I re del tonno meridionali e la malavita nella pesca

Il tonno in scatola inventato in Sicilia.

Venerdì, giorno di magro, si mangia tonno (e balena).
Il Concilio di Trento, stabilendo le regole di digiuno e quali cibi fossero inclusi nel concetto di “magro”, poté più di qualsiasi campagna pubblicitaria nello sviluppo del consumo di pesce.
L’Italia, alla metà del Cinquecento, non era certo una nazione ittiofaga e in parte non lo è ancora ma calcolando che ci sono 52 venerdì l’anno e i 40 giorni di quaresima oltre altre ricorrenze dove il digiuno era consigliato , in un anno circa un terzo dei giorni prevedeva il grande pesce come pietanza principale dei deschi di prelati, principi e ricchi in generale.

La pesca del tonno si praticava già nella preistoria, come documentano i graffiti della Grotta del Genovese nell’isola di Levanzo.
I fenici costruirono le prime tonnare e coniarono monete con l’effigie del tonno. Aristotele teorizzò il canone delle migrazioni di questi pesci pelagici, dallo Stretto di Gibilterra al Mar Nero, dimostrando così che i filosofi dell’antichità applicavano le loro sottigliezze speculative anche a problemi di carattere pratico.
Sempre nel IV secolo a.C., Archestrato di Gela, primo poeta gourmet della storia letteraria, documentò nel suo Poema del buongustaio le regole di conservazione del tempo: “Di tonno in Sicilia un pezzo mangia / di quel che a fette conservar salato / nell’anfora si suole”.
Fino a tutto il Seicento, il tonno veniva cucinato o conservato sotto sale.
Solo agli inizi del 1700 tra le merci movimentate nel porto di Genova appare il tonno sott’olio, prodotto assai diverso dal tonno sotto sale detto con un termine in gergo “tonina”.
Dal 1725 i barili di tonno in olio di oliva divengono merce frequente nei traffici marittimi genovesi.

Agli inizi dell’Ottocento le tonnare subiscono un tracollo. Le imprese non sono più remunerative e vengono abbandonate.
Trasportare barili non era certo la cosa più semplice e il costo di un barile non era certo sostenibile da una famiglia , inoltre una volta aperto il barile la muffa arrivava velocemente , quindi il consumo doveva essere rapido e copioso.

Con le campagne napoleoniche di Russia si sviluppa la tecnica della conservazione dei cibi in scatola , grazie al francese Nicolas Appert e l’inglese Bryan Donkin che scoprono, all’inizio dell’Ottocento, un metodo per la sterilizzazione delle scatole metalliche da destinare alla conservazione dei cibi.
Un modo rivoluzionario per conservare gli alimenti sino ad allora difficilmente preservabili se non sotto sale o essiccati.

Alla fine dell’ottocento furono i Florio a escogitare un modo per conservare il tonno sott’olio., nel 1874 acquistarono la tonnara di Favignana.
Aprirono un opificio per la conservazione del tonno rosso sott’olio, dopo la bollitura e inscatolamento, nello stabilimento dei Florio il tonno veniva anzitutto tagliato a pezzi, quindi cotto in 24 grandi caldaie e poi messo ad asciugare. In un altro ambiente si confezionava nelle latte.
I Florio intuirono l’avvenire industriale e commerciale di questo prodotto e svilupparono questo settore nuovo e dinamico dell’attività conserviera esportando tonno in tutto il mondo.
Alla Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92, dedicata all’industria, al commercio, all’agricoltura e alle Belle Arti, la Florio presentò anche innovative scatolette di latta con apertura a chiave.
Da quel momento il tonno in scatola divenne un alimento che non mancò nelle case di tutto il mondo.
L’Italia oggi è il secondo produttore europeo di tonno in scatola dopo la Spagna.
Secondo le elaborazioni dell’ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici)
La produzione è stata di 69.000 tonnellate, in crescita ,mentre i consumi da parte degli italiani sono di circa 2,2 kg pro capite annuo.
Il tonno in scatola è presente nel 94% delle nostre case e il 43% degli italiani mangia tonno ogni settimana.
Sempre secondo i dati Ancit, il piatto a base di tonno preferito dagli italiani sono gli spaghetti con il tonno, seguito da insalata di riso e insalata di tonno.

I pescatori siciliani catturano nel Mediterraneo il pregiato Tonno Rosso e l’Alalunga, destinati al consumo fresco, mentre in scatoletta finisce prevalentemente il Tonno Pinna Gialla, pescato negli oceani tropicali.
La pesca del Tonno Rosso è regolamentata dalla Comunità Europea, che ogni anno stabilisce il volume di tonni da pescare.
Nel mondo della pesca gli interessi sono spesso molto più rilevanti di quel si può immaginare.
Pochi sanno che un tonno rosso fresco di 100/150 chili al mercato ittico di Tokyo può valere 50 o 60 mila euro. Una vera fortuna.
Recenti dati dimostrano l’interesse delle organizzazioni malavitose al commercio del tonno fresco! Ma il valore degli interessi in gioco nella pesca si può desumere dalla battaglia che si sta facendo attorno alla pesca della balena o alle periodiche guerre del merluzzo tra inglesi e islandesi con la messa in campo di unità militari. Insomma la banale scatoletta di tonno ha una storia molto più complessa di quel che il consumatore può immaginare e attorno ad essa vi è un’economia tanto vasta che il consumatore non immagina nemmeno perché il mondo della pesca è per certi versi misterioso.

Comunque vale il detto siciliano “Megghiu essiri testa di sarda ca cura di tunnu” , cioè meglio essere primi tra i piccoli che ultimi tra i grandi.

Fonti : tonno360.it/un-po-di-storia ; pubblicitaitalia. Com; camillabaresani. Com :-Il “maiale di mare” – Storia del tonno di Camilla Baresani ; wikipedia. Com.