Cosa deve aspettarsi il Sud dal nuovo governo?

di PINO APRILE

Il governo Draghi aveva una ipertrofica rappresentanza del Nord, e tracce di Sud, ma sbiadite; il nuovo governo è completamente diverso, infatti ha una ipertrofica rappresentanza del Nord, e tracce di Sud, ma sbiadite. La novità? Il governo Draghi era molto a destra e con i ministeri dei soldi nelle mani della Lega, partito con segretario e vice segretario nazionali condannati per razzismo; mentre l’inedito governo di estrema destra ha i ministeri dei soldi nelle mani della Lega, partito con segretario e vice segretario nazionali condannati per razzismo. Però, per la prima volta, il capo del governo è una donna. Ah, beh, allora…

E adesso vediamo che succede con:
un presidente del Senato che se lo chiami fascista risponde: “Lei mi vuole lusingare”;
una ministra al Turismo, socia di attività turistiche, che si proclama “orgogliosamente fascista”;

il ministero dell’Istruzione che aggiunge alla sua denominazione “e merito”. Una cosa che mette i brividi. Speriamo di sbagliare e aver capito male, ma a occhio sta a significare che saranno premiati i meriti. Giusto, no? Giusto un ciufolo: ci troveremo con le patacche di classifiche Invalsi o robaccia del genere, in base alle quali le risorse saranno attribuite “ai primi”, come e più di quanto già avviene. Non è pregiudizio politico; abbiamo già queste storture, a cui si è dovuto porre qualche pizzico di rimedio, solo dopo proteste e scandali: pensate alla “meritocrazia” delle università, con le graduatorie fatte con criteri vergognosi per identificare “le migliori” (più sono ricche e del Nord, più sono meritevoli di aiuto: questa la truffa dei “criteri”).

E pensate alle classifiche che guardano ai risultati, senza considerarne le cause. Una per tutte: con la mensa e il tempo pieno, esclusivamente al Nord o quasi (un “diritto” all’italiana: ce l’ha solo chi se lo può pagare), in cinque anni, gli studenti del Sud fanno un anno effettivo di scuola in meno, rispetto ai colleghi del Nord. Ma invece di “rimuovere le cause”, come da dettato costituzionale, si premiano i privilegiati e si puniscono i danneggiati.

Quindi, cosa vuol dire “e meriti”? Ma il merito della scuola non è nella capacità e nel dovere di elevare il livello medio dell’istruzione? Non è darsi da fare per sollevare gli ultimi, invece di abbandonarli lungo la strada, invece di limitarsi ad aiutare i più veloci a correre ancora di più? La scuola non è un campionato, ma un servizio.

Come la Sanità dedica più cure e risorse a chi sta peggio e non a trasformare uno in buona salute in un centometrista, la scuola deve occuparsi con maggiore impegno di chi ha più difficoltà. Quell’aggiunta “e meriti”, fa paura. E temo che questo inquietante dettaglio sia la lente con cui bisogna leggere l’ideologia di questo governo; il ministero dello sviluppo economico diventa “delle imprese”.

Altra dizione che potrebbe essere rivelatrice e sembra appaltare l’economia alle aziende, lato padronale. Forse è un’idea sbagliata pensare che lo sviluppo economico sia opera di popolo nel suo insieme, grazie alle “imprese”, da intendere quali strumenti, non come fine? Di nuovo: speriamo di aver capito male.

E il ministero “Affari regionali e Autonomie”, se affidato al leghista Roberto Calderoli (pure lui con la condanna definitiva per razzismo che fa tanto curriculum nel partito), è impressione mia che vada inteso come “Affari” in senso terra-terra, e soprattutto come “Autonomia”, ovviamente differenziata? Lo hanno dichiarato ed è il primo pinto nel programma di governo colorato di razzismo, mica bisogna interrogare la maga.

Ma per la prima volta il capo del governo è una donna. Mi pare una sorta di misoginia/razzismo di genere all’incontrario. Per farsi perdonare capi del governo tutti maschi, ora si segna un punto a favore se è femmina? Posso dire chi se ne frega se, quando ti sparano, a premere il grilletto è un uomo o una donna? Nella mia ingenuità, resto convinto dovrebbe essere un altro il criterio, ovvero: se chi ricopre quel ruolo è capace o no. Giorgia Meloni ha dimostrato di esserlo, portando il suo partito, in pochi anni, da un pizzico per cento a primo d’Italia.

Quindi, a far questo è brava. Non per volerla paragonare a loro, ma anche Mussolini, Hitler, Lenin furono bravissimi a prendere il potere in pochi anni. La questione è: per farne cosa?

Giorgia Meloni ha bisogno di dimostrare subito che fa sul serio e che loro sono di quelli che “realizzano”, il che potrebbe far finalmente partire i lavori per il Ponte sullo Stretto, ma al ministero delle infrastrutture c’è Salvini; e la Lega si è detta per il Ponte, quando non poteva farlo e se ne è sempre dimenticato, come Berlusconi, quando poteva farlo. Al Nord, salvo alle imprese costruttrici, non conviene un Ponte che inneschi un ciclo virtuoso per l’economia del Sud. Quindi, boh…
E Meloni ha mostrato in un paio di occasioni di esser contraria all’Autonomia differenziata (perché divide l’Italia e nel suo partito amano chiamarsi “patrioti”) ma pure di esser disponibile a barattarne l’accettazione con temi a lei cari (lo stesso suo partito è grograficamente diviso sull’Autonomia).

Quale spinta prevarrà? Pare non esservi dubbio: Forza Italia è già in buona parte fagocitata da Fratelli d’Italia e anche se Berlusconi decidesse di togliere l’appoggio al nuovo governo, è pronto un neonato gruppo raccogliticcio al Senato, per parare il colpo; ma fosse la Lega a ritirarsi dalla maggioranza, se l’Autonomia non passasse, la coalizione si sfascerebbe, perché Berlusconi coglierebbe l’occasione per farla pagare alla Meloni.
Quindi… Eh, quindi boh.

Il barometro volge al peggio, ma ci sono le premesse perché, per un vantaggio politico immediato, e per mostrare la differenza dai governi “comunisti” (il Pd, avete presente?), o per dispetti fra alleati, possa sortirne, non volendo, qualcosa di buono per il Sud; ma la cosa più probabile, quasi sicura, è che si apprestino a servirci il peggio.




Operativa l’istanza di salvataggio agricolo meridionale

La Pandemia, la crisi climatica con particolare riferimento alle condizioni di siccità verificatesi nelle nostre regioni, tanto da far prevedere un decremento della produzione pari al 30% rispetto agli anni precedenti, nonché l’aumento irragionevole dei costi energetici, hanno determinato una situazione di gravissima crisi senza precedenti del comparto olivicolo e in tutti i settori agricoli che potrebbe infliggere un colpo mortale alla già fragile economia dei piccoli comuni che vivono prevalentemente di monocoltura olivicola.
I rincari a catena, l’aumento dell’inflazione, la crescita esponenziale dei prodotti petroliferi, del gas e delle materie prime legate alla molitura delle olive e al relativo confezionamento, hanno fatto crescere i costi in maniera insostenibile, a fronte di una svalutazione dei prezzi di vendita, mettendo in pericolo il reddito delle famiglie che vivono in una realtà di depauperamento demografico ed economico.

I Sindaci del Sud, chiedono che il Governo Nazionale e Regionale adottino tempestivamente misure idonee atte all’abbattimento dei costi di mantenimento e produzione, in particolare delle aziende olivicole e vitivinicole, tramite un equo ristoro per ettaro coltivato (almeno mille euro) e l’abbattimento dei costi energetici per le aziende di molitura e /o trasformazione. Il territorio ha urgente bisogno di infrastrutture interpoderali che consentano agli agricoltori di raggiungere agevolmente le proprie aziende.

L’olivicoltura, soprattutto, per i nostri territori rappresenta la speranza di un rilancio economico, la presenza di molteplici Cultivar infatti dà vita ad oli con profili organolettici unici nel panorama mondiale.

Intervengano subito il Governo Nazionale, le Regioni e l’U.E., per dare risposte concrete all’emergenza del settore olivicolo e di tutto il settore agricolo, riservando la stessa attenzione che le SS.VV hanno avuto per altri settori produttivi.

E’ necessaria una riforma strutturale del comparto che porti a un Piano olivicolo nazionale, per dare risposte ad un settore che è vitale per l’economia di tante piccole realtà, basti pensare che le regioni Puglia, Calabria e Sicilia coprono il 70% della produzione nazionale di olio.

Si stabiliscano regole chiare per tracciare la provenienza di olive e di olio immessi nel territorio nazionale da Paesi comunitari e/o extra comunitari, che impediscano di commercializzare tali prodotti come Italiani.

