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Sud: Recovery Plan inutile: Movimenti del sud all’attacco e innovazione energetica

Mar 04 2022

Sud: Recovery Plan inutile: Movimenti del sud all’attacco e innovazione energetica

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Mimmo Della Corte asserisce che la ripresa del sud esula il Pnnr. Ed e’ in procinto di concretizzarsi un ulteriore smacco per il territorio piu’ indigente d’Europa: ovvero le lande a sud di Roma che comprendono anche l’Abruzzo.
Più che numeri per lo sviluppo, sembrano numeri per il bancolotto, rincara. Capire quanta parte dei 209 miliardi di risorse ‘Recovery’, toccherà – e, soprattutto, sarà realmente spesa – al Sud, è davvero un enigma. Dall’Europa era arrivato l’input ad attribuirgliene a sufficienza per consentirgli di recuperare i divari infrastrutturali che ne frenano la crescita. Da qui, l’intricato e complicato garbuglio.

Dal ministro per le infrastrutture Giovannini che sostiene saranno il 56%, al decreto legge per la sua attuazione che gli assegna il 40% e al forzista Pella relatore del dl alla Camera, che suggerisce di non considerare quel 40%, per singolo bando, ma per progetti complessivi ed eventuali compensazioni tra le aree territoriali, l’economista Gianfranco Viesti che parla di «ambiguità» e «scarsa trasparenza» sui bandi per il Mezzogiorno relativi all’Università.

In realtà, proprio la vicenda dei bandi Miur per l’attribuzione dei primi 741,8 milioni dei «Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale» (dotazione complessiva 1,8 miliardi), che spinge il professore dell’Università di Bari, a tale affermazione è – la dimostrazione più lampante che si sta mettendo a punto l’ennesima «fregatura» per l’Italia del tacco, cui non arriverà né il 56 e nemmeno il 40%, ma molto meno-.

Si evince cosi’ una cesura delle risorse verso il Sud, deittica dell’attuazione avvenuta del Fiscal Compact nei confronti di Napoli, con un vincolo di 21 anni.
Il 25 gennaio il sito del Ministero dell’Università e Ricerca, pubblica il decreto direttoriale n. 99, che all’art. 4.1.B prevede una linea «Sud» di 296,7 milioni ovvero il 39,99% (in linea con l’intenzione originaria) dei 741,8 milioni da assegnare ai progetti di ricerca fra ricercatori operanti nel Mezzogiorno, ma il 2 febbraio tale provvedimento scompare. Ne prende il posto il n. 102, che cancella la linea «Sud» e taglia le risorse destinate al Sud di 80 milioni, riducendole a 218 milioni, il 29,4% del totale ovvero il 10,6% in meno. Perché, secondo il Mur il 40% andrebbe «calcolato sul complesso degli stanziamenti del Pnrr e non sul singolo bando Prin 2022».

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Eppure la legge 108/2021 per l’attuazione del Pnrr prevede che «Almeno il 40% delle risorse allocabili territorialmente, anche attraverso bandi, indipendentemente dalla fonte finanziaria di provenienza, sia destinato alle Regioni del Mezzogiorno». Ma come noto le leggi per gli amici s’interpretano, per i nemici si applicano. E si sa, il Mezzogiorno, nei palazzi «laddove tutto si puote» non ha mai avuto troppi amici, afferma il giornalista. Dall’Abruzzo in questo pantano infuriano movimenti civici cooperanti con omologhi del Molise a reclamare una riunificazione al Lazio teleologica alla ripresa del commercio, degli investimenti infrastrutturali ed al fermo all’emigrazione giovanile.


Stando al ministro dello sviluppo economico, Franco, «Il Sud sarà destinatario del 45% delle risorse Pnrr» e «spenderle per il riequilibrio territoriale per far ripartire il Paese, è una priorità del governo». Sarà anche vero, ma tanta confusione, non fa che avvalorare i dubbi sulle effettive potenzialità di crescita offerte al Mezzogiorno da Recovery fund e Pnrr, tante volte espressi dai giornalisti attive sulle piattaforme social meridionaliste.

E quello che più lascia perplessi è la constatazione che l’unica questione di cui dai centri politici apicali dell’Italia – nonostante l’Ue abbia detto che bisogna aiutare il Sud a recuperare i ritardi infrastrutturali – continuino a porsi è quella relativa alla quantità (la più alta possibile, ovviamente) di risorse cui «pretendono» di aver più diritto del Mezzogiorno.

