Tonfo azzurro ma euforia collettiva

Di Stefano Apollo

Doveva arrivare anche con una piccola il passo falso, ed è arrivato puntuale in Coppa Italia ma oserei dire “meno male”. Se proprio doveva capitare almeno non ha fatto malissimo, anche se a mio parere la Coppa era uno dei principali obbiettivi degli azzurri. Non posso pensare che la Champions all’inizio dell’anno, ma anche a questo punto della stagione, doveva essere un traguardo perseguibile ma comunque abbiamo la possibilità di andare avanti nella competizione più blasonata anche se resta il rammarico per un tabellone che ci avrebbe spalancato le porte della finale.
Riguardo alla gara ,è stata una partita molto piacevole con tanti ribaltamenti di gioco nel primo tempo, visto una Cremonese che ha giocato a viso aperto ed il Napoli che, con una squadra totalmente rivoluzionata, ci ha messo più tempo ad esprimere il suo consueto gioco.

Grigiorossi in vantaggio con Pickel abile a raccogliere un assist al bacio di Dessers, reazione degli azzurri che nel giro di tre minuti ribaltavano il risultato con Juan Jesus in mischia e con uno stacco imperioso del Cholito Simeone su preciso assist di un positivo Zerbin.
Nella ripresa il Napoli controllava agevolmente la gara ed aveva il demerito di non chiudere il discorso qualificazione, cosi’ puntuale arrivava il pari nel finale con Afena-Gyan.

Supplementari poi a senso unico che riflettevano gli azzurri in vantaggio di un uomo per l’espulsione tardiva di Sernicola; infine un assalto inutile con tante occasioni sprecate.
Alla lotteria dei rigori gli azzurri sono stati condannati da un errore di Lobotka. Grigiorossi perfetti senza errori… La Cremonese cosi’ approda ai quarti contro la Roma ed Il Napoli si ritrova a rimuginare sugli errori fatti.
A mio parere e’ opportuno mostrare un grande rispetto per il lavoro di Luciano Spalletti ma l’ eccessivo il turnover fatto dal tecnico toscano che ha letteralmente stravolto la squadra per cui la vittoria e’ apparsa desiderata con meno zelo del solito: poteva secondo me fare meno cambiamenti.
Adesso bisogna dimenticare in fretta questa parentesi negativa e concentrarsi sulla gara di sabato a Salerno dove troveremo i granata con un nuovo allenatore e soprattutto arrabbiati e delusi dopo il tondo di Bergamo. La tifoseria partenopea sembra aver subito glissato sul passo falso della loro squadra, senza esimersi dall’edulcorare il regista autore dello svarione in area piccola, come grande calciatore cui puo’ succedere un passo falso del genere. All’interno dei social, dei gruppi d’opinione, delle pagine social dei principali giornali, si riscontra una reazione collettiva estremamente comprensiva e pacifica verso il gruppo ed i singoli, per mezzo della posizione egemenica che vede il Napoli entusiasticamente staccato dalle principali squadre milanesi.




Messina Denaro indigna Pino Aprile, i meridionalisti e gli italiani: ecco i soldi

E’ stato finalmente catturato l’ultimo tra gli storici e principali esponenti della Mafia: la storia di Matteo Messina Denaro è stata anche una storia di amori e relazioni. All’inizio fu Andrea, una giovane austriaca che gli aveva fatto perdere la testa. Poi è arrivata Francesca, che al superboss ha dato anche una figlia. E tra una storia e l’altra nella vita del padrino ha fatto irruzione Maria Mesi, la donna che forse di più ha contato nella sua vita e che è stata anche condannata per favoreggiamento, dopo averlo ospitato e accompagnato durante la latitanza. La presenza di tante donne traccia già il profilo di un “padrino moderno” che, almeno nella vita privata, ha segnato una forte discontinuità con il sistema di valori familiari e sentimentali della mafia tradizionale. Tuttavia i meridionalisti capeggiati dallo scrittore e giornalista Pino Aprile e collocati nelle proprie seguitissime pagine social, aborriscono la narrativa di questa incarcerazione, biasimando gli appoggi all’interno della Sicilia e di Palermo, dati al supercriminale, sotto l’egida e la regia della politica di Roma e del governo delle forze militari, di polizia e delle giustizia.

Si riscontra un profluvio di insulti ed indignazioni, dai social, per una vittoria “ipocrita” dello stato decantata dal presidente del Consiglio, in seguito ad una latitanza definita fittizia, ad una forza criminale ormai stroncata ed un’operazione pubblicitaria dinanzi al calo di proseliti del governo. Cosi’ si rimprovera alla politica un arresto pleonastico che comportera’ un sostegno medico a Messina Denaro con chi ironizza anche su una sorta di pensione e letto che lo stato garantira’ a tale assassino ormai impotente ed ininfluente.

“Sei la cosa più bella che ci sia”, recita il messaggio che Messina Denaro aveva indirizzato alla “sua” Maria affidandolo a uno dei “pizzini”, intercettati dagli investigatori. L’ultima primula rossa di Cosa Nostra fu condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia; e per le stragi del ’92 che stroncarono la vita di Falcone e Borsellino, i magistrati piu’ iconici d’Italia.

La latitanza di Messina Denaro e’ durata trent’anni. Il capomafia risulta visibilmente ingrassato rispetto alle ultime foto disponibili risalenti a qualche anno fa ed era ricoverato in una clinica di Palermo, da cui e’ uscito ammanettato con occhiali, cappellino ed abbigliamento modesto.

L’ultima “primula rossa” di Cosa Nostra, 60 anni, è stato condannato all’ergastolo per decine di reati, tra i quali gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 38 anni.

Enfant prodige del crimine, destinato per legami di sangue ad assumere un ruolo in Cosa nostra, ha sempre amato sparare. A 14 anni sapeva maneggiare le armi, a 18 ha commesso il primo omicidio. “Con le persone che ho ammazzato io, potrei fare un cimitero”, aveva confidato a un amico. In linea con la strategia stragista dei corleonesi, ai quali, come suo padre, resterà sempre fedele alleato, è coinvolto in molteplici reati. Un ruolo, quello di Messina Denaro emerso solo quando la Procura di Caltanissetta, che ha riaperto le indagini sugli attentati, ha chiesto la custodia cautelare per il boss di Castelvetrano e a ottobre del 2020 lo ha fatto condannare all’ergastolo. Secondo gli investigatori sarebbe stato presente al summit voluto da Riina, nell’ottobre del 1991, in cui fu deciso il piano di morte che aveva come obiettivi i due magistrati.

I pentiti raccontano, poi, che faceva parte del commando che avrebbe dovuto eliminare Falcone a Roma, tanto da aver preso parte ai pedinamenti e ai sopralluoghi organizzati per l’attentato. Da Palermo, però, arrivò lo stop di Riina. E Falcone venne ucciso qualche mese dopo a Capaci. Un ruolo importante “Diabolik” lo ha avuto anche nelle stragi del 1993 a Roma, Firenze e Milano. Imputato e processato è stato condannato all’ergastolo per le bombe nel Continente.

La sua latitanza è cominciata a giugno del 1993. In una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, aveva preannunciato l’inizio della vita da Primula Rossa. “Sentirai parlare di me – le aveva scritto- facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità”.

