Banche centrali: rischio insolvenza
Le banche centrali sono ormai insolventi?Dietro la lotta per convincere tutti che l’inflazione dei prezzi non è un problema permanente c’è la necessità di mantenere bassi i tassi d’interesse e i rendimenti delle obbligazioni. In passato, il ciclo dei tassi d’interesse era interamente dovuto all’espansione e alla contrazione del credito delle banche commerciali. Ma questo era prima che le banche centrali costruissero portafogli di obbligazioni attraverso il quantitative easing.
Non solo questo li espone al ciclo dei tassi d’interesse, ma non hanno aumentato la loro base di capitale per tenere il passo con l’espansione dei loro bilanci. Da qui il problema dell’aumento dei tassi d’interesse e dei rendimenti delle obbligazioni: Su una base mark-to-market, le principali banche centrali sono insolventi perché le passività sui loro bilanci ora superano le loro attività.
Questo articolo trova che questo stato di cose vale per la Banca d’Inghilterra, la banca centrale degli Stati Uniti, la Banca del Giappone e l’intero sistema dell’euro. Altre banche centrali non vengono esaminate.
Indubbiamente, questo problema sarà risolto a breve termine dai governi che investono più capitale nelle loro banche centrali. Tuttavia, c’è una grande eccezione, vale a dire la BCE e l’Eurosistema, i cui azionisti stanno tutti scivolando in un patrimonio netto negativo con l’eccezione delle banche centrali irlandese, maltese e slovena.
Data l’interconnessione del sistema finanziario globale, la capacità delle banche centrali di garantire la sopravvivenza della propria rete di banche commerciali è quasi certamente destinata a finire con un collasso del sistema dell’euro. L’esempio è il fallimento del prototipo di banca centrale nel 1720, la Banque Royale di John Law. Da questa esperienza possiamo vedere come è probabile che si sviluppi.
Intanto il mondo delle criptovalute e’ in fase di stabilizzazione e regolamentazione nei principali mercati mondiali e rappresenta un nocumento letale per le banche classiche. Sempre piu’ utenti stanno investendo in valute alternative, in concomitanza con l’imponente social russo Telegram, a caldeggiare per la propria criptovaluta bitcoin denominata “Toin”.
Esiziale il bitcoin per il sistema creditizio classico in quanto essendo agganciato alla tecnologia Blockchain risulta impossibile in quanto troppo dispendioso e faticoso, manometterne i tassi d’interesse, i risultati effettivi, gli utili e le perdite. In tal guisa la criptovaluta sarebbe fautrice di una effettiva decentralizzazione bancaria che non puo’ eludere la vera opulenza con manovre prettamente speculative o politiche. Tara tuttavia di questo nuovo paradigma finanziario, risulta la completa digitalizzazione delle transazioni e di conseguenza della produzione di ricchezza, il che non la esime da collassi venturi per mancata coincisione di opulenza reale e finanziaria. Il che configura, a detta di Guido Grossi ex responsabile per i mercati finanziari di Bnl, il medesimo problema odierno delle banche centrali e binariamente del capitalismo contemporanei: ossia una circolazione troppo vasta di denaro virtuale sprovvisto di valore materiale causata dalla crisi del commercio e delle aziende. Multinazionali anche che oggi vengono tenute a galla con immani trasferimenti di denaro sottoforma di emissione monetaria, ma che non non sono suffragate da acquisti sufficienti a mantenerne alto il valore di mercato e la ricchezza effettiva per azionisti e dipendenti.
Esiste per periti del calibro di Guido Grossi, un trucco per salvare l’intero sistema e rilanciare il pil nazionale e quello mondiale: strutturare un consolidato sistema di banche pubbliche a garanzia dell’economia locale, i cui passivi di bilancio vengano annullati dalla banca centrale, alla stessa stregua dei tassi d’interesse; essi dovrebbero essere mantenuti bassi facendo ricomprare dalla banca centrale i titoli pubblici invenduti senza scaricarne i costi sulla collettivita’ come oggi ed elidendo quindi il debito.