Napoli in dissesto: sfogo del neosindaco e dell’assessore di de Magistris
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Il comune di Napoli e’ impossibilitato ormai, dal fare propaganda. Alessandra Clemente ha pubblicato cosi’ un dettagliato redazionale in cui afferma che Si scopre improvvisamente che Palazzo San Giacomo si è retto grazie ai salti mortali. Che essendo il comune in pre dissesto non ha potuto fare assunzioni.
Che per curare l’immenso verde della città abbiamo solo 130 giardinieri.
Che non ci sono dirigenti che firmino i provvedimenti.
Che mancano le risorse umane essenziali per spazzare e lavare la città.
Napoli ha lavorato con un organico di 4800 dipendenti comunali, a fronte degli 11mila presenti con la Giunta Iervolino e 21mila dei tempi d’oro di Bassolino.
Gli unici che siamo riusciti ad assumere li abbiamo potuti assumere a tempo determinato, grazie alle battaglie di resistenza vinte per non licenziare e stabilizzare il tanto #lavoro precario.
Dalla “incapacità politica” ora siamo all’oggettività empirica.
Bene (o male), la qualità informativa alla cittadinanza mi sembra migliorata, a discapito del passato, certo, ma guardiamo al futuro.
Il blocco delle assunzioni, stabilito per legge per i comuni in pre dissesto, è l’ennesima tra le politiche nazionali e locali finalizzate ad attaccare i lavoratori ed i salari.
Si è sempre più privilegiata la privatizzazione di servizi pubblici e l’utilizzo di agenzie interinali anche per colmare il fabbisogno di organico delle aziende partecipate pubbliche.
Ma i #bambini a rischio dispersione, le #donne vittime di violenza, il nostro verde, il trasporto pubblico, l’assistenza agli anziani non sono a tempo.
Non possono essere demandati a gare, bandi e progetti a termine gestiti da privati che si succedono come giri di giostra, talvolta senza alcun monitoraggio sulle prestazioni e i risultati.
I cittadini e la città hanno bisogni essenziali che non possono che essere rimandati o demandati.
Abbiamo provato a dirlo in tutti i modi.
Che il problema di #Napoli non è Napoli, ma le politiche di governo che in questi anni da un lato hanno determinato il dissesto e pre dissesto di 360 comuni in Italia dei quali 300 al Sud, dall’altro hanno avuto il ruolo paradossale di un Robin Hood al contrario, che ruba ai poveri per dare ai ricchi.
Ora la città è guidata da quegli stessi partiti di governo che hanno determinato questo stato delle cose. Eppure oggi come ieri quant’è importante Napoli per la politica italiana?
E quanto lo è il #Sud della nazione?
E, per essere ancora più espliciti, le condizioni della terza città italiana sono di qualche interesse per la classe dirigente del Paese?
In campagna elettorale Letta, Speranza e Conte hanno firmato un patto impegnandosi a destinare miliardi alla città, soldi di cui oggi non c’è neanche l’ombra tra quelli previsti nella legge di bilancio tanto che il neo Sindaco, eletto dai napoletani anche grazie a quest’impegno, dichiara di essere disposto a “lasciare” in queste condizioni.
Il criterio scelto dal Governo dal 2010 nella distribuzione dei fondi per gli asili e per altri servizi essenziali è stato quello della spesa storica, che distribuisce i finanziamenti ai Comuni considerando quanto le città già spendevano (o non spendevano) per quel servizio, e non basandosi sulle reali esigenze delle persone né sul numero di persone residenti.
E nella scelta di allocazione dei fondi del #Pnrr, che dovrebbe risollevare le sorti dei Comuni in post pandemia, rischia che si ripropongano esattamente le stesse discriminazioni territoriali tra nord e sud del Paese, come è accaduto con l’ultimo bando di finanziamento (700 milioni) promosso dal Ministero dell’Istruzione che ha deciso di premiare, attribuendo in graduatoria 10 punti a fronte dei 3 di base, ai Comuni che potessero co-finanziare i progetti.
Anche su questo ho evidenziato la contraddizione: ancora una volta, si finisce per dare più soldi a chi ha già di più e a Napoli e al Sud in generale, quando va bene, spettano le briciole delle politiche governative.
Può un patto per Napoli dipendere da una campagna elettorale?
Un impegno serio, istituzionale per la città, chi come me ha avuto l’onore di fare l’assessore, e non per 9mila euro al mese, (ricordo che si è varato, quello invece si, l’aumento degli stipendi dei sindaci), lo chiede da anni.
Così come Napoli si è mobilitata quest’anno insieme a 500 sindaci del Sud per chiedere un ‘Recovery Sud’, perché troviamo ingiusto che nel Mezzogiorno, che sconta una più che secolare disuguaglianza rispetto al Nord, vengano allocati solo il 40% dei fondi del Pnrr e non il 60%.
L’Autonomia differenziata (la prima bozza in discussione al Parlamento è stata redatta dall’on. Francesco Boccia del Pd) benché non sia ancora legge, sta già indirizzando le politiche di governo verso il federalismo fiscale.
In un’Europa che unisce non si può frammentare il Paese in regioni e comuni di serie A e di serie B.
Vanno assicurati i livelli essenziali di prestazioni minime, a salvaguardia del benessere, per la città e per i suoi abitanti.
Tantissimi giovani che fuggono all’estero, tanti disoccupati e precari si devono assumere stabilmente per riorganizzare la città: renderla pulita con la raccolta differenziata e il porta a porta, curarandone il verde, progettando, pianificando, gestendo l’affascinante e complessa professionalmente sfida del Recovery Found. E poi per prendersi cura delle persone in modo costante, professionale, stabile, monitorando gli interventi.
Tutto questo mi preoccupa ed è ciò su cui vigilerò. Come consigliera, come napoletana, come donna.
Senza “lasciare” ma con l’impegno a lottare.
Attendendo la metro per andare al prossimo appuntamento, attendendo da precaria una graduatoria per lavorare, attendendo da giovane che il mio Paese mi metta nelle condizioni, con un salario non da fame, di ottenere un mutuo in banca per l’acquisto della casa.
Attendendo tutto ma non tutto.
Per una politica che sia #verità, non privilegio ma progetto, che si nutra della realtà delle cose, che incida per determinare maggiore equità e difendere i nostri diritti sociali, per quella non attendo.
In fase di pieno fiscal Compact le metropoli come Napoli e Roma soffrono in maniera irreversibile calo di trasferimenti, assedio finanziario volto alle privatizzazioni, ad onta della piena capacita’ fiscale che consente al dittico Roma-Napoli, di provvedere autonomamente al proprio fabbisogno in guisa completa.
Gualtieri ex ministro oggi sindaco di Roma auspica l’ingresso nel finanziamento di servizi ed investimenti, strutture finanziarie sesquipedali da ripagare con altre privatizzazioni, cesure ed aggravi d’imposta; Napoli vede Manfredi, del medesimo partito di Gualtieri, aver eluso ulteriori chiusure scolastiche cui de Magistris non e’ riuscito ad ovviare. Tuttavia l’ ex rettore fautore di grandi prestazioni gestionali ad onta dei debiti, si trova dinanzi al bivio: ossia accollarsi responsabilita’ non sue di malagestione oppure dimettersi.