Il padrino trapanese nella sua carriera criminale ha collezionato decine di ergastoli. Riconosciuto colpevole di associazione mafiosa a partire dal 1989, l’ultima condanna per mafia è a 30 anni di reclusione in continuazione con le precedenti. Il tribunale di Marsala per la prima volta gli ha riconosciuto la qualifica di capo nel 2012. E una pioggia di ergastoli il boss li ha avuti anche nei processi Omega e Arca che hanno fatto luce su una serie di omicidi di mafia commessi tra Alcamo, Marsala e Castellammare tra il 1989 e il 1992.

Soldi, tantissimi soldi. Quantificare il tesoro di Matteo Messina Denaro è difficile anche per gli investigatori. Ma una stima, per difetto, dei guadagni di una vita di traffici di droga, estorsioni, riciclaggio nei settori più disparati,si può azzardare sulla base di quel che lo Stato, negli anni, è riuscito a sottrarre al padrino di Castelvetrano e ai suoi prestanome. Si parla di quasi 4 miliardi di euro.
Una parte della fortuna è stata accumulata con investimenti nelle rinnovabili, in particolare l’eolico, settore “curato” per il boss dall’imprenditore trapanese Vito Nicastri, l’ex elettricista di Alcamo e pioniere del green in Sicilia, che per anni avrebbe tenuto le chiavi della cassaforte del capomafia.
Poi c’è l’edilizia e la grande distribuzione, attraverso la ‘6 Gdo’ di Giuseppe Grigoli, il salumiere diventato in poco tempo il re dei Despar nell’isola al quale furono sequestrati beni – di proprietà del boss secondo i magistrati – per 700 milioni.
E il turismo: ci sarebbero stati i soldi del capomafia, secondo i pm, nell’ex Valtur, un colosso del valore di miliardi di proprietà di Carmelo Patti, l’ex muratore di Castelvetrano divenuto capitano d’azienda che, come Al Capone, finì nei guai per un’accusa di evasione fiscale. Braccio destro di Patti, raccontano le inchieste, era il commercialista Michele Alagna, padre di una delle amanti di Messina Denaro, Francesca, che al boss ha dato una figlia mai riconosciuta. Nel 2018 il tribunale di Trapani gli sequestrò beni per 1,5 miliardi, una delle misure patrimoniali più ingenti mai eseguite, disse la Dia. I sigilli vennero messi a resort, beni della vecchia Valtur, una barca di 21 metri, un campo da golf, terreni, 232 proprietà immobiliari e 25 società.
Sempre per restare nel turismo l’ombra di Matteo, raccontano le inchieste, si allungherebbe anche dietro al patrimonio di Giovanni Savalle, per anni un signor nessuno con piccoli precedenti per reati fallimentari, ragioniere iscritto all’albo dei commercialisti divenuto proprietario del resort Kempisnky di Mazara del Vallo. La Finanza gli sequestrò 60 milioni. A parlare dei rapporti tra Savalle e il capomafia di Castelvetrano fu il medico affiliato alla ‘ndrangheta Marcello Fondacaro, che ha raccontato di un progetto imprenditoriale del boss trapanese: un villaggio a Isola Capo Rizzuto che prevedeva la partecipazione al 33% di Cosa nostra e ‘Ndrangheta.
I tentacoli di Messina Denaro sarebbero arrivati anche in Venezuela, regno dei clan Cuntrera e Caruana che da Siculiana, paese dell’agrigentino, colonizzarono Canada e Sudamerica diventando monopolisti del narcotraffico. Un pentito “minore”, Franco Safina, raccontò che Messina Denaro aveva un tesoro in Venezuela creato investendo 5 milioni di dollari in un’azienda di pollame. Per gli inquirenti un evidente escamotage per riciclare i proventi del traffico di stupefacenti. E di Venezuela parlò anche il collaboratore di giustizia Salvatore Grigoli, il killer di don Pino Puglisi. Ferito in un attentato, si era nascosto ad Alcamo, nel trapanese. “Se vuoi, per un certo periodo te ne vai in Venezuela e stai tranquillo”, gli avrebbe detto il padrino che, sospettano gli inquirenti, in Sudamerica come pure in Tunisia, sarebbe andato anche da latitante.
Ma se, come sono certi i magistrati, solo una parte del tesoro del padrino è stata trovata e confiscata, a quanto ammonta il suo patrimonio? Le ricchezze illecite ancora da scoprire sarebbero enormi. A partire dai soldi che gli sarebbero stati affidati da Totò Riina. “Se recupero pure un terzo di quello che ho sono sempre ricco”, diceva il capomafia corleonese, intercettato, parlando durante l’ora d’aria con un altro detenuto. “Una persona responsabile ce l’ho e sarebbe Messina Denaro. Però che cosa fa per ora questo Matteo Messina Denaro non lo so. Suo padre era uno con i coglioni” , spiegava all’amico mostrando una qualche diffidenza sulla capacità gestionale del boss trapanese. E rivelando che parte del suo patrimonio potrebbe essere stato affidato proprio agli alleati di Castelvetrano.

Vocabolario

*Proseliti: voti, appoggi.

*Biasimando: condannando.

*Aborriscono: rifiutano con forza.




Tifoso bambino morto

Di Rita Lazzaro

Quanti sogni ha un ragazzo di 16 anni?
Tanti quanti è la sua voglia di viverli per realizzarli.
Purtroppo non è stato così per Alessandro Buonocore, il piccolo tifoso del Napoli, morto all’età di 16 anni dopo aver lottato a lungo contro un brutto male.
Qualche anno fa il ragazzo era apparso in tv nel corso della partita Napoli-Sassuolo quando aveva accompagnato le squadre in campo. Un momento di gioia in seguito trasformato in un atto vile e ignobile per mano dei fanatici da tastiera. Infatti il giovanissimo tifoso del Napoli fu deriso e bullizzato per il suo peso da molti utenti, non curanti della sua giovane età e della malattia che lo accompagnava.
Una vicenda vergognosa che porto’ l’intervento del Calcio Napoli.
Alessandro in seguito ai vili attacchi era riuscito ad incontrare il suo idolo: Lorenzo Insigne. Ha anche partecipato alla trasmissione televisiva “La vita in diretta” dove aveva detto: “Mi hanno bullizzato sul web, nei primi minuti hanno detto che ‘avevo mangiato Insigne, il pallone…’ prima di scendere in campo. Ci sono rimasto un po’ male, ma ho pensato che alla fine volevano stare loro al mio posto“. Però, non è mancata la vicinanza di chi veramente gli vuole bene: “Mi hanno detto di starmi vicino, di non preoccuparmi e non pensare agli altri. E Io voglio starli a sentire“. Infine, una risposta agli insulti: “Io sono fiero di essere napoletano e la passione per il Napoli non potrà togliermela mai nessuno. Guardate solo a voi“.