Il Ministero dell’Agricoltura e gli Assessorati all’Agricoltura delle Regioni meridionali siano garanti della ripresa delle quotazioni delle olive e dell’olio, anche incentivando i marchi Igp, al fine di favorire scambi e prezzi equi assumendosi l’onore e l’onere di portare la presente istanza nelle opportune sedi sia a livello Nazionale che Comunitario.

Non si può consentire che l’economia di un territorio sia distrutta senza che gli organi deputati alla salvaguardia dei territori e della popolazione intervengano con la massima celerità. Al fine di tutelare l’olivicoltura e più in generale l’agricoltura, che rimangono un cardine fondamentale dell’economia dei nostri territori, i Sindaci e le Amministrazioni combatteranno a fianco delle nostre comunità, mettendo in essere ogni iniziativa utile per fronteggiare questa grave emergenza sociale ed economica, ivi compreso l’acquisto a prezzo equo di quantitativi simbolici d’olio da donare alle Caritas perché siano destinati alle famiglie indigenti, al fine di dare un segnale ai grandi gruppi commerciali che tendono a svalutare il prezzo del prodotto.

Chiediamo inoltre di incentivare l’uso di olio extravergine d’oliva e altri prodotti agricoli a km zero nelle scuole, negli ospedali, nelle università, negli istituti penitenziari e più in generale nella ristorazione collettiva.

Firmato:
Giovanna Bubello, Sindaca di Alessandria Della Rocca;

Davide Carlucci,
Sindaco di Acquaviva delle Fonti;

Gandolfo Librizzi, Sindaco di Polizzi Generosa;

Peppe Notartomaso, Sindaco di Campodipietra;

Maria Grazia Brandara, Sindaca di Naro;

Pino Aprile,
Giornalista e scrittore;

Vito Rizzo,
Sindaco di Balestrate;

Pietro Musotto,
Sindaco di Pollina;

Mario Cicero,
Sindaco di Castelbuono;

Francesco Marino,
Sindaco di San Paolo di Civitate;

Davide Del Re,
Sindaco di Cassano delle Murge;

Calogero Cattano,
Sindaco di Caltabellotta;

Alessandro Porco,
Sindaco di Aprigliano;

Gennaro Capparelli,
Sindaco di Acquaformosa;

Franco Miccichè,
Sindaco di Agrigento;

Nuccio Martire,
Sindaco di Casali del Manco;

Alfredo Lucchesi,
Sindaco di Santa Domenica Talao;

Mosè Antonio Troiano,
Sindaco di San Paolo Albanese;

Francesco Miglio,
Sindaco di San Severo;

Bernardo Lodispoto,
Sindaco di Margherita di Savoia;

Giuseppe Taurino,
Sindaco di Trepuzzi;

Matteo Ruvolo,
Sindaco di Ribera;

Ernesto Magorno,
sindaco di Diamante;

Stefano Castellino,
Sindaco di Palma di Montechiaro;

Rosanna Mazzia,
Sindaca di Roseto Capo Spulico;

Nicola Morea,
Sindaco di Irsina;

Salvatore Cosma,
Sindaco di Tursi;

Ignazio Di Mauro,
Sindaco di Poggiorsini;

Adalgisa La Torre,
Sindaca di Ordona;

Francesco Silvestri,
Sindaco di Verbicaro;

Fabio Milano,
Sindaco di Roccasicura;

Filomena Greco,
Sindaca di Cariati;

Francesco Marano,
Sindaco di Castelsilano;

Antonietta D’Oria,
Sindaca di Lizzano;

Giuseppe Donofrio,
Sindaco di Serracapriola;

Vincenzo Casone,
Sindaco di Santeramo;

Alfonso Dattolo,
Sindaco di Rocca di Neto;

Agostino Chiarello,
Sindaco di Campana;

Michele Laricchia,
Sindaco di Capurso;

Gianluca Vurchio,
Sindaco di Cellamare;

Giovanni Matalone,
Sindaco di Scala Coeli;

Salvatore Pagano,
Sindaco di Monterosso Almo;

Angelantonio Angarano,
Sindaco di Bisceglie;

Virginia Amato,
Assessore Borgia;

Rosario Macrì,
Sindaco di Belvedere di Spinello;

Marianna Caligiuri,
Sindaco di Caccuri;

Francesco De Carlo,
Sindaco di Castellana Grotte;

Fedele Lagreca,
Sindaco di Gravina in Puglia;

Michelangelo De Chirico,
Sindaco di Terlizzi;

Johnny Mastrangelo,
Sindaco di Gioia del Colle.




Veneto: ecco la Terra dei fuochi

La Regione Veneto replica alle mamme NO PFAS di aver adottato “approccio di massima tutela” ma la stessa regione ha tenuto segreto per 4 anni i dati sulla contaminazione alimentare da sostanze perfluoroalchilidiche, micidiali sostanze velenose sversate da decenni nelle falde acquifere usate in agricoltura e allevamento, delle province di Vicenza, Padova e Verona.

Gli alimenti prodotti nella zona rossa presentano un livello di inquinanti velenosi elevato e la Regione Veneto non ha messo in atto finora azioni concrete per tutelare la popolazione non solo locale ma anche nazionale per mancanza di analisi su produzioni molto diffuse come spinaci e radicchio, kiwi, meloni, angurie, cereali, soia e mele. (ilfattoquotidiano.it)

Vale la pena ricordare come la mancanza di controlli fece 23 vittime nel 1986 oltre a provocare cecità e lesioni gravi a decine di persone quando in modo criminale il vino veneto venne sofisticato con il metanolo. E a proposito di corsi e ricorsi storici con i dovuti distinguo, è stata recentemente bocciata in Consiglio Regionale sempre del Veneto la proposta di uno studio sull’impatto ambientale e sulla salute provocato dalla monocoltura del Prosecco (una coltivazione in cui si fa largo ricorso ai pesticidi). (glistatigenerali.com)

D’altra parte la Terra dei Fuochi è conosciuta come quell’area dell’Italia meridionale tra le province di Caserta e Napoli in cui sono stati interrati rifiuti tossici e speciali oltre ad esistere numerose discariche abusive; però raramente si parla della Terra dei Fuochi presente in val padana nel Veneto dove 580 siti sono contaminati da materiale inerte in cui rifiuti inquinanti (è stata riscontrata la presenza di fibre di amianto) venivano miscelati con calce, liganti e cemento che nel tempo sono rilasciati nell’ambiente. Sono ad esempio il Passante di Mestre, la terza corsia Ve-Ts, svincoli autostradali, molo B porto Marghera, officine aeronavali, il nuovo Ospedale di Mestre. Anche alcuni parchi frequentati da numerosi cittadini come Il parco San Giuliano di Mestre e Parco di via Porara a Mirano (Ve) o anche il sito ex Tricom di Tezze sul Brenta (Vi), il più grave caso di contaminazione da cromo esavalente d’Europa.

Un problema ben rappresentato nell’ultimo rapporto della Commissione Parlamentare sulle Ecomafie (è stato di 14,1 miliardi il business delle Ecomafie nel 2017, + 9,4% rispetto al 2016), maglia nera delle regioni del Nord, superata (in negativo) anche la Lombardia.




Fondi europei per il Ponte sullo Stretto

Per la prima volta grazie ai nuovi regolamenti emerge la possibilità che l’opera possa essere finanziata con risorse comunitarie. Il precedente in Croazia e il contesto politico rappresentano una congiuntura estremamente favorevole per la grande opera italiana che deterrebbe il primato mondiale del settore dal punto di vista delle dimensioni.

Uno spiraglio di luce, in una classica e grigia giornata belga, potrebbe cambiare totalmente le sorti della realizzazione di un’infrastruttura come il Ponte sullo Stretto. Per la prima volta infatti, durante la European Region Week la Commissione Europea ha aperto alla possibilità che il ponte che collega la Sicilia al “continente” possa essere finanziato, magari anche solo in parte, con risorse europee.
Un enorme passo in avanti, per un ente che finora formalmente o informalmente aveva sempre opposto un secco niet alle richieste di supporto per la costruzione dell’opera: adesso i nuovi regolamenti europei, la possibilità di combinare più risorse e una rinnovata filiera politica potrebbero davvero modificare le sorti dell’opera.

Bruxelles vede cosi’: la mancata smentita che può rendere possibile il Ponte.
Il burocratese degli enti europei sa che ogni mancata smentita è un’indiretta conferma: per questo durante la European Region Week, la volontà di non prendere una posizione di netta contrarietà da parte dei funzionari della Commissione alla realizzazione del Ponte sullo Stretto significa che l’aria è totalmente cambiata. La nuova programmazione 21-27, che si sta costruendo in queste ore e che vede le regioni impegnate nel rush finale degli ultimi passaggi propedeutici alle approvazioni, pare mostrare molta più elasticità rispetto alle precedenti per inserire un’opera (o quantomeno una sua parte) enormemente importante sia nella progettazione che nella realizzazione.
Inoltre, questa volta c’è un precedente: in Croazia, un paese che ha condizioni simili a quelle calabresi. Si tratta del Peljasac Bridge, il più grande progetto finanziato dall’Unione Europea nel paese balcanico e uno dei più importanti progetti mai realizzati a livello continentale. Figura un’opera sostenuta dai fondi di coesione, con un contributo di 357 milioni di euro e per una spesa totale di circa mezzo miliardo. L’approvazione arrivò nel giugno 2017 e l’opera è stata presentata nel luglio del 2022, in soli cinque anni, ricevendo anche i complimenti della stessa Commissione per l’enorme lavoro svolto in così poco tempo.

