Nazionalizzazione vs globalizzazione

Si è gridata da più parti una presa di distanza degli Stati dagli oneri ed obblighi della globalizzazione, fino ad assistere ai dazi trumpiani che probabilmente rafforzeranno l’Europa, eppure in questa furia globalizzatrice la chiave manageriale per una autoconservazione, risiede nella nazionalizzazione. Nazionalizzazione interpretata come pratica per la creazione di valore aggiunto per la propria nazione, giacchè le imposizioni della finanza e delle industrie cosmopolite, comportano spostamenti continui e spersonalizzanti di capitali e lavori negli stati meno “tutelati”; dunque auspicare una fase nuova è fisiologico.

Il problema globale risulta l’indigenza, assestatasi ormai anche nel facoltoso occidente, e per superarla occorrono nuovi strumenti di valorizzazione della forza lavoro. Ma che tali strumenti non siano privi di sostegni finanziari durante la fase preparatoria di un “nuovo corso”.

In Italia osservare otto milioni di poveri equivale a disporre di un bacino di consumatori di gran lunga inferiore rispetto al passato, ed e’ pernicioso per le imprese. Sebbene la cultura ed il sistema di formazione scolastico ed universitario italiano siano generalmente encomiabili, mancano solo gli strumenti politici e finanziari da sistemare, affinchè il numero di poveri si assottigli fino all’esaurimento.

Allora sforzi infrastrutturali e scientifici per rilanciare il Paese Italia mediante emolumenti dignitosi ed una strategia lungimirante, rimangono l’ultima spiaggia non solo per la penisola sudeuropea, ma per l’intero occidente. Occorre dunque un nuovo tipo di radicamento nazionale in quanto sono gli abitanti del posto in cui vivono, a volere il bene della propria terra ed a poter lavorare per il proprio riscatto ed il proprio rilancio, rinazionalizzando la finanza pubblica e parzialmente quella privata. Ad onta di finanzieri speculatori cosmopoliti e imprenditori senza scrupoli oggi assiepati in politica e burocrazia.https://www.facebook.com/marketplace/item/1065032380635180/




Il miglior controllo possibile

L’umanita’ e’ controllata perennemente da sistemi intrecciati di dogma, religioni manipolate, strumenti informatici, potere militare, bancario-finanziario ed industrial-politico. Fermo restando il fatto che annualmente si verifichi un consesso di capi finanziari sionisti-non ebraici-che si denomina “Internazionale ebraica”, pronta a legiferare ed indicare i tedofori amministrativi globali dei dettami finanziari e grand’industriali di tali agglomerati di potere, il tema del controllo collima con la centralizzazione del potere.

In tempi di pandemie come la “spagnola” e la Sars, tutte concomitanti con la capillarizzazione di onde elettromagnetiche di tipo radiofonico ieri e 5 g oggi, il controllo dei potentati finanziari e’ un tema da dipanare in favore di una decentralizzazione produttiva, nonche’ una nazionalizzazione finanziaria che sgretoli il fardello del debito pubblico. Con il Covid la popolazione occidentale e’ sottoposta ancora a prescrizioni di clausura ed impoverimento ad onta dei contagi in calo, ma anche ad una censura incipiente delle voci avverse su Internet. La stessa internet privatizzata e’ una perniciosa tara moderna e contribuisce al controllo mondiale controproducente, per cui urge una nazionalizzazione quasi totale delle infrastrutture di trasmissione web; sul tema parallelo della decentralizzazione delle produzioni il miglior controllo possibile sarebbe virtuoso in quanto basato sull’interdipenza tra consumatori e produttori, anziche’ sulla dipendenza e totale subordinazione dei consumatori ai produttori.

Nell’ambito della produzione energetica domestica alla luce degli aggravi di spesa sulle bollette maggiorate anche da tasse locali, nazionali ed internazionali, pur essendo sempre bassi i prezzi delle materie prime, e’ ancora utipistico scambiarsi o rivendersi l’energia in eccesso autoprodotta. Cio’ a causa di imposizioni finanziarie di comune matrice da parte di quel potere privatistico che si esprime mediante la summenzionata “Internazionale ebraica”, il sionismo, il neoliberismo innestato con Big Tech, Big Pharma, i giganti dell’alimentazione e contigui. Dunque il controllo mondiale deve glissare in controllo virtuoso con una reimposizione degli stati, delle Costituzioni ma anche la possibilita’ di autoproduzione e vendita in condivisione. Il tema dell’alimentazione contemporanea, infine, esorta sempre una decentralizzazione produttiva teleologica al calmieramento dei prezzi, aumento della genuinita’ delle materie prime, di conseguenza una diminuzione del potere dei registi delle nostre vite; cio’ si realizza con l’affitto comune di animali e contadini con terreni, per piccole associazioni di cittadini in un circuito di corroboramento e ricostituzione di numerose comunita’, affiatate ed indipendenti. https://www.facebook.com/marketplace/item/210340406717147/