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Infrastrutture, record ed infiltrazioni

Ott 06 2022

Infrastrutture, record ed infiltrazioni

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“Dal dossier Legambiente – si legge nel report di sostenibilità di AdI – su 102 città campionate Taranto si colloca per il PM10 al 65esimo posto, con una concentrazione media annua rilevata di 21 microgrammi per metro cubo di aria mentre il limite fissato dalla norma è di 40 microgrammi. Un dato che è migliore di Alessandria, Palermo, Roma, Pescara, Rimini e di molte delle città italiane”. (Sole 24 ore)

Alessandro Marescotti dal gruppo digitale presieduto dallo scrittore e giornalista meridionalista Pino Aprile postilla cosi’: “Il dossier di Legambiente è essenzialmente finalizzato a focalizzare l’impatto del traffico. Un’analisi delle ricadute degli inquinanti anomali di un SIN (sito di interesse nazionale) richiede tecniche di analisi molto diverse, che tengano conto delle risultanze epidemiologiche. Taranto non è messa così bene come sembra suggerire il dossier di Legambiente che non si concentra sui quartieri maggiormente espositi alle emissioni degli impianti ILVA e non focalizza le profonde differenze fra quartieri a Taranto, alcuni con una speranza di vita di gran lunga inferiori a quelli più distanti dalle fonti inquinanti”.

Brescia intanto si mostra come un epicentro del fenomeno delle frodi fiscali in forma organizzata, coadiuvato dalle cosche provenienti dal sud. La guardia di finanza bresciana per i primi 10 mesi del 2021 stima fatture per operazioni inesistenti per un miliardo di euro”.

Le masnade malavitose offrono agli imprenditori un sistema “all inclusive”, che “fornisce fatture false, indica i conti correnti su cui bonificare e fa rientrare i capitali. Sono sempre uguali, con tre figure che non mancano mai: l’imprenditore evasore, il consulente e le organizzazioni criminali. Un ciclo ininterrotto”.
In pratica la mafia nel bresciano si è infiltrata nel sistema produttivo e fa affari con imprenditori e professionisti, guadagnando con le frodi fiscali e lo smaltimento illecito di rifiuti più che con lo smercio di droga.
Citando il pm Paolo Savio si tratta di “una mafia che ha sostituito l’F24 al Kalashnikov”. Di tutto questo sistema criminale, ovviamente, non si sente parlare in TV, quindi per il cittadino comune il problema “non esiste”. Nell’immaginario collettivo, la mafia è e deve rimanere una prerogativa del Sud… Il Nord deve sembrare “ligio” e “laborioso”, con le “maniche rimboccate”. Questa visione distorta della realtà non fa altro che coprire le spalle alle associazioni criminali che operano indisturbate al Nord, danneggiando tutti i cittadini (da Nord a Sud)!

Lo scorso 25 settembre complessivamente quasi 17 milioni di italiani NON hanno votato e tra questi, la fetta più consistente è costituita da quasi 10 milioni di meridionali.
Ebbene, in questi giorni analisti, editorialisti, talk politici, hanno celebrato il successo dei 5 stelle imputandolo semplicisticamente alla difesa del reddito di cittadinanza e ad un Sud che solo a questo ambisce, del tutto trascurando il molto più consistente numero di cittadini che hanno disertato le cabine elettorali. Eppure i 5 stelle hanno perso più di 6 milioni di voti, e 1 meridionale su 2 non è andato a votare. D’altra parte, tutti i partiti hanno presentato programmi nei quali non esisteva un progetto, un piano industriale, di lavoro, di sviluppo serio, per un territorio pari quasi alla metà del paese.
Per questa ragione solo nelle ultime settimane precedenti al 25 settembre, i sondaggi hanno registrato la crescita del partito di Conte, che comunque non ha convinto la maggior parte degli elettori a sud del Garigliano.
Anzi, pur nel deserto totale di proposte della destra e della sinistra, a guardare i numeri totali e non solo le percentuali di votanti, solo una parte minoritaria ha votato i 5stelle.
Ad esempio hanno votato Conte in Calabria su 1.496.834 di cittadini aventi diritto al voto solo 211.390, nella circoscrizione 2 Sicilia orientale, su 2.073.862 solo 285.306.

Nonostante ciò Conte gongola, scoprendo il proprio ego ringalluzzito dopo mesi di precari equilibri e di previsioni peggiori, di un movimento che, così come nel 2018, ripropone la medesima idea, senza aver elaborato in questi anni nulla di nuovo.
E questo è l’aspetto più preoccupante, perché proprio un sud più sviluppato, che non debba più ricorrere al RdC, può far venir meno quello che è il principale bacino elettorale di Conte e dei suoi.

