Niente treni al sud: scelta ostacolata

NIENTE TRENI AL SUD, UNA SCELTA IDEOLOGICA NON ECONOMICA.

Lino Patruno, a proposito della annosa questione, tra l’altro spinosa, di mancanza di collegamenti ferroviari celeri ed efficaci da Napoli in giu’, si esprime in questi termini:” Vedete, questa questione dei binari al Sud sarebbe ridicola se non fosse tragica. A cominciare da un vecchio amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, col quale si aveva un dibattito del genere seguente. Perché non mette anche al Sud treni veloci come nel resto del Paese? Perché non ci sono passeggeri. Ma se non mette i treni, come può avere passeggeri? Così il Sud non ha avuto a lungo né treni né passeggeri.

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Ma chi mastica un po’ di economia sa che è il servizio a creare il mercato, non viceversa. E che se vuoi far sviluppare un territorio la parola è una sola: treno. Così l’America dei pionieri è diventata America. Così fece da noi lo Stato unitario, dimenticando però il Sud come se già da allora fosse un’altra Italia. Anzi quando si è fatta l’Autostrada del Sole per ricucire il Paese spaccato dalla guerra, la ricucitura è arrivata fino a Napoli, punto. ‘O sole mio, trascurando il resto del sole.

Quindi l’Italia attuale è un’Italia recidiva, così, per coerenza. Di recente confermato, del resto, dalla sottosegretaria Bellanova: investire 45 miliardi per risparmiare 20 minuti fra Lecce e Bologna «rischia di essere uno sperpero di risorse». E magari non lo è per far andare in un’ora da Genova a Milano, come stanno facendo ora. Come se solo per il Sud la possibilità dei cittadini di muoversi potesse essere decisa da un amministratore delegato, non fosse un diritto sancito dalla Costituzione. Un diritto pubblico essenziale come, ad esempio, la sanità e la scuola. Doveva essere lo Stato a imporsi, non i conti di un’azienda che, fra l’altro, era e resta statale, altro che chiacchiere. Ma allora perché i governi non l’hanno fatto?

Sembra la domanda tipicamente retorica che inficia l’Italia: La “diversamente Italia” non poteva essere trattata come il resto d’Italia, nel caso il resto d’Italia se la fosse presa. Puntare sempre su una, e l’altra avrebbe avuto un po’ di molliche per starsi zitta. Mai sia treni come altrove, si fosse messo in testa il Sud di diventare una forza a sé. Si fosse messo in testa di agevolare i suoi viaggiatori, imprenditori, studenti, turisti. Si fosse messo in testa il Sud di non dipendere più dall’altra Italia. Nord ricco in proporzione diretta al Sud meno ricco. Come se dare a uno significasse sempre sottrarre all’altro, non addizionare per tutti. «No treni» come scelta ideologica spacciata per scelta economica. Per restare in tema, la solita locomotiva del Nord che avrebbe tirato i vagoni del Sud.

Ma ora, udite udite, c’è «Verso Sud». Scrive un collega: ma scusa, le cose che ora hanno detto a Sorrento, non le dici tu (con pochi altri) da sempre? Sud essenziale per far crescere l’intero Paese? Ma ora serve il Sud alla canna del gas, come ha scritto il sulfureo Marcello Veneziani. Serve perché l’energia che mancherà potrà arrivare solo dal Sud, fra pale eoliche sul posto e tubi che lo buchereranno per far arrivare il gas da ogni dove. Quanto ai treni, la «Gazzetta» in questi giorni ha già fatto capire l’aria: Bari-Napoli diretta nel 2027, se va tutto bene; Taranto-Potenza-Battipaglia allo stato di fattibilità; raddoppio Termoli-Lesina appena cominciato dopo anni di stop.
Ma nulla che non sia roba da anni ‘70.

Nulla che riguardi il Pnrr, anche se lo si spaccia. Nulla che faccia dire: si è capita la rendita di posizione del Sud nel Mediterraneo, mettiamola a frutto per il Sud e per l’intero Paese. Nulla che faccia pensare a una visione per il Sud: cosa diventare da grande, non come ci serve ora. Ma non giudichiamo troppo in fretta questo ennesimo «rilancio del Sud», mai nessuno tanto rilanciato da andare solo a sbattere. Non dimenticando mai la «trappola del sottosviluppo».

