Paura sanita’ meridionale
Il sistema sanitario privato di matrice lombardo-veneta sta esortando il governo ad attuare una destrutturazione del settore pubblico dei nosocomi con un accordo con il gruppo San Donato.
Ivan Cavicchi (da quotidianosanità.it) sfoga con questo editoriale il nuovo nocumento politico alle lande meridionali:
“I lettori di QS forse ricorderanno un articolo di Rosy Bindi, Nerina Dirindin e Marco Geddes (Qs, 14settembre 2021) con il quale sulla base di 4 “indizi” (personale, ripresa lenta, concorrenza sleale, modello lombardo) costoro paventavano, ai danni della sanità pubblica, un rischio di “privatizzazione strisciante”.
Forse i lettori ricorderanno anche la mia risposta a quell’articolo (QS, 17 settembre 2021) con la quale, sostanzialmente contestavo la disonestà intellettuale delle loro analisi.
In quell’articolo infatti vedevo il tentativo
di manipolare la buona fede delle persone per fuorviarle anche al fine di portare acqua al mulino di Speranza (il loro referente politico), di nascondere l’incredibile paradosso rappresentato dal PNRR che come unica risposta alla pandemia; dopo 150.000 morti, non ha saputo fare altro che riproporre le linee politiche della riforma Bindi del ’99 controriforme incluse, di ritagliare alla associazione della quale la Bindi è presidente onorario (salute diritto fondamentale) un qualche spazio politico anche se essa a mio avviso non è meno paradossale del PNRR perché nata da coloro, sempre Rosy Bindi in testa, che dopo aver tolto all’art. 32 il rango di diritto fondamentale (i diritti fondamentali se sono tali ovviamente sono im-privatizzabili) hanno sentito il bisogno non di fare autocritica ma di fare apologia ma post mortem del diritto fondamentale da loro controriformato.
Ciò che sosteneva l’articolo, di Rosy Bindi e degli altri, e cioè che esisteva una privatizzazione strisciante non era né vero né plausibile perché da quando è stata approvata la riforma ter della Bindi, quindi la controriforma dell’art. 32 e della legge 833, la privatizzazione in tanti modi e tante forme ormai di fatto è un dato strutturale. Mi sembrava alquanto ridicolo in una tempesta lamentarsi di un refolo di vento .
Circa una settimana fa QS ci ha informati che il Ministero dell’Interno ha fatto una convenzione con il Gruppo sanitario San Donato per la cura dei suoi dipendenti (Qs, 28 marzo 2022). La convenzione garantisce il 15% di sconto su tutte le prestazioni ambulatoriali, diagnostiche e di ricovero, quindi praticamente tutto l’arsenale, erogate dai 19 ospedali del Gruppo San Donato, tra cui l’Ospedale San Raffaele, l’Istituto Galeazzi, il Policlinico San Donato e da tutte le strutture ambulatoriali. La convenzione prevede, inoltre, una linea di comunicazione dedicata che garantisce agli assistiti “servizi veloci e personalizzati”. Ad usufruire della convenzione saranno i 17.000 dipendenti che afferiscono alla componente del personale dell’amministrazione civile dell’interno, in servizio presso gli uffici centrali del ministero e le prefetture presenti in tutti i capoluoghi di provincia. Dopo aver letto questa notizia il primo impulso è stato quello di commentarlo ma nello stesso tempo mi è venuta la curiosità di capire le reazioni dei tanti difensori dell’art. 32 e della sanità pubblica che scrivono regolarmente su questo giornale (in larga parte gente di sinistra). Per cui ho deciso di aspettare una settimana.
Come temevo nessuno ha fatto una piega, la notizia è passata sotto silenzio, e gli autori della tesi sulla “privatizzazione strisciante” sono rimasti muti. Ma anche i grandi retori dell’art. 32 di cui aimè non siamo per niente scarsi hanno taciuto.
La convenzione fatta tra il ministro Lamorgese e il gruppo S. Donato, di fatto, per me, è una convenzione fatta contro il ministro Speranza perché ritengo che una convenzione concepita per curare dipendenti pubblici non nel pubblico ma nel privato, non sia a favore del pubblico, ma al contrario sia contro il pubblico .
La convenzione è uno non l’unico prodotto contro-riformatore della legge Bindi. Un altro suo prodotto è l’intra moenia cioè la possibilità di sfruttare i disservizi pubblici per scaricare sul privato una parte della spesa pubblica. Un altro ancora le gestioni promiscue pubblico privato, l’obbligo di appropriatezza da cui è nata la medicina amministrata, ecc.”.