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Italia caccia i ricchi

Lug 07 2021

Italia caccia i ricchi

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Francesco Carrino, celebre ormai, finanzialista e commercialista seguitissimo  sulla rete, ha rimarcato un aspetto raccapricciante dell’Italia recente, ossia l’inappetito che suscita nei ricchi dal punto di vista degli investimenti, causato dalla penuria di infrastrutture al meridione, dalla crescente pressione fiscale e dalla mancanza di liquidità statale a sostegno delle piccole, medie e grandi aziende.

Secondo Carrino in Italia latitano gli imprenditori che vogliono investire in imprese tradizionali e nonostante ciò si continua, da parte di italiani e stranieri, a mettere denaro in Italia: le forme di investimento più sicuro nel Bel Paese consistono ancora negli immobili, sempre più tassati; viceversa all’estero gli investimenti più convenienti e diffusi ineriscono la finanza e le imprese.

Sul versante fiscale le persone facoltose ma non ricchissime, devono fronteggiare una patrimoniale bancaria sui depositi dai novantamila euro, che verrebbe concretizzata nell’arco del 2021; inoltre gli investitori potenziali italiani sono sottoposti ad aumento dell’imposizione fiscale inerenti gli immobili imposta dall’Europa, ovvero una seconda patrimoniale indiretta ed un innalzamento dell’iva venturo, sempre in ottemperanza alle norme europee.

I ricchi italiani stanno mandando i propri investimenti all’estero, laddove staziona una maggiore libertà fiscale, dal punto di vista bancario, finanziario, immobiliare e sui consumi.

La questione infine, delle tasse sul lavoro, tra Inps, Inail ed iva, inficiano i desiderata di ipotetici imprenditori , che in Italia vedono annaspare omologhi e dipendenti dalla concorrenza  del reddito di cittadinanza cui la macchina statale non dota le imprese e gli autonomi di cesure permanenti ad Iva, tasse sui redditi, Irpef, Irap, in modo da consentire un’equiparazione salariale per i lavoratori del settore privato.

Infine la situazione che vede in Italia una desertificazione infrastrutturale del sud, scoraggia investitori oriundi e nazionali, a legare i propri programmi allo sviluppo meridionale: quando il magnate di Alibaba, principale sito di commercio elettronico mondiale, si è recato in Italia per una collaborazione relativa ai produttori di arance palermitane, ha demonizzato anche le  esigue infrastrutture presenti definendole obsolete per cui ha dovuto organizzare spedizioni aeree verso la Cina delle sapide arance siciliane, estromettendo dalla collaborazione una dovizia di altri e variegati industriali meridionali.

Il porto di Gioia Tauro, principale nodo di collegamento tra Cina, Africa, ed Europa, versa in condizioni insufficienti alle richieste del mercato, pur disponendo di un fondale migliore di quello di Genova o di quello di Trieste, anteposti a quelli di Gioia Tauro e Taranto riguardo quel tipo di scambi.  

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