La filiera politica che può sostenere il Ponte sullo Stretto si trova dinanzi ad un bivio, a tal proposito: fare o meno gli interessi del meridione in una panoramica anzitutto nazionale, ed in seguito europea.
Alla mutata situazione dei fondi europei si deve aggiungere un fattore, che è totalmente politico e che è frutto dei nuovi assetti politici venuti fuori dalle elezioni di fine settembre. Per la prima volta, infatti, vi è una filiera politica che è totalmente a favore della realizzazione del Ponte: il presidente Occhiuto, infatti, ha più volte ribadito come quell’infrastruttura sia uno snodo fondamentale per il rilancio del Mezzogiorno d’Italia, e l’elezione di Schifani a presidente della Regione Siciliana ha rilanciato questa congiuntura. Lo stesso Schifani, in più interviste, ha detto chiaramente che è il momento buono: “Il ponte sullo stretto si fa .- ha detto in una recente intervista – i fondi ci sono”. Ai due governatori si aggiunge la vittoria del governo di centrodestra, che proprio in campagna elettorale (con Forza Italia in testa) ha più volte sostenuto che è arrivato il momento di realizzare il ponte sullo stretto. E chissa’ se, a questo proposito, l’Italia in un futuro non troppo remoto si porra’ in un tracciato di primati mondiali impostati sul collegamento stradale anche della vitale ma emarginata Sardegna: qui si otterrebbe un insuperabile primato, sul piano delle infrastrutture statali e stradali piu’ grande, che si configurerebbero un volano parziale incrociato, per l’economia locale e nazionale. Tutto cio’ si concretizzerebbe senza ridimensionare o depauperare, il piu’ vantaggioso trasporto marittimo.




Paolo Paoletti: addio Marines, Napoli favorito

ADDIO GIAMPIERO, ‘MARINES’ SENZA LIMITI. IL NAPOLI E’ FAVORITO SCUDETTO E SPALLETTI NON SI NASCONDA: NON ESISTONO 8 COMPETITOR, IL MONDIALE AIUTA GLI AZZURRI.

Il primo pensiero è per Giampiero Ventrone. Abbiamo lavorato insieme nella SSCNapoli, lui Preparatore Atletico, proveniente dal Campania Puteolana; io Direttore Organizzativo e delle Pr, ‘in prestito’ da La Repubblica.
Ne conserverò un ricordo prezioso sopratutto per il principio per cui “non ci sono mai limiti e niente è impossibile”, nella vita come nello sport.
Giampi gentile e caparbio contribuì generosamente alla qualificazione alla zona Uefa – oggi zona Champions – nella stagione di Lippi allenatore, il quale dopo un inizio guardingo e di pregiudizi ne imparò ad apprezzarne impegno e sacrificio. Poi Marcello non se ne separò più portandolo con se alla Juve ed in Nazionale, Campione del Mondo 2006.
Ventrone avrebbe meritato la presenza ufficiale con stendardo e Presidenza ai funerali in via Petrarca, ma tant’è De Laurentis…
Proprio Ventrone ed il suo principio ispiratore mi aiuta ad indagare la stagione al momento più che positiva del Napoli. Primo in classifica in campionato e nel girone Champions; questa partenza razzo si spiega in 3 motivi: 1. rosa migliore dello scorso anno per qualità, 2. migliore motivazione e spregiudicatezza dei giocatori, 3. Conduzione assoluta di Spalletti che diversamente dallo scorso anno può gestire lo spogliatoio senza riguardi per senatori e idoli delle folle. Ovviamente ad agosto le partenze di Ospina, Koulibaly, Insigne e Mertens giustificavano timori e dubbi; oggi il Napoli, per risultati e prestazioni, diventa il candidato numero uno alla vittoria dello scudetto.

Non è vero infatti, come dice Spalletti, che sono 8 a concorrere per il titolo, perchè se ci sono 5 squadre in 3 punti e 6 in 4, il ritardo accumulato da Juventus e Inter, mettono già fuorigioco le due ex Big, addirittura con i rispettivi allenatori a rischio.
Atalanta e Udinese, eccezionali per l’inizio stagione scoppiettante, alla lunga crolleranno per evidente minore qualità della rosa. La Lazio resta inaffidabile, prigioniera di un ambiente irrequieto e disorientante. Il Milan, come la Lazio, indietro dei 3 punti persi nello scontro diretto, sta valutando gli obiettivi stagionali, impegnando molte risorse fisiche e mentali in Champions e sopratutto coinvolta con 13 nazionali che andranno in Qatar, nel primo e terribile mondiale invernale che spacca in due il campionato, senza certezze su come sarà la seconda parte da gennaio in poi.
Anche su questo che non è un dettaglio, il Napoli è avvantaggiato: su 18 nazionali in rosa, solo 6 parteciperanno in Qatar e Spalletti potrà dedicarsi ai tanti che rimarranno ad allenarsi curandone sia l’aspetto fisico sia tattico.
Ci sono insomma tutti i presupposti per approfittare di una stagione unica, dove nessuno sa come ci si ripresenterà alla ripresa dell’Epifania e nonostante il -2 rispetto all’anno scorso, proprio il Napoli soffrirà meno dei valori assoluti per vincere.

Anche la fortuna ha accompagnato finora se contro il Milan, battuto, Leao – molto più determinante di Osimhen – non c’era e Dybala – che cambia completamente la Roma – non ci sarà nello scontro diretto dell’Olimpico il 23 ottobre.
Resta una sola incognita: Spalletti non ha mai vinto lo scudetto, nonostante sia stato alla guida di due club importanti come Roma e Inter. Luciano è sempre lo stesso, anzi migliorato dall’esperienza in Russia. E stavolta al secondo anno di Napoli può fare e disfare a piacimento. Deve solo evitare di nascondersi ed ammettere pubblicamente che il Napoli è il vero favorito del campionato. Sarebbe il segnale migliore per i giocatori ed il senso di responsabilità che deve esprimere tutto l’ambiente. Oltre il rammarico per il 5-1 beccato dalla Primavera ad Amsterdam, a conferma che nella gestione De Laurentis conta solo l’oggi. Per i soliti, ovvii, motivi.
P.S. Un grande in bocca al lupo per Fabio Cannavaro. A Benevento non sarà una passeggiata ma è il giusto viatico per arrivare alla panchina del Napoli.
P.P.S. Caro Cassano quelli che definisci gli ‘scappati di casa’, erano 7 ragazzi della Primavera che contribuirono a vincere il Primo Storico Scudetto. Nessun club in Italia che non aveva mai vinto prima è riuscito a tanto.




Calabria: primo brevetto della storia. Zts e scandalo Sicilia

La fama di Sibari , tra le più ricche e potenti colonie della Magna Grecia resta, per molti aspetti, misteriosa e affascinante. Fondata attorno al 720 a.C. da Achei del Peloponneso con la partecipazione di Trezeni dell’Argolide, nacque nella fertile piana alla confluenza dei due fiumi Chratis e Sybaris , che i coloni chiamarono così in memoria di un fiume e di una fonte della terra nativa. Ricca e potente fondò a sua volta città come quelle di Poseidonia (Paestum) e Laos.

“Quattro nazioni e venticinque città indigene riconobbero la sua autorità. Ospitava trecentomila abitanti liberi, oltre gli schiavi, mentre la cinta delle sue mura si estende per nove chilometri. Nelle vie e nelle piazze della città, divenuta la maggiore dell’occidente, volteggiavano 5000 cavalieri in corazza geminata e manto di porpora: la stessa Atene, al massimo del suo splendore, non riuscirà che ad allinearne un quarto di questa cifra”.

Dopo due secoli di storia, nel 510 a.C., l’opulenta e magnifica Sibari fu distrutta completamente dai Crotoniati, che guidati dall’atleta olimpionico Milone, deviarono persino le acque del Crati per sommergerne le macerie. Pericle organizzò una spedizione per la ricostruzione della città a cui parteciparono anche personaggi illustri e la nuova colonia, sorta sulle antiche rovine della prima, venne chiamata Thurii , che in epoca romana fu inglobata parzialmente nella nuova colonia di Copiae. Ma nulla riporterà più in vita i fasti della mitica Sybaris.

