliardi, perché ha tenuto conto di tre fattori: la popolazione residente, il reddito pro-capite e il tasso di disoccupazione medio degli ultimi 5 anni.
Gli ultimi due (reddito poco più della metà che al Nord e disoccupazione tripla) favoriscono il Mezzogiorno a cui, nonostante il 34% della popolazione e il 40% del territorio, lo Stato destina appena il 26% della spesa pubblica e sottrae 61 miliardi di Euro l’anno, come certificato dall’ente di Stato Conti Pubblici Territoriali.
Calcolando la quota spettante al Sud e Isole, con i tre criteri stabiliti dall’Ue, al Centro Nord spettano 63,7 miliardi, al Sud e Isole 145,2, ovvero il 70% del totale. Però, mentre un euro investito al Nord produce un beneficio di appena il 5% verso Sud e Isole, un euro investito al Sud ne genera uno di 40,9% verso il Centro-Nord. È l’effetto di “interdipendenza economica”. Quindi, la ricchezza nazionale cresce se a crescere è il Sud: negli anni in cui l’economia italiana correva su due gambe, Nord e Sud, quelli del dopoguerra e in cui i governi investivano un po’ di più al Sud, con la Cassa per il Mezzogiorno, sono stati quelli record per la nostra economia. Secondo una tabella ufficiosa che si fa risalire alla ministra De Micheli, invece, al Centro-Nord andrebbero 125,4 miliardi, al Sud e Isole solo 83,6: il 40% del totale a fronte del 70% dovuto in base ai criteri europei.
Di più, tenendo conto dell’effetto interdipendenza, con la ripartizione penalizzante della De Micheli, al Nord in definitiva andrebbero oltre 153 miliardi di Euro, al Sud solo 55,6, ovvero il solito 26% per una popolazione del 34%.
Alle risorse della Unione Europea, l’Italia dovrebbe però aggiungere fondi nazionali per recuperare il gap di risorse finora sottratte al Sud e alle Isole, per ridurre il divario economico e di infrastrutture del Mezzogiorno con il resto del Paese e realizzare l’equità territoriale. Tutti gli investimenti a Sud dello Stato italiano (e delle società di proprietà statale), quindi, dovranno tenere conto, d’ora in poi, anche della variabile “effetto interdipendenza” (quel 40 per cento che da Sud torna a Nord), se davvero si vuol “rimuovere”, come scritto nella Costituzione, la distanza scavata da anni di iniquità fra due aree dello stesso Paese.

IL MOVIMENTO PER L’EQUITÀ TERRITORIALE. DEL RECOVERY FUND, CON I CRITERI EUROPEI, 145 MILIARDI A SUD, 64 A NORD