Da Napoli Sud e Nord uniti e disgiunti ma arrabbiati e trattati diversamente

NAPOLI, STRUMENTALIZZATA LA RABBIA DEL SUD CHE MUORE. MA DALLA STAMPA NAZIONALE ARRIVANO SOLO INSULTI

di Raffaele Vescera*
Su tre milioni di abitanti della cinta metropolitana, poche centinaia o migliaia che fossero ieri notte a protestare contro il coprifuoco a Napoli e quanti sciocchi provocatori negazionisti e violenti infiltrati neonazisti, professionisti del disordine si siano aggiunti per far degenerare un protesta partita pacificamente, è cosa da accertare. Tuttavia la stampa nazionale non ha perso occasione per scatenarsi nella solita caterva di pregiudizi insultanti contro i napoletani tutti, i quali hanno dimostrato, ove ve ne fosse bisogno, un altissimo senso di responsabilità, tanto da diventare un esempio in tutto il mondo a partire dall’inizio dell’epidemia, e nulla hanno da spartire con i delinquenti che hanno approfittato per darsi ad atti di inqualificabile vandalismo. Quanto avvenuto è comunque indicativo di un malessere scaduto in forme violente per colpa di gruppetti organizzati di estremisti infiltrati, da condannare senza se e senza ma.

La protesta è partita dagli esercenti commerciali, in primis i pizzaioli, timorosi di un fallimento annunciato per la chiusura notturna decretata da De Luca, da lui ritenuta necessaria dopo l’esplosione incontrollabile della seconda ondata della pandemia, ben più grave della prima ondata. Esercenti commerciali del Sud, ricordiamolo, già ampiamente provati dal “lockdown” (perché non chiamarla serrata totale?) decretato dal governo in primavera in tutto il Paese, anche laddove non era necessario, come al Sud, dove i contagi erano irrisori. Ma tanto volle il partito unico del Nord, stretto intorno alla inqualificabile amministrazione della Regione Lombardia: “Giammai il Sud deve avere dei vantaggi, si chiuda e muoia Sansone con tutti i filistei”.
Così mentre al Sud era tutto chiuso per davvero e si rispettavano le regole, al Nord si continuava tranquillamente a “lavurè”, con semplici “autocertificazioni” in barba alla legge.

Alla serrata generale di primavera, è seguita una incontrollata estate vacanziera, con discoteche e movida da sballo, praticate da inguardabili profeti del liberi tutti, come Briatore, Salvini, Sgarbi e folleggianti negazionisti vari, appoggiati dagli immancabili pregiudicati neonazisti, in cerca di uno spazio politico da occupare, per quanto sporco. Così facendo, hanno esportato al Sud contagi di massa, oggi dai numeri non lontani da quelli del Nord.
Alle vacanze sono seguite le elezioni regionali, comunali e il referendum nazionale che hanno contribuito alla diffusione del virus, non tanto per il momento del voto, quanto per assembramenti e festicciole varie dei clan elettorali, clientelari e no, del do ut des. Perché non rinviarle in primavera?
Ancora, l’apertura delle scuole, giusta o sbagliata che sia, è stata un’altra fonte di diffusione del virus, in verità minore.

Tornando a Napoli e al Sud, la condizione economica delle piccole e medie imprese è per davvero disperata, in presenza di governi che negli ultimi decenni hanno favorito solo l’economia del Nord, affossando quella meridionale, per mancati investimenti di fondi, nella misura di 61 miliardi l’anno, sottratti al Mezzogiorno e dirottati al Nord, come certificato da Svimez, Eurispes e dalla stessa Commissione europea, che nell’ottobre dello scorso anno richiamò il governo italiano per tale ingiustizia territoriale.
Di più, l’Europa ha stanziato ben 209 miliardi di Euro con il Recovery fund per aiutare l’Italia, a condizione di farla ripartire da Sud, poiché la crescita dell’economia meridionale, l’area più povera d’Europa, gioverebbe all’intera economia nazionale ed europea. Che fa l’Italia? Cerca mille pretesti per non dare al Sud quanto gli spetta dei 209 miliardi, il 70%, ovvero 145 miliardi, che contribuirebbero alla sperata rinascita del Mezzogiorno.

E mentre il governo condizionato dal partito unico del Nord cincischia sugli aiuti da dare al Sud, riducendoli alla metà del dovuto, con uno scippo ulteriore di 73 miliardi di euro, la stampa nazionale, tutta in mano alla finanza del Nord, non dice una parola sulla condizione di estremo malessere del Sud, che vive con un reddito pro capite pari alla metà di quello del Nord e di quello medio europeo. L’economia meridionale ha bisogno di interventi urgenti per salvare dal fallimento decine di migliaia di lavoratori in proprio e piccoli imprenditori, compresi i loro dipendenti. Tant’è, il Sud è una polveriera pronta ad esplodere e nessuno giri la testa dall’altra parte.
*Direttivo nazionale M24A-ET