Gli abitanti di Sybaris erano conosciuti in tutto il mondo antico non solo per l’evidente ricchezza, ma anche per lo sfarzo e l’ostentazione del loro lusso e soprattutto per la continua ricerca del piacere, tanto che il verbo sybarizein (συβαρίζειν , cioè “vivere da sibarita”) attestato già in Aristofane significa ancora ora proprio “vita dedita a feste, banchetti e giochi”. Ci è stata sempre narrata come la “città degli eccessi”, quella dedita ai piaceri della vita, della compagnia e della buona tavola: la tryphè sibarita ne ha caratterizzato la grandezza e, secondo gli scrittori antichi, la rovina.

Un popolo di “rammolliti” (come erano detti anche gli Ioni e gli Etruschi) che faceva sfoggio esagerato, per l’epoca, dei propri beni, vestivano abiti di altissima qualità e odiavano svegliarsi presto al mattino e fare lavori pesanti, e perciò ingaggiavano un certo numero di operai per lavorare i loro campi.

Ma il modo di “vivere alla sibarita” si vedeva meglio a tavola , dove non si facevano mancare nulla e riguardo la quale è possibile riscontrare elementi rivoluzionari per l’epoca. L’economia di Sibari si basava sull’agricoltura infatti gli uliveti donavano oli pregiatissimi e per quanto riguarda i vini , poi, ne avevano di squisiti. Le leggende narrano che il vino fosse trasportato attraverso condutture sotterranee e la sua produzione era così importante da apparire persino sulle monete della città con il simbolo della foglia di vite.

Ebbene, a questa antica e gloriosa città appartiene un particolare primato. Dallo studio delle fonti antiche si apprende infatti che il primo “monopolio per una originale creazione dell’ingegno umano” fu concesso proprio qui in Calabria nel VII sec. Fonte autorevole di questa notizia, è lo storico ateniese Filarco, vissuto ad Atene nel III sec. a.C.: secondo quanto da lui riferito nella città jonica di Sybaris è stato ufficializzato il diritto allo sfruttamento esclusivo di una invenzione, per la precisione una ricetta.

Nella colonia magno greca, fu, infatti, concesso un monopolio di 12 mesi per una pietanza originale ed elaborata affinché “a chi per primo l’abbia inventata sia riservato trarne profitto durante il suddetto periodo e gli altri, dandosi da fare essi stessi, si segnalino per invenzioni di tal genere”. La conferma di quanto riportato dallo storico Filarco emerge da una lapide ritrovata nell’area archeologica.

Il “brevetto culinario sibarita” trova una sorprendente corrispondenza con l’Art. I – Sezione 8 della Costituzione degli Stati Uniti risalente al 1789, non solo in ciò che dispone, ma anche nelle finalità (favorire con la competizione fra inventori, l’innovazione e il progresso). La Calabria non finisce mai di sorprenderci.

Fonte: Mimmo Petroni, Il Calice di Ebe.

L’attuale governo è agli sgoccioli del proprio mandato e la storia ci insegna che è questo il periodo degli ultimi colpi di coda. Un compito non certo avvezzo ai rappresentanti meridionali e strenuamente richiesto da nuove fazioni politiche prosud, e’ quello della vigilanza sulle norme meriodionecide, con parlamentari e senatori del sud storicamente (e con le dovute rarissime eccezioni) che del Sud sene sono largamente fregati, e cio’ risulta piuttosto cruciale, invece, per chi davvero ha a cuore le sorti della propria terra.
Pino Aprile e seguaci si presentano tra quelli che denunciano l’ennesima iniquità spacciata come “pari opportunità”. Pari opportunità che valgono certamente per il nord e altrettanto certamente non sono mai valse per il Sud.
Nel caso specifico il Veneto elemosina e il governo prontamente risponde. Sulla scia delle ZES (Zone Economiche Speciali) a Sud nascono in Veneto le ZLS (Zone Logistiche Semplificate e Rafforzate). La differenza di denominazione non è casuale. Mentre a Sud, infatti, i vantaggi sono solo ed esclusivamente fiscali, in Veneto saranno anche logistici potendo contare su infrastrutture sviluppate più del doppio costruite con i “proventi” di venti e passa anni di deviazioni fiscali ai danni del Sud.
Ed il paradosso dei paradossi è che ad annunciarne la nascita sia stata il ministro del Sud Mara Carfagna che parla di coesione territoriale, ma dimentica che per essere alla pari in questa gara il Sud avrebbe bisogno almeno della metà delle infrastrutture che ha il nord.
“Ma tant’è in Italia sia sa come vanno queste cose: se si tratta di nord allora bisogna garantire le pari opportunità, se si tratta di Sud le pari opportunità sono sempre del nord”. Si sfoga Pino Aprile che ai microfoni di http://Adfnews.it ha denunciato l’infiltrazione nel proprio partito “24 agosto Et”, di membri massonici deviato per causare subbuglio su incarichi ed atti: cio’ ha inficiato il comitato politico nella raccolta di voti proprio nel mero meridione da cui si erge.

Nel corso di un evento napoletano Orcel, AD Unicredit, ha affermato che «Chi lavora nelle regioni del Centro-Nord del nostro Paese ha la probabilità di guadagnare quasi 2 volte in più rispetto agli abitanti del Sud. E, allo stesso tempo, chi vive nel Mezzogiorno ha il doppio delle probabilità di essere disoccupato». Così come Tessitore, Presidente del Banco alimentare campano, sottolineava che “ci attende un autunno freddo: le famiglie devono scegliere se pagare le bollette o fare la spesa.” Insomma c’è piena consapevolezza del fatto che i Governi italiani non hanno fatto nulla perchè il Sud si sviluppasse alla stregua di un normale Paese occidentale europeo anzi hanno volutamente investito sempre meno nel Mezzogiorno dirottando le già poche somme di denaro verso il Nord come più volte evidenziato dagli studi di ricerca di Svimez o Eurispes.
A tal proposito va rammentata una frase di Nicola Bono, siracusano, che “lo Stato Italiano per l’intervento straordinario del Mezzogiorno ha speso meno di quanto non abbia speso, in ragione delle politiche di cooperazione, per esempio in Etiopia, Eritrea e Africa Australe.”
La storia del nostro Paese dis-unito è da sempre fondato sul Nord che sfrutta la colonia Sud, affermano frotte crescenti di storici e giornalisti anticonformisti. Pensate alla vergogna del collegamento stradale o ferroviario Salerno-Reggio Calabria-Palermo, pensate che cos’è il dibattito infinito e inconcludente sull’attraversamento “stabile” con il Ponte sullo stretto di Messina. L‘Europa e l’Italia non possono prescindere dal porsi il tema di un grande percorso infrastrutturale complessivo che colleghi da Napoli in giù l’Italia al Mediterraneo e all’Africa. Non ci può essere uno sviluppo che prescinda da una responsabilità politica ed economica, in senso moderno, su questa grande strozzatura strutturale che è il Mezzogiorno. Rincarano dal Movimento Equita’ Territoriale.
Fino a quando in Italia ci sarà una concezione della gestione della politica economica finalizzata alla tutela degli interessi corporativi noritaliani e nordeuropei, con un governo succube del condizionamento massonico-finanziario, avremo soltanto e senza via d’uscita una crescita frenata e minima. Questa la tesi sposata dalla neonata politica territoriale di base al Sud.




Napoli in paradiso

Se c’era bisogno di una conferma nella trasferta di Cremona è arrivata ancora una volta una vittoria ed è l’ottava meraviglia consecutiva per gli uomini di Spalletti tra campionato e Champions.
Sofferta ma alla fine finisce in goleada.
Comincia bene il Napoli in formazione tipo con Raspadori preferito a Simeone e sfiora il gol dopo pochi minuti con una sortita offensiva di Rrahmani che conclude con un destro che scheggia l’incrocio dei pali.
La reazione della Cremonese si infrange sul palo di Zanimacchia ma sarebbe stato inutile poiché la terna arbitrale ferma tutto per un fuorigioco, un primo tempo equilibrato con un dominio nel possesso palla per gli azzurri; ma grosse occasioni non ce ne sono e la sensazione è che la gara possa essere sbloccata da un episodio.
E allora ci pensa il georgiano Kvaratskheila che si guadagna un rigore solare trasformato con sicurezza da Politano.
Nulla altro da segnalare in un primo tempo dove i partenopei pur non creando tante occasioni, hanno avuto una netta supremazia territoriale con il 73% di possesso palla.
Ripresa che comincia senza sostituzioni, subito un doppio intervento di Radu su Raspadori ed Anguissa, poi ancora Raspadori sbaglia una buona occasione.
Ma i grigiorossi sono più aggressivi ed un tiro sbagliato di Ascacibar diventa il più comodo degli assist per Dessers che sigla la sua prima rete in Serie A ed il pareggio per i padroni di casa.
La rete del pari dà coraggio ai grigiorossi che arrivano con più facilità nella trequarti azzurra, partita che diventa più bella con continui cambi di campo.
Ma la profondità e la qualità della panchina di Spalletti fa la differenza: fuori Ndombele, dentro Simeone e dopo fuori Raspadori e Politano per Zielinski e Lozano….Napoli d’assalto nell’ultimo quarto d’ora.
Al minuto 77′ l’ennesimo assist perfetto del professore Mario Rui mette in condizione il Cholito Simeone di battere Radu con uno stacco perentorio di testa. Esplode cosi’ la gioia dei cinquemila napoletani assiepati sulle tribune dello Zini.
Sale in cattedra il centravanti argentino che fa reparto da solo ed al 90′ pesca con un delizioso assist Kvara, che si invola in posizione regolare e regala al Chucky Lozano un cioccolatino da spingere in rete sotto la curva colorata di azzurro.
I partenopei non si fermano più e dilagano, con Radu che salva tramite un miracolo su Lozano servito sempre da un super Simeone, ed arrotondano il risultato con una incornata di Oliveira su cross di Di Lorenzo.
Finisce 4-1 per gli azzurri che comandano la classifica da soli su Atalanta Udinese e Milan.
Una prova di forza dei ragazzi di Spalletti su un campo ostico dove il Napoli non aveva mai vinto, battendo una squadra difficile da affrontare e soprattutto ben messa in campo da Albini.
Adesso per gli azzurri è già tempo di pensare al mercoledì di Champions contro l’Aiax dove sarà importante fare un risultato positivo che chiuda il discorso qualificazione.

