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Madonna verginita’

Dic 09 2023

Madonna verginita’

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MARIA VALTORTA

Maria dice: ho amato la verginità che mi faceva pura come la prima delle donne prima di conoscere Satana

(parallelo che fa Maria con Eva)

Io ho percorso a ritroso la via dei due peccatori.

Ho ubbidito. In tutti i modi ho ubbidito. Dio m’aveva chiesto d’esser vergine.

Ho ubbidito. Amata la verginità, che mi faceva pura come la prima delle donne prima di conoscere Satana, Dio mi chiese d’esser sposa.

Ho ubbidito, riportando il matrimonio a quel grado di purezza che era nel pensiero di Dio quando aveva creato i due Primi. Convinta d’esser destinata alla solitudine nel matrimonio e allo sprezzo del prossimo per la mia sterilità santa, ora Dio mi chiedeva d’esser Madre.

Ho ubbidito.
Ho creduto che ciò fosse possibile e che quella parola venisse da Dio, perché la pace si diffondeva in me nell’udirla. Non ho pensato: “Me lo sono meritato “.
Non mi son detta: “Ora il mondo mi ammirerà, perché sono simile a Dio creando la carne di Dio “. No. Mi sono annichilita nella umiltà.
La gioia m’è sgorgata dal cuore come uno stelo di rosa fiorita.
Ma si ornò subito di acute spine e fu stretta nel viluppo del dolore, come quei rami che sono avvolti dai vilucchi dei convolvoli. Il dolore del dolore dello sposo: ecco la strettoia nel mio gioire. Il dolore del dolore del mio Figlio: ecco le spine del mio gioire.
Eva volle il godimento, il trionfo, la libertà.
Io accettai il dolore, l’annichilimento, la schiavitù. Rinunciai alla mia vita tranquilla, alla stima dello sposo, alla libertà mia propria. Non mi serbai nulla.
Divenni l’Ancella di Dio nella carne, nel morale, nello spirito, affidandomi a Lui non solo per il verginale concepimento, ma per la difesa del mio onore, per la consolazione dello sposo, per il mezzo con cui portare egli pure alla sublimazione del coniugio, di modo da fare di noi coloro che rendono all’uomo e alla donna la dignità perduta.
17.14. Abbracciai la volontà del Signore per me, per lo sposo, per la mia Creatura. Dissi: “Si” per tutti e tre, certa che Dio non avrebbe mentito alla sua promessa di soccorrermi nel mio dolore di sposa che si vede giudicata colpevole, di madre che si vede generare per dare il Figlio al dolore.
“Sì” ho detto. Si. E basta.
Quel “si” ha annullato il “no” di Eva al comando di Dio. “Si, Signore, come Tu vuoi. Conoscerò quel che Tu vuoi.
Vivrò come Tu vuoi. Gioirò se Tu vuoi. Soffrirò per quel che Tu vuoi. Sì, sempre sì, mio Signore, dal momento in cui il tuo raggio mi fè Madre al momento in cui mi chiamasti a Te. Si, sempre sì. Tutte le voci della carne, tutte le passioni del morale sotto il peso di questo mio perpetuo si.
E sopra, come su un piedestallo di diamante, il mio spirito a cui mancano l’ali per volare a Te, ma che è signore di tutto l’io domato e servo tuo. Servo nella gioia, servo nel dolore.
Ma sorridi, o Dio. E sii felice. La colpa è vinta. È levata, è distrutta. Essa giace sotto al mio tallone, essa è lavata nel mio pianto, distrutta dalla mia ubbidienza.
Dal mio seno nascerà l’Albero nuovo che porterà il Frutto che conoscerà tutto il Male, per averlo patito in Sé, e darà tutto il Bene.
A questo potranno venire gli uomini, ed io sarò felice se ne coglieranno, anche senza pensare che esso nasce da me. Purché l’uomo si salvi e Dio sia amato, si faccia della sua ancella quel che si fa della zolla su cui un albero sorge: gradino per salire”.

Evangelo 17.13

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