Un ragazzo fiero delle sue origini e orgoglioso della sua squadra ma soprattutto un vincitore perché ha lottato fino alla fine senza mai arrendersi né tanto meno fermarsi di fronte al male dei mali: la cattiveria del genere umano.
Una storia su cui riflettere sia sotto l’aspetto umano che giuridico. Per quanto concerne il primo, da ricordare che il bullismo assieme al fallimento scolastico è tra le principali cause di suicidio tra i giovani. Queste rappresentano problematiche che non sono state affrontate e quindi risolte né sotto il profilo socio culturale né tanto meno giuridico.
In relazione al bullismo, ad esempio, non vi è alcuna norma diretta a contrastarlo tenendo conto della giovane età del carnefice e della vittima e di conseguenza cercando un sistema rieducativo a cui affidarsi per combattere così questa piaga umana, sociale; ma anche una falla normativa. E’ proprio questo vuoto esistente nel nostro ordinamento che fa sì che bullismo e cyberbullismo continuino ad espandersi a macchia d’olio nonostante i loro effetti devastanti dove il suicidio della vittima rappresenta solo l’apice di condotte improntate su sevizie e violenza.
Tragedie che, sicuramente, non fanno onore a uno Stato la cui tutela dell’infanzia e dell’adolescenza è un valore Costituzionalmente riconosciuto.
Uno Stato che deve essere in difesa degli ultimi e dei più fragili e che, sicuramente, ha tanto da imparare dal piccolo tifoso del Napoli.
La sua e’ una storia fatta di sogni, passione e voglia di vivere. Valori che niente e nessuno ha il diritto di calpestare e che, per questo motivo, devono essere difesi a spada tratta dalle istituzioni.
Tali istituzioni magari, dovrebbero prendere esempio proprio dal mondo dello sport. Un mondo che fa sentire la sua voce di fronte agli atti di bullismo e ad altre nefandezze che colpiscono i giovani e giovanissimi.
Tragedie che dovrebbero fungere da calcio di inizio per dar vita a una serie di goal delle istituzioni in difesa del nostro futuro anziché tradursi nel loro ennesimo autogol nella difesa dei diritti.




Notizie da sud

A Verona un falso storico che la fa’ arricchire viene smascherato dai redattori della pagina Facebook di Pino Aprile “Terroni”. Nel 1935 furono fatti dei lavori di ristrutturazione ad un edificio palesemente popolare.
Quel balconcino che fa fare milioni di visitatori paganti è falso quanto il mito che si correla. Eppure in Veneto si supera il primo impasse con un sorriso e la solita propagandistica “laboriosità”. Ma nell’era delle fake news, è più semplice definire l’operazione restauro anziche’ truffa aggravata, nel caso di Romeo e Giulietta.

Nella foto il prima e il dopo con il “balconcino” di Giulietta che miracolosamente appare.

Sud piu’ povero e salari ai minimi. Con il progetto di salario minimo sparito dall’agenda politica, il reddito medio risulta li’ sempre piu’ basso. 21000 € lordi annuali per lavoratori del privato, 16000 agli operai e 15000 verso gli under 30, con contratti che sovente non superano i sei mesi. Lavoratori a tempo determinato con 10000€ lordi annuali e gli stagionali a 6500.

Al Sud, sono 211 le giornate medie retribuite, contro le 235 della media nazionale. Con guadagni al di sotto della soglia di #povertà, a fronte di prezzi di bollette quintuplicati ed aumenti vertiginosi dei beni di prima necessità, il Governo Meloni prepara una legge di bilancio fatta di contentini elettorali, annunciando un taglio del cuneo fiscale che farà incassare appena 15 euro al mese per chi guadagna mille euro netti, “aumento” che scende a 10 euro per chi ne incassa 750.

Con una bomba sociale alle porte e difficile da disinnescare, l’attuale Governo ha ben pensato di concentrare i suoi ministeri strategici sul processo di autonomia differenziata che non farà altro che impoverire territori già sottosviluppati. Interventi che i movimenti meridionalisti ostacoleranno con ogni iniziativa possibile, pronti a una mobilitazione che parta dal Mezzogiorno del Paese, che più di ogni altro territorio, rischia di pagare le decisioni di un governo a palese trazione settentrionale.

Vogliono la secessione? Va bene, ma alle nostre condizioni. L’eurodeputato Pedicini e’ un fiume in piena nel consesso di Bruxelles.

“Con la spinta del Partito Unico del Nord, Calderoli e il suo Governo hanno deciso di spaccare definitivamente in due il Paese. Credono che siano maturate le condizioni per cristallizzare un vantaggio socio economico ottenuto in forza di spesa pubblica concentrata da decenni al Nord.
Di fronte ad un attacco così mirato alla tenuta sociale del Paese, non si può che reagire accettando la sfida secessionista ma fissandone le condizioni.
Si restituisca al Sud la spesa pubblica sottratta nell’ultimo ventennio, ben 60 miliardi l’anno, e si proceda pure!
A quel punto, chi è davvero capace sarà in grado di dimostrarlo a pari condizioni di partenza. E vedremo chi, con le potenzialità e le competenze di cui si dispone, sarà realmente in grado di fare da locomotiva per tutto il Paese”.

Libero intanto si e’ scagliato contro la regione Basilicata ed i suoi cittadini.

In qualita’ di quotidiano nordista e razzista, il giornale irrorato annualmente di denaro pubblico, si e’ azzardato a giudicare pregiudizievolmente la Basilicata. L’articolo incriminato arriva in seguito alla autosospensione dalla Lega Nord e dalla maggioranza di due consiglieri regionali leghisti che hanno giudicato i problemi della Basilicata irrisolti da questa Giunta di centrodestra.
Il quotidiano Libero scrive che il trenino sembra finalmente arrivare a Matera dal momento che Rfi ha deliberato in tal senso. Ci sarà un binario elettrificato nella tratta Ferrandina scalo- Matera. E secondo Libero i cittadini debbono addirittura ringraziare la giunta lucana senza maggioranza e senza dignità, di centrodestra.
D’altronde non sembra una soluzione sufficiente a trasportare migliaia di turisti che si rivolgono alla città dei Sassi perché un Governo serio di centrodestra sia regionale che centrale avrebbe approfittato dei fondi del Pnrr, dati dalla Europa proprio per appianare le disuguaglianze, per costruire infrastrutture moderne, quindi la Alta Velocità da Napoli a Taranto passando per Potenza e uno scalo aeroportuale in Basilicata per favorire i collegamenti in generale. Invece bisogna accontentarsi di un premio di consolazione da parte del Ministro Salvini, e del suo Viceministro Bignami che vestiva i panni del nazista e sentirsi ridicolizzati da un quotidiano di giornalisti nordisti che esagera insultando i cittadini della Basilicata perché non esistono collegamenti interni alla Regione ed è difficile raggiungere luoghi di primo livello turistico come i laghi di Monticchio o Venosa; da cui proviene la stessa Assessora Merra leghista o meglio dalla vicina cittadina di Lavello (PZ).
Ormai però i meridionali conoscono bene i motivi della arretratezza del Sud in mano ad una politica collusa e ascara che ha sempre favorito i poteri massonici del Nord arraffoni di risorse pari a 60 miliardi annui sottratti al Mezzogiorno e che tentano di legalizzare tali soldi deviati al Nord con Calderoli, Zaia, Bonaccini e la Autonomia differenziata: o meglio la Secessione dei ricchi. Si scaldano con tali parole i promotori del Partito meridionalista “Equita’ territoriale”.