Le Pagelle

Meret 6
Di Lorenzo 6,5
Rrahmani 7
Kim 6,5
Mario Rui 7,5
Lobotka 7
Anguissa 6
Ndombele 6
Politano 6,5
Raspadori 6
Kvaratskheila 7

Zielinski
Simeone 7,5
Lozano 6,5
Oliveira 6,5
Oostigard 6

Stefano Apollo.




Notizie da sud

CHIUSO NUOVAMENTE IL CANALE YOUTUBE DELL’ATTORE TEATRALE ROBERTO D’ALESSANDO

Sul canale c’erano spezzoni dello spettacolo “TERRONI” che l’artista porta in giro per l’Italia. Per YouTube i contenuti meridionalisti sono prodotti ingannevoli. Ma non si può fermare il vento con le mani, secondo Pino Aprile, giornalista autore del best seller Terroni e presidente del partito meridionalista”24 agosto ET”.

Arrestato Francesco Piro, capogruppo di FORZA ITALIA nella Giunta regionale lucana, mentre il presidente di regione, Vito Bardi di FORZA ITALIA, è indagato nell’inchiesta sulla sanità. Indagati anche gli assessori FANELLI e MERRA della LEGA e Gianni Rosa, neo senatore di FRATELLI D’ITALIA

https://www.basilicata24.it/2022/10/inchiesta-sanita-indagati-anche-il-presidente-bardi-e-gli-assessori-fanelli-e-merra-118161/.

Incontri diretti tra Silvio Berlusconi, Bettino Craxi ed i vertici della ‘Ndrangheta per spingere l’ascesa politica dell’ex Cavaliere. I summit tra Cosa nostra e la criminalità organizzata calabrese per definire la strategia stragista. E poi ancora il ruolo di Giuseppe Graviano; la delusione su Marcello Dell’Utri che non aveva mantenuto i patti; l’appoggio della massoneria occulta per il neonato partito politico Forza Italia. Sono questi alcuni degli argomenti che i collaboratori di giustizia Marcello Fondacaro, Girolamo Bruzzese e Gerardo D’Urzo (deceduto nel 2014 nel carcere di Pavia) hanno raccontato ai magistrati.

Il Procuratore aggiunto, Giuseppe Lombardo, in poco più di un’ora, ha rappresentato i motivi per cui le dichiarazioni dei tre pentiti si incastrano perfettamente con le prove fin qui assunte in primo grado.
Dalle dichiarazioni emerge l’esistenza della componente riservata di ‘Ndrangheta e Cosa nostra, capace di interfacciarsi con una componente deviata, irregolare e occulta del grande sistema massonico nazionale. E pensare che tali personaggi sono stati al Governo per molto tempo (ed in parte ancora lo sono).

Piano Lago in Calabria vede i dipendenti che rilevano azienda e sfidano Cina e Taiwan. La Calabria con Flazio ed altre realta’ industriali informatiche di alto calibro, viene definita la Silycon Valley d’Europa, nell’assordante silenzio mediatica e nello snervante immobilismo della politica in suo favore.

https://www.cosenzachannel.it/2022/06/25/next-elettronica-piano-lago/.

Enrico Mentana commenta con un “.” l’articolo del “suo” giornale relativo al post di Pedicini che sta smuovendo gli animi dei cittadini del Sud!
Cosa significa quel “.”??? Nell’articolo si legge: “Un tweet che non ha lasciato indifferenti i follower del parlamentare che poco hanno gradito l’accostamento tra i referendum nei territori ucraini occupati dai Russi e la storia dell’unità d’Italia”. Cio’ e’ mendace, basta vedere quanti commenti di approvazione ci sono sotto al post in questione. Ancora una volta, si cerca di coprire in malo modo gli orrori della “nostra” storia, replicano dai consessi politici e giornalistici di stampo meridionalista. Tuttavia non si hanno prove inconfutabili di brogli elettorali verso la Russia alla stregua di quanto, in occasione dell’unita’ d’Italia, non si e’ chiesto il parere popolare.

“Non abbiamo potuto scegliere ci siamo trovati candidati paracadutati. E il paradosso è che tutti parlano solo dei soldi in relazione agli esiti politici nazionali avuti luogo al sud quest’anno”.

“Il Sud ha il 50 per cento in meno di reddito e il 50 per cento in meno di infrastrutture (grazie anche alla mancata perequazione dal 2009). Al Sud ci si può curare di meno, si può studiare di meno, si può viaggiare di meno, si può lavorare di meno, si vive di meno. Poi soprattutto al Sud (area piu’ indigente in Europa, peggio della Grecia) va il grosso del reddito di cittadinanza, e si grida allo scandalo. Sud che vorrebbe essere sempre assistito. Dimenticando che mai il Sud è cresciuto (facendo crescere da record anche l’Italia) come quando lo Stato vi ha investito rimediando alla sperequazione”.

Sul reddito di cittadinanza e Sud si impernia la lucida analisi di Lino Patruno su “LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO”.

Il meridione possiede la meta’ del reddito pro capite del centro nord, la meta’ delle infrastrutture e quasi la meta’ della posizione suffragata dal reddito di cittadinanza od in procinto di reclamarlo. Lo scandalo del clientelarismo del sud che ha premiato Conte alle ultime elezioni non va focalizzato in altra maniera se non la situazione disastrata del sud, resa tale e procrastinata tutt’ora da una politica miope, rea di indirizzare verso l’emigrazione, il malaffare o il sostegno pubblico, pletore di giovani e fette crescenti di lavoratori. Il Movimento 5 stelle si contrassegna come l’ultimo partito politico ad aver effettivamente versato denaro tangibile nelle tasche degli italiani, peculiarmente del sud, pertanto il suo successo e’ di elementare ermeneutica e stimola un quesito: lo sviluppo del sud Italia merita attenzione nazionale oppure e’ opportuno glissare come ora e nel recente passato, sul livello dei Lep in previsione dell’Autonomia differenziata? Beninteso che I livelli Minimi di prestazione, investimenti pubblici tesi al ripristino o riconversione di importanti industrie surrettiziamente dismesse come la Italsider di Napoli, la manifattura tabacchi, l’Ilva di Taranto, la filiera chimica Eni di Calabria e Sicilia, sarebbero di gia’ sufficienti ad attivare un mirabile sviluppo del sud. Se a cio’ si aggiunge un piano mastodontico di allargamento portuale per Gioia Tauro, Palermo, Bari, Salerno, una installazione di Tav anche non di ultima generazione tra le principali citta’ meridionali e gruppi di quelle meno popolate, il volano economico si rivelerebbe mirabile. Sulla base del fatto che Alitalia si conferma la principale industria meridionale ed il porto, la maggiore infrastruttura cittadina del capoluogo della Campania.




