Salone del Libro elude il Sud
IL MEZZOGIORNO DIMENTICATO DAL SALONE DEL LIBRO DI TORINO
Massimo Novelli e’ perentorio nel rimarcare il boicottaggio editoriale del sud nell’ambito della principale manifestazione libraria italiana finanziata anche con soldi pubblici:«Il Sud in questo Salone del Libro? Non esiste proprio. Non ne parla nessuno. Non ci sono dibattiti, incontri di rilievo». A dirlo seccamente e’ Paolo Miggiano, pugliese di Minervino di Lecce trapiantato a Caserta. Ex funzionario della polizia di Stato, laureato in Scienze dell’Investigazione. giornalista e scrittore, è tra i fondatori della casa editrice Terra Somnia, nata sull’asse Salento, Caserta e Napoli. Una casa editrice innovativa e coraggiosa. Terra Somnia, che nella collana diretta da Monica Ruocco, docente di Lingua e letteratura araba all’Orientale, ha appena pubblicato due libri di autori siriani: La strada di Mariam di Mahmoud Hasan Al Jasim e Libertà: casa, prigione, esilio, il mondo di Yassin al-Haj Saleh, la «coscienza della Siria», un dissidente rimasto in carcere per 16 anni.
Eppure Terra Somnia, nella kermesse del Lingotto, pur diretta dal barese Nicola Lagioia, non ha neppure un suo stand ed è ospitata dalla torinese Hopefulmonster. C’è davvero poco Sud, alla trentaquattresima edizione di Librolandia, sebbene il presidente del Consiglio Mario Draghi, di recente, abbia assicurato che «dalla formazione di questo governo, il Sud è al centro dell’azione dell’esecutivo, delle nostre politiche di rilancio del Paese. “Vogliamo che il Mezzogiorno torni ad avere la centralità che merita. In Italia e in Europa”. AI Salone torinese la «centralità» non si vede, non se ne parla in nessuno dei circa 1500 appuntamenti. Tutt’al più, peraltro in un’area esterna del terzo padiglione, l’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha potuto conversare intorno a «un racconto fotografico della sua città», così come il presidente del consiglio comunale di Napoli Enza Amato è stato invitata a dialogare con alcuni colleghi su «Democrazia, rappresentanza e partecipazione». Eventi episodici, perduti nell’oceano del Salone, come la conversazione di Maurizio De Giovanni sulla Napoli di Eduardo De Filippo e Matilde Serao, o gli appuntamenti negli spazi delle regioni del Mezzogiorno. C’è chi si accontenta di fungere da ufficio del turismo, semmai. Come la Regione Calabria, «E da Torino stessa», si legge in un articolo di un quotidiano calabrese online di giovedì, «che parla il vicepresidente della giunta regionale, Giusi Princi, che ha inaugurato lo stand della Regione Calabria… Stand tra i più grandi di tutta la fiera, e per volume occupato e per impatto visivo, sviluppato su 150 metri quadri, con un concept stilistico che lascia predominare il blu (colore istituzionale dell’Ente) alternato ad altre tinte intense che rappresentano la terra in questione: non dimenticando l’evidente richiamo ai Bronzi di Riace, il cui 50° anniversario della scoperta quest’anno sarà celebrato in grande stile. Un notevole incentivo ai tanti curiosi attirati dalle nostre bellezze culturali».
Sarebbe questa la «centralità» del Sud? Ci si chiede, oppure quella di certe ricorrenze che «vengono ricordate solo per fare spettacolo. O perché non possono fare a meno di celebrare, senza però dire niente di importante»? Lo rimarca l’architetto Brizio Montinaro, fratello di Antonio, uno degli agenti della scorta di Giovanni Falcone massacrati con il magistrato e Francesca Morvillo trent’anni fa, a Capaci. Montinaro, qualche giorno fa, ha voluto rammentare lo stato dell’auto, quel 23 maggio del 1992, in cui morirono Il fratello Antonio e gli altri agenti, oggi ridotta a «cubo compattato». Era «un ammasso di rottami», dice. E ha aggiunto in un post su Facebook: «Il suo nome in codice, Quarto Savona 15, rimase per mesi nella caserma Lungaro a disposizione degli inquirenti, poi la decisione di rottamarla. Un mezzo la compattò e la stava portando presso un demolitore. I colleghi di Antonio, Vito e Rocco, si ribellarono ed evitarono la rimozione totale seppur di un oggetto che avrebbe avuto nel tempo valore simbolico come l’auto in cui perse la vita Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Qualche familiare che si è attivato, a che in modo itinerante assurga a valore simbolico, non dovrebbe scandalizzarsi e agire in modo impropriato rispetto a chi avendola vista di persona poco dopo la strage, ne ricordi la conformazione diversa da cubo compattato attuale. La sua forma attuale nulla toglie al suo valore intrinseco e simbolico, la forma e la sostanza dei comportamenti invece ci disturbano in quanto falsano la verità». Per non falsare la verità, conclude l’ex poliziotto Miggiano, «per parlare di Falcone e Borsellino, al Salone, invece di presentare libri scritti da noti autori che con Falcone non c’entrano nulla, sarebbe stato meglio dare spazio a un volume come L’antimafia tradita di Franco La Torre, il figlio di Pio La Torre, in cui descrive una realtà ben identificabile, ben precisa, con nomi e cognomi dei buoni e dei buoni che sembrano solo buoni e che in realtà non lo sono affatto».
Ma questo Sud, al Salone del Libro, è un Sud bonificato in spettacolo, qualche volta, e spesso ridotto a cartolina.