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Lavoro precario: la psicologa attacca

Mar 16 2022

Lavoro precario: la psicologa attacca

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Mi chiamo Consuelo e sono psicoterapeuta da 10 anni, il che significa che dopo una laurea quinquennale, ho scelto di dedicarmi alla professione specializzandomi in psicoterapia, percorso che ha previsto altri 4 anni di studi compresi volontariati vari per cumulare ore professionalizzanti ai fini formativi; dopo, visto che il mercato del lavoro era alquanto compromesso, tra varie domande rigettate e offerte lavorative improbabili, ho deciso di continuare a perfezionarmi dedicandomi a master e corsi di biennali senza mancare mai di fare formazione continua attraverso Ecm molto spesso a pagamento che, per chi è della categoria “professioni sanitarie”, rappresentano solo un onere economico ed una perdita di tempo, ma essendo obbligatori per legge, sono oltremodo necessari per essere sempre in regola e mai in difetto perché ho scoperto, in corso d’opera, che per le gerarchie, manca sempre qualcosa nell’ambito delle conoscenze acquisite.

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Nella mia vita, pur di lavorare, ho accettato contratti e condizioni di vita impossibili, sono passata da un centro di riabilitazione che mi pagava 12 euro lorde a prestazione da cui veniva decurtato un buon 20%, a fare l’educatrice nei servizi educativi territoriali, data l’equipollenza della laurea con affinità forse solo logiche con quella di scienze della formazione.
Ho subito mobbing denunciato solo alla fine, quando non ne ho potuto più perché speravo che il buon senso ed un comportamento sempre corretto e rispettoso, potessero scoraggiare certe attitudini e sono stata sfruttata in ambito territoriale con un contratto che mi pagava solo 26 ore a fronte delle 40 effettive svolte a settimana. Ho smesso di dormire la notte per cercare una soluzione a quanto mi stesse accadendo e non ho mai mancato, nonostante il malessere provato, di rispondere alle richieste di aiuto che mi venivano dal privato, alle volte lavorando ed aprendo lo studio anche di sabato sera e non perchè mi arricchissi ma semplicemente per onorare in modo adeguato il mandato etico che la professionalità impone.
Sono attualmente impiegata in una casa famiglia che prevede un contratto nazionale B1 di 15 ore con inquadramento “educatrice” ma ne faccio almeno il doppio a settimana con notti incluse in un ambiente che, se non fosse per le perle di ragazzi che lo abitano, sarebbe inospitale come l’inferno.
Percepisco una paga che quando arriva, non va oltre i 450 euro al mese e, durante le notti, i diversi operatori che si alternano, sono costretti a dormire su un materasso che di giorno ospita i ragazzi essendo la base di un divano letto e la sera si trasforma in giaciglio per l’educatore senza considerare l’igiene, la location e il comfort del suddetto riposo, per non parlare poi di tutte le inadeguate attenzioni che vedo effettuare sui ragazzi ospiti della comunità, per i quali vado fiera ed orgogliosa.
Ho visto cambi di qualifica professione sui contratti che facevano diventare educatori gli assistenti sociali mantenendo però inalterata la paga di questi ultimi che a livello nazionale percepiscono di più della prima categoria.
Ed ho visto lavorare giovani non ancora laureati con minori che invece richiedono assistenza speciale ed attenzioni particolari che solo l’esperienza ed un’adeguata ed onesta formazione, possono procurare.
Ho 40 anni e giorno dopo giorno, vedo assottigliarsi in modo irreversibile le prospettive di un impiego serio che tenga conto della dignità in primis del lavoratore ed in secundis delle sue qualifiche.
Come categoria professionale pago una cassa previdenziale (ENPAP) dal sapore amaro che non tiene affatto conto di quanto poco si guadagna ma da bravo sceriffo di Nottingham tassa senza pietà, decurtando ulteriormente quella miseria che uno riesce a guadagnare, per cui oltre all’Iva il povero (in tutti sensi) psicologo subisce anche una cesoiata sul guadagno rimanente, nel caso specifico ho visto andare via 945,00 euro su un guadagno netto annuo di 2.381,00 euro.
Senza poi considerare tutte le prese in giro a livello politico della classe dirigente che immette sul mercato figure inesistenti come lo psicologo di base o quello scolastico di cui sento parlare almeno da 10 anni senza però nessuna implementazione concreta nei servizi territoriali e non.
Siamo in un periodo storico dove si parla solo di Covid e di guerra, ma per un momento pensiamo invece alle miserie che viviamo noi, ogni giorno, come popolo afflitto e senza speranza, invece di pensare sempre al prossimo, perchè una vita vissuta senza energie e senza entusiasmo, non produce niente, si avvizzisce solamente su se stessa e non serve a nessuno.
Pensiamo invece a quanti italiani come me sono costretti a scendere ogni giorno a compromessi dequalificanti pur di lavorare mantenendosi professionali anche con una scopa in mano (cosa che mi è stato chiesto di fare in uno dei tanti contesti), invece di immaginare di aiutare sempre l’altro con risorse ormai inesistenti.
Smettiamola di prendere in giro il prossimo, non è onesto e non ci qualifica come esseri umani, facciamo conoscere la verità della nostre intime miserie, perchè attraverso queste denunce, qualcuno pur si riconoscerà e magari, per un attimo si sentirà meno solo.
Consuelo Viviana Ferragina
Psicologa e psicoterapeutaa.

La stagnazione salariale avviluppa il settore pubblico e privato dal 1992, con l’Italia in cui il numero di indigenti ha subito una cesura in seguito all’introduzione del reddito di cittadinanza, ma che vede la classe media annaspare in modo inveterato ed irreversibile. nè trascorre una fase letizia la piccola impresa privata con i salari attaccati costantemente, nell’entità, da sussidi come il reddito di cittadinanza a fronte di una mancata recisione delle gabelle. e con l’incremento dei prezzi del carburante ed il mancato permesso burocratico-giuridico di riavviare trivelle e stazioni marittime di estrazione del gas, l’Italia si trova in una duplice morsa: da una parte le sanzioni incrociate alla e dalla Russia. Da qui l’obbligo di acquistare carburante e gas da fornitori forestieri che ne diminuiscono la quantità incrementandone i prezzi, causato dal blocco del 95% degli impianti di produzione italiani. Dall’altra parte il Bel Paese è fiaccato dalla morsa europea del Fiscal Compact e dagli antecedenti accordi di Maastricht che impediscono l’aumento dei salari, degli investimenti pubblici in infrastrutture, servizi e il conseguente abbassamento delle tasse.

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