Fiat incentivi al licenziamento

Tpi, il giornale su cui scrive anche Alessandro di Battista, sferza Fiat accusandola di pianificare nocumenti al comparto industriale e lavorativo italiano. Novecento chilometri più a sud di Torino, fuori dallo stabilimento Stellantis di Pomigliano d’Arco, raccogliamo lamentele analoghe relative l’inasprimento dei turni e delle mansioni lavorative. «Per le stesse vetture prima avevamo un minuto e 6 secondi di tempo di lavorazione. Oggi bisogna fare tutto in 54 secondi. Massacrante», racconta Giacomo D’Agostino, 46 anni, operaio, dal 2008 costretto periodicamente a vivere con i 900 euro al mese della cassa integrazione. Anche D’Agostino di recente ha accettato dall’azienda una buonuscita da diverse decine di migliaia di euro per andarsene. «Con quei soldi aprirò un’attività tutta mia, un laboratorio alimentare», dice fra l’eccitato e il timoroso: «Forse ho fatto una scelta azzardata, non è stato facile, ma se andrà male saprò con chi prendermela: me stesso».

Incentivati per l’esubero, sono circa 4mila i dipendenti che nell’ultimo anno e mezzo Stellantis ha deciso di pagare pur di liberarsene. Una truppa di operai, ingegneri e impiegati – pari quasi all’8% della forza lavoro del gruppo in Italia – hanno lasciato, e stanno lasciando in queste settimane, l’ex Fiat in cambio di un sostanzioso incentivo economico. Per chi lavora in fabbrica l’assegno oscilla tra i 55mila e i 75mila euro, per chi sta negli uffici l’importo varia a seconda dell’età, per chi è vicino alla pensione è previsto uno scivolo. «Per me si è trattato di una grande opportunità: grazie alla buonuscita ho potuto realizzare il sogno della mia vita: aprire un ristorante», sorride Giovanni Colangelo, 56 anni, che un anno fa si è dimesso dal suo ruolo di supervisor delle produzioni di Melfi (Jeep Renegade e 500x).

Oggi in Stellantis comandano i francesi (di Psa, ndr). Con loro si punta al risparmio», conferma Paolo (nome di fantasia), ingegnere uscito pochi mesi fa dagli Enti centrali di Torino con i prepensionamenti. «Dopo la fusione sono cambiate molte cose: ad esempio, prima ognuno di noi aveva la propria scrivania, la propria cassettiera, il proprio armadietto. Oggi si fa smart working a rotazione: c’è un monitor e basta, tu porti il tuo pc e ti attacchi. Non c’è una cassettiera, non c’è un posto dove mettere il proprio zaino. Sembrano sottigliezze, ma sono cose che negli uffici generano malumore». Un altro esempio? «Un tempo usavamo Microsoft, poi sono arrivati gli americani (di Chrysler, ndr) e siamo passati a Google, oggi i francesi hanno imposto di nuovo Microsoft: questo cambia il modo in cui si usa la posta elettronica, come si archiviano i file, come li si condivide. Inoltre nell’organigramma non si capisce ancora bene chi deve fare cosa. C’è un po’ di confusione, ecco».

In quest’azienda non c’è futuro, non c’è programmazione», scuote la testa Luigi (nome di fantasia), operaio 54enne ancora in forza nello stabilimento di Pomigliano. «In vista della transizione all’elettrico dovrebbero iniziare quantomeno a farci dei corsi di formazione, invece si pensa solo a tagliare. Stiamo pagando sulla nostra pelle il ritardo notevole sull’auto elettrica che Fiat ha rispetto ai competitors». Intanto, i sindacati dei lavoratori e i rappresentanti delle aziende dell’industria automobilistica si apprestano ad archiviare come una grande delusione il governo guidato da Mario Draghi, con Giancarlo Giorgetti al ministero dello Sviluppo economico. Da mesi tutte le sigle del comparto – da Fiom, Fim e Uilm a Federmeccanica – chiedono unitariamente a gran voce misure urgenti per rilanciare e accompagnare alla riconversione una filiera che nei prossimi anni, con l’addio alle auto termiche, rischia di perdere qualcosa come 73mila posti di lavoro. Ma dall’esecutivo non è arrivata nessuna risposta tangibile: solo l’annuncio di uno stanziamento da 8 miliardi di euro in otto anni ma senza specificare quando e come i soldi saranno spesi. Le sigle avvertono: «Il rischio di de-industrializzazione di un settore chiave dell’economia italiana è concreto».

