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Ancora madre violentata senza botte

Gen 11 2023

Ancora madre violentata senza botte

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Di Rita Lazzaro

Spesso si parla di papà separati vittime di ex mogli che non permettono loro di vedere i figli e di usarli come vera e propria arma di vendetta contro l’ex marito. Un dramma umano e familiare che ha sicuramente la sua verità ma non è la sola realtà esistente. Infatti avviene anche il contrario e spesso in contesti drammatici. Come successo a una donna, malata terminale, che non vede suo figlio da un anno e mezzo e non per sua volontà ma perché l’ex marito le impedisce di avere contatti con il figlio 12enne. La vicenda, riportata da Il Messaggero, si svolge a Frosinone. La signora, in cura all’ospedale Gemelli di Roma, è molto grave ed è sottoposta a cure palliative a causa di un cancro da cui è affetta da circa un anno e mezzo. Nonostante il parere positivo del Ctu e le continue richieste, non riesce a incontrare il ragazzino: il suo timore è di morire prima di riuscire a vederlo un ultima volta. La donna in passato aveva già denunciato suo marito per maltrattamenti. L’uomo è finito a processo e allo stesso tempo sono state avviate le pratiche per la separazione legale. La donna ha dichiarato che da anni era sottoposta a violenze psicologiche e vessazioni. Non è mai stata picchiata, le violenze non erano fisiche, ma veniva abusata a livello psicologico: l’uomo le avrebbe fatto pesare le sue umili origini, costretta a non far vedere i figli alla famiglia materna, che non potevano frequentare, e avrebbe fatto alla figlia oggi 17enne discorsi misogini. La 47enne non poteva usare gli elettrodomestici né usare internet. Le cose sono andate avanti in questo modo fino a che lei non ha deciso di denunciarlo. Un anno e mezzo fa le è stato diagnosticato un tumore, e ha quindi deciso di affidare il figlio 12enne al padre, in attesa di iniziare le cure. Da allora, non lo ha più visto. Ogni incontro è stato disatteso, ogni volta che si dovevano incontrare lui non si presentava. E così la donna ora ha paura di non vedere più il figlio e di morire prima che la situazione si risolva. Una storia aberrante e disumana, intrisa di misoginia e patriarcato.

Una disumanita’ con tanto di aggravante visto che avviene in un Paese dove ci sono state riforme su riforme a partire dagli anni 70 e dirette a garantire proprio quella parità di genere oggetto di tante battaglie. Una lotta continua che ha dato però i suoi frutti sia sotto l’aspetto civile che penale. Come la parità di diritti e doveri dei genitori verso i figli, siano essi nati fuori che dentro il matrimonio. Le due sentenze che hanno abolito il reato di adulterio(tradimento della donna verso l’uomo) e il reato di concubinato (tradimento dell’uomo verso la donna), emanate rispettivamente nel 1968 e nel 1969. La legge sul divorzio nel 1970.La legge sull’ aborto nel 1978. L’abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore nel 1981. Passi avanti dove la donna e la figura materna non sono viste come mero oggetto da usare per dare la prole al marito e da sottomettere nel focolare domestico, ma dove la donna sia essa madre o meno è trattata come un soggetto di diritto.

Tra le riforme più recenti dirette a garantire la bigenitorialità in caso di separazione o divorzio da ricordare la legge 54/2006 e il d.lgs. 154/ 2013. Per questo motivo storie del genere sono una doppia sconfitta in quanto uno schiaffo per le lotte dirette a garantire la parità di genere e un oltraggio alla dignità umana.

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