Ue Sud Pino Aprile e fondi deviati

Milano indicata come sede del Tribunale per i brevetti, Torino per l’Istituto dell’intelligenza articiale. Il Sud ancora ignorato. Per bilanciare, si scelga l’università di Cosenza, in rete con altre del Mezzogiorno, per l’Istituto di Tecnologia Blockchain “Pitagora”. E se il governo italiano non rispetterà i criteri europei di ripartizione del Ricovery Fund (70 per cento al Sud), faremo ricorso all’UE, chiedendo di bloccare i fondi o istituire un Commissario che ne garantisca l’uso corretto e impedisca che siano deviati al Nord, come altri.

Al Mezzogiorno d’Italia non resta che appellarsi all’Europa Unita contro il governo italiano: ignorando, come al solito, il Sud, Milano è stata appena proposta quale sede del Tribunale unico dei brevetti e Torino per l’Istituto italiano per l’intelligenza artificiale; allo stesso tempo, i progetti di spesa del Recovery Fund non tengono conto dei criteri di ripartizione delle risorse dettati dall’Unione Europea (proporzionale alla popolazione, alla disoccupazione media negli ultimi cinque anni, e inversamente proporzionale al reddito pro-capite), mentre una ministra, Paola De Micheli, parla di 40 per cento dei fondi RF al Sud e fa in modo che il Ponte sullo Stretto di Messina sia escluso dal piano e il segretario del Pd, partito di governo, Nicola Zingaretti, abbassa al 34 per cento la quota di investimenti nel Mezzogiorno, riferendola alla sola percentuale della popolazione.

Al contrario, come si evince dallo studio della Commissione Economia e Sviluppo del Movimento per l’Equità Territoriale, tenendo conto dei tre criteri, la quota di RF che spetta al Sud è il 70 per cento, circa 145 miliardi su 209. Per l’interconnessione economica, poi, il 41 per cento degli investimenti nel Mezzogiorno torna al Nord, per l’acquisto di beni e servizi, quindi, di quel 70 per cento nominale, al Sud resterebbe, effettivo, il 43; per la stessa ragione, il 40 per cento nominale proclamato dalla ministra De Micheli si riduce al 27 effettivo, e il 34 di Zingaretti a poco più del 22: in entrambi i casi, molto al disotto persino della percentuale della popolazione.

Giova ricordare agli immemori per professione del governo (e i precedenti non erano diversi), che il vice Commissario europeo Frans Timmermans ha appena detto, riferendosi all’Italia, che “i piani nazionali per il Recovery Fund devono riflettere gli orientamenti europei per i quali sono stati definiti”: ridurre le disuguaglianze, non accrescerle. E i Commissari Elisa Ferreira e Nicolas Schmit hanno sottolineato nella loro lettera al governo italiano l’importanza di spendere i nuovi fondi per la coesione. Il governo, De Micheli, Zingaretti e soci non possono fare come pare a loro.

Contro la mancata applicazione dei criteri europei, i promotori di questo appello ricorreranno preventivamente ai Commissari europei competenti, la portoghese Elisa Ferreira (il cui direttore Marc Lemaître per ben due volte ha rimproverato l’Italia perché non investe a Sud, facendone la più ampia area del continente senza infrastrutture e servizi di livello europeo), il lussemburghese Nicolas Schmit e Paolo Gentiloni; e, ovviamente, alla presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula Von Der Leyen, cui già abbiamo inviato una lettera sulle discriminazioni delle autorità nazionali a danno del Sud, missiva che Von Der Leyen ci ha fatto sapere di aver apprezzato e “girato”, per competenza, alla struttura diretta da Marc Lemaître .

Ci rivolgeremo anche, denunciando il mancato rispetto dei criteri della UE sul RF, al presidente del Consiglio dell’Unione Europea, il belga Charles Michel, che dovrà analizzare, avendo l’ultima parola, i progetti di impiego dei RF proposti dal governo italiano.

Vigileremo che i criteri di valutazione del piano di riforma nazionale, soprattutto quello riguardante la coesione, siano correttamente applicati. Nel caso i progetti e le riforme non fossero equi e aderenti alle indicazioni europee e le risorse del RF deviate in proporzione scorretta al Nord (dove già vengono dirottati oltre 60 miliardi all’anno di fondi pubblici destinati al Sud), faremo ricorso all’Ombusdman, l’Autorità europea guidata dall’irlandese Emily O’ Reilly per i conflitti fra i cittadini e le istituzioni, e al Tribunale europeo per i diritti umani, cui chiederemo se quelli dei cittadini del Sud Italia non siano brutalmente calpestati.