Va rimarcato, comunque, quanto Fiat sia recentemente tornata a produrre in Italia con il marchio Iveco e del ritorno alla redditivita’ di Alfa Romeo, alla stregua del primato delle vendite in Europa nel conglomerato Stellantis. Eppure esiste una necessita’ di completa automazione nei processi produttivi che puo’ essere gia’ concretizzata ma ne e’ necessario un accompagnamento statale. Fca e’ leggermente sbilanciata verso Parigi a causa dell’azionariato statale di Psa che ne indirizza le scelte strategiche dal punto di vista della forza lavoro. Anche se i numeri entusiasmanti di Fca lasciano presupporre un posteriore ritorno in Italia, nel potenziamento dei siti attivi o nella edificazione di nuovi.

Il finanziere Alberto Micalizzi si dice pronto ad attuare per l’Italia, un piano ormai necessario di reindustrializzazione pubblica e privato propedeutico, assieme al controllo endogeno della moneta, a rintuzzare la recessione in atto da anni, che quest’anno attanagliera’ la Germania dopo circa un trentennio.




Ursula Von der Leyen: Obiettivo distruzione Italia

La signora teutonica di nome Ursula piantata in auge al parlamento europeo si e’ contraddistinta presso il suo stesso paese, in passato, per aver affermato in guisa quasi spudorata, di voler fare appropriare dagli istituti di credito le riserve auree degli stati bisognosi di finanziamenti. Rintuzzata tale linea dura dai propri colleghi di governo in Germania, con l’attuale presidente del parlamento si e’ palesata apoditticamente l’intenzione da parte della finanza speculativa internazionale, di fagocitare l’Italia ai fini di un suo spaesante appunto, ridimensionamento.

Il management della politica si sta giustamente interrogando e tutti occorrerebbe farlo, sulla fondatezza e veridicita’ delle definizioni internazionali che poggiano sulla necessita’ di riforme strutturali per l’Italia, giacche’ essa viene dal 2011 imputata come paese poco incline ad adeguare il proprio tessuto sociale a quello europeo mediante le riforme strutturali.

L’obiettivo della finanza internazionale che ha imposto la signora Ursula sul massino scranno decisionale europeo, sta nel cercare di appropriarsi delle riserve auree dell’Italia, detentore al contempo del terzo maggiore debito pubblico mondiale, del terzo maggiore risparmio privato al mondo e del terzo maggiore potere industriale demografico ed economico, come paese europeo non allineato alle realta’ euro-americane poggiate sulle suddette riforme strutturali. Siccome le riforme strutturali sono indicate come l’alternativa alla presa delle riserve auree per i paesi siddetti indebitati, va asserito il concetto alla base di riforme strutturali, ovvero privatizzazione assoluta dei servizi in favore alla finanza speculativa per erodere i risparmi privati, il cedimento delle principali aziende di stato per gli stessi finanziatori internazionali, alla stregua di quanto e’ avvenuto in Grecia.

Siccome il sistema sanitario italiano e’ ancora il piu’ virtuoso del mondo, sarebbe managerialmente eccellente tutelare aziende pubbliche ed anche le grandi aziende private, mediante paracadute statali come nel caso della Fiat non ancora del tutto non italiana; cosi’ come vanno bloccate le vendite di realta’ importanti o di media importanza, ad operatori esteri, in antitesi a quanto accaduto per Bulgari, Giugiaro. E cio’ diviene categorico anche per le realta’ imprenditoriali di comprovata eccellenza futura, al fine di difendere l’Italia a livello geeconomico, e far si’ che non si denigrino certe famiglie ricche e potenti per i guadagni sostenuti dalla mano statale per le proprie imprese, giacche’ la storia futura rema contro l’Italia.

Infine integrare il meridione italiano non solo culturalmente, bensi’ con riforme strutturali, adesso si, che rendano il meridione ricco di infrastrutture non solo informatiche, gioverebbe l’Italia come nazione sotto scacco dalla finanza internazionale e dai concorrenti industriali europei che hanno l’obiettivo di destabilizzarla.

Berlusconi stesso fu deposto dalla finanza, che ora punta sulla signora Ursula per nebulizzare l’attuale governo ed attuare riforme strutturali mendaci che puntano alla privatizzazione di tutto ed alle annessioni industriali, anziche’ alle vere riforme strutturali che si sostanziano nel rendere il meridione ugualmente dotato sotto tutti i punti di vista, del settentrione, alla entrata dello stato nella valorizzazione e sostegno delle imprese importanti. E alla luce del divieto dell’entrata statale nel salvataggio e gestione industriale, viene in modo incrociato occultato il dato che la Deutche bank sara’ salvata dallo stato, e la Renault, terzo gruppo mondiale dell’auto, e’ posseduta per il 15% dallo stato francese. Sottointeso infine, quel principio che vede nel salvataggio statale di grandi medie o piccole ma strategiche realta’ industriali, anche un’ entrata permanente e ciclicamente reversibile dello stato, nell’azionariato di tali aziende. Cravatta artigianale Ornella Castaldi, 100%100 italiana, chiusura con gancio e nodo fisso; 40€ su shop di francescopaolotondo.com e marketplace della pagina Facebook Francesco Tondo.