Infrastrutture, record ed infiltrazioni

“Dal dossier Legambiente – si legge nel report di sostenibilità di AdI – su 102 città campionate Taranto si colloca per il PM10 al 65esimo posto, con una concentrazione media annua rilevata di 21 microgrammi per metro cubo di aria mentre il limite fissato dalla norma è di 40 microgrammi. Un dato che è migliore di Alessandria, Palermo, Roma, Pescara, Rimini e di molte delle città italiane”. (Sole 24 ore)

Alessandro Marescotti dal gruppo digitale presieduto dallo scrittore e giornalista meridionalista Pino Aprile postilla cosi’: “Il dossier di Legambiente è essenzialmente finalizzato a focalizzare l’impatto del traffico. Un’analisi delle ricadute degli inquinanti anomali di un SIN (sito di interesse nazionale) richiede tecniche di analisi molto diverse, che tengano conto delle risultanze epidemiologiche. Taranto non è messa così bene come sembra suggerire il dossier di Legambiente che non si concentra sui quartieri maggiormente espositi alle emissioni degli impianti ILVA e non focalizza le profonde differenze fra quartieri a Taranto, alcuni con una speranza di vita di gran lunga inferiori a quelli più distanti dalle fonti inquinanti”.

Brescia intanto si mostra come un epicentro del fenomeno delle frodi fiscali in forma organizzata, coadiuvato dalle cosche provenienti dal sud. La guardia di finanza bresciana per i primi 10 mesi del 2021 stima fatture per operazioni inesistenti per un miliardo di euro”.

Le masnade malavitose offrono agli imprenditori un sistema “all inclusive”, che “fornisce fatture false, indica i conti correnti su cui bonificare e fa rientrare i capitali. Sono sempre uguali, con tre figure che non mancano mai: l’imprenditore evasore, il consulente e le organizzazioni criminali. Un ciclo ininterrotto”.
In pratica la mafia nel bresciano si è infiltrata nel sistema produttivo e fa affari con imprenditori e professionisti, guadagnando con le frodi fiscali e lo smaltimento illecito di rifiuti più che con lo smercio di droga.
Citando il pm Paolo Savio si tratta di “una mafia che ha sostituito l’F24 al Kalashnikov”. Di tutto questo sistema criminale, ovviamente, non si sente parlare in TV, quindi per il cittadino comune il problema “non esiste”. Nell’immaginario collettivo, la mafia è e deve rimanere una prerogativa del Sud… Il Nord deve sembrare “ligio” e “laborioso”, con le “maniche rimboccate”. Questa visione distorta della realtà non fa altro che coprire le spalle alle associazioni criminali che operano indisturbate al Nord, danneggiando tutti i cittadini (da Nord a Sud)!

Lo scorso 25 settembre complessivamente quasi 17 milioni di italiani NON hanno votato e tra questi, la fetta più consistente è costituita da quasi 10 milioni di meridionali.
Ebbene, in questi giorni analisti, editorialisti, talk politici, hanno celebrato il successo dei 5 stelle imputandolo semplicisticamente alla difesa del reddito di cittadinanza e ad un Sud che solo a questo ambisce, del tutto trascurando il molto più consistente numero di cittadini che hanno disertato le cabine elettorali. Eppure i 5 stelle hanno perso più di 6 milioni di voti, e 1 meridionale su 2 non è andato a votare. D’altra parte, tutti i partiti hanno presentato programmi nei quali non esisteva un progetto, un piano industriale, di lavoro, di sviluppo serio, per un territorio pari quasi alla metà del paese.
Per questa ragione solo nelle ultime settimane precedenti al 25 settembre, i sondaggi hanno registrato la crescita del partito di Conte, che comunque non ha convinto la maggior parte degli elettori a sud del Garigliano.
Anzi, pur nel deserto totale di proposte della destra e della sinistra, a guardare i numeri totali e non solo le percentuali di votanti, solo una parte minoritaria ha votato i 5stelle.
Ad esempio hanno votato Conte in Calabria su 1.496.834 di cittadini aventi diritto al voto solo 211.390, nella circoscrizione 2 Sicilia orientale, su 2.073.862 solo 285.306.

Nonostante ciò Conte gongola, scoprendo il proprio ego ringalluzzito dopo mesi di precari equilibri e di previsioni peggiori, di un movimento che, così come nel 2018, ripropone la medesima idea, senza aver elaborato in questi anni nulla di nuovo.
E questo è l’aspetto più preoccupante, perché proprio un sud più sviluppato, che non debba più ricorrere al RdC, può far venir meno quello che è il principale bacino elettorale di Conte e dei suoi.

Ancora una volta colpevoli di avere dimenticato 20 milioni di abitanti sono i partiti, ma non meno colpevole è la stampa nazionale che ignora questa parte del paese. Perché secondo il Movimento Equita’ territoriale c’è un interesse preciso da parte di un gruppo di potere che sostiene e alimenta partiti, giornali, media, qualche teorico della Bocconi sempre intervistato, qualche azienda, che ha pianificato in di rappresentare un meridione fannullone e inconcludente, per potere arraffare quanto più possibile di quote di spesa pubblica, di investimenti…
così come fatto negli ultimi 20 anni, come attestato dai dati (conti territoriali, Svimez, Eurispes), come brutalmente mostrato dalla iniqua distribuzione di servizi, sanità, asili, infrastrutture, alta velocità, reddito, occupazione… cio’ e’ rimarcato da Francesca Privitera – Vicepresidente M24a

Pochi anni fa veniva data notizia che il colosso mondiale dell’e-commerce Amazon avrebbe aperto il Polo Logistico per il Sud Italia in Basilicata a Tito scalo o Metapontino. Oggi sono in corso lavori a ridosso dell’area del porto di Gioia Tauro, il più utilizzato dalle navi mercantili. È molto probabile che le grandi aziende si accorgano del valore del Mezzogiorno come luogo centrale nei trasporti marittimi collegati alla terraferma e al resto d’Europa. D’altronde la notizia non ci lascia stupiti dal momento che il Ministro dello Sviluppo Economico (Mi.S.E.) è a fine mandato e non può interferire su tali richieste come è successo per la INTEL che apre in Veneto, e sono 5000 posti di lavoro, con l’aiuto miliardario del Governo Draghi, ma avrebbe voluto investire nella valle informatica di Catania o in Puglia. Se confermato, finalmente AMAZON si rivolge direttamente a un general contractor locale che sta eseguendo lavori nel retroporto di Gioia Tauro in Calabria con aziende calabresi per la realizzazione del centro di distribuzione del Mediterraneo.

Per il sesto anno di fila Milano è prima in classifica per criminalita’. Seguono Rimini, Torino e Bologna…

Attendiamo con trepidazione gli studi ANTROPOLOGICI per analizzare le cause di questo fenomeno dilagante nel nord del Paese, provocano dai gruppi pro Meridione: silenzio omertoso dai media principali e’ inequivocabile, a tal proposito

Tre grafici infine, per descrivere lo stato pietoso delle infrastrutture negate al Sud da 160 anni desta scalpore a Napoli e provincia
Nunzio Mastrorocco elabora i dati contenuti nell’ultimo rapporto “Pendolaria 2022” (dati forniti da Legambiente), analizzando età media del parco treni e numero di corse giornaliere…
Risultato: tutto il sud penalizzato.

Mastrorocco scrive: “Osservando i dati pubblicati da Legambiente nel suo rapporto Pendolaria, si evince che nel 2022 sono 2.666 i treni in circolazione in tutta Italia; di questi il 32,4% transita nel Mezzogiorno del Paese. Disponendo i dati in un grafico si evince chiaramente come tutte le regioni meridionali – fatta eccezione per l’Umbria – abbiano il “primato” di maggiore longevità del parco treni circolante. L’età media dei treni presenti in Molise è di 21,9 anni. Abruzzo e Calabria registrano un’età media dei propri treni superiore ai 21 anni. Il dato campano è lievemente inferiore ma oltre i 20 anni.

Le regioni meridionali che detengono un parco treni circolante più ‘giovane’ sono Basilicata (18,2 anni), Sardegna (18,3 anni) e Puglia (18,5 anni). Tutte le regioni centro-settentrionali – ad eccezione di Lazio e Umbria – registrano un parco treni circolante con età media inferiore al dato medio nazionale pari a 15,6 anni. In particolare i treni dell’Emilia Romagna hanno una età media di 8,6 anni, del Veneto di 13,1 anni, del Piemonte di 14,3 anni, della Lombardia di 14,7 anni.

Analoghe considerazioni si evincono se si osservano le percentuali di treni con oltre 15 anni di vita. In Molise il 95% dei propri treni supera questa soglia di età. In Calabria 8 treni su 10 hanno più di 15 anni. In Abruzzo e Sardegna i ¾ dei propri mezzi oltrepassano questa durata.

Il dato medio nazionale è del 47,1% e solo la Puglia – tra le regioni meridionali – ha una incidenza inferiore a tale quota allorquando il 43,7% dei propri treni supera i 15 anni di età.
La valle d’Aosta non ha treni con una età superiore ai 15 anni; in Friuli Venezia Giulia si osserva il 13,3% dei propri treni con questa caratteristica. In Emilia Romagna un treno su 5 supera questa età. Vicine sono le quote di Veneto e Lombardia, rispettivamente 43,1 e 43,8% […]

Le corse giornaliere in Italia sono 11.604; di queste il 30% avvengono nel Mezzogiorno.