È il moltiplicatore per cui, se un ragazzo del Sud è costretto ad andare a studiare fuori (perché le università del Sud sono sottofinanziate rispetto alle altre, incredibile), non solo toglie al Sud ma aggiunge al Nord: scappato per un divario che egli contribuisce ad aumentare scappando. E così un malato che va a curarsi fuori (perché anche gli ospedali sono sottofinanziati): più vanno, di meno posti letto avrebbe bisogno il Sud, che così vengono eliminati costringendo altri malati ad andare fuori. Sembra una barzelletta. Un meccanismo automatico che si interrompe cambiando le regole. Cominciando a dare treni, e ospedali, e università che blocchino il meccanismo. Quello che fa mancare al Sud tre milioni di posti di lavoro e il 50 per cento del reddito che ha il Centro Nord.
Questo Sud che vuole essere assistito, ammesso che così fosse. Quando invece, come visto, assiste il Nord. La Gazzetta del Mezzogiorno diventa caustica con tale editoriale e si aggroppa le problematiche di un sud gia’ mezzo orbato dal reddito di cittadinanza che Renzi si appresta di abolire. Mentre i lavori per l’edificazione di asili nido a Catania, Palermo, Napoli, e poi un possibile, avveniristica versione mediterranea di tunnel della Manica che colleghi Libia e Lampedusa. Ma cio’ sarebbe posteriore al completamento del Ponte sullo Stretto che troncherebbe l’isolamento della Sicilia, piccolo stato piu’ che mera regione.




Lo scandalo ferroviario Nord-Sud

PERCHÈ LE OPERE PUBBLICHE AL SUD FANNO RUMORE? LA TRAGICOMMEDIA DELLA FERROVIA ADRIATICA E ALTRE STORIE

di Raffaele Vescera*
“Fa più rumore una scorreggia fatta a Napoli che una bomba esplosa a Milano”. E’ un detto ormai proverbiale per denunciare la scarsa attenzione dei media italiani verso quanto di clamoroso accade al Nord nel campo del malaffare, al contrario del rilievo sovrabbondante che viene dato a quello del Sud, bollato come Gomorra. Eppure i numeri diffusi dal ministero degli interni parlano chiaro: le città con il tasso di criminalità più alto sono tutte al Nord, a partire da Milano, seguita da Rimini, Bologna, Venezia, Firenze, Genova, etc. Per trovare la prima città meridionale bisogna scendere a metà classifica, Napoli dopo il 30° posto. Ma queste sono altre storie.

Quanto invece oggi ci sta a cuore, è l’ennesima decisione di impedire la costruzione del raddoppio di binario ferroviario sulla linea adriatica al Sud, tra Foggia e Pescara, dove un tratto di 27 km tra Lesina e Termoli è ancora fermo al binario unico inaugurato 157 anni fa. Un binario unico che obbliga i treni a fermarsi alla stazione precedente per permettere il passaggio del convoglio proveniente in senso inverso, con attese che possono a volte superare il quarto d’ora, laddove oggi, da Bologna in su, in 15 minuti i Tav a 300 km l’ora fanno 75 km di strada. Senza dire che nel caso di lavori urgenti da farsi su quel vecchio binario meridionale, triste e solitario, la circolazione si può bloccare per giorni interi.

Quale sarebbe la causa del nuovo impedimento alla costruzione del secondo binario e perché la realizzazione, pur finanziata dal 2001 è ferma da vent’anni? Farebbe troppo rumore. Sic! “La sottocommissione Via-Vas del ministero dell’Ambiente ha chiesto a Rfi alternative progettuali in termini di tracciato meno impattanti sul territorio e verso la popolazione: nella relazione è evidenziata «l’inopportunità di risolvere il problema esclusivamente attraverso il sistema delle barriere, unanimemente ritenuto inadeguato. È opportuno che Rfi ponga in essere ulteriori opzioni risolutive innovative».” Insomma, il nuovo tracciato risulterebbe insopportabilmente rumoroso per gli abitanti.

Eppure chi conosce quella zona sa che tra la cittadina di Lesina, dove peraltro il binario passa ad alcuni km di distanza, e Termoli, non vi sono centri abitati. Il vecchio binario, sempre triste e solitario, corre tra piatti campi di grano con rare masserie e disabitate pinete marine. Allora chi disturberebbe il rumore del ciuf ciuf elettrico in quelle desolate campagne? Ah, sì, altro pretesto tirato fuori lo scorso anno, il rumore arrecherebbe fastidio all’uccello fratino, tipico di quelle zone. Tanto sostiene il ministero dell’ambiente e cotanto parere deve osservare Ferrovie dello Stato.

Confesso la mia tarda età. Quaranta anni fa, fermo a Termoli per una precedenza da dare a un treno proveniente da Foggia, giovane insofferente, domandai a un anziano capostazione il perché di tanta attesa. “Se ne parla dagli anni ’20, ma io credo che noi il doppio binario, non lo vedremo mai.” Mi rispose quell’uomo profetico.
Dunque, pur di non disturbare l’uccello fratino, anziché affiancare il secondo binario a quello esistente, si è progettato una deviazione del percorso, dal costo aggiuntivo di 170 milioni di Euro, per portare il binario nella valle del Biferno, che a detta del ministero a causa del rumore diventerebbe una valle dell’inferno, pur per gli scarsi abitanti del luogo, stante che l’intero Molise conta meno abitanti della sola città di Bari.