Ancora una volta colpevoli di avere dimenticato 20 milioni di abitanti sono i partiti, ma non meno colpevole è la stampa nazionale che ignora questa parte del paese. Perché secondo il Movimento Equita’ territoriale c’è un interesse preciso da parte di un gruppo di potere che sostiene e alimenta partiti, giornali, media, qualche teorico della Bocconi sempre intervistato, qualche azienda, che ha pianificato in di rappresentare un meridione fannullone e inconcludente, per potere arraffare quanto più possibile di quote di spesa pubblica, di investimenti…
così come fatto negli ultimi 20 anni, come attestato dai dati (conti territoriali, Svimez, Eurispes), come brutalmente mostrato dalla iniqua distribuzione di servizi, sanità, asili, infrastrutture, alta velocità, reddito, occupazione… cio’ e’ rimarcato da Francesca Privitera – Vicepresidente M24a

Pochi anni fa veniva data notizia che il colosso mondiale dell’e-commerce Amazon avrebbe aperto il Polo Logistico per il Sud Italia in Basilicata a Tito scalo o Metapontino. Oggi sono in corso lavori a ridosso dell’area del porto di Gioia Tauro, il più utilizzato dalle navi mercantili. È molto probabile che le grandi aziende si accorgano del valore del Mezzogiorno come luogo centrale nei trasporti marittimi collegati alla terraferma e al resto d’Europa. D’altronde la notizia non ci lascia stupiti dal momento che il Ministro dello Sviluppo Economico (Mi.S.E.) è a fine mandato e non può interferire su tali richieste come è successo per la INTEL che apre in Veneto, e sono 5000 posti di lavoro, con l’aiuto miliardario del Governo Draghi, ma avrebbe voluto investire nella valle informatica di Catania o in Puglia. Se confermato, finalmente AMAZON si rivolge direttamente a un general contractor locale che sta eseguendo lavori nel retroporto di Gioia Tauro in Calabria con aziende calabresi per la realizzazione del centro di distribuzione del Mediterraneo.

Per il sesto anno di fila Milano è prima in classifica per criminalita’. Seguono Rimini, Torino e Bologna…

Attendiamo con trepidazione gli studi ANTROPOLOGICI per analizzare le cause di questo fenomeno dilagante nel nord del Paese, provocano dai gruppi pro Meridione: silenzio omertoso dai media principali e’ inequivocabile, a tal proposito

Tre grafici infine, per descrivere lo stato pietoso delle infrastrutture negate al Sud da 160 anni desta scalpore a Napoli e provincia
Nunzio Mastrorocco elabora i dati contenuti nell’ultimo rapporto “Pendolaria 2022” (dati forniti da Legambiente), analizzando età media del parco treni e numero di corse giornaliere…
Risultato: tutto il sud penalizzato.

Mastrorocco scrive: “Osservando i dati pubblicati da Legambiente nel suo rapporto Pendolaria, si evince che nel 2022 sono 2.666 i treni in circolazione in tutta Italia; di questi il 32,4% transita nel Mezzogiorno del Paese. Disponendo i dati in un grafico si evince chiaramente come tutte le regioni meridionali – fatta eccezione per l’Umbria – abbiano il “primato” di maggiore longevità del parco treni circolante. L’età media dei treni presenti in Molise è di 21,9 anni. Abruzzo e Calabria registrano un’età media dei propri treni superiore ai 21 anni. Il dato campano è lievemente inferiore ma oltre i 20 anni.

Le regioni meridionali che detengono un parco treni circolante più ‘giovane’ sono Basilicata (18,2 anni), Sardegna (18,3 anni) e Puglia (18,5 anni). Tutte le regioni centro-settentrionali – ad eccezione di Lazio e Umbria – registrano un parco treni circolante con età media inferiore al dato medio nazionale pari a 15,6 anni. In particolare i treni dell’Emilia Romagna hanno una età media di 8,6 anni, del Veneto di 13,1 anni, del Piemonte di 14,3 anni, della Lombardia di 14,7 anni.

Analoghe considerazioni si evincono se si osservano le percentuali di treni con oltre 15 anni di vita. In Molise il 95% dei propri treni supera questa soglia di età. In Calabria 8 treni su 10 hanno più di 15 anni. In Abruzzo e Sardegna i ¾ dei propri mezzi oltrepassano questa durata.

Il dato medio nazionale è del 47,1% e solo la Puglia – tra le regioni meridionali – ha una incidenza inferiore a tale quota allorquando il 43,7% dei propri treni supera i 15 anni di età.
La valle d’Aosta non ha treni con una età superiore ai 15 anni; in Friuli Venezia Giulia si osserva il 13,3% dei propri treni con questa caratteristica. In Emilia Romagna un treno su 5 supera questa età. Vicine sono le quote di Veneto e Lombardia, rispettivamente 43,1 e 43,8% […]

Le corse giornaliere in Italia sono 11.604; di queste il 30% avvengono nel Mezzogiorno.