Il primato spetta alla Lombardia con 2.150 corse: ovvero una corsa su 5 si registra in Lombardia.

La Campania fa segnare 1.234 corse, la Puglia 790, la Sicilia 494, la Basilicata 195, il Molise 28.
Per le regioni centro-settentrionale in seconda posizione si registra il Lazio (1.298); seguono Emilia Romagna (882), Toscana (820), Veneto (784), Piemonte (749)”.

Che vergogna questo “Stato” chiamato Italia, diritti negati ad una parte del paese per garantire privilegi all’altra.

Altro che autonomia differenziata, con questa spaccatura c’è bisogno di una rivoluzione, non solo nel settore dei trasporti!il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) fa un passo indietro sulla contestatissima pista da Bob.

A proposto di Olimpiadi il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) fa un passo indietro sulla contestatissima pista da Bob.

A valle dell’allarme giunto dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) sul rischio di INFILTRAZIONI MAFIOSE nelle tante opere legate alle Olimpiadi Milano-Cortina, il CIO prende le distanze da Zaia&Co… Al Comitato Olimpico Internazionale, infatti, NON INTERESSA la pista da Bob, ma verrà comunque utilizzata per le Olimpiadi “a costo ZERO” perché (si scopre solo ora) erano “stati informati dalle autorità locali che questo sarebbe stato un progetto il quale sarebbe comunque andato avanti, anche senza i Giochi olimpici”.

Ed ecco che il Comitato Civico Cortina smaschera Zaia&Co: “Ci siamo sentiti continuamente dire che se oggi abbiamo le Olimpiadi è perché avevamo nel dossier la riqualificazione della pista da bob di Cortina. Invece la pista da bob la vuole il presidente Luca Zaia e al Cio, dell’impianto, non importa niente. La responsabilità presente e futura è tutta italiana, dal presidente del Coni Giovanni Malagò a Zaia, dall’ex sindaco Gianpietro Ghedina all’attuale Gianluca Lorenzi”.

Il problema è che la pista non è ancora stata costruita, anzi i lavori non sono nemmeno iniziati e costerà come minimo 85 milioni di euro, salvo l’aumento in corso d’opera. Prima del rincaro dell’energia era stato previsto un deficit annuale di 400mila euro per il funzionamento, cifra che è sicuramente destinata a crescere.

E a pagare saranno TUTTI gli Italiani, altro che “COSTO ZERO”…

In Veneto ci saranno anche i cantieri dell’Alta Velocità e della Pedemontana Veneta (non ancora conclusa), oltre alla pioggia di centinaia di milioni di euro per infrastrutture olimpiche e strade legate all’evento del 2026 (a cominciare dalle tangenziali di Longarone e di Cortina).

Il Prefetto di Belluno, Mariano Savastano, fa notare come gli appalti per Milano-Cortina in Veneto e in Lombardia sono un esempio di come “un bacino di interessi economici così importante, connotato da una ricchezza territoriale destinataria di ingenti fondi in grado di polarizzare investimenti sia statali, sia esteri, potrebbe rappresentare terreno fertile per la criminalità mafiosa e affaristica”.

Insomma, il rischio di gonfiare le tasche dei soliti noti (comprese le organizzazioni mafiose) a spese di TUTTI i cittadini italiani sembra essere abbastanza concreto.

Il raggiro informativo ha funzionato alla grande: prima hanno dichiarato che non ci sarebbe stato bisogno di investimenti perché loro “hanno già tutte le infrastrutture”… Per poi chiedere (ed ottenere, ovviamente) grandi finanziamenti statali per realizzare le opere…

Ve lo avevamo detto… E continueremo a farlo!

Il rapporto, che conta 69 graduatorie e prende in considerazione 924 variabili, si propone ormai da vent’anni di fornire un’analisi del sistema universitario italiano basato sulla valutazione delle strutture, dei servizi, del livello di internazionalizzazione, della capacità di comunicazione, del tasso di occupabilità post laurea premia nuovamente la Calabria.

L’Unical quest’anno si è piazzata al terzo posto, con un punteggio di 90,3. La classifica nelle posizioni di testa è in realtà molto corta: l’ateneo è a meno di un punto dalla prima, Pavia, che si è attestata su una valutazione complessiva di 91.

L’ateneo conferma il primato assoluto – considerando tutti gli atenei, al di là delle dimensioni – per i servizi (residenze e mense) e migliora il proprio punteggio per le borse di studio. Un dato rilevante quest’ultimo, tanto più perché l’ateneo si mostra in controtendenza rispetto a quanto il Censis ha rilevato nel resto del Paese: l’Unical non solo non arretra rispetto alle voci servizi e borse, ma migliora grazie a un deciso investimento sul diritto allo studio.

https://www.calabriadirettanews.com/2022/10/03/lunical-e-sul-podio-tra-i-grandi-atenei-e-la-prima-ditalia-per-i-servizi-agli-studenti/




Pino Aprile: metafora delle sorti rovesciate per il Sud

Nel gioco della palla, il Paesedisottosopra era a chiacchiere uno, di fatto, due: il Paesedisopra e il Paesedisotto. Accadde che un allenatore disotto trovò in un libro una vecchia carta, sulla quale era scritto (con autorevole conferma di disegni colorati, pur sbiaditi dagli anni) che ci fu un tempo in cui anche il Paesedisotto aveva squadre di undici elementi, e pure ben piazzate nei campionati. Quindi non era vero che il gioco e la palla erano invenzioni di quelli del Paesedisopra; ed era falso quanto si leggeva nei libri di storia e nel regolamento della federazione sportiva, secondo cui il numero dei giocatori doveva essere minimo di cinque e via via altri in aggiunta, sino a undici, in proporzione al numero dei gol cumulati nel tempo.
Siccome quelli del Paesedisotto erano stati depredati di tutto e non avevano soldi per assumere fuoriclasse (spesso, non avevano nemmeno un vero campo in cui allenarsi: l’unico loro campione era stato un centometrista costretto ad allenarsi sui marciapiedi e nei campi), di gol non ne avevano mai fatti, ma li avevano sempre presi, così, le loro squadre dovevano scendere in campo in cinque. Con un doppio risultato negativo: fra loro, nel campionato, di fatto minore, il tifo scavava fossati profondi, alzava muri, seminava astio, dividendo ancora di più; e nessuna delle loro squadre aveva possibilità di successo contro quelle del Paesedisopra, nel campionato col trucco, talché tutte perdevano sempre e si abituavano e si educavano a perdere. Non solo: se nelle squadrette sottane emergeva qualche talento, gli squadroni soprani lo portavano via a suon di monete; così, il meglio migrava sempre disopra, il peggio restava sempre disotto. Però, tacendo e ignorando il come e il perché, la cosa veniva raccontata così: i sottani valgono meno dei soprani. Per questo, perdono sempre. E dinanzi agli effetti, quelli disotto “se ne facevano persuasi” loro stessi, dimenticando le cause.
La scoperta della carta storica cambiò il mondo disotto: l’allenatore chiamò tifosi e giocatori a raccolta, fu una giornata epica, decisero di mettere insieme le forze, per ribaltare sia l’andazzo, sia la menzognera versione dei fatti che li condannava alla sconfitta perenne. La federazione, alla luce dei documenti rinvenuti, dopo aver tentato di negare, dovette infine accettare il ricorso delle squadre disotto, con mille farfugliamenti di autoassoluzione per il pregresso. Fra l’entusiasmo delle tifoserie, su proposta dell’allenatore che trovò la carta, si decise di formare una squadra, finalmente da undici, con i migliori giocatori di tutte quelle disotto. Un vento caldo di euforia scaldò i cuori della gente disotto; e, purtroppo, pure le menti: ma questo si vide dopo. L’allenatore non era preparatissimo lui stesso, avendo sempre guidato solo ridotte squadre disotto e mai una di undici elementi. Ma anche questo si vide dopo, nonostante lui per primo avesse messo gli altri sull’avviso. La scoperta di avere avuto un dignitoso passato e persino dei primati (si cominciò a recuperarli e a ricordarli, gonfiando il petto e alzando la voce: «Noi fummo da undici, prima che ci riduceste a cinque, con l’inganno, la forza e la menzogna!») indusse tale sensazione di forza e sicurezza, che molti pretendevano di scendere in campo già alla prima partita in undici, non importa come messi insieme.