La Casetta Blu di Pellaro si riaffaccia alla comunita’. Fino a qualche anno fa era in stato di abbandono, adesso è tornata alla sua legittima proprietaria e dopo la ristrutturazione diventerà un centro esperienziale per la permacultura.
Fonte articolo: https://www.lacnews24.it




A Napoli prima universita’ “quantica”

Verrà inaugurata mercoledì 16 Novembre alle ore 9.30 presso l’Aula Magna del Polo Scientifico di San Giovanni a Teduccio dell’Università Federico II di Napoli, la prima “Quantum Computing Academy“, nata dalla partnership del CeSMA (il Centro Servizi Metrologici e Tecnologici Avanzati della Federico II) e del Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” dell’Università degli Studi di Napoli Federico II con QuantumNet (startup di NetCom Group) ed il patrocinio della Regione Campania. L’Academy si propone di formare gratuitamente 15 studenti sulle innovative tematiche del Quantum Computing. Il percorso formativo, si divide tra lezioni, tenute da docenti esperti del settore, e project work, svolti in collaborazione con le aziende private partner che supportano l’iniziativa: Leonardo, Accenture, Quantware e NetCom Group. Il programma degli interventi prevede: dalle 9.30 alle 10 i saluti istituzionali del Prof. Leopoldo Angrisani, Direttore del CeSMA; del Prof. Gennaro Miele, Direttore del Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”; del Dott. Domenico Lanzo, Amministratore Unico di QuantumNet e della Dott.ssa Valeria Fascione, Assessore alla Ricerca, Innovazione e Start up della Regione Campania. Dalle 10 alle 10.30 il Prof. Giovanni Acampora, Direttore Scientifico e Referente dell’Academy, presenterà nei dettagli la “Quantum Computing Academy”. Dalle 10.30 saranno presentati il Corpo Docente dell’Academy, le aziende partner ed i 15 studenti selezionati per partecipare alla prima edizione del Corso. La Quantum Computing Academy agirà come punto di contatto tra l’offerta tecnico-scientifica messa a disposizione dalla Federico II e la crescente richiesta di personale specializzato in grado di programmare computer quantistici, consentendo alle aziende di definire la strada verso la futura generazione di sistemi informatici. Dopo l’installazione a Napoli di un immane centro Apple, il ristorno della Federico II nell’indice di apprezzamento per l’estero e l’Italia, la politica cittadina tenta di ovviare alla penuria di infrastrutture, la desertificazione industriale e la recente emigrazione di Pioneer, con la multinazionale piu’ prestigiosa del settore informatico e binariamente accordi aziendali nonche’ coinvolgimento del tessuto produttivo limitrofo. Il tutto con un’operazione analoga al modo di operare di Luiss e Bocconi, ma in guisa semigratuita in quanto la piu’ antica universita’ pubblica del mondo si riconferma tale e non si esime di inseguire nuovi primati da aggiungere alla propria mirabile bacheca.

Vocabolario

*Guisa: modo.

Bacheca: spazio di raccolta ed esposizione

*Analoga: simile.

*Binariamente: allo stesso tempo.

*Ovviare: rimediare.

*Limitrofo: vicino.




Napoli contro Autonomia

Pino Aprile guida la fronda ad ogni autonomia verso il nord del mondo.

NAPOLI – Un Movimento che metta il Mezzogiorno al centro e combatta battaglie chiare come quella contro l’autonomia differenziata che rischia di aumentare le disuguaglianze e il divario tra Nord e Sud. E’ questo Movimento Equità Territoriale fondato da Pino Aprile e promosso dall’eurodeputato Piernicola Pedicini a Bruxelles durante la giornata con i sindaci meridionali. A parlarne con Cronache di Napoli è lo scrittore.

D. “Dai libri sulla questione meridionale ha un’iniziativa politica vera e propria di cui è il promotore. In che modo è passato dalla parola ai fatti?”.

R. “Con rammarico e controvoglia perché tutti gli anni precedenti ero stato esortato a dare vita ad un soggetto politico o ad accettare candidature da parte di partiti già esistenti del centrodestra, del centrosinistra, del M5S. Io però ero e sono convinto che non c’è politica più potente dell’informazione e della divulgazione da cui è nato tutto il resto. Quando nel 2019 ho visto Salvini passare dai mojito del Papeete al Parlamento convocandolo d’urgenza in agosto con i sondaggi che lo davano tra il 35 e 45 per cento e con l’annuncio di elezioni a ottobre, mi sono chiesto se non si stesse facendo un errore. Siccome tutti i gruppi meridionalisti mi avevano già offerto di superare le loro divisioni se il leader fossi stato io, decisi di convocare in Basilicata il 24 agosto un’assemblea. Mi aspettavo di trovare al massimo 30 o 40 persone, ma ne arrivarono seicento. Non avevo pensato neanche al nome, pensai quindi di chiamarlo Movimento 24 agosto e poi aggiunsi Equità territoriale. La gestazione è stata imprevista perché nel giro di poche settimane eravamo in migliaia di persone”.

D. “Questa nuova iniziativa sarà in continuità con quell’esperienza?

R. Sì sarà in continuità e in allargamento. Tutte le popolazioni che sono oppresse, non solo quelle meridionali, subiscono il peso di un potere esterno e sono portate al razionismo e all’odio interno. Nelson Mandela ha salvato il suo Paese, ma prima che si chiudessero gli scontri tra le sue stesse fazioni c’è stata una guerra civile. Gandhi è stato ucciso da uno dei suoi non dagli inglesi quindi questo accade sempre ed è accaduto anche al Sud”.

D. “E’ da tempo che si parla di Pnrr, siamo ancora in tempo per cogliere questa opportunità e ridurre il divario col Nord?”.

R. “Noi abbiamo una sola certezza, qualunque sia il tempo e qualunque siano le circostanze, noi dobbiamo fare qualcosa. Io non ho speranze, ma certezze. So che vinceremo. Pensate all’autonomia differenziata, doveva essere firmata il 22 ottobre 2018, noi facemmo una campagna durata mesi e riuscimmo a convincere dieci senatori a schierarsi contro. La notte prima lo staff di Di Maio prese in mano il dossier, si resero conto che non era un provvedimento da approvare. La mattina dopo saltò il Consiglio dei ministri, Fontana ci chiamò cialtroni, ma il provvedimento non venne approvato”.

D. “Questo Movimento nasce in un momento particolare, dopo le elezioni.
Come fotografa lo scenario nazionale considerata anche la descrizione fatta dall’europarlamentare Pedicini rispetto ai mille miliardi sottratti al Sud negli anni con un trend che sembra non avere fine?”.

R. “La situazione è orribile, è la peggiore possibile, ma per questo la più chiara. Non c’è da fondare un partito, ma da mettere insieme le forze meridionali. Ci sono forze interessanti oneste e perbene contro l’autonomia differenziata. Abbiamo sentito anche Pisapia oggi e c’è da pensare a Bersani, Errani, Rossi”.

D. “Cosa pensa del fatto che anche Pisapia abbia assistito all’iniziativa qui a Bruxelles?”.

R. “Se una persona ha un pizzico di onestà non può che essere contro l’autonomia differenziata, se invece sei una carogna sei a favore. La cosa è così devastante che su questo si rompe l’Italia. Il nostro è il Paese più vicino alla soglia 40 del coefficiente di Gini che misura le disuguaglianze economiche sociali tra abitanti di uno stesso Paese e quando il valore supera la soglia 40 succede che le disuguaglianze vengono ridotte, ma col sangue. Colpi di stato, sommosse, terrorismo, guerre civili’.

D. “Il M5S non è riuscito ad evitare tutto questo come diceva Crimi: se non ci fossimo noi, ci sarebbe la gente col fucile?

R. Ha un orizzonte piccolo, ma nel M5S ci sono diverse forze e c’è chi ha la mente aperta e studia e vede questo pericolo”.

D.”Cercherete di coinvolgerli?”.