Se questo non fosse sufficiente a ottenere equità e correttezza, chiederemo all’Unione Europea di non approvare il piano di riforma nazionale italiano e di non inviare all’Italia i fondi del RF, perché verrebbero usati per aumentare le disuguaglianze a danno del Mezzogiorno, come da un secolo e mezzo, non per sanarle; in alternativa, chiederemo di istituire una sorta di Commissariato europeo per impedire che il governo tradisca le indicazione della UE.

Che l’orientamento governativo sia unidirezionale verso Nord (gran parte dei ministri e il presidente del Consiglio sono meridionali, ma ciò ha significato poco per il recupero di equità del Mezzogiorno) è confermato da dettagli pesanti e attuali, quali l’esclusione del Sud dall’assegnazione delle sedi per il Tribunale dei brevetti, Tub, e per l’Istituto dell’intelligenza artificiale.

Con i soldi di tutti gli italiani fu donato a Genova l’Istituto Italiano di Tecnologia (la cui qualità e quantità di ricerca, secondo lo studio del Roars, è circa un terzo di quella del Politecnico di Bari, per ogni 100mila euro di spesa) che gode di tali finanziamenti pubblici, da permettersi di accumularli in banca; con i soldi di tutti gli italiani, il Centro ricerche Human Technopole, che da solo riceve più soldi pubblici della ricerca nazionale, è stato donato a Milano pigliatutto (Expo, Olimpiadi invernali fra le innevate valli di piazza San Babila, ora il Tub e domani, magari, la Coppa America fra navigli e Idroscalo).

Il Sud sempre escluso, nonostante Catania, con perno l’università, sia la Silicon Valley italiana; e l’università di Arcavacata, in Calabria, con il Dipartimento di Matematica applicata all’Informatica del professor Gianluigi Greco, vanti le migliori performances d’Europa, tanto da far approdare nel Cosentino le maggiori aziende internazionali del settore, che assumono centinaia di laureati ogni anno. Ad Arcavacata ha voluto trasferirsi l’astrofisica Sandra Savaglio, che negli Stati Uniti finì sulla copertina di Time, come prova della capacità degli Usa di rubare cervelli al resto del mondo.

Quale segnale di resipiscenza e volontà di riequilibrio, il Governo si impegni a deliberare nel primo Consiglio dei ministri un progetto-quadro per ristabilire l’equità tra i giovani dei diversi territori, con la costituzione dell’Istituto Italiano per le Tecnologie Blockchain “Pitagora”, con sede in Calabria (dove operò il grande matematico, come sa ogni bambino di ogni era e continente), in vista dell’omologa Agenzia che potrà essere varata in virtù della consultazione del Ministero dell’economia su “Proposte per la Strategia italiana in materia di tecnologie basate su registri condivisi e Blockchain”.

Un Istituto che metta in rete le eccellenze delle regioni meridionali, con un finanziamento statale annuale da storicizzare e quantificabile in almeno 500 milioni annuali, e coinvolga laboratori, centri di ricerca e aziende gravitanti intorno a Università meridionali che si sono già contraddistinte in tutto il mondo per qualità della ricerca e del trasferimento tecnologico su Blockchain, IA, IOT, Big Data, DeFi e CS e tecnologie correlate emergenti.

Ci si riferisce in particolare alle università della Calabria, di Salerno, di Catania, al Politecnico di Bari e altre, pur tra le piccole, del Mezzogiorno (alcune delle quali hanno compiuto notevoli scalate nelle classifiche mondiali di eccellenza).

Nelle aree di pertinenza di questi atenei si sono già concentrati insediamenti produttivi e aziende di livello internazionale specializzate nelle nuove frontiere tecnologiche (come il primo centro di sviluppo per app in Europa aperto dalla Apple, a Napoli o la NTT Data, a Cosenza), per l’alta qualità delle strutture accademiche, in particolare nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematic), che non solo offrono lavoro a tanti giovani meridionali, ma riescono ad attrarre eccellenze provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo.

Si riuscirebbero, così, a trattenere al Sud almeno i primi 5.000 laureati che, in caso contrario, sarebbero costretti a emigrare al Nord o in altri paesi.

L’Italia non finisce in Val Padana.

Pino Aprile, presidente del Movimento 24 agosto per l’Equità Territoriale