Il commissariamento dell’opera per valenza strategica nazionale ed europea, no? Eppure, si è fatto in Val di Susa, dove i binari attivi sono quattro e sottoutilizzati, e la devastazione ambientale con la costruzione dell’inutile e dannoso tunnel, dal costo astronomico di 12 miliardi di euro, va avanti, fregandosene delle proteste degli abitanti, represse con manganelli e galera. Eppure anche il terzo valico ligure (ne esistono già due) tra Milano e Genova, dall’altrettanto inutile, dannoso e dall’astronomico costo di alcuni miliardi di Euro per risparmiare pochi minuti di viaggio, va avanti indefesso. (Qui mi risparmio una battuta volgare.)

In conclusione, al Nord si deve investire purchessia, per volare sui binari in concorrenza agli aerei, al Sud invece ogni pretesto è buono per non spendere un centesimo e bisogna continuare a viaggiare a mezza velocità, in concorrenza alle diligenze del tempo andato. Bari-Reggio Calabria in treno? Dalle 8 alle 14 ore, fino a 4 cambi, sulla linea ionica per 450 km. Trapani Siracusa in treno? 11 ore con tre cambi per 360 km. I conti della velocità fateli voi. In mezzo c’è lo Stretto di Messina, con un ponte fantasma progettato da decenni. Ma questa è un’altra storia.
*direttivo nazionale M24A-ET

Su
https://movimento24agosto.it/perche-le-opere-pubbliche-al-sud-fanno-rumore-la-tragicommedia-della-ferrovia-adriatica-e-altre-storie/




Confronto sprechi Nord-Sud

SUD, DOVE TUTTO CIO’ CHE FA LO STATO E’ MENO DELLA META’ DEL NORD

di Raffaele Vescera*
La differenza di dotazione delle infrastrutture tra Nord e Sud è semplicemente scandalosa, come si evince dalla seguente tabella:
Chilometri di autostrada ogni 100 kmq. Nel Nord-Ovest 3,3%. Nel Sud l’1,7%.
Chilometri di ferrovia ogni 100 kmq. Nel Nord-Ovest del 7,2%. Al Sud del 4,7%.
Alta velocità ferroviaria, nel Nord è del 9,6. Nel Sud del 1,4%.
Aeroporti: Tra Albenga e Trieste, ben 17, al Nord 1 x 50 km. Tra Napoli e Bari solo 1, al Sud 1 x 300 km.
Porti: Porto franco a Trieste, inclusione del porto di Genova nella nuova “via della seta”, con esclusione dei porti del Sud, Messina, Gioia Tauro, Taranto etc.
Ma questo è il meno, tra Bari e Napoli non esiste un solo treno che colleghi le due maggiori città del Sud continentale, mentre da Bari a Reggio Calabria occorrono ben 14 ore di treno per fare 450 km, a una velocità media di 30 km l’ora. Il nordico ministro Delrio, nel precedente piano ferroviario da 5 miliardi di euro ne ha destinati il 95% al Nord per 69 progetti e 2 al Sud, promettendo di intervenire per migliorare la condizione della ferrovia jonica, chiudendola però per 4 anni, il sospetto che voglia chiuderla per sempre è legittimo.
E sia, tutto ciò è parte della Questione meridionale, mentre i media denunciano scandalizzati presunti sprechi al Sud, al Nord si investe e si spreca per davvero, dall’inutile autostrada doppione Bre-Be-Mi, alla pedemontana lombarda per la spesa di svariati miliardi di euro, fino al vergognoso costo dell’alta velocità al Nord di 67 milioni di euro a km, la stessa che in Francia è costata 10 e in Spagna 9. Alta velocità italiana che si ferma a metà dello Stivale, fatta con i soldi stanziati per farla arrivare a Lecce sulla dorsale adriatica a Palermo su quella tirrenica.
Tutti ci chiediamo come mai il Sud non si ribelli unito a fronte di tale vergogna, Antonio Gramsci ne spiegò le ragioni nel suo “Il Risorgimento”, eccole, valide ancora oggi: “Il programma di Giolitti e dei liberali democratici tendeva a creare nel Nord un blocco “urbano” (di industriali e operai) che fosse la base di un sistema protezionistico e rafforzasse l’economia e l’egemonia settentrionale. Il Mezzogiorno era ridotto a un mercato di vendita semicoloniale, a una fonte di risparmi e di imposte ed era tenuto “disciplinato” con due serie di misure: misure poliziesche di repressione spietata di ogni movimento di massa con gli eccidi periodici di contadini… Misure poliziesche-politiche con i favori personali al ceto degli “intellettuali” o “paglietta”, sotto forma di impieghi nelle pubbliche amministrazioni, di permesso di saccheggio impunito delle amministrazioni locali…cioè di incorporamento “a titolo personale” degli elementi più attivi meridionali nel personale dirigente statale, con particolari privilegi giudiziari, burocratici etc. Così lo strato sociale che avrebbe potuto organizzare l’endemico malcontento meridionale, diventava invece lo strumento della politica settentrionale, un suo accessorio di polizia privata.”
Che altro aggiungere alle esaustive parole di Gramsci? Solo una, la mafia, mai combattuta dallo Stato, in quanto anch’essa accessorio di polizia segreta utile alla spoliazione del territorio meridionale e al successivo trasferimento di capitali da investire al Nord.
*direttivo nazionale M24A-ET