R. “Ci sono anche nel Pd, c’è una linea contraria che si danna l’anima, ma non conta quasi niente nel partito. Ci sono anche in Fi. C’è la possibilità di mettere insieme tutte queste forze consapevoli. Bisogna essere pazzi per volere l’autonomia differenziata che paradossalmente può essere una soluzione per il Sud, nel senso che portato alla secessione finalmente il Sud è libero e non potrà più essere derubato dal Nord. Così se i soldi dell’Europa arrivano, anche se li rubano, se li rubano i meridionali”.

Per dovere di cronaca va ribadito il moto di disapprovazione che circola su Telegram, verso Emiliano, duplice emblema della sinistra e del meridionalismo, che aborrisce pubblicazione il reintegro dei medici no-vax. Sono molteplici i commenti che caldeggiano per lo smantellamento delle regioni, province e perfino citta’, in cambio di una effettiva centralizzazione statale delle decisioni ed azioni locali, ma imperniate sul rispetto della Costituzione. Regioni e province rappresentano sempre piu’ nell’opinione pubblica, fette di clientelarismo e potenziali satrapie che si discostano, arbitrariamente e talvolta, dai provvedimenti statali e dalla mera Costituzione.




Notizie da Sud

Bruno Giacomazzo, originario di Napoli, professore di Astrofisica all’università Bicocca di Milano, è vincitore del Premio Aspen 2022 per aver risolto un puzzle astrofisico pluridecennale. Il fenomeno osservato consiste in onde gravitazionali prodotte dalla fusione di due stelle di neutroni. La provenienza del fenomeno è una galassia lontana 130 milioni di anni luce.

“La nostra ricerca ha mostrato la compatibilità dei dati con l’ipotesi di un getto di energia collimato analogo ad ogni altro lampo di raggi gamma. Il nostro lavoro ha dimostrato che questa era effettivamente la tipica emissione di lampo dei raggi gamma con la differenza che invece di guardare la sorgente dritta negli occhi, la si era osservata di sbieco” ha spiegato Giacomazzo.

La conclusione dell’esperimento? “Le collisioni di stelle di neutroni” possono “essere l’origine dei lampi di raggi gamma brevi”.

Tratto da: Vento da Sud, Vento Brigante.

LIBERA UNIVERSITÀ IN ECONOMIA MODERNA AD ALESSANDRIA DEL CARRETTO: CON UNA GITA, LAUREA IN QUESTIONE MERIDIONALE

Pino Aprile attacca: “Tocca ripetersi: Sud è essere messi nella condizione di non fare e poi essere accusati di non fare. Ti levano la scuola o te la danno fetente o classe-pollaio (con lo stesso numero di studenti, nel Mezzogiorno fanno due classi, al Nord tre) e poi arrivano magari l’Invalsi o altri a dirti che i terroni sono ignoranti, perché preferiscono farsi regalare voti alti da professori complici, invece di studiare. Si sa come sono fatti questi meridionali, no? Volete capire come stanno davvero le cose? Fatevi un fine settimana ad Alessandria del Carretto e tutte quelle cose complicate che vi tocca leggere in trattati di economia, le vedrete stampate sulla pietra dei vicoli, delle case, sui volti degli abitanti, sulla vostra stessa faccia, fra irritata e incredula, per la strada che sarete obbligati a fare per raggiungere il paese (attenti agli avvallamenti, alle asimmetrie, ai raccordi a cunetta spacca coppa dell’olio fra tratti in pendenza e no). Non si arriva ad Alessandria del Carretto: la si scopre, perché il navigatore ti dice che mancano 600 metri e ancora sei nel meraviglioso vuoto antropico e allo stato di natura del Parco del Pollino. Devi proprio andarci a sbattere contro il cartello “Alessandria del Carretto”, per toglierti il dubbio che prima o poi ti viene: invece c’è, c’è, sta lì, ben nascosta, ma ci sta. E vale la pena: circa 400 persone, un borgo delizioso, ben conservato e recuperato, nonostante tutto, con pochi ma rispettosi mezzi, gente che non riesce a non darti del “voi” (forse lo usano anche per se stessi, quando pensano alla propria vita o si lavano i denti allo specchio); si mangia bene e si beve allo stesso livello. E per l’orgoglio convinto con cui ti spiegano il valore del proprio posto, avverti che per loro quello non è “il mio paese”, ma “la mia Patria” …”

Nel criminale ostensorio degli orrori denominato museo, intitolato al padre del razzismo italiota, c’è anche questa foto di un tredicenne con scritto accanto al suo nome “criminale”. Questo è solo un esempio della follia razzista e criminale in mostra in quel luogo che mortifica il metodo scientifico per valorizzare la figura di un pazzo che sta alla scienza come un terrapiattista sta ad un astronauta.

Il teatro tempio di Pietravairano ( Caserta) scoperto nel 2001 da Nicolino Lombardi, e finito di scavare e restaurare nel 2016 esorta un proficuo piano pubblicitario per richiamare visitatori: 2500 metri quadrati di monumento restituiti alla fruizione pubblica in 15 anni.

Lettera tradotta dall’egiziano di un migrante spirato nel 2014 mantre tentava lo sbarco in Italia desta scalpore ed acredine:”Mio adorato amore, per favore non morire, io ce l’ho quasi fatta. Dopo mesi e giorni di viaggio sono arrivato in Libia. Domani mi imbarco per l’Italia. Che Allah mi protegga. Quello che ho fatto, l’ho fatto per sopravvivere. Se mi salverò, ti prometto che farò tutto quello che mi è possibile per trovare un lavoro e farti venire in Europa da me. Se leggerai questa lettera, io sarò salvo e noi avremo un futuro. Ti amo, tuo per sempre Samir”.
Samir, Egiziano ventenne, e’ arrivato cadavere a Pozzallo a settembre del 2014. Aveva questa lettera in una busta di plastica sigillata, che è stata tradotta dalle autorità italiane.
Purtroppo, lui non ce l’ha fatta e non ha potuto spedire questa lettera.
Quante ne sono state scritte da allora? E quanti di quelli che le hanno scritte hanno fatto la fine di Samir?