L’allenatore tentò di far capire che ci vuole un po’ di tempo perché uno, più uno, più uno, sino a undici, diventino una squadra e non soltanto una somma.
Ma chi non voleva sentire ragioni, cominciò a porre in dubbio la reale volontà e lealtà di combattere dell’allenatore che scoprì la carta. E questo si vide da subito (la ferocia e la volgarità delle accuse contro di lui non era mai stata usata contro i truffatori delle squadre disopra). Fu il primo segnale. Sottovalutato. Ma l’allenatore tenne duro: scenderemo in campo in undici, quando saremo pronti a farlo bene. La prima partita venne saltata. E qualcuno cavalcò i malumori: il massaggiatore pretese di divenire vice dell’allenatore. Che gli fece notare: «C’è già il vice». «Ma non sono io», replicò l’altro. «Se è così, c’è una ragione», provò a obiettare il mister. Ma senza risultato: forte del rapporto continuo con i giocatori, il massaggiatore montò lo spogliatoio contro il vice, che alla fine si dimise. Il massaggiatore, però, non fu promosso e pure le conseguenze del suo risentimento vennero sottovalutate (si aveva una fiducia eccessiva, si vide poi, nell’entusiasmo suscitato dalla scoperta della carta, e nella sincerità di tanti che proclamavano di sostenere compatti la squadra così fortunosamente messa insieme). Poco dopo, inattesa (per un imprevisto, si dovette anticipare un recupero), si presentò un’altra occasione di partita importante. La squadra di sotto non era ancora pronta, si stava strutturando, ma non c’era l’animo per un ulteriore rinvio alle date regolari del calendario: l’allenatore dovette assecondare il sentire comune e travolgente (spinto lui stesso dalla speranza, non proprio razionale, che un moto di popolo e di spirito così forte doveva produrre esiti all’altezza, nonostante la scarsità di tempo, mezzi, preparazione e pure di competenza, nel girone da undici).
Ma la realtà è spietata, non ha sentimenti e chiamò subito a prendere atto delle circostanze: la data della partita incombeva e mancava il capitano e goleador; né l’allenatore era disponibile svolgere pure quel ruolo. Si dovette ricorrere a quello che ci si poteva permettere: un giocatore esterno che aveva militato in squadre di primo piano, ma ormai sfiatato, in cerca di sistemazione, fidando solo nel nome che aveva ancora buona eco in periferia. Il nuovo venuto, però, non rispettò mai il contratto, si mise a trescare con i giocatori, per divenirne allenatore, seminò tale zizzania che, a mano a mano, le squadre disotto che avevano aderito al patto ritirarono i propri calciatori e infine, alla vigilia della partita, l’allenatore stesso dovette accettare la scelta dei suoi collaboratori di non scendere più in campo con l’inaffidabile e prepotente nuovo venuto. Si scoprì, allora, che parte della squadra aveva segretamente concordato il passaggio nelle fila dello sleale sopraggiunto; il vice del massaggiatore, dopo aver detto a tutti che il mister era un delinquente, gli ordinò: «Tu fai il padre nobile che trovò la carta, il motivatore, è quello che sai fare. Ma lascia a noi la squadra. O di te non resteranno nemmeno i cocci»; il massaggiatore (ma anche altri, ognuno con una strategia vincente da imporre) aveva clandestinamente organizzato parte dei tifosi contro l’allenatore e l’associazione delle squadre disotto, orientatoli verso l’ambizioso e sfiatato sopraggiunto, che ormai usava (pure a sproposito) un linguaggio sottano che non era mai stato il suo. E alla fine, giocò lui la partita, con gli scampoli sottratti alla squadra (nemmeno questa volta in undici). Perse e accusò quelli che aveva indotto ad andarsene di averlo fatto perdere e come premio di consolazione pretese che i raccattapalle (contro cui aveva avuto parole di fuoco, prima della partita) li scegliesse lui.
La disunione delle squadre disotto per la grande rimonta nel campionato, a quel punto, produsse non più una forte sfida, ma una meno forte e una debole, al servizio del sopraggiunto sleale. Il tifo divise le due squadre sottane “del futuro”, come era prima dell’unione della carta. Poi, alcuni che non avevano visto coronate le proprie ambizioni in seguito alla diaspora, né con i fuoriusciti, né con i rimasti, raccolti intorno a chi aveva tentato di aggredire l’allenatore negli spogliatoi (ci vollero quattro calciatori, per fermarne la furia), decisero di fare una terza squadra da undici per la rimonta sottana nel campionato; e le sfide divennero tre, una meno forte, una debole, una debolissima. Nessuna da undici. E più si faceva aleatoria la possibilità di porre in campo una compagine davvero da undici e forte contro le squadre soprane, più era virulenta la campagna di fango tifoso contro la formazione sottana più consistente (pur se smagrita).

Tante persone perbene che avrebbero voluto sostenere la squadra “nazionale“ disotto, per timore di essere coinvolti in quelle volgarità, evitavano di andare allo stadio e molti di quelli che lo frequentavano, smisero di farlo.
Ma l’allenatore e i giocatori rimasti continuarono a credere nella possibilità di riuscire a mettere insieme la squadra da undici per la partita ora imminente contro le formazioni soprane; si preparavano all’appuntamento, come da calendario della federazione. Ma, ancora una volta, ci fu un imprevisto e la gara venne anticipata. Un vero disastro, perché la cosa coglieva la compagine a metà del guado, quando i campi del Paesedisotto erano allagati dalle piogge monsoniche e lontana gran parte della squadra, tornata nei paesi d’origine per la transumanza. L’allenatore e il vice tentarono di fare accordi con potenti club forestieri, per avere campi per allenarsi e giocatori in prestito; il vice e il suo miglior collaboratore scrissero, per questi patti, le condizioni da cui non si doveva recedere, poi le modificarono al ribasso, pretendendo (giustamente) che ci fosse un documento firmato e reso pubblico. Ma venne loro chiesto un prezzo troppo alto, in cambio di troppo poco. Lo staff fu riunito: che facciamo? La risposta fu: è chiaro, non ci vogliono alleati. Il giorno della partita era vicino, però. L’allenatore ideò una strategia per scendere in campo con chi c’era, ma giocando in modo che fosse palese la scorrettezza di un campionato con il trucco: «Perderemo, ma sarà a tutti evidente il perché». Ne parlò al suo vice, che parve entusiasta e dette buoni suggerimenti, poi al suo staff. Un paio avevano dei dubbi, ma la cosa passò. Quel modello di gioco, annunciato alla stampa, interessò, a sorpresa, altri club, sottani e no, che decisero di farlo proprio (in fondo, era una novità). A creare ostacoli furono alcuni calciatori, invece: in particolare uno, appena rientrato da un lungo viaggio di piacere che non aveva voluto interrompere per gli allenamenti: «Decido io cosa fare in campo, non l’allenatore». E arringò gli altri: «Non siate pecore. Facciamo la riunione del centrocampo, per stabilire, democraticamente, fra noi». E mentre loro discutevano, in campo, il resto della squadra faticava il doppio, massacrata dagli avversari. Si cominciò a litigare: «Perché non giocate e dopo discutete?», gridavano gli uni; «Perché non discutete con noi, prima?», opponevano gli altri: «Ma ne abbiamo già discusso». «Noi non c’eravamo». «Perché avete preferito rimanere al mare». «Ma ora siamo tornati». «Ma ora stiamo giocando». Insomma, uno spettacolo mai visto. Il giocatore che aveva acceso la miccia riconobbe nella squadra avversaria un compagno di scuola. E chiese agli altri di giocare in modo da favorirlo.
«Ma sei matto?», gli urlò l’allenatore. «Io sono libero!», replicò l’altro. «Libero è un ruolo, nella strategia e organizzazione della squadra; non vuol dire far ognuno quel che gli pare. Il libero gioca con i suoi colleghi e contro la stessa squadra avversaria! Ci sono maglie di colore diverso, per questo. Non si può avere la maglia blu e fare gol per quelli con la maglia rossa».
E questo l’allenatore avrebbe dovuto risparmiarselo: il libero colse l’involontario suggerimento al volo e, palla al piede, corse verso la propria porta, sorprese il portiere che non pensava di doversi difendersi da un compagno di squadra e calciò a rete. Goool!!! Gooool!!! Con un colpo solo, aveva dimostrato di essere libero, aveva fatto un favore al suo compagno e aveva realizzato la prima rete nella storia delle squadre del Paesedisotto; e confermato che le squadre sottane potevano e dovevano solo perdere. Il che legittimò il suo progetto di creare una quarta sfida disotto allo strapotere delle squadre disopra…
Anni dopo, un sottano che era stato a lungo all’estero, per lavoro, tornò nel Paesedisottosopra: le squadre erano nuovamente tante, divise, reciprocamente ostili, tutte da cinque, tutte perdenti.
«Ma la rivoluzione della vecchia carta?», chiese, ricordando la vicenda che l’aveva entusiasmato, prima di andare via.
«Quale carta?», risposero.
Allora decise di fare una squadra sottana da undici, per giocare con le squadre soprane alla pari e mostrare che potevano essere battute. «Perché lo fai?», cercò di distoglierlo un vecchio che ricordava l’esperienza dell’allenatore. «Perché l’unica cosa sicura è che, prima o poi, qualcuno ci riuscirà».

Pino Aprile Presidente del Movimento 24 Agosto per l’Equità territoriale.