Imprenditori del sud in difesa comune
NASCE LA RETE DEGLI IMPRENDITORI MERIDIONALI, CONTRO LO SCIPPO AL SUD DEI SOLDI DEL RECOVERY FUND
di Pino Aprile*
E ora gli imprenditori del Sud hanno deciso di avere voce in capitolo sulle scelte del Paese che li riguardano e in quelle del governo sull’impiego delle risorse del Recovery Fund. Soldi assegnati da Bruxelles all’Italia in proporzione più che doppia, rispetto a quanto riconosciuto in media a ogni altro Paese europeo, per una sola ragione: ridurre il divario Nord-Sud, realizzando nel Mezzogiorno quanto i governi nazionali hanno sempre negato: ferrovie, autostrade, connessioni… Invece, ancora una volta, i fondi destinati al Sud vengono dirottati al Nord, non per diminuire, ma per aumentare la distanza fra il troppo che si dà ai più ricchi, con i soldi di tutti, e il troppo poco che si lascia alle regioni depredate di infrastrutture e diritti. Se l’Italia è divisa in due la ragione è una sola: scelte politiche a favore di una parte e a danno di un’altra. Il resto sono chiacchiere e pregiudizi.
Contro lo scippo al Sud (complici il ministero del Mezzogiorno e la gran parte dei parlamentari meridionali) delle risorse del Recovery Fund, tramite il Pnrr, Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, si è levata sia la protesta dei presidenti delle Regioni del Sud (per la prima volta uniti in un’azione politica comune in mezzo secolo); sia quella di centinaia di sindaci meridionali di ogni schieramento e sfumatura politica della Rete Recovery Sud, che si sono riuniti a Borgia, in Calabria, hanno manifestato dinanzi al Parlamento, nelle piazze delle città del Mezzogiorno, a cominciare da Napoli, incontrando (inutilmente, per l’inconsistenza dell’interlocutrice) la ministra Mara Carfagna, sino a portare la loro indignazione e le loro ragioni a Bruxelles, dinanzi alla Commissione della presidente Ursula von der Leyen, grazie alla petizione del parlamentare europeo Piernicola Pedicini, del Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale, quello da cui sono partite le idee e le iniziative contro lo scippo delle risorse e per primo ha dimostrato, conti alla mano, l’entità del furto.
La voce che adesso si aggiunge e finora era incredibilmente mancata (tranne solitarie proteste di un paio di presidenti di sezioni locali di Confindustria, specie in Puglia), è quella degli imprenditori. Che forse avrebbe dovuto essere la prima. Perché? Secondo i criteri di ripartizione dei fondi del RF adottati dall’Unione Europea (in rapporto alla popolazione, al numero dei disoccupati e all’inverso del reddito medio), al Mezzogiorno dovrebbe andare il 70 per cento dei soldi del Recovery Fund, più di 140 miliardi, su circa 200; il governo, con trucchi da spacciatori di pentole fallate alla sagra della porchetta (inclusione di fondi già stanziati per il Sud, e che niente hanno a che fare con il RF, “anticipo” di altri fondi “estranei” e già assegnati, che si sa sin da ora non saranno restituiti, e altre trovate truffaldine dello stesso, infimo livello), dice di aver destinato al Mezzogiorno il 40 per cento dei soldi (quindi il 30 per cento in meno); ed è pure un 40 finto, spudoratamente taroccato.
Il professor Gianfranco Viesti è andato a spulciare le cifre segnate nel Pnrr del governo Draghi e ha scoperto che di miliardi veri, per il Sud, non ce ne sono 145 (quanti dovrebbero essercene; e questo si sapeva, purtroppo), ma nemmeno gli 82 di cui mena bando il governo, ovvero il 40 per cento con il trucco (e una batteria di pentole lesionate in omaggio), ma soltanto 22; ovvero appena il 10 per cento. È la più grande rapina ai danni del Sud, nella storia dell’Italia unita (si fa per dire…).
Sorprende che gli ultimi a insorgere contro l’indegno saccheggio (invece di 70 per cento al Sud e 30 al Centro-Nord, 10 al Sud e 90 al Centro-Nord) siano proprio i più direttamente danneggiati, gli imprenditori meridionali che vedranno quelle risorse rimbalzare sul diritto del Sud e le loro aziende, per andare ad arricchire ancor di più chi trasforma la pretesa in diritto. Le opere che l’Unione europea chiede per il Sud potrebbero veder in prima fila le imprese meridionali, visto che, oltretutto, la spesa dovrebbe passare, in buona parte, per gli enti locali, specie i Comuni.
Invece, così, gli imprenditori del Sud sono esclusi; sorte che rischia di toccare pure ai Comuni, per le scelte del governo mirate a favorire le regioni più ricche e la ormai sfiatata ma prepotente “locomotiva” che, come disse l’allora ministro al Mezzogiorno, Peppe Provenzano, dal resto del Paese «prende e non restituisce»…
*Presidente Movimento 24 Agosto Equità Territoriale
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