Blitz

Soltanto quindici milioni di incasso totale per un’opera d’arte cinematografica tanto attuale, che coinvolge il mondo della droga, la rutilante Londra in versione degradata, gli agenti di polizia oppressi da sindromi depressive, e quello degli psicopatici dal grilletto facile. Blitz è stato girato nel 2011 e vede rivestire i panni del protagonista, il pelato ma carismatico e prestante Jason Statham. Tale poliziotto-sergente abusa del proprio potere pestando un delinquente di basso calibro all’interno di una sala giochi.

Purtroppo tuttavia, il “delinquentuccio” in questione si vendica di ogni suo crimine perpetrando crescenti omicidi di poliziotti, che destano più scalpore proprio per il preavviso che l’assassino da ad un giornalista poco prima dell’uccisione.

Il binomio professionale che coinvolge Jason Statham, virile e quasi omofobico, proprio con un poliziotto omosessuale, si rivela come un’indovinata mossa artistica che indaga e colpisce il già pubblicizzato ed attuale “odio di genere”. Poi il tema del razzismo ben incastonato in questa trama dinamicissima giova all’adrenalina che scaturisce dalle peripezie delle vittime dell’assassino psicopatico. E inoltre la suspence per la lotta al fine di salvare la successiva vittima appartenente all’Arma dei poliziotti. Ella è un’agente donna di colore, divenuta tossicodipendente in seguito alle sue numerose operazioni di infiltrazione all’interno delle bande di spacciatori; poi c’e ‘ la salvezza della poliziotta afro operata proprio dal giovane spacciatore conosciuto durante un’operazione sotto copertura, il quale poco tempo prima di immolarsi per salvare la vita della donna, le aveva chiesto aiuto.

Insomma, nel riquadro dell’arte in generale, Blitz è un interessante esperimento che coniuga bene i temi universali con il desiderio di catarsi pubblico, e l’azione violenta contro gli assassini, gli psicopatici, magari contro i pregiudizi sociali verso i reietti occlusi nell’omosessualità, nelle discriminazioni di genere, di razza, di censo, e di lavoro. E proprio il lavoro, in cui il giornalista proposto nella pellicola, è metafora di superficialità professionale in favore di attaccamento venale pernicioso.




Indistruttibile

La celebrazione del veterano statunitense di origine italiana “riempie” la pellicola cinematografica di fattura hollivudiana con “Unbroken”. Qui, ben proposta su Netflix, l’arte dello sceneggiatore si coniuga con la violenza fisica che caratterizza il machismo americano, ma sfociando in una rappresentazione del secondo conflitto bellico mondiale che interseca debolezze umane, amicizia e ideali in modo encomiabile. Cosi’ il tema dell’emarginazione puerile di fronte all’immigrato italiano si scontra con la intemerarieta’ di un ragazzino sicuro della propria forza e in grado di mettere in fuga i bulli di turno. Ancora il lavoro indefesso per massimizzare le proprie virtu’ ed i talenti, alla stregua della debolezza ed insicurezza che esortano ad una ritirata verso l’anonimato della mediocrita’.

La guerra pero’ elide le olimpiadi dell’anno in corso per cui il protagonista, dopo essere stato a dovere motivato da un fratello estimatore e visionario, all’acme del successo deve battersi per la vittoria americana. Cosi’ le peripezie accorse prima e dopo la caduta dell’aereo che trasporta l’italomericano, sfociano nella deriva sull’oceano pacifico, assieme a due commilitoni; deriva lunga ed estenuante in cui l’istinto di sopravvivenza viene minacciato dalla fatica e dalla fame; alla fine il campo di concentramento e l’aperta sfida del temerario e indistruttibile eroe tuttora vivente americano verso un comandante giapponese, sono il non plus ultra di questa rappresentazione. Tenzoni mentali, fisici, spirituali tra l’americano ed il giapponese enfatizzano l’eroicita’ dei soldati della Grande guerra, specialmente il maltrattamento e la frustrazione del generale giapponese dinanzi alla tempra ferrea del suo concorrente “immortale”; ma e’ altresi’ aggressiva e coinvolgente la drammaticita’ dei grandi conflitti bellici, ad onta delle doti singole dei grandi uomini che sovente si prodigano per la vittoria o la difesa di amici, famigliari, che in questo film traspare in maniera scioccante. Un documentario a tratti raccapricciante, Unbroken, che adopera in modo impeccabile l’arte e la creativita’ al fine di disincentivare ed approfondire l’importanza della pace, meglio di innumerevoli reportage, articoli, saggi e film di guerra.