Sergio D’Angelo ricalca la iniziative del Pd prettamente antimeridionali:”Non ci volevo credere stamattina quando ho letto la notizia. Una deputata del Pd eletta in Lombardia ha presentato un’interpellanza (la 2-0001) ai ministri dell’Interno, di economia e finanza, e della transizione ecologica, perché i fondi stanziati per la rigenerazione urbana sono andati quasi integralmente al Sud. Non mi stupisce che una deputata eletta nel collegio Lombardia 4 rappresenti le istanze dei propri territori; mi lascia decisamente disorientato che quell’interpellanza reca la firma di tutto il gruppo del Pd alla Camera. Sì, anche dai deputati eletti a Napoli, in Campania e in altre regioni meridionali.
Questi fondi si assegnano sulla base di dati oggettivi e misurabili perché riguardano il disagio economico, il grado di istruzione, l’affollamento abitativo, le famiglie numerose, i giovani che non studiano e non lavorano. Insomma, se le risorse vanno al Sud è perché questi parametri attestano una situazione generalizzata di sofferenza della società meridionale. In linea quindi con qualsiasi politica che si ponga l’obiettivo di riequilibrare la situazione, si dà a chi ne ha bisogno per ridurre o provare a colmare il divario esistente fra le aree del paese. Al Sud c’è più povertà ed è per questo motivo che i fondi sono stati assegnati ai nostri territori.
Se dobbiamo distribuire dieci euro, uso la cifra come mero esempio, fra due persone e una possiede già dieci euro mentre l’altra non ha in tasca nulla, con l’intento di riequilibrare la situazione, quei dieci euro vanno a chi non ha niente. Si può poi obiettare che la cifra non è sufficiente e quindi si fa una battaglia comune perché a quei dieci euro a testa se ne aggiungano altri. Io credo che questo avrebbe dovuto essere il ragionamento del Pd, soprattutto di quei deputati che vengono dalle nostre regioni e ne conoscono bene il livello allarmante di ritardo e di disagio.
Sarebbe stato un ottimo segnale per un partito chiamato a fare una vera opposizione nei prossimi anni sulla base di principi ugualitari, che non sono solo una questione di Nord e Sud, perché Nord e Sud sono due dimensioni relativamente trasversali che si concentrano anche all’interno degli stessi territori, ma che sicuramente trovano una polarizzazione nella geografia socioeconomica del nostro paese. Sarebbe bastato dare uno sguardo anche di sfuggita a tutte le statistiche del reddito e della qualità della vita prodotte dagli istituti di ricerca, per rendersene conto. Se partiamo col piede sbagliato, stiamo invece spalancando il portone a quell’Autonomia differenziata che la destra ha già annunciato di volere a tutti i costi. La pietra tombale sulle speranze non solo del meridione, ma di tutto il paese, perché se non riparte il Sud questo paese non crescerà più”.

Torna il treno storico della Fondazione FS sulla linea ferroviaria Agrigento Bassa – Porto Empedocle, definita “linea turistica” dalla Legge 128 del 2017. Una classificazione che ha comportato l’esercizio “una tantum” della linea: l’ultimo treno che l’ha percorsa risale a domenica 27 marzo 2022, in occasione delle Giornate del FAI. Il prossimo treno, rigorosamente “storico” l’ha percorsa domenica 6 novembre dopo 224 giorni di totale inutilizzo. Poi nulla, per chissà quanto tempo… Eppure la linea, a binario unico ed elettrificata, è soggetta a regolare (ed onerosa) manutenzione da parte di RFI, come se dovesse essere percorsa ogni giorno da diversi convogli. Cosa che, invece, non avviene, per la gioia dei gestori dei servizi di trasporto pubblico su gomma. Gli amministratori regionali, a cui compete il Trasporto Pubblico Ferroviario sul territorio siciliano, sembra che non abbiano mai preso in considerazione la riattivazione della linea, in barba alla tanto strombazzata mobilità sostenibile. Eppure non sono mancate, in tal senso, le richieste degli amministratori locali, sindaco di Porto Empedocle in testa. Richieste rimaste regolarmente inascoltate. Un altro dei paradossi delle ferrovie italiane, che invece di essere rilanciate come vettore di trasporto rispettoso dell’ambiente, vengono in parte destinate a mere rappresentazioni nostalgiche, nonostante la volontà dei territori e le stesse finalità del PNRR che, alle ferrovie turistiche, ha destinato qualcosa come 450 milioni di euro.

Le trivelle intanto ripartono con tanto di egida governativa in tutto l’Adriatico meridionale, eludendo Venezia.

Vocabolario

*Eludendo: aggirando, risparmiando.




Europarlamentare contro il Nord

Piernicola Pedicini addita Un partito unico del Sud che sostituisca la finta opposizione del politically correct, impedisca al Governo di attuare l’autonomia differenziata, dando vita alla secessione dei ricchi, e faccia del Mezzogiorno la locomotiva d’Italia. Cronache di Napoli ha dato spazio a questa visione con un’apposita intervista. Il Sud si desta certamente non puntando su questioni frivole, come la nomenclatura di genere, il politically correct e amenità di questo tipo. Così si ottiene solo il risultato di far bollire il Governo sul fuoco della crisi, a scapito dei tantissimi cittadini che hanno il problema di mettere il piatto a tavola e a cui vengono negati sempre più diritti, a cominciare da quello alla salute. Siamo in un Paese in cui intere famiglie hanno perso anche l’unica entrata mensile con cui sopravvivevano e dove anche l’aspettativa di vita viene definita in base al luogo di residenza, ma nel quale chi ci dovrebbe rappresentare concentra il suo tempo nella definizione corretta del presidente del Consiglio donna. E’ un effluvio di critiche bilaterali velate, quelle del politico meridionale che traccia il solco di Enzo Rivellini, eurodeputato unico al mondo a profferire un discorso interamente in napoletano al parlamento europeo.

Al quesito multiplo su qual è la percezione dell’UE rispetto al governo Meloni? Il discorso alle Camere è servito a tranquillizzare i leader europei rispetto alla posizione italiana sulla politica estera? Pedicini ha replicato:”Non so quanto possa aver tranquillizzato i leader europei. So per certo che ha suscitato non poche preoccupazioni in chi, come me, dai banchi del Parlamento Europeo, si batte fin dal primo giorno a difesa degli interessi dei nostri concittadini, a partire da quelli residenti nel Sud del Paese. Quello che si profilava come un semplice annuncio elettorale, è purtroppo divenuto un rischio concreto con la volontà, espressa in aula dalla Meloni, di dar seguito al processo di autonomia differenziata. Volontà che fa il paio con la scelta di affidare alla Lega i ministeri di Economia, Infrastrutture e Autonomia regionale, segno evidente di una strategia tesa, ancora una volta, a sfavorire il Mezzogiorno, a beneficio delle regioni già ricche del Nord. E noi dobbiamo evitare a tutti i costi che questo avvenga. La prima battaglia fattiva e’ quella che stiamo portando avanti con i sindaci della Rete Recovery Sud, affinché venga rispettato il vincolo di destinazione del 40% del Pnrr. Con una petizione portata in Commissione, abbiamo già ottenuto l’impegno dell’Europa a vigilare sulla spesa in Italia dei fondi Next Generation Eu”. L’opposizione a Meloni per il politico interpellato va concretizzata con tantissime realtà associative e con il supporto di esponenti della società civile e di cittadini attivi da anni nella politica e nel sociale: Pedicini sta organizzando una forza politica che si faccia interprete dei reali bisogni delle persone, a partire dal Mezzogiorno. Un soggetto politico che faccia da contraltare a un governo che esprime ben 20 ministri del Centro-Nord Italia ed al partito unico del Nord, che è quello di governatori come Zaia, Fontana e dello stesso presidente emiliano Bonaccini, la cui unica priorità è un’autonomia differenziata senza regole che si identifica con una vera e propria secessione dei ricchi. Non si può parlare di autonomia in un Paese in cui i fondi vengono ancora distribuiti secondo il criterio della spesa storica e dove non c’è alcuna volontà di rivedere i livelli essenziali di prestazione. Dal Mezzogiorno sono pronti alla mobilitazione, a invadere le piazze, a farsi sentire in ogni contesto istituzionale. “Saremo noi la vera opposizione, in luogo di quelli che oggi vanno in cerca della migliore definizione di genere”. Afferma Pedicini. Il quale con la propria neonata fazione politica rimarca il pericolo di ulteriore sotrrazione dei fondi europei al Sud. “Lo andiamo denunciando da tempo. La quota del 40% al Sud esiste solo sulla carta. Il problema principale è la grave carenza di organico dei comuni e delle amministrazioni del Sud, dove le risorse umane, in relazione alla percentuale di residenti, sono la metà rispetto a quelle del Nord. Questo comporta un inevitabile gap nell’efficacia dei progetti e nella loro presentazione in tempi adeguati. La qual cosa e’ causata dalle prescrizioni europee sull’austerita’ finanziaria, come un cane che si morde la coda (n.d.r.).