Il primato spetta alla Lombardia con 2.150 corse: ovvero una corsa su 5 si registra in Lombardia.

La Campania fa segnare 1.234 corse, la Puglia 790, la Sicilia 494, la Basilicata 195, il Molise 28.
Per le regioni centro-settentrionale in seconda posizione si registra il Lazio (1.298); seguono Emilia Romagna (882), Toscana (820), Veneto (784), Piemonte (749)”.

Che vergogna questo “Stato” chiamato Italia, diritti negati ad una parte del paese per garantire privilegi all’altra.

Altro che autonomia differenziata, con questa spaccatura c’è bisogno di una rivoluzione, non solo nel settore dei trasporti!il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) fa un passo indietro sulla contestatissima pista da Bob.

A proposto di Olimpiadi il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) fa un passo indietro sulla contestatissima pista da Bob.

A valle dell’allarme giunto dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) sul rischio di INFILTRAZIONI MAFIOSE nelle tante opere legate alle Olimpiadi Milano-Cortina, il CIO prende le distanze da Zaia&Co… Al Comitato Olimpico Internazionale, infatti, NON INTERESSA la pista da Bob, ma verrà comunque utilizzata per le Olimpiadi “a costo ZERO” perché (si scopre solo ora) erano “stati informati dalle autorità locali che questo sarebbe stato un progetto il quale sarebbe comunque andato avanti, anche senza i Giochi olimpici”.

Ed ecco che il Comitato Civico Cortina smaschera Zaia&Co: “Ci siamo sentiti continuamente dire che se oggi abbiamo le Olimpiadi è perché avevamo nel dossier la riqualificazione della pista da bob di Cortina. Invece la pista da bob la vuole il presidente Luca Zaia e al Cio, dell’impianto, non importa niente. La responsabilità presente e futura è tutta italiana, dal presidente del Coni Giovanni Malagò a Zaia, dall’ex sindaco Gianpietro Ghedina all’attuale Gianluca Lorenzi”.

Il problema è che la pista non è ancora stata costruita, anzi i lavori non sono nemmeno iniziati e costerà come minimo 85 milioni di euro, salvo l’aumento in corso d’opera. Prima del rincaro dell’energia era stato previsto un deficit annuale di 400mila euro per il funzionamento, cifra che è sicuramente destinata a crescere.

E a pagare saranno TUTTI gli Italiani, altro che “COSTO ZERO”…

In Veneto ci saranno anche i cantieri dell’Alta Velocità e della Pedemontana Veneta (non ancora conclusa), oltre alla pioggia di centinaia di milioni di euro per infrastrutture olimpiche e strade legate all’evento del 2026 (a cominciare dalle tangenziali di Longarone e di Cortina).

Il Prefetto di Belluno, Mariano Savastano, fa notare come gli appalti per Milano-Cortina in Veneto e in Lombardia sono un esempio di come “un bacino di interessi economici così importante, connotato da una ricchezza territoriale destinataria di ingenti fondi in grado di polarizzare investimenti sia statali, sia esteri, potrebbe rappresentare terreno fertile per la criminalità mafiosa e affaristica”.

Insomma, il rischio di gonfiare le tasche dei soliti noti (comprese le organizzazioni mafiose) a spese di TUTTI i cittadini italiani sembra essere abbastanza concreto.

Il raggiro informativo ha funzionato alla grande: prima hanno dichiarato che non ci sarebbe stato bisogno di investimenti perché loro “hanno già tutte le infrastrutture”… Per poi chiedere (ed ottenere, ovviamente) grandi finanziamenti statali per realizzare le opere…

Ve lo avevamo detto… E continueremo a farlo!

Il rapporto, che conta 69 graduatorie e prende in considerazione 924 variabili, si propone ormai da vent’anni di fornire un’analisi del sistema universitario italiano basato sulla valutazione delle strutture, dei servizi, del livello di internazionalizzazione, della capacità di comunicazione, del tasso di occupabilità post laurea premia nuovamente la Calabria.

L’Unical quest’anno si è piazzata al terzo posto, con un punteggio di 90,3. La classifica nelle posizioni di testa è in realtà molto corta: l’ateneo è a meno di un punto dalla prima, Pavia, che si è attestata su una valutazione complessiva di 91.

L’ateneo conferma il primato assoluto – considerando tutti gli atenei, al di là delle dimensioni – per i servizi (residenze e mense) e migliora il proprio punteggio per le borse di studio. Un dato rilevante quest’ultimo, tanto più perché l’ateneo si mostra in controtendenza rispetto a quanto il Censis ha rilevato nel resto del Paese: l’Unical non solo non arretra rispetto alle voci servizi e borse, ma migliora grazie a un deciso investimento sul diritto allo studio.


https://www.calabriadirettanews.com/2022/10/03/lunical-e-sul-podio-tra-i-grandi-atenei-e-la-prima-ditalia-per-i-servizi-agli-studenti/

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