Per l’ennesima volta eludendo il fatto che perché questo Paese davvero cresca, è indispensabile che il Sud effettivamente recuperi i suoi ritardi con l’Italia e s’avvicini all’Europa. E come è notorio, da decenni, il principale ritardo del Mezzogiorno è rappresentato proprio dall’insufficienza e dall’obsolescenza della infrastrutturazione. Da qui si impernia anche la recente dichiarazione del volto noto di Report Milena Gabanelli: essa ha rimarcato quanto questa Italia duale approfitti dello stato infrastrutturale mediocre e fioco del mezzogiorno per ricavarvi clienti e pazienti, dal punto di vista ospedaliero e commerciale. Ecco dunque enunciata la cagione statistica che vede la sanita’ meridionale inefficiente, inefficace, lottizzata ed in fase di stallo inveterato.

La rielaborazione dei dati contenuti dall’«occasional Papers» n. 635 di Banca D’Italia, sui «divari infrastrutturali in Italia» rileva che: fatto 100 il livello del sistema infrastrutturale complessivo italiano (strade, ferrovie, aeroporti, telecomunicazioni, ospedali, rifiuti, ecc.) Nord e Centro toccano rispettivamente quota 102,9 e 102,6%, mentre il Sud si ferma al 69. Un ritardo, insomma, di quasi il 34% che è impossibile recuperare con le briciole che Draghi ed accoliti vorrebbero lasciarvi. Anche se sono briciole di ‘Recovery’.

Intanto con la benzina che sfora i due euro al litro e l’elettricita’ maggiorata nei costi del 40% nasce al sud il primo consorzio italiano di imprese attive nel settore dell’agrofotovoltaico.

Da FreshPlaza.it si apprende di Le Greenhouse, primo Consorzio di aziende agricole, specializzate nella coltivazione in ambiente agrofotovoltaico. Le prime realtà sono nate nel 2011 in Calabria e, con la coltivazione all’ombra di moduli fotovoltaici, hanno raggiunto risultati idonei a stabilire innovativi protocolli di coltivazione replicabili.

Tra i traguardi ottenuti dal Consorzio, traspare l’efficientamento nell’utilizzo della risorsa idrica, con un risparmio del 70% di acqua rispetto alla stessa coltura in pieno campo; il duplice utilizzo del suolo agricolo, con una gestione condivisa del fondo tra parte agricola e produzione di energia; la protezione delle colture da eventi atmosferici, che garantiscono al coltivatore anche di ridurre i costi assicurativi. E ancora: un impulso al settore agricolo e la creazione di lavoro specializzato e non, in luoghi con una forte tendenza all’emigrazione giovanile; il miglioramento dell’efficienza dei moduli fotovoltaici, grazie alla mitigazione dovuta al microclima in ambiente agrofotovoltaico; l’elevata qualità anche estetica dei prodotti agricoli.

Oltre a questi risultati il Consorzio Le Greenhouse, come operatore storico del settore, ha recentemente collaborato fra gli altri, con l’Università della Tuscia, l’Enea, EF Solare Italia e Confagricoltura, alla stesura delle linee guida del nuovo agrofotovoltaico, al fine di fornire un quadro di riferimento agli operatori del settore.
Ad ottobre dello scorso anno, una delle società del Consorzio Le Greenhouse, ha vinto l’Oscar Green Coldiretti Calabria nella categoria “Transizione energetica e Sostenibilità” ed è stata selezionata a partecipare alla finale nazionale.

La Greenhouse, operativa nella produzione agricola ecosostenibile ha inoltre collaborato alla realizzazione del prototipo di agrofotovoltaico di proprietà di EF Solare Italia, presentato presso le serre fotovoltaiche di Scalea, in provincia di Cosenza, in occasione del convegno annuale organizzato da EF Solare Italia, tenutosi il 25 novembre 2021.

Ilsud24.it ha immortalato la presentazione del nuovo prototipo che ha permesso ai partecipanti di verificare in maniera tangibile i risultati raggiunti e le nuove tecnologie per la realizzazione dei moderni impianti agrofotovoltaici.

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