“Penso che sia inaccettabile sentir parlare di Mezzogiorno d’Italia come l’hub dell’energia. Il Sud non può limitarsi a essere la presa della corrente d’Europa, per il sol fatto che ha il sole. Devono dare al Sud quello che gli spetta, ovvero investimenti in infrastrutture, reti ferroviarie e viarie, grandi opere. Abbiamo da offrire molto di più che sole e turismo”. Sferza il politico a proposito dei propositi energetici espressi da Meloni.

Le zone limitrofe del napoletano, nel perorare questa causa, espongono un primato italiano in termini di scolarizzazione, tasso culturale, disoccupazione e di conseguenza devianza sociale giovanile. In seguito alla chiusura di Auchan, della Manifattura tabacco, di centri meccanici legati alla Fiat di Pomigliano ed aerospaziali correlati con il centro di aviazione maggiore d’Italia trasferito recentemente da Napoli alla provincia di Milano, il territorio si ritrova industrialmente scarno.




Ponte di Messina: attacco assurdo di Boccia

Roberto Di Maria si scaglia contro Boccia del Pd, a causa di una sorta di neonata ostilita’ governatica a questa infrastruttura nodale per il Mezzogiorno e sopratutto per le sorti del duo Calabria-Sicilia. Di Maria riserva un testo al fulmicotone contro il marito dell’ex politica Nunzia de Girolamo, oggi personaggio televisivo.

Lasciano infatti a dir poco perplessi la dichiarazioni di Francesco Boccia, (PD) rilasciate durante in una intervista a Radio Immagina. “Non venga in mente a nessuno di togliere le risorse da una finalità e spostarle su un’altra. Non si tolgono le risorse dalla transizione ecologica per metterla sul Ponte sullo Stretto, per dire una cosa nemmeno tanto a caso. Su questo niente scherzi, patti chiari e amicizia lunga“. Queste le sue parole.

La prima considerazione, a caldo, è che questo Ponte sullo Stretto sia diventata veramente un’ossessione, per il partito di Boccia. Una sorta di mostro da tirar fuori all’occorrenza, per lisciare il pelo alla parte più estremista del proprio schieramento politico, contrario, da sempre, alle Grandi Opere, di cui il Ponte è l’emblema più significativo. Un simbolo da ostacolare in ogni modo, come ci hanno chiaramente dimostrato le iniziative dei Ministri delle Infrastrutture degli ultimi due governi, esponenti del Pd o ad esso riconducibili.

Ma quello che ci meraviglia di più è il tono dell’ultimatum, degno di miglior causa.

In particolare, ci risulta incomprensibile la conclusione ”patti chiari, amicizia lunga”. Qualcuno avverta Boccia, che il suo partito è all’opposizione, ovvero in una condizione in cui parlare di “amicizia” peraltro “lunga”, appare quanto meno fuori luogo. Ed è pertanto incomprensibile che venga messa in dubbio un’amicizia che non ha motivo di esistere, a meno di clamorosi accordi sotterranei, ignoti non solo a chi scrive, ma anche agli stessi iscritti del PD.

Nel merito, ovviamente non ci risulta nulla di vero in quello che vuol far credere l’esponente dem, ovvero che il governo mediti di finanziare il Ponte togliendo risorse alla transizione ecologica. Appare, casomai, come l’ennesimo tentativo di offuscare l’immagine dell’Opera, sulla quale è stato detto di tutto, soprattutto a sinistra. Concentrandosi sull’aspetto che può destare maggior sdegno: il danno ambientale.

Peccato che Boccia ed i suoi suoi colleghi di partito dimentichino che proprio sotto il profilo ambientale la realizzazione del Ponte porterebbe con sé indubbi vantaggi. Innanzitutto per la drastica riduzione del traffico navale tra una sponda e l’altra, con abbattimento di tutte le emissioni inquinanti: per la sola CO2 è stata stimata una riduzione di 140.000 tonnellate l’anno pari al 93% di quella attuale[1]. Ma sarebbe soltanto l’effetto più immediato.

Come è noto, le merci dalla Sicilia al continente e viceversa viaggiano quasi esclusivamente su gomma. Infatti, la necessità di traghettare i treni pone praticamente fuori mercato il trasporto delle merci su ferro, a causa dell’incidenza sui costi delle operazioni di sbarco ed imbarco. Occorre, inoltre, fare i conti con il limitato numero di traghetti disponibili e di approdi sulle due sponde.

Non a caso, il trasporto merci su ferro è ormai pressoché scomparso dalla rete ferroviaria siciliana, essendo limitato alla tratta Messina-Bicocca che conta una o due coppie di treni al giorno. La presenza del Ponte e l’eliminazione della “rottura di carico” dello Stretto, comporterebbe il trasferimento su ferrovia di una quota significativa di merci, riattivandone il traffico nell’intera isola.

Il che non rappresenta un optional, ma un obiettivo di sostenibilità ambientale che la UE ha fissato da tempo, dandosi dei termini precisi: il 30% delle merci, su tutto il territorio europeo, deve viaggiare su ferrovia entro il 2030. Tale quota deve salire fino al 50% entro il 2050. Due obiettivi che, se non rispettati, non soltanto comporterebbero danni all’ambiente, ma anche pesanti sanzioni a carico del nostro Paese. Quindi, almeno per i due effetti sopra rammentati, potremmo tranquillamente affermare che il Ponte sullo Stretto rappresenta un elemento fondamentale per la transizione ecologica. E, qualora fosse vero quanto paventato da Boccia, non ci sarebbe alcuna riduzione delle somme ad essa destinate.

Si rilassi, quindi, l’ex ministro per gli affari regionali e le autonomie, e pensi piuttosto a far recuperare credibilità al suo partito. Quella dell’opposizione alle grandi opere, soprattutto al sud, non ci sembra una strada che abbia fruttato grandi consensi. Da uomo del sud, dovrebbe comprenderlo molto bene. Tutto lascia intendere che nel fronte sinistroide tradizionale della politica italiana, si proceda in modo indefesso verso l’attuazione di un’agenda dismettendo anche le conoscenze, l’affezione ed il ruolo di palladio del meridione, che Boccia si e’ trovato a ricoprire per alcuni anni. Il tutto a sostegno di un progetto di elettrificazione dogmatica e salvaguardia climatica ben piu’ esose ed insicure nell’efficacia, dei metodi odierni.

[1] Mollica G., Musca G. – Stretto di Messina e rispetto della transizione ecologica – Rotary Distretto 2110




Cosa aspettarsi in Italia dal nuovo governo?

Lo scrittore e giornalista meridionalista Pino Aprile ironizza sul governo Draghi e la sua immane rappresentanza del Nord, con quasi nulla del Sud; cio’ in proporzione al sarcasmo utilizzato da una certa stampa territoriale che etichettava Conte come trasportatore di “terroni” nelle istituzioni e nei posti cruciali della politica. Il nuovo governo Meloni è completamente diverso, con una mastodontica rappresentanza del Nord ed una novità: Il governo Draghi era molto a destra e con i ministeri dei soldi nelle mani della Lega, partito con segretario e vice segretario nazionali condannati per razzismo e fautori di una politica territoriale sebbene sedicente nazionale; mentre il neonato governo di estrema destra ha tutti i ministeri dei soldi nelle mani della Lega, partito con segretario e vice segretario nazionali condannati per razzismo. E Georgetti vera appendice di Draghi nonche’ guarentigia statale di ricezione del Pnnr, rispetto del Patto con Parigi del Quirinale considerato esiziale per l’Italia.

