Capitalismo e pulsione di morte
Sovrappopolazione, crac borsistici, irrefrenabile spinta al consumo, mercati saturi, carenza di liquidità, disoccupazione…La crisi che attraversa il secondo millennio è senza precedenti. Non possiamo ignorare che un’analoga crisi, quella del 1929, anche se pochi lo spiegano, è stata una delle principali cause del conflitto mondiale. Forse l’uomo non ha imparato niente dal passato e le sue pulsioni autodistruttive lo portano inesorabilmente a farsi del male. In questo saggio (Capitalismo e pulsione di morte, Gilles Dostaler; Bernard Maris; La Lepre edizioni; Euro 16,00), che potremmo definire di “pisicoanalisi dell’economia”, gli autori spiegano la spinta all’autodistruzione tipicamente umana accostando il concetto freudiano di “pulsione di morte” all’idea keynesiana di “frenesia dell’accumulazione” .
Attraverso le parole di questi due grandi pensatori del secolo scorso, scopriamo cosi’ che l’istinto di morte presente nell’individuo si manifesta anche in quello che Keynes definiva “desiderio morboso di liquidità”.E rivisitando la leggenda del re Mida si identifica il denaro come la presenza diabolica che avvinghia il mondo e vincola i desideri e la morale dell’uomo, la cui vita è pensata per soddisfare i propri bisogni consumistici, e gravita attorno al denaro. Dall’allusione keynesiana alla caratteristica “parassitaria” delle rendite, che alimentano il capitalismo senza produrre lavoro e benessere aggiunti, si descrive la vorticosa parabola deleteria di quel capitalismo che non smette mai di produrre surplus e ricchezza, grazie alle quali tra l’altro esso è nato e può continuare a vivere, ma che sconvolge il sistema di desideri, nonchè la vita dell’uomo. Infatti mediante l’accumulo di ricchezza l’uomo inconsciamente vuole vivere in eterno, tardando l’ora di consumo del suo “particulare” risparmiato, in un’ illusione che per Freud addita il denaro come capro espiatorio del peccato di cui tanto parla la religione cattolica;da qui il senso di colpa del capitalista, per il quale a costo di sforzi e di cumulo del lavoro il puritano di Weber restituisce ciò che gli è stato prestato da Dio: ovvero il tempo che è denaro e il denaro che è debito di vita e che pertanto non deve smettere mai di accumularsi. Questo processo di crescita economica infinita comporta con se il progresso tecnico che si scontra contro la natura: oggi la scienza che è correa al capitalismo si scaglia contro la natura, violentandola incessantemente fino a quando le risorse finiranno per scarseggiare e l’economia globalizzata provocherà nuove malefiche crisi. L’amore e la morte si combattono e si equilibrano nel capitalismo almeno fino al 2030, data in cui per Keynes l’umanità avrà risolto il problema economico e vivrà fruendo l’arte e la bellezza, doni che esulano dal capitalismo e che non sono riservati e pertanto apprezzati dagli uomini d’affari; ma per quella data ci sarà una svolta o la deflagrazione della pulsione di morte capitalistica travolgerà il povero pianeta?