Terapia dell’arte e filosofia applicata per il benessere.
In un sistema geopolitico ed economico cui nonostante tutto afferisce ancora l’italia, si riscontra oggi, tra gli analisti, il prosieguo del minaccioso percorso che ha travolto gli equilibri sociali, psicologici, ed artistici, che ha nome “decadentismo”. Si vuole apostrofare, con questa apposizione, il periodo storico di stravolgimenti valoriali, culturali, economici e perfino socio-artistici, che inficiano in maniera crescente la stabilità individuale, coadiuvati dalla crisi economica ancora vigente.
Da napoletani ci si può sommamente inorgoglire alla scoperta che il campano Nicola Velotti sia l’antesignano della disciplina dell’arte-terapia, teatro-terapia, filosofia dell’ascolto, finanche al training autogeno in tandem con la psicologia. Una disciplina questa, che affonda le sue radici nel pensiero all’epoca rivoluzionario di Sygmund Freud, in seguito approfondito, teorizzato dalla Germania, e poi adottato dalla Columbia University. Tutti corsi oggi svolti da Velotti, per una neonata professione che ibrida, ampliandole, le tecniche della psicoanalisi, del counseling tanto oggi in voga e del training autogeno, a favore della fortificazione dell’equilibrio individuale. Lo stesso equilibrio individuale, tanto necessario alla collettività intesa come insieme costitutivo di una società, ancora oberata da fenomeni di indigenza stratificata, scarso interesse artistico, diniego allo studio umanistico e psicologico diffuso, per poi giungere alla devianza sociale. Dunque la frequentazione antica di innumerevoli corsi e il guadagno dei migliori attestati che, a livello mondiale, fanno del professor Velotti un’esponente di spicco di questa nuova categoria di eclettici professionisti, i quali sono autoregolamentati sottoforma di associazione simile ad un albo; autoregolamentazione fatta da Nicola Velotti già nel ‘93 con un manifesto ed oggi accettata per mezzo degli ultimi procedimenti legislativi che lo permettono. Lungi dal panigirico questo scritto vuole cristallizzare una figura professionale un tempo avveniristica ma oggi essenziale per la società, in dicotomia con l’ordine degli psicologi, per veicolare l’ascolto del paziente, l’autoanalisi di quest’ultimo, e la conseguente presa di coscienza del proprio ruolo nel mondo, dunque della propria stabilità psichica ed emotiva. L’arte-terapia, la teatro-terapia, di cui il Velotti è inoltre riconosciuto perito, viene praticata in istituti scolastici, in quelli per ragazzi a rischio, al fine di creare una catarsi tale che proviene attraverso la messa in atto di sculture, recitazione, fruizione artistica, cosicchè le smanie di violenza fisica vengano virtuosamente incanalate in percorsi di produzione manifatturiera artistica ma molto fisica, intesa come utilizzo del corpo che con la fatica sfoga i propri motti interiori.
Anche nelle case di cura è entrata una peculiarità di questa nuova professione del Velotti, allorchè l’analisi filosofica, l’ascolto, l’insegnamento di tecniche di autosostegno psico-fisico assumono una valenza di gestione e superamento delle difficoltà, seguiti dall’accettazione ed elaborazione di esse. Ma le tecniche di benessere e stabilità endogena promanate da questa nuova categoria professionale di Velotti, servono anche alle aziende, al punto che il nostro è stato consigliere di diverse società, oltre ad aver aperto sedi in varie città italiane, fino a Bombai, per questa consulenza filosofica che mantiene il cuore operativo a Nola.
Oggi editore di una rivista on line di arte, cultura, filosofia dell’ascolto dal nome “Rivista ea” che tratta anche la poesia, Velotti lavora alacremente per il processo di espansione su larga scala della consulenza filosofica grazie anche alla nascita di corsi on line e di corsi telefonici; infine con il sostegno di giornalisti che curano la sua testata e promuovono non solo nel Salento e a Roma, ma in maniera sempre più capillare la consulenza filosofica. Il mondo richiede implicitamente la filosofia applicata per ritrovare dei punti di riferimento rinnovati, al fine di non smarrirsi nella vita caotica e sempre più violenta che continua a creare danni, cosicchè rispondere a questa esigenza diviene un atto dovuto, non più un’opportunità professionale.
Francesco Paolo Tondo
(21/6/19)