E adesso vediamo il clamore dei seguaci del presidente del Partito Equita’ territoriale che apostrofa cosi’ queste alte cariche statali: “Un presidente del Senato che se lo chiami fascista risponde: “Lei mi vuole lusingare”; una ministra al Turismo, socia di attività turistiche, che si proclama “orgogliosamente fascista”.

Il ministero dell’Istruzione che aggiunge alla sua denominazione “e merito”. Speriamo che ad occhio sta a significare che saranno premiati i meriti”. Eppure il presidente del Pnnr ha ammesso recentemente che l’Italia non ne avesse bisogno. Ad ogni modo questo esecutivo e’ pregnato di conflitti di interesse che dall’Ucraina alla economia alla integrita’ territoriale, non lascia presagire buoni risultati. Le questioni Invalsi o similari, in base alle quali le risorse saranno attribuite “ai primi”, come e più di quanto già avviene, spauriscono coloro che siedono nelle scuole ed universita’ meridionali. Non è pregiudizio politico; abbiamo già queste storture, si scalda l’ex direttore di Gente originario di Taranto: “meritocrazia” delle università, con le graduatorie fatte con criteri vergognosi per identificare “le migliori” (più sono ricche e del Nord, più sono meritevoli di aiuto: questa la truffa dei “criteri”) sono ancora problemi sesquipedali e nodi irrisolti. Con la mensa e il tempo pieno, esclusivamente al Nord o quasi (un “diritto” all’italiana: ce l’ha solo chi se lo può pagare), in cinque anni, gli studenti del Sud fanno un anno effettivo di scuola in meno, rispetto ai colleghi del Nord. Ma invece di “rimuovere le cause”, come da dettato costituzionale, si premiano i privilegiati e si puniscono i danneggiati.

La scuola non è un campionato, ma un servizio. Mentre le scuole comunali nel napoletano oggi continuano ad annaspare negando dal principio il tempo prolungato ed affidando al pagamento genitoriale, tirocini e laboratori come quelli di inglese e musica. In uno scenario in cui le tasse provenienti da coloro che le pagano a Napoli e zone limitrofe, si confermano uguali per entita’, agli omologhi del centro-nord.

Il ministero delle imprese in mancanza di una porzione dei servizi segreti improntata esclusivamente sulle acquisizioni aziendali e salvaguardia delle aziende nazionali potrebbe essere quasi pleonastico. Forse è un’idea sbagliata pensare che lo sviluppo economico sia opera di popolo nel suo insieme, grazie alle “imprese”, le quali risultano da intendere quali strumenti, non come fine, a parere dei critici. Di qui la mancanza di programmi di sgravio fiscale per le imprese e finanziamento pubblico ad ufo verso esse, terrorizzano innanzitutto gli industriali.

Il ministero “Affari regionali e Autonomie”, se affidato di fatto ai leghisti come Roberto Calderoli (pure lui con la condanna definitiva per razzismo), è impressione che vada inteso come “Affari” a detrimento del Sud che vede la gestione ed il guadagno di Pompei gia’ in passato affidati ad una azienda del Veneto; stesso discorso per le famigerate Catacombe di San Gennaro, senza alludere al Centro Campania e Outlet la Reggia, principali centri commerciali del sud, saldamente nelle mani di aziende e consorzi settentrionali, in ultima Firenze. “Autonomia”, ovviamente differenziata? Lo hanno dichiarato ed è il primo punto nel programma di governo a trazione leghista eludendo i Lep, costituzionalmente garantiti ma non definiti in sede parlamentare, proprio a causa dell’esortazione di Giorgetti che spauriva all’idea di dover recidere i finanziamenti alla propria controparte politica e territoriale. Finanziamenti che avrebbero premiato per la prima volta nella storia unitaria, il Mezzogiorno scevro di servizi essenziali ed infrastrutture adeguate, come postulato dai padri costituenti, dal punto di vista della quantita’ di moneta.

Giorgia Meloni e’ la prima donna sul principale scranno politico d’Italia ma non deve cio’ essere strumentalizzato per legittimare linee politiche ed economiche antitaliane. Infatti le donne ai capi di Bce e Commissione europea, oltre che di alcune politiche baltiche, stanno dimostrando quasi inettitudine se non risultati pari o peggiori ai propri predecessori maschi. Meloni tuttavia ha dimostrato di esserlo, in gamba, portando il suo partito, in pochi anni, da un pizzico per cento a primo d’Italia. E sembra attuare una linea di subordinazione politica e finanziaria ad Israele, America e Francia, per mezzo dei propri viaggi recenti, strette di mano e dichiarazioni. Il trattato del Quirinale con Parigi e’ giudicato da economisti dissenzienti come un progetto di limitazione, controllo e progressivo annichilimento della potenza di fuoco economica dell’Italia. E Meloni sembra aver rilanciato questo asse, con il beneplacito di Mattarella intento a rassicurarsi alla fedelta’ verso la Nato, all’Europa, alla Francia e ad Israele, del capo di Fdi. Tutto cio’ fa evincere un sovranismo di facciata che fa rutilare i dogmi economico-finanziari di potenze straniere, a detrimento degli interessi nazionali.

Giorgia Meloni ha bisogno di dimostrare subito che fa sul serio e che loro sono di quelli che “realizzano”, il che potrebbe far finalmente partire i lavori per il Ponte sullo Stretto, ma al ministero delle infrastrutture c’è Salvini; e la Lega si è detta per il Ponte, quando non poteva farlo e se ne è sempre dimenticato, come Berlusconi, quando poteva farlo. Al Nord, salvo alle imprese costruttrici, non conviene un Ponte che inneschi un ciclo virtuoso per l’economia del Sud.
E Meloni ha mostrato in un paio di occasioni di esser contraria all’Autonomia differenziata (perché divide l’Italia e nel suo partito amano chiamarsi “patrioti”) ma pure di esser disponibile a barattarne l’accettazione con temi a lei cari (lo stesso suo partito è grograficamente diviso sull’Autonomia).

Forza Italia è già in buona parte fagocitata da Fratelli d’Italia e anche se Berlusconi decidesse di togliere l’appoggio al nuovo governo, è pronto un neonato gruppo raccogliticcio al Senato, per parare il colpo; ma fosse la Lega a ritirarsi dalla maggioranza, se l’Autonomia non passasse, la coalizione si sfascerebbe, perché Berlusconi coglierebbe l’occasione per farla pagare alla Meloni. E la Lega caldeggia per un potenziamento del Nord pur all’interno dei lacci europei, glissando sui dettami costituzionali in questa congiuntura di costi sesquipedali, crisi sistemica che stanno deflagrando specialmente al Nord. Da qui e’ a rischio il sistema italia formato da piccole e microimprese, gravato dai postumi della pandemia e della recessione italo-europea. In uno scenario in cui le multinazionali hanno superato gia’ da un anno i problemi di liquidita’ il governo dovra’ rintuzzare gli attacchi esogeni alle altre aziende e la loro cesura del credito, tra pericoli di bombe occupazionali, patrimoniali e fiscali in arrivo.